Il rapporto azienda-ambiente è da sempre oggetto di attenzione nell’ambito degli studi di economia aziendale. L’organismo aziendale, in quanto sistema complesso in cui interagiscono forze interne ed esterne, caratterizzato da un elevato grado di dinamicità, agisce all’interno di un’arena competitiva e di un ambiente sociale e politico dai contorni non sempre definiti. Il maggiore carattere di variabilità proviene da fattori esterni che, se non adeguatamente valutati, rischiano di compromettere il grado di economicità aziendale, condizione questa necessaria per la sopravvivenza del sistema. L’analisi sui caratteri di struttura e di dinamica di qualsiasi classe di azienda richiede pertanto, ai fini di una corretta comprensione, un attento esame delle relazioni che si instaurano con l’esterno e, al contempo, di valutare le differenti modalità attraverso le quali le aziende interagiscono. Una puntuale analisi sull’intensità e il tipo di evoluzione subiti dall’ambiente permette tuttavia non solo di studiare caratteristiche operative, organizzative e strategiche dell’azienda bensì offre una grande opportunità all’economista aziendale di approfondire annose tematiche tese a descrivere il ruolo dell’azienda all’interno della società. Il presente contributo si inserisce lungo un percorso già ampiamente tracciato dai nostri Maestri, con il proposito di indagare a fondo gli stretti legami che, in particolari classi di aziende, si istituiscono tra variabili interne ed esterne. La scelta di affrontare uno studio sulle public utilities, e in modo specifico su una parte rilevante, le electric utilities, consente di meglio interpretare, alla luce dei cambiamenti e dell’elevata dinamicità ambientale, il contributo economico e sociale affidato all’istituto aziendale. La focalizzazione su una particolare variabile, quella politica e regolamentare, parte di un ben più ampio e articolato sistema di variabili ambientali, nasce dall’esigenza di sviluppare adeguate considerazioni del processo evolutivo che, negli ultimi anni, ha contraddistinto le aziende di pubblica utilità e valido per coglierne, appieno, sfide e opportunità. L’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere può essere scomposto secondo due direzioni di marcia congiunte, rappresentativi di altrettanti aspetti critici che meritano di essere attentamente esaminati: 1. i cambiamenti osservati nel quadro politico nazionale, sentito ancor più fortemente in quei settori da sempre ritenuti strategici per la crescita economica e civile nazionale, si sono pienamente incentrati, in particolar modo negli ultimi decenni, su un rapporto fiduciario nei confronti dell’organismo aziendale. In tal senso, i principi economico-aziendali sono stati posti al centro dell’agenda politica di governo tesa alla ricerca di forme di gestione delle attività di produzione sempre più economiche ed equilibrate; 2. l’azienda viene dunque investita di una doppia funzione, economica e sociale, assumendo una assoluta preminenza anche in quei settori, come quello oggetto di indagine, in cui maggiormente si avvertivano tensioni e preoccupazioni derivanti da perdite di gestione e controllo diretto statale. L’opportunità per le aziende di operare secondo corretti principi di gestione, nell’ottica del raggiungimento di un equilibrio economico durevole, rappresenta una sfida che, se adeguatamente valorizzata, ha importanti riflessi sul piano dello sviluppo sociale. Il rafforzamento dei rapporti con l’ambiente esige che anche le modalità di comunicazione aziendale si inseriscano in questo medesimo percorso di crescita, puntando su una maggiore trasparenza informativa finalizzata a correttamente interloquire con i propri stakeholder. Il lavoro si articola in due parti rispettivamente volte alla comprensione del dinamismo ambientale e della riflessa dinamicità aziendale. La prima parte è a sua volta stata distinta in due capitoli: il primo rivolto a tracciare il percorso evolutivo delle privatizzazioni che, avviate nel corso dei primi anni novanta, hanno coinvolto in modo rilevante il settore dei servizi di pubblica utilità; il secondo di carattere descrittivo sul graduale processo di trasformazione che ha nello specifico caratterizzato il settore elettrico verso una tendenziale apertura alle forze competitive del mercato. Le privatizzazioni, come pure le più lontane politiche di nazionalizzazione, sono state un tema lungamente