La ricerca analizza le caratteristiche semantico-funzionali e il comportamento sintattico di una peculiare espressione del passivo, realizzata attraverso l'uso del clitico riflessivo di terza persona si. L’attenzione è focalizzata principalmente su alcune varietà di italiano antico che, accanto alle molte analogie, esibiscono tuttavia caratteristiche spesso difformi rispetto alla lingua moderna. Tuttavia, poiché questo tipo di struttura non è esclusivo né dell'italiano né delle lingue romanze, si è ritenuto necessario proiettare l’analisi in una più ampia prospettiva interlinguistica. L'analisi, condotta all'interno di un framework di natura funzionale-cognitivista - sfruttando in particolare nozioni chiave come scalarità categoriale, prototipo, teoria della metafora, grammaticalizzazione - è strutturata in tre parti interdipendenti. Nella prima sezione vengono discussi, e spesso problematizzati, alcuni assunti centrali del framework adottato, al fine di costruire uno sfondo di adeguata coerenza e complessità per l’analisi dei dati. Uno degli aspetti più problematici nell'analisi del costrutto dipende dalla coesistenza del si passivo con altre costruzioni formalmente simili ma veicolanti un significato riflessivo-mediale. Tale circostanza obbliga a chiedersi su quali basi vada stabilità l’appartenenza della costruzione in esame al dominio del passivo, quali siano i confini categoriali tra questa e le altre costruzioni, se esse vadano considerate costruzioni omonimiche o se, piuttosto, sia possibile ricondurre le diverse funzioni del pronome ad una relazione di tipo polisemico. Poiché questo tipo di domande chiama in causa questioni più generali, in particolare quelle riguardanti la struttura categoriale e le forme del mutamento, il tipo di risposte fornite dipende in gran parte dalle premesse teoriche. Assumendo, sulla scorta di Langacker (1987; 1991), che la grammatica rifletta, codificandole sul piano formale (morfologico e/o sintattico), specifiche rappresentazioni concettuali in forma più o meno prototipica, è possibile ipotizzare l’esistenza di un nesso profondo che lega i vari tipi di costruzione e che consente un'analisi unificata, sia in sincronia che in diacronia. In particolare, l'ipotesi della transitività, intesa come modello scalare determinato dall'interazione di diversi parametri semantici, permette di analizzare le varie costruzioni sulla base della condivisione di un numero variabile di caratteristiche prototipiche. In questa prospettiva, è anche possibile considerare la costruzione passiva nell'ottica di una generale caratterizzazione del passivo come strategia di intransitivizzazione e defocalizzazione dell'agente. Sullo sfondo di queste premesse e in costante parallelo con le caratteristiche esibite da analoghe costruzioni in altre lingue europee, la seconda parte della ricerca scandaglia minuziosamente i diversi aspetti sintattici e semantico-funzionali del si passivo nell’italiano contemporaneo. Si afferma, in particolare, che si costituisce non un argomento, ma una marca grammaticale che segnala la defocalizzazione dell'agente (la perdita di salienza funzionale e cognitiva dell'argomento agente) e che rappresenta l'esito di un processo di grammaticalizzazione a partire da un uso metaforico della terza persona come "non persona" (cf. Benveniste 1960), che si produce nel tardo latino. L'estensione dal valore originario al significato grammaticale non avviene ex abrupto, ma in modo scalare, attraverso slittamenti metonimici progressivi: il valore riflessivo, in cui la coreferenza rende indistinguibili i partecipanti agente e paziente, prototipicamente umani, si estende metaforicamente a partecipanti inanimati, sicché l'evento viene rappresentato come avente luogo spontaneamente (anticausativo), in assenza cioè di un agente che lo provochi in modo consapevole; lo slittamento al valore passivo, mentre scioglie la relazione identitaria di agente e agito, restituisce agentività all’evento, il quale ha però una maggiore focalità rispetto ai suoi partecipanti, sicché l’origine agentiva sebbene sia sempre implicata, viene tuttavia occultata (defocusing). I diversi stadi della grammaticalizzazione coesistono in sincronia e caratterizzano si come entità polisemica, il cui specifico valore viene di volta in volta inferito nel contesto. Tuttavia, poiché proprio il contesto determina l'interpretazione, si assume che la grammaticalizzazione coinvolga l'intero costrutto e che, in generale, le costruzioni grammaticali siano unità olistiche, cioè strutture convenzionalizzate che si sottraggono ad una analisi componenziale e che vanno, invece valutate complessivamente (blending). Allo scopo di trovare conferma alle ipotesi fin qui formulate, l’analisi viene estesa, nella terza e ultima parte del lavoro, all’italiano antico, nel quale la costruzione passiva con si manifesta caratteristiche parzialmente diverse, che testimoniano le forme e i modi della sua prima espansione. Assumendo però che ogni riflessione sulla lingua antica implica, in misura ben maggiore di quanto non accada nell’italiano contemporaneo, il confronto con una variazione interdialettale spesso assai pronunciata in molti settori della morfosintassi, l’attenzione è stata focalizzata sulle varietà centromeridionali dell’Italia medievale, che meno delle altre sono state al centro dell’analisi linguistica e che tuttavia vengono esaminate attraverso un confronto sistematico con le altre varietà (toscano e dialetti settentrionali), restituendo dunque un’immagine unitaria dell’Italia linguistica medievale.
TRANSITIVITÀ, PASSIVO E ALTRE CONTINUITÀ. LE COSTRUZIONI PASSIVE CON SI TRA ITALIANO MODERNO E VARIETÀ MEDIEVALI.
