Il presente lavoro consiste nel rilevamento e analisi strutturale di alcune aree chiave dell’Appennino meridionale con lo scopo di ricostruire l’evoluzione tettonica e la caratterizzazione dei principali sovrascorrimenti attraverso la definizione delle vergenze, orientazioni e stili deformativi delle diverse strutture alla mesoscala associate. L’assetto tettonico dell’Appennino meridionale è stato oggetto di numerosi studi, tuttavia, allo stato attuale mancano lavori di dettaglio sulle strutture compressive che hanno permesso la costruzione di questo orogene. Al fine di creare un dataset rilevante, questa ricerca ha avuto come punto di forza l’attività di campo che ha permesso l’acquisizione di numerosi dati giaciturali e cinematici delle strutture compressive analizzate. Il rilevamento ha permesso la realizzazione e implementazione di carte geologico-strutturali. Inoltre, al fine di vincolare temporalmente le strutture, sono stati datati su base paleontologica i depositi clastici posti a letto dei sovrascorrimenti analizzati. L’Appennino meridionale è un fold-and-thrust belt, la cui costruzione è stata caratterizzata da un’alternanza di stili tettonici pellicolari (thin-skinned) e profondi (thick-skinned). Le principali unità tettoniche che lo compongono sono limitate da sovrascorrimenti a basso angolo dominati da flat-thrust attraverso i quali le masse rocciose hanno potuto viaggiare anche per diverse decine di chilometri. Le falde tettoniche che formano la pila tettonica sono suddivise in tre complessi principali: (i) unità del Bacino Liguride (Complesso di Accrezione Liguride); (ii) unità della Piattaforma Appenninica e (iii) unità del Bacino Lagonegrese-Molisano. Questi sono ricoperti in discordanza da diversi depositi di bacino di wedge-top del Neogene e da terreni post-orogenici quaternari continentali, marini e vulcanici. In generale, le unità del Bacino Liguride occupano le posizioni tettoniche più alte, sovrascorse sulle unità della Piattaforma Appenninica, che a loro volta ricoprono le unità del Bacino Lagonegrese-Molisano. Come si evince dalle informazioni di numerosi pozzi e profili sismici, effettuati per l'esplorazione petrolifera o per scopi scientifici, le unità lagonegresi-molisane formano duplex tettonici e falde imbricate che ricoprono i carbonati della Piattaforma Apula sepolta. Tuttavia questa geometria è resa ulteriormente più complessa dalla successiva reimbricazione della pila tettonica che, localmente, inverte la sequenza di sovrapposizione strutturale descritta. La presenza di questi sovrascorrimenti radicati in profondità, la cui emersione nel cuneo orogenico si esprime come thrust fuori sequenza, rende ancora più complessa l’architettura tettonica, spesso deformando i depositi discordanti dei numerosi bacini di wedge-top che si sono formati durante la migrazione del fronte orogenico tra il Miocene inferiore e il Pleistocene. Tuttavia, sebbene la letteratura geologica sia estremamente vasta, ancora non si ha a disposizione un quadro completo sulla cinematica e la vergenza dei sovrascorrimenti in- e fuori-sequenza che caratterizzano quest’orogene. Il presente lavoro si pone quindi l’obiettivo di colmare questa lacuna attraverso l’analisi strutturale di alcune aree chiave nelle diverse porzioni di catena presenti nel territorio campano (Monte Massico, Monti Lattari, Picentini, di Avella e di Caserta) e di fornire un framework regionale della cinematica dei sovrascorrimenti, sia pellicolari “in sequenza” sia quelli “fuori sequenza” che coinvolgono le parti più profonde della catena. Alcune delle aree sono già studiate in passato da diversi autori, come ad esempio le finestre tettoniche di Giffoni e Campagna, altre meno come il Monte Massico. Tenendo conto delle varie ricostruzioni degli assetti tettonici e deformativi nelle