Il primo libro delle "Satire alla carlona", che Pietro Nelli (nato a Siena intorno al 1511-12 e morto, probabilmente a Venezia, dopo il 1572) firmò con il nom de plume di Andrea da Bergamo, è una raccolta di capitoli in terzine di argomento satirico, la cui editio princeps risale al 1546. Ai sedici componimenti del primo libro si aggiunsero, l’anno seguente, i ventisei contenuti nel secondo, insieme al quale il primo venne nuovamente edito nel ’48. Tuttavia, questo secondo libro, composto per la quasi totalità da veri e propri capitoli burleschi – perlopiù testi di lode paradossale che poco hanno in comune sia con la struttura che con il contenuto della satira – può essere facilmente ritenuto piuttosto un prodotto editoriale pubblicato sull’onda del successo commerciale delle numerose miscellanee, ispirate al modello, allora altrettanto frequentato, della poesia bernesca. L’edizione, critica e commentata, inquadra la vicenda letteraria dell’autore nel panorama italiano primo-cinquecentesco quale contributo originale nell’ambito della storia del genere satira, inaugurato nella sua peculiarità dal modello rappresentato dalle "Satire" ariostesche. Oltre al valore critico-letterario dell’esperienza, vengono presi in considerazione i numerosi spunti tematici proposti: la tradizionale ricchezza argomentativa del genere apre allo sviluppo di molteplici linee d’indagine, che vanno dalla riflessione linguistico-letteraria (relativa alla presenza di inserti dialettali veneti in uno scrittore di origine senese) alle implicazioni storico-politiche (per via dei molti riferimenti a un certo riformismo religioso, particolarmente diffuso nel clima immediatamente precedente il Concilio di Trento) fino alla complessa questione riguardante la definizione stessa della dimensione satirica (a proposito della comicità usata come schermo di protezione per la trasmissione di contenuti moralmente aggressivi, difficilmente accettabili dal punto di vista sociale). Inoltre, la figura dell’autore appare perfettamente rappresentativa della realtà storica del primo Cinquecento: l’uso del volgare aveva finalmente esteso la legittimità letteraria anche a una classe, come poteva essere la sua, di scrittori non professionisti e il contemporaneo eccezionale sviluppo dell’industria tipografica della città di Venezia, dove egli svolse quasi interamente la sua attività di scrittore, rese la sua aspirazione ancora più verosimile. Benché sia stato comunemente considerato uno degli epigoni del modello proposto a suo tempo da Ludovico Ariosto, la sua produzione poetica è stata solitamente inclusa, in modo piuttosto sbrigativo, in una generale fase di esaurimento del motivo ispiratore originario – una fase nella quale elementi propriamente satirici appaiono largamente ridimensionati dall’influenza esercitata dalla coeva letteratura burlesca. Il crescente scadimento qualitativo rispetto alla classica medietà ariostesca, concordemente segnalato dalla critica in molte delle raccolte satiriche uscite intorno alla metà del secolo, pare essere riscattata, nel nostro autore, da una notevole eccentricità espressiva, connessa, con ogni probabilità, alla sua biografia alquanto singolare (originario del contado senese, Pietro Nelli venne adottato da un importante membro della borghesia cittadina e visse prestando servizio presso alcuni esponenti del prestigioso patriziato veneziano). Dalla lettura della sua raccolta poetica sembra, dunque, emergere una personale declinazione della pronuncia satirica che, al di là della ripresa di numerosi temi ariosteschi, propone una consapevole contaminazione stilistica, sempre funzionale alla propria esigenza espressiva: un’esigenza che, abilmente sfruttata, dà voce a una tonalità satirica originale.

Le satire alla carlona di Pietro Nelli. Edizione critica e commento

2015

Abstract

Il primo libro delle "Satire alla carlona", che Pietro Nelli (nato a Siena intorno al 1511-12 e morto, probabilmente a Venezia, dopo il 1572) firmò con il nom de plume di Andrea da Bergamo, è una raccolta di capitoli in terzine di argomento satirico, la cui editio princeps risale al 1546. Ai sedici componimenti del primo libro si aggiunsero, l’anno seguente, i ventisei contenuti nel secondo, insieme al quale il primo venne nuovamente edito nel ’48. Tuttavia, questo secondo libro, composto per la quasi totalità da veri e propri capitoli burleschi – perlopiù testi di lode paradossale che poco hanno in comune sia con la struttura che con il contenuto della satira – può essere facilmente ritenuto piuttosto un prodotto editoriale pubblicato sull’onda del successo commerciale delle numerose miscellanee, ispirate al modello, allora altrettanto frequentato, della poesia bernesca. L’edizione, critica e commentata, inquadra la vicenda letteraria dell’autore nel panorama italiano primo-cinquecentesco quale contributo originale nell’ambito della storia del genere satira, inaugurato nella sua peculiarità dal modello rappresentato dalle "Satire" ariostesche. Oltre al valore critico-letterario dell’esperienza, vengono presi in considerazione i numerosi spunti tematici proposti: la tradizionale ricchezza argomentativa del genere apre allo sviluppo di molteplici linee d’indagine, che vanno dalla riflessione linguistico-letteraria (relativa alla presenza di inserti dialettali veneti in uno scrittore di origine senese) alle implicazioni storico-politiche (per via dei molti riferimenti a un certo riformismo religioso, particolarmente diffuso nel clima immediatamente precedente il Concilio di Trento) fino alla complessa questione riguardante la definizione stessa della dimensione satirica (a proposito della comicità usata come schermo di protezione per la trasmissione di contenuti moralmente aggressivi, difficilmente accettabili dal punto di vista sociale). Inoltre, la figura dell’autore appare perfettamente rappresentativa della realtà storica del primo Cinquecento: l’uso del volgare aveva finalmente esteso la legittimità letteraria anche a una classe, come poteva essere la sua, di scrittori non professionisti e il contemporaneo eccezionale sviluppo dell’industria tipografica della città di Venezia, dove egli svolse quasi interamente la sua attività di scrittore, rese la sua aspirazione ancora più verosimile. Benché sia stato comunemente considerato uno degli epigoni del modello proposto a suo tempo da Ludovico Ariosto, la sua produzione poetica è stata solitamente inclusa, in modo piuttosto sbrigativo, in una generale fase di esaurimento del motivo ispiratore originario – una fase nella quale elementi propriamente satirici appaiono largamente ridimensionati dall’influenza esercitata dalla coeva letteratura burlesca. Il crescente scadimento qualitativo rispetto alla classica medietà ariostesca, concordemente segnalato dalla critica in molte delle raccolte satiriche uscite intorno alla metà del secolo, pare essere riscattata, nel nostro autore, da una notevole eccentricità espressiva, connessa, con ogni probabilità, alla sua biografia alquanto singolare (originario del contado senese, Pietro Nelli venne adottato da un importante membro della borghesia cittadina e visse prestando servizio presso alcuni esponenti del prestigioso patriziato veneziano). Dalla lettura della sua raccolta poetica sembra, dunque, emergere una personale declinazione della pronuncia satirica che, al di là della ripresa di numerosi temi ariosteschi, propone una consapevole contaminazione stilistica, sempre funzionale alla propria esigenza espressiva: un’esigenza che, abilmente sfruttata, dà voce a una tonalità satirica originale.
13-dic-2015
Italiano
Masi, Giorgio
Ciccuto, Marcello
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/136823
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-136823