MOCCIARO, Egle
2007
Abstract
La ricerca analizza le caratteristiche semantico-funzionali e il comportamento sintattico di una peculiare espressione del passivo, realizzata attraverso l'uso del clitico riflessivo di terza persona si. L’attenzione è focalizzata principalmente su alcune varietà di italiano antico che, accanto alle molte analogie, esibiscono tuttavia caratteristiche spesso difformi rispetto alla lingua moderna. Tuttavia, poiché questo tipo di struttura non è esclusivo né dell'italiano né delle lingue romanze, si è ritenuto necessario proiettare l’analisi in una più ampia prospettiva interlinguistica. L'analisi, condotta all'interno di un framework di natura funzionale-cognitivista - sfruttando in particolare nozioni chiave come scalarità categoriale, prototipo, teoria della metafora, grammaticalizzazione - è strutturata in tre parti interdipendenti. Nella prima sezione vengono discussi, e spesso problematizzati, alcuni assunti centrali del framework adottato, al fine di costruire uno sfondo di adeguata coerenza e complessità per l’analisi dei dati. Uno degli aspetti più problematici nell'analisi del costrutto dipende dalla coesistenza del si passivo con altre costruzioni formalmente simili ma veicolanti un significato riflessivo-mediale. Tale circostanza obbliga a chiedersi su quali basi vada stabilità l’appartenenza della costruzione in esame al dominio del passivo, quali siano i confini categoriali tra questa e le altre costruzioni, se esse vadano considerate costruzioni omonimiche o se, piuttosto, sia possibile ricondurre le diverse funzioni del pronome ad una relazione di tipo polisemico. Poiché questo tipo di domande chiama in causa questioni più generali, in particolare quelle riguardanti la struttura categoriale e le forme del mutamento, il tipo di risposte fornite dipende in gran parte dalle premesse teoriche. Assumendo, sulla scorta di Langacker (1987; 1991), che la grammatica rifletta, codificandole sul piano formale (morfologico e/o sintattico), specifiche rappresentazioni concettuali in forma più o meno prototipica, è possibile ipotizzare l’esistenza di un nesso profondo che lega i vari tipi di costruzione e che consente un'analisi unificata, sia in sincronia che in diacronia. In particolare, l'ipotesi della transitività, intesa come modello scalare determinato dall'interazione di diversi parametri semantici, permette di analizzare le varie costruzioni sulla base della condivisione di un numero variabile di caratteristiche prototipiche. In questa prospettiva, è anche possibile considerare la costruzione passiva nell'ottica di una generale caratterizzazione del passivo come strategia di intransitivizzazione e defocalizzazione dell'agente. Sullo sfondo di queste premesse e in costante parallelo con le caratteristiche esibite da analoghe costruzioni in altre lingue europee, la seconda parte della ricerca scandaglia minuziosamente i diversi aspetti sintattici e semantico-funzionali del si passivo nell’italiano contemporaneo. Si afferma, in particolare, che si costituisce non un argomento, ma una marca grammaticale che segnala la defocalizzazione dell'agente (la perdita di salienza funzionale e cognitiva dell'argomento agente) e che rappresenta l'esito di un processo di grammaticalizzazione a partire da un uso metaforico della terza persona come "non persona" (cf. Benveniste 1960), che si produce nel tardo latino. L'estensione dal valore originario al significato grammaticale non avviene ex abrupto, ma in modo scalare, attraverso slittamenti metonimici progressivi: il valore riflessivo, in cui la coreferenza rende indistinguibili i partecipanti agente e paziente, prototipicamente umani, si estende metaforicamente a partecipanti inanimati, sicché l'evento viene rappresentato come avente luogo spontaneamente (anticausativo), in assenza cioè di un agente che lo provochi in modo consapevole; lo slittamento al valore passivo, mentre scioglie la relazione identitaria di agente e agito, restituisce agentività all’evento, il quale ha però una maggiore focalità rispetto ai suoi partecipanti, sicché l’origine agentiva sebbene sia sempre implicata, viene tuttavia occultata (defocusing). I diversi stadi della grammaticalizzazione coesistono in sincronia e caratterizzano si come entità polisemica, il cui specifico valore viene di volta in volta inferito nel contesto. Tuttavia, poiché proprio il contesto determina l'interpretazione, si assume che la grammaticalizzazione coinvolga l'intero costrutto e che, in generale, le costruzioni grammaticali siano unità olistiche, cioè strutture convenzionalizzate che si sottraggono ad una analisi componenziale e che vanno, invece valutate complessivamente (blending). Allo scopo di trovare conferma alle ipotesi fin qui formulate, l’analisi viene estesa, nella terza e ultima parte del lavoro, all’italiano antico, nel quale la costruzione passiva con si manifesta caratteristiche parzialmente diverse, che testimoniano le forme e i modi della sua prima espansione. Assumendo però che ogni riflessione sulla lingua antica implica, in misura ben maggiore di quanto non accada nell’italiano contemporaneo, il confronto con una variazione interdialettale spesso assai pronunciata in molti settori della morfosintassi, l’attenzione è stata focalizzata sulle varietà centromeridionali dell’Italia medievale, che meno delle altre sono state al centro dell’analisi linguistica e che tuttavia vengono esaminate attraverso un confronto sistematico con le altre varietà (toscano e dialetti settentrionali), restituendo dunque un’immagine unitaria dell’Italia linguistica medievale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/80590
URN:NBN:IT:UNIPA-80590