Il saggio del critico d'arte Clement Greenberg, Verso un più nuovo Laocoonte, pubblicato nell'estate 1940, rappresenta un significativo caso di riattualizzazione del celebre trattato di estetica Laocoonte, ovvero dei confini della pittura e della poesia di Gotthold Ephraim Lessing edito nel 1766. L'intenzione di Greenberg di riproporre il Laocoonte lessinghiano non è senza precedenti nella storia letteraria statunitense: il precendente più immediato è lo scritto di Irving Babbitt The New Laokoon: an Essay on the Confusion of the Arts, pubblicato a Boston nel 1910. Fin dal titolo del saggio, Greenberg rende esplicito il proprio riferimento a questa seconda lettura del classico di Lessing e propone un confronto con l'intepretazione offerta da Babbitt. Quest'ultimo, massimo esponente della corrente neo umanista americana, riconosce in Lessing il simbolo di una rettitudine etica che si riflette anche nelle sue scelte artistiche: secondo Babbitt, infatti, la separazione tra arti visive e arti verbali non è altro che espressione dello spessore morale della persona del Lessing. L'interpretazione offerta da Irving Babbitt non rappresenta un unicum bensì è da considerarsi come erede di una lunga tradizione precedente di studi americani dedicati alla figura e all'opera del filosofo tedesco. A partire dalla metà del XIX secolo, infatti, la cultura americana, attraverso saggi e articoli, scopre e poi rilegge il Laokoon in chiave morale, come appello rivolto contro la confusione tra le arti visive e verbali. Questa lunga tradizione di studi lessinghiani, passando attraverso il manifesto di Babbitt, giunge fino a Clement Greenberg, autore di una innovativa rilettura del trattato in chiave avanguardista e marxista. Per Greenberg, l'originaria distinzione lessinghiana tra arti dello spazio e arti del tempo si presta a una interpretazione moderna che permette di ricodificare il linguaggio dell'arte astratta.

La fortuna del Laokoon di G.E. Lessing in Nord America: alle origini del modernismo di Clement Greenberg

2020

Abstract

Il saggio del critico d'arte Clement Greenberg, Verso un più nuovo Laocoonte, pubblicato nell'estate 1940, rappresenta un significativo caso di riattualizzazione del celebre trattato di estetica Laocoonte, ovvero dei confini della pittura e della poesia di Gotthold Ephraim Lessing edito nel 1766. L'intenzione di Greenberg di riproporre il Laocoonte lessinghiano non è senza precedenti nella storia letteraria statunitense: il precendente più immediato è lo scritto di Irving Babbitt The New Laokoon: an Essay on the Confusion of the Arts, pubblicato a Boston nel 1910. Fin dal titolo del saggio, Greenberg rende esplicito il proprio riferimento a questa seconda lettura del classico di Lessing e propone un confronto con l'intepretazione offerta da Babbitt. Quest'ultimo, massimo esponente della corrente neo umanista americana, riconosce in Lessing il simbolo di una rettitudine etica che si riflette anche nelle sue scelte artistiche: secondo Babbitt, infatti, la separazione tra arti visive e arti verbali non è altro che espressione dello spessore morale della persona del Lessing. L'interpretazione offerta da Irving Babbitt non rappresenta un unicum bensì è da considerarsi come erede di una lunga tradizione precedente di studi americani dedicati alla figura e all'opera del filosofo tedesco. A partire dalla metà del XIX secolo, infatti, la cultura americana, attraverso saggi e articoli, scopre e poi rilegge il Laokoon in chiave morale, come appello rivolto contro la confusione tra le arti visive e verbali. Questa lunga tradizione di studi lessinghiani, passando attraverso il manifesto di Babbitt, giunge fino a Clement Greenberg, autore di una innovativa rilettura del trattato in chiave avanguardista e marxista. Per Greenberg, l'originaria distinzione lessinghiana tra arti dello spazio e arti del tempo si presta a una interpretazione moderna che permette di ricodificare il linguaggio dell'arte astratta.
2020
Italiano
Alessandro Nigro
Università degli Studi di Firenze
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/132345
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIFI-132345