L’esperienza della tragedia non iniziava, per gli Ateniesi del quinto secolo, nel momento in cui gli spettatori prendevano posto nel teatro di Dioniso: in quanto esperienza rituale, la tragedia si inserisce nel contesto festivo delle Grandi Dionisie, punto di riferimento fondamentale per comprendere come il dramma interagiva con gli spettatori in quanto πολῖται. Nel corso dei rituali delle Dionisie, e di ogni rito compiuto su piccola o grande scala, l’attività di spettatore costituiva un’attività rituale a tutti gli effetti. Quando un rito si inserisce nel μῦθος del dramma, viene attivato un meccanismo di mise en abîme basato sulle competenze e le esperienze rituali degli spettatori, che sono in grado di riconoscere la forma, le implicazioni e l’orizzonte di efficacia del rito. I riti presentano un’efficacia rituale, determinata dal confronto col rito reale, e un’efficacia drammatica, connessa alle dinamiche degli eventi tragici. Le immagini dei rituali in tragedia si costruiscono come immagini polivalenti, che si connettono all’intreccio di vicende drammatiche, e si associano all’esperienza rituale dei πολῖται. Il rituale si inserisce, inoltre, nelle dinamiche della performance: alcuni riti (supplica, lamentazione funebre, offerte incruente) sono particolarmente adatti a essere rappresentati sulla scena, mentre altri (in particolare il sacrificio cruento) sono relegati negli spazi invisibili agli spettatori. Osservare i meccanismi con cui lo spazio dell’orchestra viene modellato dal rito, e messo in comunicazione con gli spazi rituali invisibili, permette di comprendere come i dettagli dell’azione rituale vengono modellati, sfruttando le esperienze rituali degli spettatori, per ottenere un effetto drammatico. Dall’altra parte, isolare le caratteristiche dei rituali rappresentati nell’orchestra del teatro di Dioniso permette di riflettere sulla natura della tragedia greca come esperienza rituale.
Pratiche rituali e spazi drammatici: forma e funzionamento dei riti nella tragedia attica
2018
Abstract
L’esperienza della tragedia non iniziava, per gli Ateniesi del quinto secolo, nel momento in cui gli spettatori prendevano posto nel teatro di Dioniso: in quanto esperienza rituale, la tragedia si inserisce nel contesto festivo delle Grandi Dionisie, punto di riferimento fondamentale per comprendere come il dramma interagiva con gli spettatori in quanto πολῖται. Nel corso dei rituali delle Dionisie, e di ogni rito compiuto su piccola o grande scala, l’attività di spettatore costituiva un’attività rituale a tutti gli effetti. Quando un rito si inserisce nel μῦθος del dramma, viene attivato un meccanismo di mise en abîme basato sulle competenze e le esperienze rituali degli spettatori, che sono in grado di riconoscere la forma, le implicazioni e l’orizzonte di efficacia del rito. I riti presentano un’efficacia rituale, determinata dal confronto col rito reale, e un’efficacia drammatica, connessa alle dinamiche degli eventi tragici. Le immagini dei rituali in tragedia si costruiscono come immagini polivalenti, che si connettono all’intreccio di vicende drammatiche, e si associano all’esperienza rituale dei πολῖται. Il rituale si inserisce, inoltre, nelle dinamiche della performance: alcuni riti (supplica, lamentazione funebre, offerte incruente) sono particolarmente adatti a essere rappresentati sulla scena, mentre altri (in particolare il sacrificio cruento) sono relegati negli spazi invisibili agli spettatori. Osservare i meccanismi con cui lo spazio dell’orchestra viene modellato dal rito, e messo in comunicazione con gli spazi rituali invisibili, permette di comprendere come i dettagli dell’azione rituale vengono modellati, sfruttando le esperienze rituali degli spettatori, per ottenere un effetto drammatico. Dall’altra parte, isolare le caratteristiche dei rituali rappresentati nell’orchestra del teatro di Dioniso permette di riflettere sulla natura della tragedia greca come esperienza rituale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/133452
URN:NBN:IT:UNIPI-133452