dibattito non solo da politici ed economisti generali ma hanno particolarmente coinvolto anche gli studiosi di economia aziendale. Le difficoltà dei governi nazionali di gestire le aziende pubbliche secondo gli orientamenti e i dettami propri dell’economia aziendale ha condotto ad un appesantimento delle condizioni finanziarie dei vari Stati. L’aumento incontrollabile del debito pubblico e la conseguente onerosità degli interessi passivi riconosciuti sui finanziamenti stessi conducevano ad una inversione di tendenza nei rapporti azienda-Stato. Il recupero di efficienza produttiva e il miglioramento del grado di efficacia della gestione si avvertivano come necessari in un momento storico e politico di profondo cambiamento culturale. In tale prospettiva, l’analisi della letteratura economica ha individuato nella differente natura del soggetto economico l’elemento sottostante le diverse performance raggiunte dalle aziende private rispetto alle aziende pubbliche. In sintesi le aziende private mostrano maggiori segnali di dinamicità nella gestione di qualsiasi attività economica per le regole interne ed esterne che influenzano l’operatività aziendale. Il contesto competitivo rappresenta dunque una condizione imprescindibile affinché le condizioni di vita e di esistenza delle aziende possano naturalmente manifestarsi. In particolar modo, il rischio operativo di dissoluzione dell’equilibrio economico agisce come fattore incentivante alla ricerca di soluzioni e decisioni che vanno in una direzione prospettica di mantenimento e rafforzamento dell’unità produttiva. Le aziende pubbliche, invero, hanno goduto nel tempo di meccanismi di protezione dal rischio imprenditoriale che le ha costantemente spinte ad intraprendere azioni non precisamente incentrate su obiettivi di creazione del valore. Al contempo, le modalità di organizzazione e gestione hanno risentito di allentamenti nelle tensioni e pressioni che, invece, un ambiente competitivo costantemente crea all’interno di un organismo aziendale. Politiche di privatizzazione sostanziale e creazione di mercati concorrenziali o contendibili rappresentano le premesse iniziali per analizzare più nel dettaglio l’evoluzione subita dal settore elettrico. Il passaggio principale si snoda attorno al differente ruolo che lo Stato assolve all’interno dell’economia moderna, con una trasformazione da uno Stato produttore a uno regolatore. La descrizione della filiera elettrica consente di comprendere i principali interventi verso cui si è poi indirizzata l’attività del legislatore e che, nel corso del tempo, hanno progressivamente condotto ad un’apertura, seppur in modo parziale, del mercato elettrico. Il settore elettrico, proprio per le caratteristiche peculiari del processo produttivo, è caratterizzato da specifiche condizioni di monopolio naturale secondo i quali un unico operatore sarebbe molto più efficiente nello svolgimento di attività di trasformazione economico-tecnica dell’energia elettrica rispetto a più soggetti, agenti nel medesimo mercato. Il rischio principale di un simile approccio, che per certi versi può essere annoverata anche come causa di revisione nell’organizzazione complessiva del settore, è riconducibile a situazioni di probabile decremento dell’efficienza produttiva. I riflessi di gestioni anti-economiche si traducono in ripercussioni negative sul fronte degli utilizzatori finali, generalmente per effetto di incremento dei prezzi o di diminuzione del livello qualitativo del servizio loro erogato. Spinto da una situazione di forte indebolimento, il nucleo centrale del cambiamento dell’assetto regolamentare del settore è in definitiva consistito sull’aver distinto, in termini generali, l’attività di produzione dall’attività di trasporto. Quest’ultima è la fase della filiera che risente in misura maggiore di condizioni di tipo monopolistico. Tale circostanza poggia sul fatto che sarebbe alquanto oneroso e non redditizio investire in attività dirette allo sviluppo di nuove reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica, in quanto ciò costituirebbe esclusivamente una duplicazione dei costi, anche di manutenzione delle reti stesse. La generazione così come la commercializzazione possono essere invece condotte su mercati concorrenziali. Su tali basi, è progressivamente maturata la convinzione, poi seguita in tutti i principali contesti dell’area europea, che la liberalizzazione