Questa tesi indaga i modelli internazionali, degli Stati Uniti e dell'Europa - il Consiglio d'Europa e la Costituzione dell'Unione Europea - del diritto alla libertà di espressione e lo "hate speech" su Internet. L’anonimato e la mobilità offerta da Internet ha reso molto facile per i mercanti di odio diffonderlo in un ambiente astratto e collocato oltre il “regno” delle tradizionali forze dell'ordine. La presenza di Internet nella vita quotidiana, di conseguenza, ha portato intense difficoltà, come la crisi della tradizionale concezione liberale della libertà di parola intesa come “mercato delle idee”, causata dalla comunicazione online (la viralità di false assunzioni di natura razzista o fenomeni simili); così la crisi dell'approccio alla “società tollerante”, nel senso che un atto qualificabile come "hate speech" pronunciato in un contesto “tollerante” può diffondersi in tutto il mondo attraverso internet, infiammando la rabbia in un contesto “non tollerante”, o in un contesto in cui i concetti costituzionali occidentali, quali la libertà di espressione e la tolleranza, sono ignorati o contrastati; così la crisi dell’approccio tradizionale basato sulla dottrina del “test del pericolo presente” e l'uso del diritto penale come “extrema ratio”. In questo caso, le società multiculturali chiedono il riconoscimento di identità collettive, anche attraverso il diritto penale, perché la tolleranza di certe forme di satira contro l'Islam o altre identità collettive può essere vista come forma dissimulata di discriminazione. Il corrente "hate speech" e le regole di Internet negli Stati Uniti e nei paesi europei, accompagnati da un riesame degli argomenti che sostengono e contestano in rete la regolazione dello "hate speech", indicano la complessità della sua regolamentazione in rete. Regolamentare lo "hate speech” online solleva molti problemi perché, da un lato, tale espressione di odio potrebbe essere considerata come un elemento di auto-espressione, soggetta a tutela ai sensi del diritto alla libertà di espressione, mentre, dall'altro, potrebbe incitare all'odio e alla violenza, cosa che deve essere assolutamente vietata; in caso contrario, ciò potrebbe impedire ai gruppi di minoranza di partecipare alle attività sociali e di migliorare la loro capacità umana. Inoltre, Internet pone il problema del meccanismo giuridico intergiurisdizionale per il controllo dello "hate speech" perché il reato di pubblicazione di commenti di odio su Internet potrebbe accadere in una giurisdizione, ma i suoi effetti possono verificarsi in qualche altro luogo. Così, sarebbero ostacolati l'effettivo accertamento della criminalità informatica e il perseguimento dei colpevoli. La complessità della regolamentazione non implica necessariamente che, per essere liberati da questo problema, si debba giungere ad una definizione legale unitaria o ad un modo omogeneo di rispondere ai crimini dello "hate speech" online tra tutti i Paesi. Al contrario, questa ricerca mostra che le circostanze storiche e le norme culturali sono diverse in ogni Paese e basate sul fatto che i gruppi di minoranza hanno diverse esperienze nell’esercitare i loro diritti e partecipare alla società. Anche se Internet è per natura universale, i limiti alla libertà di espressione online variano da Paese a Paese. Ciò nonostante, ancora, si avverte come emergenza la necessità di armonizzare l’approccio statunitense e quello europeo e, nel contempo, aumentare la loro cooperazione penale in contesti transnazionali nei confronti di questo problema. Infine, questa ricerca giunge a considerare che, a parte l’approvazione della regolamentazione dell’incitamento all’odio online, ci sarebbero altri modi per ridurre al minimo lo "hate speech" sui social media, tra cui incoraggiare l’autoregolamentazione e approvare di codici di condotta da parte delle società di social media.
This doctoral thesis investigates into the international, the US and European- the Council of Europe and the European Union- constitutional models of the right to freedom of expression and hate speech over Internet. The anonymity and mobility afforded by the Internet has made it very easy for hate mongers to spread hate in an environment which is abstract and beyond the realms of traditional law enforcement. Presence of Internet in daily life consequently has brought some intense difficulties such as crisis of the traditional liberal conception of free speech as ‘marketplace of ideas’, caused by online communications (the virality of false assumptions of racist nature or similar phenomena); Crisis of the ‘tolerant society’ approach in the sense that hate speech acts made in a ‘tolerant’ context can spread all over the world through internet, inflaming rage in ‘non tolerant’ context, or in context where western constitutional concepts such free speech and toleration are ignored or opposed; Crisis of traditional approach based on the ‘present and danger test’ doctrine and the use of criminal law as ‘extrema ratio’. In this case, multicultural societies ask for recognition of collective identities even through criminal law because toleration of certain form of satire against Islam or other collective identities can be seen as disguised form of discrimination. Current hate speech and Internet regulation in the US and European countries accompanied by a review of arguments which support and protest online hate speech regulation indicate the complexity in regulating online hate speech. Regulating online hate speech raises so many issues because at one hand such hate expression might be considered as an element of self-expression and is subject to protection under the right to freedom of expression and on the other hand, it might call to hatred and violence which is highly required to be prohibited; otherwise, it could prevent minority groups to participate in social activities, improve their human capability. Furthermore, Internet raises the issue of cross-jurisdictional legal mechanism for controlling hate speech because the crime of posting hate comments on Internet may happen in one jurisdiction but its effects be somewhere else. Thus, it would hinder the effective investigation of cybercrime and prosecution of offenders. The complexity in regulation does not necessarily implicates that there must be a unified legal definition or homogeneous way of responding to online hate speech crime among all countries in order to be released from this issue. On the contrary, this research indicates that historical circumstances and cultural norms would be different in each country and based on that minority groups would have different experiences when they want to exercise their rights and participation in the society. Although, Internet is universal in nature but boundaries of freedom of expression over Internet vary from country to country. Nonetheless, still, there is an emergency need of harmonizing the US and European approach along with increasing their criminal justice cooperation in transnational contexts towards this issue. At the end, this research develops to consider that apart from enacting hate speech regulation, there would be some other ways to minimize hate speech on social media Web sites including encouraging self-regulation and code of conduct on the part of social media companies. Also, technological innovations could be applied to restrain online hate propagation.
