La tesi di dottorato elaborata dal dott. Serafini analizza specificamente lo “statuto civilistico” di associazioni e fondazioni del Terzo settore, come risultante a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, recante il «Codice del Terzo settore, a norma dell’art. 1, co. 2º, lett. b), della legge 6 giugno 2016, n. 106». In particolare, l’indagine è stata condotta nella prospettiva – segnata, in primis, dal legislatore delegante – della ridefinizione del ruolo del Terzo settore, nell’ambito dei rapporti tra Stato e cittadini, così come emergente da una lettura costituzionalmente orientata (ex. art. 118, co. 4°, Cost.), delle norme in tema di autonomia privata ed attività dei gruppi intermedi non lucrativi. Il fenomeno del Terzo settore è identificato per differenza rispetto a quelle forme organizzative della società civile che non sono riconducibili né alla struttura dello Stato (Primo settore) né alla dialettica del mercato (Secondo settore). Tale fenomeno individua, appunto, l’insieme dei soggetti che utilizzano strutture giuridiche collettive private, (anche) al fine della produzione di beni o di servizi, con destinazione al soddisfacimento di bisogni “sociali”. In considerazione del carattere relativo e storicamente determinato dell’àmbito di autonomia riconosciuto ai privati nell’auto-organizzazione in strutture metaindividuali, il Capitolo I è stato dedicato alla ricostruzione storica dell’evoluzione dei rapporti tra Stato e corpi intermedi. A tal fine, si è scelto di analizzare due istituti che costituiscono un’efficace “cartina al tornasole” del fenomeno in discorso. Il riferimento agli istituti della personalità giuridica e della soggettività giuridica, intesi quali «procedimenti tecnici elaborati in vista dell’attribuzione di determinati vantaggi pratici a gruppi organizzati di individui» La progressiva autonomizzazione del diritto dei privati dal controllo statale è stata ricostruita dando ampio spazio, non solo al dato normativo, ma anche al formante dottrinale, con particolare attenzione all’impatto della Costituzione repubblicana sulla sistematica del diritto privato delle società intermedie. Primo punto d’assestamento dell’analisi sviluppata nel Capitolo I è costituito dall’illustrazione del nuovo regime di acquisto della personalità giuridica, riservato agli enti che intendano qualificarsi come “ETS” (mediante iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore). Peraltro, com’è stato rendicontato nell’elaborato, tale regime – che si affianca a quello previgente previgente ex d.P.R. n. 361/2000 – ha suscitato considerevoli reazioni della dottrina, in merito ai (plurimi) problemi di coordinamento tra le due discipline di riferimento. Definito, nel Capitolo I, l’approccio generale del legislatore della riforma al tema dell’attribuzione della personalità agli enti del Terzo settore, nel Capitolo II sono stati analizzati gli elementi qualificanti per la sussunzione nella categoria degli ETS. Tale verifica, oltre ad essere intesa a definire il perimetro soggettivo della riforma, è diretta al fine di individuare dei presupposti causalistici ed organizzativi alla ricorrenza dei quali è consentito ai privati di accedere al trattamento di favore che il Codice riserva gli enti in discorso. A ben vedere, è tra il Capitolo II e il Capitolo III (volto ad indagare la specifica disciplina di associazioni e fondazioni del Terzo settore), che si rivela l’attitudine interdisciplinare del tema de qua, che vede, nel diritto tributario, un “fine” e, nel diritto commerciale, (quantomeno) un “mezzo”. Sul presupposto dogmatico per cui la forma giuridica della personalità non incida sull’essenza della soggettività, limitandosi bensì ad indicarne una disciplina funzionale ad assicurare l’accesso a determinati effetti giuridici, il Capitolo III indaga quali siano questi effetti con riferimento specifico agli enti del Terzo settore. Questi ultimi, nella prospettiva sopra indicata, sono individuabili nell’accesso, da un lato, al regime fiscale agevolato e, dall’altro lato, al c.d. “statuto civilistico” degli ETS. Detto statuto, costituito dal complesso di regole di governance e di controllo, costituirebbe un valore in se’, in vista del quale i privati sarebbero mossi alla iscrizione del Registro unico degli enti del Terzo settore. Difatti, mentre molti Autori hanno individuato il movente principale per (ambire a) qualificarsi quali ETS solo nella possibilità di accedere ad un regime fiscale agevolato, il lavoro qui presentato illustra come concorra con detta causale quella di presentarsi nel mercato con un’organizzazione più strutturata e con una trasparenza maggiore, di talché risulti potenziata la c.d. accountability sociale dell’ente. Ciò convince soprattutto se si accede alle più moderne ricostruzioni della law and economics che spiegano come il favore dell’utenza verso gli enti non profit deriverebbe dalla circostanza che questo settore meglio soddisfa il desiderio dell’utente di beneficenza, cioè, in particolare, di acquistare beni e servizi destinati, in ultima istanza, al soddisfacimento (anche) di un fine altruistico. Il codice del Terzo settore tutela specificamente la verificabilità di tale fine, estendendo agli ETS un’articolata serie di norme di corporate governance, di controllo contabile e di trasparenza, costituenti, appunto, lo “statuto” di cui sopra. In definitiva, l’elaborato mira ad offrire una ricostruzione sistematica della disciplina degli enti del Terzo settore, nella convinzione che questa possa costituire oggetto di particolare rilievo teorico, per gli studiosi della soggettività metaindividuale, e di grande interesse pratico, per i gruppi sociali intermedi attivi nel mercato del “non per profitto”.