del mercato elettrico non rappresentava solo una chimera ma poteva, a bene vedere, costituire un passo alquanto significativo per promuovere la competitività in quelle fasi da sempre contraddistinte da mercati protetti. Alla luce di queste riflessioni, nel contesto italiano si è fatta strada l’idea di incentivare lo sviluppo del mercato mediante opportuni interventi normativi che introducessero nuovi soggetti nel panorama elettrico. La privatizzazione, prima formale, poi sostanziale di Enel, non ha rappresentato l’obiettivo principale della politica economica statale bensì una tappa intermedia all’interno di un percorso più lungo teso a separare, da un punto di vista gestionale, le quattro principali fasi della filiera: produzione, trasmissione, distribuzione e vendita. Con l’attuazione del decreto Bersani, le fasi di generazione e vendita sono state liberalizzate a differenza di quelle intermedie, trasmissione e distribuzione, in cui sono stati predisposti particolari meccanismi di tutela. L’attività di trasmissione è attualmente svolta da un unico operatore, Terna S.p.A., società partecipata in parte dallo Stato, a cui è stata conferita oltre alla gestione delle reti ad alta e altissima tensione anche la loro proprietà per effetto di uno scorporo del ramo di attività da Enel. A Terna è stato anche affidato il servizio di dispacciamento inerente alla gestione dei flussi in entrata ed in uscita dell’energia elettrica. La rete di distribuzione, o a media e bassa tensione, la cui proprietà è rimasta in capo a Enel e alle altre aziende municipalizzate, è svolta in regime di concessione statale mediante un meccanismo che prevede un rinnovo trentennale. Il controllo del settore elettrico risulta invece attribuito ad un’Authority, l’Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), che vigila sulla correttezza dei comportamenti degli operatori e sulla adeguata qualità del servizio. In questo quadro politico-economico di forte rinnovamento e assetto industriale, hanno fatto il loro ingresso nuovi operatori, provenienti per lo più dai Paesi dell’area CEE e svolgenti nei rispettivi contesti di origine l’attività elettrica. Ciò ha consentito uno sviluppo della competitività nella fase di generazione e vendita. La responsabilità economica e sociale finisce in tal modo per ricadere completamente sulle aziende, le quali per sopravvivere dovranno nel corso del tempo garantire il raggiungimento di obiettivi economici, commisurati al grado di efficienza ed efficacia operativa, nonché mostrare adeguati livelli di qualità del servizio elettrico fornito. Sorge dunque naturale per le stesse aziende rafforzare le relazioni istituzionali con i rispettivi interlocutori sociali e, nello specifico, con la comunità civile. Le aziende di produzione, in questo senso, sono quelle che più risentono e avvertono le pressioni derivanti dall’ambiente esterno; le azioni e i comportamenti aziendali devono dunque indirizzarsi verso tale percorso. L’analisi sulle recenti evoluzioni normative chiude pertanto quella che potrebbe definirsi la prospettiva ambientale per permettere una prosecuzione della nostra trattazione da una prospettiva interna, quella aziendale. La seconda parte, suddivisa nel terzo e quarto capitolo, si posiziona, come abbiamo in precedenza riferito, in prospettiva interna, maggiormente significativa dal punto di vista ei nostri studi economico-aziendali. L’ambiente, abbiamo osservato, è stato contraddistinto da dinamiche che hanno fortemente impattato sul piano dei sistemi aziendali. Lo studio si è tuttavia incentrato su un aspetto della complessa realtà aziendale, quello inerente alla comunicazione con l’esterno e alle modalità di interazione con gli interlocutori sociali. In uno scenario di profondo cambiamento socio-economico, il processo comunicativo assume, a nostro avviso, una rilevanza ampia sia a causa delle dimensioni considerevoli che caratterizzano le aziende elettriche sia per le decisioni politiche che hanno previsto un meccanismo di decentramento gestionale delle principali attività produttive del Paese dallo Stato alle aziende private. Il terzo capitolo analizza la comunicazione economico-finanziaria di tali aziende, con particolare riferimento alla funzione informativa affidata del bilancio ordinario. La letteratura economico-aziendale si è soffermata lungamente sullo studio del modello di bilancio più appropriato per