Oggi l’infarto del miocardio, e la conseguente perdita della piena funzionalità del tessuto cardiaco, rappresenta la maggiore eziologia per lo scompenso cardiaco. Nonostante la terapia primaria aggressiva, la prognosi rimane grave in pazienti con infarto e grave disfunzione ventricolare sinistra. Sarebbe quindi altamente desiderabile poter influenzare la guarigione della lesione cardiaca per mantenere la struttura e la funzione del cuore. Il Fattore XIII (FXIII) viene attivato dalla trombina nella fase finale della cascata della coagulazione ed ha un ruolo prominente nel crosslinking della fibrina solubile verso un coagulo insolubile stabile. Evidenze sperimentali in modelli murini suggeriscono che il fattore XIII potrebbe svolgere un ruolo chiave nella guarigione dopo l’infarto miocardico. Per quantificare il reale contributo del FXIII in questo processo, e per esplorare il suo possibile ruolo prognostico, abbiamo monitorato i livelli FXIII-A in 350 pazienti con infarto miocardico acuto durante i primi sei giorni (D0-D5) più un controllo a 30-60 giorni (D30). Ad un anno il follow-up è stato effettuato per tutti i pazienti. Qui confrontiamo i livelli di FXIII a quelli dei marcatori cardiaci standard per prevedere il danno causato dall’infarto del miocardio e il relativo outcome clinico, ma anche per valutare il potenziale terapeutico di questa molecola. Il risultato principale della nostra ricerca traslazionale è stato quello di attribuire una prognosi più infausta per i pazienti con un più alto consumo di FXIII nei primi giorni post-IMA rispetto al sottogruppo di pazienti in cui il consumo di FXIII (valutato come livelli residui dello stesso) è stato trascurabile. Questa interessante osservazione è indipendente dalla quantità di Troponin_T e CK-MB, attribuendo così al FXIII un ruolo di fattore prognostico indipendente per l’infarto. Inoltre, varianti comuni del gene FXIII (Val34Leu, Pro564Leu, Tyr204Phe, Val650Ile, Glu651Gln) influenzano in modo significativo l'attività molecolare. Abbiamo così analizzato tutte le varianti citate coinvolte nel processo di guarigione del muscolo cardiaco e nel determinare l'estensione del danno, fattori che sono direttamente collegati all’insufficienza cardiaca e, di conseguenza, alla sopravvivenza. Diversi livelli e dinamiche del FXIII-A potrebbero essere utilizzati come i primi indicatori prognostici durante l’infarto miocardico acuto, assieme ai marcatori tradizionali di ischemia eseguiti di routine, nei pazienti con sospetta o conclamata insufficienza cardiaca in modo da da personalizzare il trattamento. Inoltre potrebbero rappresentare un metodo alternativo per studi su biomarcatori finalizzati a una più pratica valutazione della progressione di patologia.

Association between amount of injured heart and Novel molecular/bio markers in myocardial infarction

2016

Abstract

Oggi l’infarto del miocardio, e la conseguente perdita della piena funzionalità del tessuto cardiaco, rappresenta la maggiore eziologia per lo scompenso cardiaco. Nonostante la terapia primaria aggressiva, la prognosi rimane grave in pazienti con infarto e grave disfunzione ventricolare sinistra. Sarebbe quindi altamente desiderabile poter influenzare la guarigione della lesione cardiaca per mantenere la struttura e la funzione del cuore. Il Fattore XIII (FXIII) viene attivato dalla trombina nella fase finale della cascata della coagulazione ed ha un ruolo prominente nel crosslinking della fibrina solubile verso un coagulo insolubile stabile. Evidenze sperimentali in modelli murini suggeriscono che il fattore XIII potrebbe svolgere un ruolo chiave nella guarigione dopo l’infarto miocardico. Per quantificare il reale contributo del FXIII in questo processo, e per esplorare il suo possibile ruolo prognostico, abbiamo monitorato i livelli FXIII-A in 350 pazienti con infarto miocardico acuto durante i primi sei giorni (D0-D5) più un controllo a 30-60 giorni (D30). Ad un anno il follow-up è stato effettuato per tutti i pazienti. Qui confrontiamo i livelli di FXIII a quelli dei marcatori cardiaci standard per prevedere il danno causato dall’infarto del miocardio e il relativo outcome clinico, ma anche per valutare il potenziale terapeutico di questa molecola. Il risultato principale della nostra ricerca traslazionale è stato quello di attribuire una prognosi più infausta per i pazienti con un più alto consumo di FXIII nei primi giorni post-IMA rispetto al sottogruppo di pazienti in cui il consumo di FXIII (valutato come livelli residui dello stesso) è stato trascurabile. Questa interessante osservazione è indipendente dalla quantità di Troponin_T e CK-MB, attribuendo così al FXIII un ruolo di fattore prognostico indipendente per l’infarto. Inoltre, varianti comuni del gene FXIII (Val34Leu, Pro564Leu, Tyr204Phe, Val650Ile, Glu651Gln) influenzano in modo significativo l'attività molecolare. Abbiamo così analizzato tutte le varianti citate coinvolte nel processo di guarigione del muscolo cardiaco e nel determinare l'estensione del danno, fattori che sono direttamente collegati all’insufficienza cardiaca e, di conseguenza, alla sopravvivenza. Diversi livelli e dinamiche del FXIII-A potrebbero essere utilizzati come i primi indicatori prognostici durante l’infarto miocardico acuto, assieme ai marcatori tradizionali di ischemia eseguiti di routine, nei pazienti con sospetta o conclamata insufficienza cardiaca in modo da da personalizzare il trattamento. Inoltre potrebbero rappresentare un metodo alternativo per studi su biomarcatori finalizzati a una più pratica valutazione della progressione di patologia.
2016
Inglese
GEMMATI, Donato
CUNEO, Antonio
Università degli Studi di Ferrara
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/127436
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