aree prese in considerazione, è stato possibile ricostruire l’evoluzione deformativa miocenica dell’Appennino campano. In questo lavoro è presentata una ricostruzione degli eventi tettonici caratterizzata da quattro fasi principali, denominate da D1 a D4. La fase D1 è associata all’attività dei sovrascorrimenti in-sequenza, mentre le fasi D3 e D4 sono associate all’attività delle strutture fuori-sequenza. La fase D2, a differenza delle precedenti fasi compressive, è caratterizzata da estensione. Affioramenti dove è possibile osservare i sovrascorrimenti in-sequenza responsabili dell’impilamento dei principali complessi cinematici, generalmente caratterizzati da faglie dominate da flat e quindi associati ad una tettonica di tipo pellicolare, sono estremamente rari. I sovrascorrimenti tra le unità Liguridi e le unità della Piattaforma Appenninica sono difficilmente osservabili a causa della natura poco competente dei depositi bacinali profondi che non preservano gli indicatori cinematici associati al sovrascorrimento. I thrust tra i carbonati della Piattaforma Appenninica e i terreni lagonegresi sono visibili esclusivamente nelle finestre tettoniche di Giffoni e Campagna. In particolare gli affioramenti migliori sono presenti a Giffoni Sei Casali e Giffoni Valle Piana, dove le dolomie triassiche (unità della Piattaforma Appenninica) sovrascorrono sugli Scisti Silicei (Unità di Frigento, Bacino Lagonegrese-Molisano). Gli indicatori cinematici indicano un trasporto tettonico verso est (fase D1). Più diffuse sono le strutture secondarie come thrust minori e pieghe associate. Queste si osservano sia nel footwall (Scisti Silicei e Calcari con Selce) sia nell’hanging wall (carbonati Meso-Cenozoici della Piattaforma Appenninica). A Giffoni Sei Casali thrust e pieghe associati a questa fase iniziale sono presenti nella successione lagonegrese mentre a Salitto sono osservabili nella successione dell’unità di Monte Croce (margine orientale della Piattaforma Appenninica). In queste due località queste strutture sono chiaramente associate alla fase D1 perché dissecate da faglie estensionali (fase D2) e deformate da pieghe e sovrascorrimenti delle successive fasi contrazionali (D3 e D4). Esempi di strutture estensionali comprese tra due eventi compressivi sono osservabili in numerose località. Al Monte Massico, dicchi di arenarie della Formazione di Caiazzo sono presenti nei termini Cenozoici della successione carbonatica, successivamente piegati. A Limatola, faglie normali sono sigillate dai depositi della Formazione di Caiazzo posti a letto di thrust fuori-sequenza. Nei Monti Tifatini (Sant’Angelo in Formis) ci sono evidenze di faglie normali (D2) suturate dalle Arenarie di Caiazzo successivamente invertite come thrust (D4). A Laviano, faglie normali (D2) bordano graben riempiti dai depositi della Formazione di Castelvetere e sono dissecate da piccoli sovrascorrimenti (D4). Nella finestra tettonica di Giffoni Sei Casali, superfici di thrust (D1) sono dissecate da faglie normali coniugate (D2), basculate dalle successive fasi contrazionali (D3-D4). Nella finestra tettonica di Campagna, pieghe e thrust della prima fase sono dissecate da faglie estensionali (D2) successivamente basculate. Tutte queste evidenze suggeriscono che la fase estensionale sia da mettere in stretta relazione con la deposizione dei depositi clastici del Gruppo di Castelvetere. È possibile ipotizzare che nel Tortoniano superiore, il cuneo d’accrezione sia stato interessato da estensione probabilmente in seguito al suo sovraispessimento tettonico, cha ha prodotto la formazione di un esteso bacino di wedge-top. Per la diffusione di tali depositi, il bacino doveva avere dimensioni delle centinaia di chilometri visto che si estendeva dalla Campania settentrionale (Formazione di Caiazzo), Daunia e