rappresentare nel modo più veritiero possibile il capitale di esercizio e il reddito prodotto. La dinamica economica, finanziaria e patrimoniale è sintetizzata in modo preciso e puntuale nel bilancio più che in qualsiasi altro strumento informativo. In merito a tale tematica, gli schemi di bilancio previsti per le aziende elettriche hanno subito nel corso del tempo una graduale evoluzione da una strutturazione obbligatoria, a seguito dell’adozione della Legge 191 del 1958, ad un progressivo avvicinamento agli schemi di bilancio tradizionale. Un approfondito esame della letteratura sul bilancio ha permesso di meglio analizzare profili gestionali, operativi e finanziari delle aziende elettriche, cogliendo anche le opportunità che lo stesso strumento offre in merito a specifiche considerazioni su particolari voci che si pongono. Il quarto capitolo, infine, si sofferma compiutamente sul tema della responsabilità sociale delle aziende mediante un’analisi della principale letteratura economica in materia. Il differente piano concettuale su cui poggia il dibattito tra teorici della stakeholder e shareholder theory ha rilevanti implicazioni sul fronte del tipo di comunicazione che le aziende devono trasmettere. Il bilancio ordinario potrebbe dunque non costituire il solo vero strumento informativo capace di informare tutta la platea degli stakeholder. La responsabilità sociale delle aziende rappresenta pertanto un aspetto di assoluto rilievo, da cui non ci si può sottrarre se si gestisce il business secondo una visione ed un approccio sostenibile. La dimensione economica deve necessariamente collegarsi alla responsabilità ambientale, principalmente legata alla questione della riduzione delle emissioni inquinanti e sfruttamento controllato delle fonti energetiche, e alla crescita sociale, in special modo diretta alla politica di sviluppo del personale e alla creazione di un clima e di un ambiente di lavoro favorevole. Il rapporto di sostenibilità interpreta la realtà aziendale secondo queste tre differenti dimensioni, economica, sociale e ambientale, e si pone quale strumento informativo di promozione e diffusione della creazione di valore dell’azienda nella società.
LE AZIENDE ELETTRICHE. IL RUOLO DELL’INFORMATIVA DI BILANCIO TRA ESIGENZE ECONOMICO-FINANZIARIE E OBIETTIVI SOCIALI.
2008
Abstract
Il rapporto azienda-ambiente è da sempre oggetto di attenzione nell’ambito degli studi di economia aziendale. L’organismo aziendale, in quanto sistema complesso in cui interagiscono forze interne ed esterne, caratterizzato da un elevato grado di dinamicità, agisce all’interno di un’arena competitiva e di un ambiente sociale e politico dai contorni non sempre definiti. Il maggiore carattere di variabilità proviene da fattori esterni che, se non adeguatamente valutati, rischiano di compromettere il grado di economicità aziendale, condizione questa necessaria per la sopravvivenza del sistema. L’analisi sui caratteri di struttura e di dinamica di qualsiasi classe di azienda richiede pertanto, ai fini di una corretta comprensione, un attento esame delle relazioni che si instaurano con l’esterno e, al contempo, di valutare le differenti modalità attraverso le quali le aziende interagiscono. Una puntuale analisi sull’intensità e il tipo di evoluzione subiti dall’ambiente permette tuttavia non solo di studiare caratteristiche operative, organizzative e strategiche dell’azienda bensì offre una grande opportunità all’economista aziendale di approfondire annose tematiche tese a descrivere il ruolo dell’azienda all’interno della società. Il presente contributo si inserisce lungo un percorso già ampiamente tracciato dai nostri Maestri, con il proposito di indagare a fondo gli stretti legami che, in particolari classi di aziende, si istituiscono tra variabili interne ed esterne. La scelta di affrontare uno studio sulle public utilities, e in modo specifico su una parte rilevante, le electric utilities, consente di meglio interpretare, alla luce dei cambiamenti e dell’elevata dinamicità ambientale, il contributo economico e sociale affidato all’istituto aziendale. La focalizzazione su una particolare variabile, quella politica e regolamentare, parte di un ben più ampio e articolato sistema di variabili ambientali, nasce dall’esigenza di sviluppare adeguate considerazioni del processo evolutivo che, negli ultimi anni, ha contraddistinto le aziende di pubblica utilità e