Il colesterolo LDL è riconosciuto tra i più importanti fattori di rischio dell’infarto miocardico, i cui livelli plasmatici sono parimenti influenzati da fattori di rischio ambientali e genetici. Sebbene siano diverse le varianti genetiche comuni individuate che risultano influenzare i valori di colesterolo LDL ed essere associate al rischio di infarto miocardico, queste hanno in realtà un effetto modesto sul rischio nel singolo individuo. Tali polimorfismi genetici, infatti, sono stati identificati mediante studi GWAS, i quali permettono l’identificazione di polimorfismi con una frequenza maggiore al 5% e fortemente associati alla patologia in studio ma che non necessariamente ne rappresentano la causa. Dunque, resta ancora una quota di ereditarietà non spiegata, definita “missing heritability”, derivante da mutazioni strutturali o varianti genetiche più rare, con una frequenza allelica <5%, ma dotate di un maggiore effetto fenotipico. Sebbene gli studi di famiglia abbiano permesso l’individuazione di alcune varianti genetiche rare significativamente associate ad un aumento o una riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo LDL, solo grazie a sistemi di sequenziamento di nuova generazione (exome sequencing) sarà possibile identificarle e studiarle in modo completo, in quanto grazie a questi sistemi è possibile sequenziare direttamente l’intero genoma o le singole regioni di interesse. Allo scopo di raggiungere questo obiettivo, è stata analizzata mediante analisi exome sequencing la presenza di varianti genetiche con una frequenza < 1% in una popolazione estremamente preziosa dal punto di vista genetico: 4016 soggetti, di cui 2008 individui sani e 2008 pazienti con infarto miocardico giovanile, nei quali è probabile che l’eziopatogenesi della malattia abbia prevalentemente una componente genetica. Infatti, minore è l’età alla quale si manifesta la cardiopatia ischemica, maggiore è la possibile influenza genetica sulla patologia e, di conseguenza minore sarà l’influenza dei fattori ambientali. In particolare questo studio si pone l’obiettivo di valutare l’associazione di varianti genetiche rare, che predispongono a ipercolesterolemia o ipocolesterolemia, con il rischio di infarto miocardico acuto e il fenotipo intermedio della malattia, ovvero i livelli plasmatici di colesterolo LDL e il burden aterosclerotico coronarico.

Infarto miocardico giovanile e varianti esomiche che influenzano i livelli plasmatici di colesterolo

2018

Abstract

Il colesterolo LDL è riconosciuto tra i più importanti fattori di rischio dell’infarto miocardico, i cui livelli plasmatici sono parimenti influenzati da fattori di rischio ambientali e genetici. Sebbene siano diverse le varianti genetiche comuni individuate che risultano influenzare i valori di colesterolo LDL ed essere associate al rischio di infarto miocardico, queste hanno in realtà un effetto modesto sul rischio nel singolo individuo. Tali polimorfismi genetici, infatti, sono stati identificati mediante studi GWAS, i quali permettono l’identificazione di polimorfismi con una frequenza maggiore al 5% e fortemente associati alla patologia in studio ma che non necessariamente ne rappresentano la causa. Dunque, resta ancora una quota di ereditarietà non spiegata, definita “missing heritability”, derivante da mutazioni strutturali o varianti genetiche più rare, con una frequenza allelica <5%, ma dotate di un maggiore effetto fenotipico. Sebbene gli studi di famiglia abbiano permesso l’individuazione di alcune varianti genetiche rare significativamente associate ad un aumento o una riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo LDL, solo grazie a sistemi di sequenziamento di nuova generazione (exome sequencing) sarà possibile identificarle e studiarle in modo completo, in quanto grazie a questi sistemi è possibile sequenziare direttamente l’intero genoma o le singole regioni di interesse. Allo scopo di raggiungere questo obiettivo, è stata analizzata mediante analisi exome sequencing la presenza di varianti genetiche con una frequenza < 1% in una popolazione estremamente preziosa dal punto di vista genetico: 4016 soggetti, di cui 2008 individui sani e 2008 pazienti con infarto miocardico giovanile, nei quali è probabile che l’eziopatogenesi della malattia abbia prevalentemente una componente genetica. Infatti, minore è l’età alla quale si manifesta la cardiopatia ischemica, maggiore è la possibile influenza genetica sulla patologia e, di conseguenza minore sarà l’influenza dei fattori ambientali. In particolare questo studio si pone l’obiettivo di valutare l’associazione di varianti genetiche rare, che predispongono a ipercolesterolemia o ipocolesterolemia, con il rischio di infarto miocardico acuto e il fenotipo intermedio della malattia, ovvero i livelli plasmatici di colesterolo LDL e il burden aterosclerotico coronarico.
ott-2018
Italiano
Medicina Molecolare
Università degli Studi di Parma
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/133556
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPR-133556