Fortore (Formazione di San Bartolomeo), attraverso un settore centrale (Formazione di Castelvetere) e meridionale (Formazioni di Monte Sierio e Monte Croce), fino all’estremo sud con le Formazioni del Gorgoglione e di Oriolo in Basilicata. Particolare attenzione è stata posta al rilevamento geologico-strutturale dell’area del Monte Massico. Lo studio ha permesso di ricostruire l’assetto tettonico dell’area, finora poco studiata. Questo è caratterizzato dalla sovrapposizione di due sistemi di thrust fuori-sequenza in quanto entrambi i sistemi di s9ovrascorrimenti deformano i depositi di wedge-top basin della Formazione di Caiazzo (Gruppo di Castelvetere). Il primo sistema è formato da un thrust principale e thrust ad alto angolo secondari che lo tagliano. Tali strutture indicano un raccorciamento NE-SO/E-O come è evidente dalle strutture alla meso-scala come strutture S-C e pieghe. Al contrario il secondo sistema di thrust, è caratterizzato solo da thrust prevalentemente di rampa, ben rappresentato dalla faglia nella cava di San Mauro, e indica un raccorciamento N-S. Quindi l’intera architettura tettonica consiste nella sovrapposizione di due sistemi di thrust, caratterizzati da vergenze differenti. Le relazioni di sovrapposizione tra le due fasi di sovrascorrimento indicano che il raccorciamento N-S è più giovane. Infine è stato studiato in dettaglio il detrito di marmo, incluse le masse decametriche di Marmo Cipollino, i blocchi e i conglomerati nella Formazione di Caiazzo, unico esempio della presenza di queste rocce metamorfiche nei depositi di bacino di wedge-top del Miocene superiore in Appennino meridionale. In questo scenario, la Formazione di Caiazzo, affiorante nel settore occidentale del M. Massico, rappresenta la variazione locale del Gruppo di Castelvetere. Essa è formata alla base da un assemblaggio caotico, che include detrito di rocce plutoniche, calcari, marmi e rocce di bacino profondo. Nel modello paleogeografico proposto, durante il Burdigaliano medio, il M. Massico era situato nel settore settentrionale del dominio della Piattaforma Appenninica. In quel momento il fronte orogenico stava migrando verso Est, raschiando via le coperture del Bacino Ligure. Successivamente, nel Tortoniano superiore, si è formato il bacino di wedge-top del Gruppo di Castelvetere alimentato da (i) detrito calcareo e di bacino profondo della Piattaforma Appenninica e della falda Ligure, rispettivamente, entrambi formanti il cuneo alloctono; (ii) rocce plutoniche e metamorfiche (incluso il detrito di marmo) provenienti dall’Arco Calabro-Peloritano e infine (iii) litici vulcanici sin-orogenici, prevalentemente di composizione felsica, originati da sorgenti situate nell’arco vulcanico del Tirreno centrale. Riassumendo i principali risultati di questa ricerca questo sono: • una migliore definizione delle vergenze della fase di strutturazione in-sequenza delle unità della Piattaforma Appenninica nelle finestre tettoniche di Giffoni e Campagna; • il riconoscimento di una fase estensionale coeva alla messa in posto dei depositi di bacino di wedge-top del Gruppo di Castelvetere, mai descritta in precedenza; • la ricostruzione evolutiva dei successivi raccorciamenti fuori-sequenza. Questi impulsi tardivi vengono descritti in pochi lavori generalmente basati su dati indiretti, ne consegue che questo lavoro di dettaglio ha permesso di definire meglio le porzioni di catena interessate dalla deformazione, le variazioni regionali nelle vergenze e le età; quest’ultima risulta essere successiva alla messa in posto dei depositi di wedge-top del Gruppo di Castelvetere, ovvero più giovane del Messiniano inferiore; • la ricostruzione dell’assetto strutturale e stratigrafico dell’Area del Monte Massico; • la realizzazione di una carta di dettaglio dell’area del Monte Massico.