valido per coglierne, appieno, sfide e opportunità. L’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere può essere scomposto secondo due direzioni di marcia congiunte, rappresentativi di altrettanti aspetti critici che meritano di essere attentamente esaminati: 1. i cambiamenti osservati nel quadro politico nazionale, sentito ancor più fortemente in quei settori da sempre ritenuti strategici per la crescita economica e civile nazionale, si sono pienamente incentrati, in particolar modo negli ultimi decenni, su un rapporto fiduciario nei confronti dell’organismo aziendale. In tal senso, i principi economico-aziendali sono stati posti al centro dell’agenda politica di governo tesa alla ricerca di forme di gestione delle attività di produzione sempre più economiche ed equilibrate; 2. l’azienda viene dunque investita di una doppia funzione, economica e sociale, assumendo una assoluta preminenza anche in quei settori, come quello oggetto di indagine, in cui maggiormente si avvertivano tensioni e preoccupazioni derivanti da perdite di gestione e controllo diretto statale. L’opportunità per le aziende di operare secondo corretti principi di gestione, nell’ottica del raggiungimento di un equilibrio economico durevole, rappresenta una sfida che, se adeguatamente valorizzata, ha importanti riflessi sul piano dello sviluppo sociale. Il rafforzamento dei rapporti con l’ambiente esige che anche le modalità di comunicazione aziendale si inseriscano in questo medesimo percorso di crescita, puntando su una maggiore trasparenza informativa finalizzata a correttamente interloquire con i propri stakeholder. Il lavoro si articola in due parti rispettivamente volte alla comprensione del dinamismo ambientale e della riflessa dinamicità aziendale. La prima parte è a sua volta stata distinta in due capitoli: il primo rivolto a tracciare il percorso evolutivo delle privatizzazioni che, avviate nel corso dei primi anni novanta, hanno coinvolto in modo rilevante il settore dei servizi di pubblica utilità; il secondo di carattere descrittivo sul graduale processo di trasformazione che ha nello specifico caratterizzato il settore elettrico verso una tendenziale apertura alle forze competitive del mercato. Le privatizzazioni, come pure le più lontane politiche di nazionalizzazione, sono state un tema lungamente dibattito non solo da politici ed economisti generali ma hanno particolarmente coinvolto anche gli studiosi di economia aziendale. Le difficoltà dei governi nazionali di gestire le aziende pubbliche secondo gli orientamenti e i dettami propri dell’economia aziendale ha condotto ad un appesantimento delle condizioni finanziarie dei vari Stati. L’aumento incontrollabile del debito pubblico e la conseguente onerosità degli interessi passivi riconosciuti sui finanziamenti stessi conducevano ad una inversione di tendenza nei rapporti azienda-Stato. Il recupero di efficienza produttiva e il miglioramento del grado di efficacia della gestione si avvertivano come necessari in un momento storico e politico di profondo cambiamento culturale. In tale prospettiva, l’analisi della letteratura economica ha individuato nella differente natura del soggetto economico l’elemento sottostante le diverse performance raggiunte dalle aziende private rispetto alle aziende pubbliche. In sintesi le aziende private mostrano maggiori segnali di dinamicità nella gestione di qualsiasi attività economica per le regole interne ed esterne che influenzano l’operatività aziendale. Il contesto competitivo rappresenta dunque una condizione imprescindibile affinché le condizioni di vita e di esistenza delle aziende possano naturalmente manifestarsi. In particolar modo, il rischio operativo di dissoluzione dell’equilibrio economico agisce come fattore incentivante alla ricerca di soluzioni e decisioni che vanno in una direzione prospettica di mantenimento e rafforzamento dell’unità produttiva. Le aziende pubbliche, invero, hanno goduto nel tempo di meccanismi di protezione dal rischio imprenditoriale che le ha costantemente spinte ad intraprendere azioni non precisamente incentrate su obiettivi di creazione del valore. Al contempo, le modalità di organizzazione e gestione hanno risentito di allentamenti nelle tensioni e pressioni che, invece, un ambiente competitivo costantemente crea all’interno di un organismo aziendale. Politiche di privatizzazione sostanziale e creazione di mercati