La dottrina delle corporate opportunities si inserisce nel vasto tema degli agency costs connessi al rapporto tra azionisti e amministratori e pertanto costituisce un argomento comune a tutte le società per azioni dei paesi a economia avanzata. Il legislatore italiano del 2003 ha affrontato la questione con una norma sostanzialmente incompleta: essa prescrive essenzialmente che una data condotta è vietata e fonte di responsabilità per l’amministratore infedele. Non è detto ciò che si intende per opportunità d’affari, né se l’appropriazione, di per sé illecita, può essere autorizzata dalla società e a quali condizioni. La questione, del resto, è comune a tutti gli ordinamenti con strutture societarie analoghe, quindi è necessario guardare agli Stati in cui le regole si sono formate progressivamente dietro sollecitazione della giurisprudenza e tramite un costante affinamento dottrinale. L’introduzione dell’ultimo comma dell’art. 2391 c.c. in occasione della riforma del diritto societario evoca l’immagine, già utilizzata con riferimento ad altri istituti, del legal transplant, ovvero di una trasposizione artificiale che non tiene conto del contesto in cui opera. Prima ancora però di analizzare la norma in questione nell’ordinamento italiano in rapporto alle peculiarità di questo sistema, è necessario rivolgere l’attenzione, per quanto possibile, dentro l’apparato normativo nel tentativo di mettere in luce i fondamenti della dottrina in esame. Questa analisi di base è largamente comune a tutti i sistemi giuridici e prescinde dalla questione dell’enforcement della regolazione ottimale. Il lavoro intende offrire un contributo alla definizione di corporate opportunity, concetto nuovo all’ordinamento italiano. La definizione, infatti, è l’elemento essenziale della dottrina della corporate opportunites e per molti aspetti anche il più incerto. Il nodo centrale è la nozione di opportunità sociale, dove sociale sta per "appartenente alla società", in base a un rapporto di appartenenza in termini di attribuzione di property rights. A tal fine si analizzeranno criticamente i tests elaborati dalla giurisprudenza statunitense, nel tentativo di rintracciare un comune denominatore che orienti il giudizio. Nel fare ciò si è rivolta particolare attenzione alle teorie sottostanti ai vari tests, evidenziando come la definizione di corporate opportunity sia in larga misura una conseguenza della teoria generale del rapporto tra managers e azionisti. In conclusione si svolgono alcune considerazioni sulle modalità di trasposizione della corporate opportunity doctrine nell’ordinamento italiano, in particolare nel contesto degli interessi degli amministratori.
L'appropriazione di corporate opportunities da parte di amministratori di società: tests giurisprudenziali e definizione della fattispecie
DUCCI, DUCCIO RUBEN
2009
Abstract
La dottrina delle corporate opportunities si inserisce nel vasto tema degli agency costs connessi al rapporto tra azionisti e amministratori e pertanto costituisce un argomento comune a tutte le società per azioni dei paesi a economia avanzata. Il legislatore italiano del 2003 ha affrontato la questione con una norma sostanzialmente incompleta: essa prescrive essenzialmente che una data condotta è vietata e fonte di responsabilità per l’amministratore infedele. Non è detto ciò che si intende per opportunità d’affari, né se l’appropriazione, di per sé illecita, può essere autorizzata dalla società e a quali condizioni. La questione, del resto, è comune a tutti gli ordinamenti con strutture societarie analoghe, quindi è necessario guardare agli Stati in cui le regole si sono formate progressivamente dietro sollecitazione della giurisprudenza e tramite un costante affinamento dottrinale. L’introduzione dell’ultimo comma dell’art. 2391 c.c. in occasione della riforma del diritto societario evoca l’immagine, già utilizzata con riferimento ad altri istituti, del legal transplant, ovvero di una trasposizione artificiale che non tiene conto del contesto in cui opera. Prima ancora però di analizzare la norma in questione nell’ordinamento italiano in rapporto alle peculiarità di questo sistema, è necessario rivolgere l’attenzione, per quanto possibile, dentro l’apparato normativo nel tentativo di mettere in luce i fondamenti della dottrina in esame. Questa analisi di base è largamente comune a tutti i sistemi giuridici e prescinde dalla questione dell’enforcement della regolazione ottimale. Il lavoro intende offrire un contributo alla definizione di corporate opportunity, concetto nuovo all’ordinamento italiano. La definizione, infatti, è l’elemento essenziale della dottrina della corporate opportunites e per molti aspetti anche il più incerto. Il nodo centrale è la nozione di opportunità sociale, dove sociale sta per "appartenente alla società", in base a un rapporto di appartenenza in termini di attribuzione di property rights. A tal fine si analizzeranno criticamente i tests elaborati dalla giurisprudenza statunitense, nel tentativo di rintracciare un comune denominatore che orienti il giudizio. Nel fare ciò si è rivolta particolare attenzione alle teorie sottostanti ai vari tests, evidenziando come la definizione di corporate opportunity sia in larga misura una conseguenza della teoria generale del rapporto tra managers e azionisti. In conclusione si svolgono alcune considerazioni sulle modalità di trasposizione della corporate opportunity doctrine nell’ordinamento italiano, in particolare nel contesto degli interessi degli amministratori.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/116779
URN:NBN:IT:LUISS-116779