Analisi cinematica dei thrust fuori sequenza del Miocene superiore-Pliocene inferiore in Appennino meridionale (Italia)

2018

Abstract

Il presente lavoro consiste nel rilevamento e analisi strutturale di alcune aree chiave dell’Appennino meridionale con lo scopo di ricostruire l’evoluzione tettonica e la caratterizzazione dei principali sovrascorrimenti attraverso la definizione delle vergenze, orientazioni e stili deformativi delle diverse strutture alla mesoscala associate. L’assetto tettonico dell’Appennino meridionale è stato oggetto di numerosi studi, tuttavia, allo stato attuale mancano lavori di dettaglio sulle strutture compressive che hanno permesso la costruzione di questo orogene. Al fine di creare un dataset rilevante, questa ricerca ha avuto come punto di forza l’attività di campo che ha permesso l’acquisizione di numerosi dati giaciturali e cinematici delle strutture compressive analizzate. Il rilevamento ha permesso la realizzazione e implementazione di carte geologico-strutturali. Inoltre, al fine di vincolare temporalmente le strutture, sono stati datati su base paleontologica i depositi clastici posti a letto dei sovrascorrimenti analizzati. L’Appennino meridionale è un fold-and-thrust belt, la cui costruzione è stata caratterizzata da un’alternanza di stili tettonici pellicolari (thin-skinned) e profondi (thick-skinned). Le principali unità tettoniche che lo compongono sono limitate da sovrascorrimenti a basso angolo dominati da flat-thrust attraverso i quali le masse rocciose hanno potuto viaggiare anche per diverse decine di chilometri. Le falde tettoniche che formano la pila tettonica sono suddivise in tre complessi principali: (i) unità del Bacino Liguride (Complesso di Accrezione Liguride); (ii) unità della Piattaforma Appenninica e (iii) unità del Bacino Lagonegrese-Molisano. Questi sono ricoperti in discordanza da diversi depositi di bacino di wedge-top del Neogene e da terreni post-orogenici quaternari continentali, marini e vulcanici. In generale, le unità del Bacino Liguride occupano le posizioni tettoniche più alte, sovrascorse sulle unità della Piattaforma Appenninica, che a loro volta ricoprono le unità del Bacino Lagonegrese-Molisano. Come si evince dalle informazioni di numerosi pozzi e profili sismici, effettuati per l'esplorazione petrolifera o per scopi scientifici, le unità lagonegresi-molisane formano duplex tettonici e falde imbricate che ricoprono i carbonati della Piattaforma Apula sepolta. Tuttavia questa geometria è resa ulteriormente più complessa dalla successiva reimbricazione della pila tettonica che, localmente, inverte la sequenza di sovrapposizione strutturale descritta. La presenza di questi sovrascorrimenti radicati in profondità, la cui emersione nel cuneo orogenico si esprime come thrust fuori sequenza, rende ancora più complessa l’architettura tettonica, spesso deformando i depositi discordanti dei numerosi bacini di wedge-top che si sono formati durante la migrazione del fronte orogenico tra il Miocene inferiore e il Pleistocene. Tuttavia, sebbene la letteratura geologica sia estremamente vasta, ancora non si ha a disposizione un quadro completo sulla cinematica e la vergenza dei sovrascorrimenti in- e fuori-sequenza che caratterizzano quest’orogene. Il presente lavoro si pone quindi l’obiettivo di colmare questa lacuna attraverso l’analisi strutturale di alcune aree chiave nelle diverse porzioni di catena presenti nel territorio campano (Monte Massico, Monti Lattari, Picentini, di Avella e di Caserta) e di fornire un framework regionale della cinematica dei sovrascorrimenti, sia pellicolari “in sequenza” sia quelli “fuori sequenza” che coinvolgono le parti più profonde della catena. Alcune delle aree sono già studiate in passato da diversi autori, come ad esempio le finestre tettoniche di Giffoni e Campagna, altre meno come il Monte Massico. Tenendo conto delle varie ricostruzioni degli assetti tettonici e deformativi nelle aree prese in considerazione, è stato possibile ricostruire l’evoluzione deformativa miocenica dell’Appennino campano. In