concorrenziali o contendibili rappresentano le premesse iniziali per analizzare più nel dettaglio l’evoluzione subita dal settore elettrico. Il passaggio principale si snoda attorno al differente ruolo che lo Stato assolve all’interno dell’economia moderna, con una trasformazione da uno Stato produttore a uno regolatore. La descrizione della filiera elettrica consente di comprendere i principali interventi verso cui si è poi indirizzata l’attività del legislatore e che, nel corso del tempo, hanno progressivamente condotto ad un’apertura, seppur in modo parziale, del mercato elettrico. Il settore elettrico, proprio per le caratteristiche peculiari del processo produttivo, è caratterizzato da specifiche condizioni di monopolio naturale secondo i quali un unico operatore sarebbe molto più efficiente nello svolgimento di attività di trasformazione economico-tecnica dell’energia elettrica rispetto a più soggetti, agenti nel medesimo mercato. Il rischio principale di un simile approccio, che per certi versi può essere annoverata anche come causa di revisione nell’organizzazione complessiva del settore, è riconducibile a situazioni di probabile decremento dell’efficienza produttiva. I riflessi di gestioni anti-economiche si traducono in ripercussioni negative sul fronte degli utilizzatori finali, generalmente per effetto di incremento dei prezzi o di diminuzione del livello qualitativo del servizio loro erogato. Spinto da una situazione di forte indebolimento, il nucleo centrale del cambiamento dell’assetto regolamentare del settore è in definitiva consistito sull’aver distinto, in termini generali, l’attività di produzione dall’attività di trasporto. Quest’ultima è la fase della filiera che risente in misura maggiore di condizioni di tipo monopolistico. Tale circostanza poggia sul fatto che sarebbe alquanto oneroso e non redditizio investire in attività dirette allo sviluppo di nuove reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica, in quanto ciò costituirebbe esclusivamente una duplicazione dei costi, anche di manutenzione delle reti stesse. La generazione così come la commercializzazione possono essere invece condotte su mercati concorrenziali. Su tali basi, è progressivamente maturata la convinzione, poi seguita in tutti i principali contesti dell’area europea, che la liberalizzazione del mercato elettrico non rappresentava solo una chimera ma poteva, a bene vedere, costituire un passo alquanto significativo per promuovere la competitività in quelle fasi da sempre contraddistinte da mercati protetti. Alla luce di queste riflessioni, nel contesto italiano si è fatta strada l’idea di incentivare lo sviluppo del mercato mediante opportuni interventi normativi che introducessero nuovi soggetti nel panorama elettrico. La privatizzazione, prima formale, poi sostanziale di Enel, non ha rappresentato l’obiettivo principale della politica economica statale bensì una tappa intermedia all’interno di un percorso più lungo teso a separare, da un punto di vista gestionale, le quattro principali fasi della filiera: produzione, trasmissione, distribuzione e vendita. Con l’attuazione del decreto Bersani, le fasi di generazione e vendita sono state liberalizzate a differenza di quelle intermedie, trasmissione e distribuzione, in cui sono stati predisposti particolari meccanismi di tutela. L’attività di trasmissione è attualmente svolta da un unico operatore, Terna S.p.A., società partecipata in parte dallo Stato, a cui è stata conferita oltre alla gestione delle reti ad alta e altissima tensione anche la loro proprietà per effetto di uno scorporo del ramo di attività da Enel. A Terna è stato anche affidato il servizio di dispacciamento inerente alla gestione dei flussi in entrata ed in uscita dell’energia elettrica. La rete di distribuzione, o a media e bassa tensione, la cui proprietà è rimasta in capo a Enel e alle altre aziende municipalizzate, è svolta in regime di concessione statale mediante un meccanismo che prevede un rinnovo trentennale. Il controllo del settore elettrico risulta invece attribuito ad un’Authority, l’Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), che vigila sulla correttezza dei comportamenti degli operatori e sulla adeguata qualità del servizio. In questo quadro politico-economico di forte rinnovamento e assetto industriale, hanno fatto il loro ingresso nuovi operatori, provenienti per lo più dai Paesi dell’area