Hate Speech in the Era of Digital Hate (A Legal Comparison between Europe and the United States)
SASANI, Armita
2017
Abstract
Questa tesi indaga i modelli internazionali, degli Stati Uniti e dell'Europa - il Consiglio d'Europa e la Costituzione dell'Unione Europea - del diritto alla libertà di espressione e lo "hate speech" su Internet. L’anonimato e la mobilità offerta da Internet ha reso molto facile per i mercanti di odio diffonderlo in un ambiente astratto e collocato oltre il “regno” delle tradizionali forze dell'ordine. La presenza di Internet nella vita quotidiana, di conseguenza, ha portato intense difficoltà, come la crisi della tradizionale concezione liberale della libertà di parola intesa come “mercato delle idee”, causata dalla comunicazione online (la viralità di false assunzioni di natura razzista o fenomeni simili); così la crisi dell'approccio alla “società tollerante”, nel senso che un atto qualificabile come "hate speech" pronunciato in un contesto “tollerante” può diffondersi in tutto il mondo attraverso internet, infiammando la rabbia in un contesto “non tollerante”, o in un contesto in cui i concetti costituzionali occidentali, quali la libertà di espressione e la tolleranza, sono ignorati o contrastati; così la crisi dell’approccio tradizionale basato sulla dottrina del “test del pericolo presente” e l'uso del diritto penale come “extrema ratio”. In questo caso, le società multiculturali chiedono il riconoscimento di identità collettive, anche attraverso il diritto penale, perché la tolleranza di certe forme di satira contro l'Islam o altre identità collettive può essere vista come forma dissimulata di discriminazione. Il corrente "hate speech" e le regole di Internet negli Stati Uniti e nei paesi europei, accompagnati da un riesame degli argomenti che sostengono e contestano in rete la regolazione dello "hate speech", indicano la complessità della sua regolamentazione in rete. Regolamentare lo "hate speech” online solleva molti problemi perché, da un lato, tale espressione di odio potrebbe essere considerata come un elemento di auto-espressione, soggetta a tutela ai sensi del diritto alla libertà di espressione, mentre, dall'altro, potrebbe incitare all'odio e alla violenza, cosa che deve essere assolutamente vietata; in caso contrario, ciò potrebbe impedire ai gruppi di minoranza di partecipare alle attività sociali e di migliorare la loro capacità umana. Inoltre, Internet pone il problema del meccanismo giuridico intergiurisdizionale per il controllo dello "hate speech" perché il reato di pubblicazione di commenti di odio su Internet potrebbe accadere in una giurisdizione, ma i suoi effetti possono verificarsi in qualche altro luogo. Così, sarebbero ostacolati l'effettivo accertamento della criminalità informatica e il perseguimento dei colpevoli. La complessità della regolamentazione non implica necessariamente che, per essere liberati da questo problema, si debba giungere ad una definizione legale unitaria o ad un modo omogeneo di rispondere ai crimini dello "hate speech" online tra tutti i Paesi. Al contrario, questa ricerca mostra che le circostanze storiche e le norme culturali sono diverse in ogni Paese e basate sul fatto che i gruppi di minoranza hanno diverse esperienze nell’esercitare i loro diritti e partecipare alla società. Anche se Internet è per natura universale, i limiti alla libertà di espressione online variano da Paese a Paese. Ciò nonostante, ancora, si avverte come emergenza la necessità di armonizzare l’approccio statunitense e quello europeo e, nel contempo, aumentare la loro cooperazione penale in contesti transnazionali nei confronti di questo problema. Infine, questa ricerca giunge a considerare che, a parte l’approvazione della regolamentazione dell’incitamento all’odio online, ci sarebbero altri modi per ridurre al minimo lo "hate speech" sui social media, tra cui incoraggiare l’autoregolamentazione e approvare di codici di condotta da parte delle società di social media.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/74020
URN:NBN:IT:UNIFE-74020