Lo statuto civilistico delle associazioni e delle fondazioni del Terzo settore

2018

Abstract

La tesi di dottorato elaborata dal dott. Serafini analizza specificamente lo “statuto civilistico” di associazioni e fondazioni del Terzo settore, come risultante a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, recante il «Codice del Terzo settore, a norma dell’art. 1, co. 2º, lett. b), della legge 6 giugno 2016, n. 106». In particolare, l’indagine è stata condotta nella prospettiva – segnata, in primis, dal legislatore delegante – della ridefinizione del ruolo del Terzo settore, nell’ambito dei rapporti tra Stato e cittadini, così come emergente da una lettura costituzionalmente orientata (ex. art. 118, co. 4°, Cost.), delle norme in tema di autonomia privata ed attività dei gruppi intermedi non lucrativi. Il fenomeno del Terzo settore è identificato per differenza rispetto a quelle forme organizzative della società civile che non sono riconducibili né alla struttura dello Stato (Primo settore) né alla dialettica del mercato (Secondo settore). Tale fenomeno individua, appunto, l’insieme dei soggetti che utilizzano strutture giuridiche collettive private, (anche) al fine della produzione di beni o di servizi, con destinazione al soddisfacimento di bisogni “sociali”. In considerazione del carattere relativo e storicamente determinato dell’àmbito di autonomia riconosciuto ai privati nell’auto-organizzazione in strutture metaindividuali, il Capitolo I è stato dedicato alla ricostruzione storica dell’evoluzione dei rapporti tra Stato e corpi intermedi. A tal fine, si è scelto di analizzare due istituti che costituiscono un’efficace “cartina al tornasole” del fenomeno in discorso. Il riferimento agli istituti della personalità giuridica e della soggettività giuridica, intesi quali «procedimenti tecnici elaborati in vista dell’attribuzione di determinati vantaggi pratici a gruppi organizzati di individui» La progressiva autonomizzazione del diritto dei privati dal controllo statale è stata ricostruita dando ampio spazio, non solo al dato normativo, ma anche al formante dottrinale, con particolare attenzione all’impatto della Costituzione repubblicana sulla sistematica del diritto privato delle società intermedie. Primo punto d’assestamento dell’analisi sviluppata nel Capitolo I è costituito dall’illustrazione del nuovo regime di acquisto della personalità giuridica, riservato agli enti che intendano qualificarsi come “ETS” (mediante iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore). Peraltro, com’è stato rendicontato nell’elaborato, tale regime – che si affianca a quello previgente previgente ex d.P.R. n. 361/2000 – ha suscitato considerevoli reazioni della dottrina, in merito ai (plurimi) problemi di coordinamento tra le due discipline di riferimento. Definito, nel Capitolo I, l’approccio generale del legislatore della riforma al tema dell’attribuzione della personalità agli enti del Terzo settore, nel Capitolo II sono stati analizzati gli elementi qualificanti per la sussunzione nella categoria degli ETS. Tale verifica, oltre ad essere intesa a definire il perimetro soggettivo della riforma, è diretta al fine di individuare dei presupposti causalistici ed organizzativi alla ricorrenza dei quali è consentito ai privati di accedere al trattamento di favore che il Codice riserva gli enti in discorso. A ben vedere, è tra il Capitolo II e il Capitolo III (volto ad indagare la specifica disciplina di associazioni e fondazioni del Terzo settore), che si rivela l’attitudine interdisciplinare del tema de qua, che vede, nel diritto tributario, un “fine” e, nel diritto commerciale, (quantomeno) un “mezzo”. Sul presupposto dogmatico per cui la forma giuridica della personalità non incida sull’essenza della soggettività, limitandosi bensì ad indicarne una disciplina funzionale ad assicurare l’accesso a determinati effetti giuridici, il Capitolo III indaga quali siano questi effetti con riferimento specifico agli enti del Terzo settore. Questi ultimi, nella prospettiva sopra indicata, sono individuabili nell’accesso, da un lato, al regime fiscale agevolato e, dall’altro lato, al c.d. “statuto civilistico” degli ETS. Detto statuto, costituito dal complesso di regole di governance e di controllo, costituirebbe un valore in se’, in vista del quale i privati sarebbero mossi alla iscrizione del Registro unico degli enti del Terzo settore. Difatti, mentre molti Autori hanno individuato il movente principale per (ambire a) qualificarsi quali ETS solo nella possibilità di accedere ad un regime fiscale agevolato, il lavoro qui presentato illustra come concorra con detta causale quella di presentarsi nel mercato con un’organizzazione più strutturata e con una trasparenza maggiore, di talché risulti potenziata la c.d. accountability sociale dell’ente. Ciò convince soprattutto se si accede alle più moderne ricostruzioni della law and economics che spiegano come il favore dell’utenza verso gli enti non profit deriverebbe dalla circostanza che questo settore meglio soddisfa il desiderio dell’utente di beneficenza, cioè, in particolare, di acquistare beni e servizi destinati, in ultima istanza, al soddisfacimento (anche) di un fine altruistico. Il codice del Terzo settore tutela specificamente la verificabilità di tale fine, estendendo agli ETS un’articolata serie di norme di corporate governance, di controllo contabile e di trasparenza, costituenti, appunto, lo “statuto” di cui sopra. In definitiva, l’elaborato mira ad offrire una ricostruzione sistematica della disciplina degli enti del Terzo settore, nella convinzione che questa possa costituire oggetto di particolare rilievo teorico, per gli studiosi della soggettività metaindividuale, e di grande interesse pratico, per i gruppi sociali intermedi attivi nel mercato del “non per profitto”.
10-dic-2018
Italiano
Università degli Studi di Napoli Federico II
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