CEE e svolgenti nei rispettivi contesti di origine l’attività elettrica. Ciò ha consentito uno sviluppo della competitività nella fase di generazione e vendita. La responsabilità economica e sociale finisce in tal modo per ricadere completamente sulle aziende, le quali per sopravvivere dovranno nel corso del tempo garantire il raggiungimento di obiettivi economici, commisurati al grado di efficienza ed efficacia operativa, nonché mostrare adeguati livelli di qualità del servizio elettrico fornito. Sorge dunque naturale per le stesse aziende rafforzare le relazioni istituzionali con i rispettivi interlocutori sociali e, nello specifico, con la comunità civile. Le aziende di produzione, in questo senso, sono quelle che più risentono e avvertono le pressioni derivanti dall’ambiente esterno; le azioni e i comportamenti aziendali devono dunque indirizzarsi verso tale percorso. L’analisi sulle recenti evoluzioni normative chiude pertanto quella che potrebbe definirsi la prospettiva ambientale per permettere una prosecuzione della nostra trattazione da una prospettiva interna, quella aziendale. La seconda parte, suddivisa nel terzo e quarto capitolo, si posiziona, come abbiamo in precedenza riferito, in prospettiva interna, maggiormente significativa dal punto di vista ei nostri studi economico-aziendali. L’ambiente, abbiamo osservato, è stato contraddistinto da dinamiche che hanno fortemente impattato sul piano dei sistemi aziendali. Lo studio si è tuttavia incentrato su un aspetto della complessa realtà aziendale, quello inerente alla comunicazione con l’esterno e alle modalità di interazione con gli interlocutori sociali. In uno scenario di profondo cambiamento socio-economico, il processo comunicativo assume, a nostro avviso, una rilevanza ampia sia a causa delle dimensioni considerevoli che caratterizzano le aziende elettriche sia per le decisioni politiche che hanno previsto un meccanismo di decentramento gestionale delle principali attività produttive del Paese dallo Stato alle aziende private. Il terzo capitolo analizza la comunicazione economico-finanziaria di tali aziende, con particolare riferimento alla funzione informativa affidata del bilancio ordinario. La letteratura economico-aziendale si è soffermata lungamente sullo studio del modello di bilancio più appropriato per rappresentare nel modo più veritiero possibile il capitale di esercizio e il reddito prodotto. La dinamica economica, finanziaria e patrimoniale è sintetizzata in modo preciso e puntuale nel bilancio più che in qualsiasi altro strumento informativo. In merito a tale tematica, gli schemi di bilancio previsti per le aziende elettriche hanno subito nel corso del tempo una graduale evoluzione da una strutturazione obbligatoria, a seguito dell’adozione della Legge 191 del 1958, ad un progressivo avvicinamento agli schemi di bilancio tradizionale. Un approfondito esame della letteratura sul bilancio ha permesso di meglio analizzare profili gestionali, operativi e finanziari delle aziende elettriche, cogliendo anche le opportunità che lo stesso strumento offre in merito a specifiche considerazioni su particolari voci che si pongono. Il quarto capitolo, infine, si sofferma compiutamente sul tema della responsabilità sociale delle aziende mediante un’analisi della principale letteratura economica in materia. Il differente piano concettuale su cui poggia il dibattito tra teorici della stakeholder e shareholder theory ha rilevanti implicazioni sul fronte del tipo di comunicazione che le aziende devono trasmettere. Il bilancio ordinario potrebbe dunque non costituire il solo vero strumento informativo capace di informare tutta la platea degli stakeholder. La responsabilità sociale delle aziende rappresenta pertanto un aspetto di assoluto rilievo, da cui non ci si può sottrarre se si gestisce il business secondo una visione ed un approccio sostenibile. La dimensione economica deve necessariamente collegarsi alla responsabilità ambientale, principalmente legata alla questione della riduzione delle emissioni inquinanti e sfruttamento controllato delle fonti energetiche, e alla crescita sociale, in special modo diretta alla politica di sviluppo del personale e alla creazione di un clima e di un ambiente di lavoro favorevole. 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https://hdl.handle.net/20.500.14242/131986
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