La tesi di dottorato si propone di esplorare i rapporti tra utopia e letteratura nelle opere di due scrittori maggiori del Novecento italiano, Elio Vittorini (1908-1966) e Italo Calvino (1923-1985), prendendo in considerazione un largo tratto del loro percorso intellettuale e di scrittura. Attraverso questo percorso, è una piccola parabola dell’utopismo letterario nel secondo Novecento italiano che si cerca di tracciare, partendo dagli anni quaranta, epoca in cui il lavoro letterario era funzione di un impegno politico esterno, per arrivare, attraverso una serie di disaventure politiche e di trasformazioni sociali, a un tentativo di ridefinizione delle funzioni politiche della letteratura che ci porta fino agli anni settanta. Il trentennio percorso in questa tesi è in effetti ricco di evoluzioni, dal distacco degli scrittori dal Partito comunista, al passaggio a una nuova fase « neocapitalista » dalla quale l’Italia esce notevolmente trasformata. Ci troviamo quindi all’articolazione tra due periodi, moderno e postmoderno, in una transizione che corrisponde anche a una crisi dell’utopia, attraverso la crisi delle nozioni di progresso, di perfettibilità, di teleologia e di totalità che le erano legate nella modernità. La nostra ricerca cerca di individuare e spiegare queste evoluzioni insieme ai loro risultati sul lavoro letterario dei nostri autori – lavoro creativo, ma anche lavoro critico e teorico sulla definizione delle letteratura e sulle sue funzioni. Tuttavia, si evolve anche su un secondo piano : quello della definizione dei modelli utopici in letteratura. In effetti, le opere da noi prese in considerazione impostano, nei loro rapporti più o meno lontani al genere utopico, un certo tipo di utopismo letterario. Dopo un’introduzione teorica che si concentra sulle definizioni possibili dell’utopia, partiamo quindi da Vittorini e dall’ « utopismo culturale » degli anni del Politecnico, rivista animata dall’autore tra il 1945 e il 1947. A questo capitolo risponde l’analisi delle opere Conversazione in Sicilia (1941) e Le città del mondo (1951-1956). Un lungo studio viene poi dedicato al Menabò, rivista diretta dai due autori tra il 1959 e il 1966, al cuore di una crisi poetica, politica, epistemologica rintracciabile nella rivista. Sono poi percorse in modo speculare due « opere della crisi », Le donne di Messina (1964) di Vittorini e La giornata d’uno scrutatore (1963) di Calvino. Un’ultima parte si concentra sul Calvino « utopista » degli anni parigini, dalla sua passione per Fourier alla sua formulazione dell’ « utopia pulviscolare », un’utopia polverizzata, spazializzata, antiteleologica. Di tale utopia Le città invisibili (1972) di Calvino costituiscono la formalizzazione letteraria, che costituisce anche il punto d’arrivo del nostro percorso.

"Tu non devi credere che si possa smettere di cercarla", Utopie et littérature chez Elio Vittorini et Italo Calvino, 1941-1972.

2012

Abstract

La tesi di dottorato si propone di esplorare i rapporti tra utopia e letteratura nelle opere di due scrittori maggiori del Novecento italiano, Elio Vittorini (1908-1966) e Italo Calvino (1923-1985), prendendo in considerazione un largo tratto del loro percorso intellettuale e di scrittura. Attraverso questo percorso, è una piccola parabola dell’utopismo letterario nel secondo Novecento italiano che si cerca di tracciare, partendo dagli anni quaranta, epoca in cui il lavoro letterario era funzione di un impegno politico esterno, per arrivare, attraverso una serie di disaventure politiche e di trasformazioni sociali, a un tentativo di ridefinizione delle funzioni politiche della letteratura che ci porta fino agli anni settanta. Il trentennio percorso in questa tesi è in effetti ricco di evoluzioni, dal distacco degli scrittori dal Partito comunista, al passaggio a una nuova fase « neocapitalista » dalla quale l’Italia esce notevolmente trasformata. Ci troviamo quindi all’articolazione tra due periodi, moderno e postmoderno, in una transizione che corrisponde anche a una crisi dell’utopia, attraverso la crisi delle nozioni di progresso, di perfettibilità, di teleologia e di totalità che le erano legate nella modernità. La nostra ricerca cerca di individuare e spiegare queste evoluzioni insieme ai loro risultati sul lavoro letterario dei nostri autori – lavoro creativo, ma anche lavoro critico e teorico sulla definizione delle letteratura e sulle sue funzioni. Tuttavia, si evolve anche su un secondo piano : quello della definizione dei modelli utopici in letteratura. In effetti, le opere da noi prese in considerazione impostano, nei loro rapporti più o meno lontani al genere utopico, un certo tipo di utopismo letterario. Dopo un’introduzione teorica che si concentra sulle definizioni possibili dell’utopia, partiamo quindi da Vittorini e dall’ « utopismo culturale » degli anni del Politecnico, rivista animata dall’autore tra il 1945 e il 1947. A questo capitolo risponde l’analisi delle opere Conversazione in Sicilia (1941) e Le città del mondo (1951-1956). Un lungo studio viene poi dedicato al Menabò, rivista diretta dai due autori tra il 1959 e il 1966, al cuore di una crisi poetica, politica, epistemologica rintracciabile nella rivista. Sono poi percorse in modo speculare due « opere della crisi », Le donne di Messina (1964) di Vittorini e La giornata d’uno scrutatore (1963) di Calvino. Un’ultima parte si concentra sul Calvino « utopista » degli anni parigini, dalla sua passione per Fourier alla sua formulazione dell’ « utopia pulviscolare », un’utopia polverizzata, spazializzata, antiteleologica. Di tale utopia Le città invisibili (1972) di Calvino costituiscono la formalizzazione letteraria, che costituisce anche il punto d’arrivo del nostro percorso.
14-dic-2012
Italiano
Barenghi, Mario
Zancarini, Jean-Claude
Benedetti, Carla
Mileschi, Christophe
Rueff, Martin
Università degli Studi di Pisa
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-131134