Nel presente lavoro si è cercato di analizzare e sviluppare alcune implicazioni legate al concetto freudiano di fantasma tramite un dialogo che vede a confronto autori provenienti dalle tradizioni sia filosofica che psicoanalitica. A partire da una tangenza disciplinare che individua nei processi di soggettivazione un terreno d’analisi privilegiato, si è cercato, più nello specifico, d’indagare come la dimensione fantasmatica interagisca con le nozioni di “immaginario” e di “virtuale”, e più in generale con il ruolo assegnato all’immagine all’interno di questa particolare struttura metapsicologica. A tal fine, si è scelto di assumere come centrale la lettura che lo psicoanalista francese Pierre Fédida – in diversi luoghi della sua opera – ha dato del concetto di fantasma: una figura cui egli assegna un ruolo fondamentale proprio in virtù della sua qualificazione “visiva”, “scenica” e “allucinatoria”, del tutto prossima alla dimensione onirica. Nella prima parte dell’elaborato, in dialogo con il testo freudiano, si è cercato di evidenziare come la “costruzione” delle fantasie – così come viene concepita da Freud nella Minuta M. – si installi su un essenziale sdoppiamento della visione, correlata alle dimensioni del veçu e dell’entendu. Vissuto e inteso, quali elementi genetici della costruzione fantasmatica, vengono infatti reinterpretati da Fédida come direttrici che collaborano a definire un’ottica del fantasma. Una simile declinazione ottica, irriducibile alla generica indicazione di un immaginario fantasmatico, verrà quindi analizzata quanto agli effetti virtuali che essa produce, assegnabili rispettivamente ad una visività-intesa e ad una visività-vissuta. Nella seconda parte si è tentato di sviluppare maggiormente questo secondo versante, attraverso l’approfondimento di alcuni aspetti della dimensione visiva del sogno. È infatti proprio dal luogo onirico, secondo Fédida, che il fantasma trae la propria configurazione ottica: a partire da ciò che Freud ha indicato, nel settimo capitolo de L’interpretazione dei sogni, come un “dispositivo ottico”, si è cercato quindi di indagare il legame che stringe assieme dispositivo onirico e fantasmatico. È infatti solo a partire da questo legame – e in particolare dal rapporto tra “sonno” e “fantasma” – che può essere compresa quella che Fédida indica come depressività, e che costituisce forse l’apporto più originale dell’autore ad una metapsicologia del fantasma.

Metapsicologia del fantasma. Paradigmi visivi nel pensiero di Pierre Fédida

DE SILVESTRI, ELENA
2020

Abstract

Nel presente lavoro si è cercato di analizzare e sviluppare alcune implicazioni legate al concetto freudiano di fantasma tramite un dialogo che vede a confronto autori provenienti dalle tradizioni sia filosofica che psicoanalitica. A partire da una tangenza disciplinare che individua nei processi di soggettivazione un terreno d’analisi privilegiato, si è cercato, più nello specifico, d’indagare come la dimensione fantasmatica interagisca con le nozioni di “immaginario” e di “virtuale”, e più in generale con il ruolo assegnato all’immagine all’interno di questa particolare struttura metapsicologica. A tal fine, si è scelto di assumere come centrale la lettura che lo psicoanalista francese Pierre Fédida – in diversi luoghi della sua opera – ha dato del concetto di fantasma: una figura cui egli assegna un ruolo fondamentale proprio in virtù della sua qualificazione “visiva”, “scenica” e “allucinatoria”, del tutto prossima alla dimensione onirica. Nella prima parte dell’elaborato, in dialogo con il testo freudiano, si è cercato di evidenziare come la “costruzione” delle fantasie – così come viene concepita da Freud nella Minuta M. – si installi su un essenziale sdoppiamento della visione, correlata alle dimensioni del veçu e dell’entendu. Vissuto e inteso, quali elementi genetici della costruzione fantasmatica, vengono infatti reinterpretati da Fédida come direttrici che collaborano a definire un’ottica del fantasma. Una simile declinazione ottica, irriducibile alla generica indicazione di un immaginario fantasmatico, verrà quindi analizzata quanto agli effetti virtuali che essa produce, assegnabili rispettivamente ad una visività-intesa e ad una visività-vissuta. Nella seconda parte si è tentato di sviluppare maggiormente questo secondo versante, attraverso l’approfondimento di alcuni aspetti della dimensione visiva del sogno. È infatti proprio dal luogo onirico, secondo Fédida, che il fantasma trae la propria configurazione ottica: a partire da ciò che Freud ha indicato, nel settimo capitolo de L’interpretazione dei sogni, come un “dispositivo ottico”, si è cercato quindi di indagare il legame che stringe assieme dispositivo onirico e fantasmatico. È infatti solo a partire da questo legame – e in particolare dal rapporto tra “sonno” e “fantasma” – che può essere compresa quella che Fédida indica come depressività, e che costituisce forse l’apporto più originale dell’autore ad una metapsicologia del fantasma.
2020
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/114516
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