questo lavoro è presentata una ricostruzione degli eventi tettonici caratterizzata da quattro fasi principali, denominate da D1 a D4. La fase D1 è associata all’attività dei sovrascorrimenti in-sequenza, mentre le fasi D3 e D4 sono associate all’attività delle strutture fuori-sequenza. La fase D2, a differenza delle precedenti fasi compressive, è caratterizzata da estensione. Affioramenti dove è possibile osservare i sovrascorrimenti in-sequenza responsabili dell’impilamento dei principali complessi cinematici, generalmente caratterizzati da faglie dominate da flat e quindi associati ad una tettonica di tipo pellicolare, sono estremamente rari. I sovrascorrimenti tra le unità Liguridi e le unità della Piattaforma Appenninica sono difficilmente osservabili a causa della natura poco competente dei depositi bacinali profondi che non preservano gli indicatori cinematici associati al sovrascorrimento. I thrust tra i carbonati della Piattaforma Appenninica e i terreni lagonegresi sono visibili esclusivamente nelle finestre tettoniche di Giffoni e Campagna. In particolare gli affioramenti migliori sono presenti a Giffoni Sei Casali e Giffoni Valle Piana, dove le dolomie triassiche (unità della Piattaforma Appenninica) sovrascorrono sugli Scisti Silicei (Unità di Frigento, Bacino Lagonegrese-Molisano). Gli indicatori cinematici indicano un trasporto tettonico verso est (fase D1). Più diffuse sono le strutture secondarie come thrust minori e pieghe associate. Queste si osservano sia nel footwall (Scisti Silicei e Calcari con Selce) sia nell’hanging wall (carbonati Meso-Cenozoici della Piattaforma Appenninica). A Giffoni Sei Casali thrust e pieghe associati a questa fase iniziale sono presenti nella successione lagonegrese mentre a Salitto sono osservabili nella successione dell’unità di Monte Croce (margine orientale della Piattaforma Appenninica). In queste due località queste strutture sono chiaramente associate alla fase D1 perché dissecate da faglie estensionali (fase D2) e deformate da pieghe e sovrascorrimenti delle successive fasi contrazionali (D3 e D4). Esempi di strutture estensionali comprese tra due eventi compressivi sono osservabili in numerose località. Al Monte Massico, dicchi di arenarie della Formazione di Caiazzo sono presenti nei termini Cenozoici della successione carbonatica, successivamente piegati. A Limatola, faglie normali sono sigillate dai depositi della Formazione di Caiazzo posti a letto di thrust fuori-sequenza. Nei Monti Tifatini (Sant’Angelo in Formis) ci sono evidenze di faglie normali (D2) suturate dalle Arenarie di Caiazzo successivamente invertite come thrust (D4). A Laviano, faglie normali (D2) bordano graben riempiti dai depositi della Formazione di Castelvetere e sono dissecate da piccoli sovrascorrimenti (D4). Nella finestra tettonica di Giffoni Sei Casali, superfici di thrust (D1) sono dissecate da faglie normali coniugate (D2), basculate dalle successive fasi contrazionali (D3-D4). Nella finestra tettonica di Campagna, pieghe e thrust della prima fase sono dissecate da faglie estensionali (D2) successivamente basculate. Tutte queste evidenze suggeriscono che la fase estensionale sia da mettere in stretta relazione con la deposizione dei depositi clastici del Gruppo di Castelvetere. È possibile ipotizzare che nel Tortoniano superiore, il cuneo d’accrezione sia stato interessato da estensione probabilmente in seguito al suo sovraispessimento tettonico, cha ha prodotto la formazione di un esteso bacino di wedge-top. Per la diffusione di tali depositi, il bacino doveva avere dimensioni delle centinaia di chilometri visto che si estendeva dalla Campania settentrionale (Formazione di Caiazzo), Daunia e Fortore (Formazione di San Bartolomeo), attraverso un settore centrale (Formazione di Castelvetere) e meridionale (Formazioni di Monte Sierio e Monte Croce), fino all’estremo sud con le Formazioni del Gorgoglione e di Oriolo in Basilicata. Particolare attenzione è stata posta al rilevamento geologico-strutturale dell’area del Monte Massico. Lo studio ha permesso di ricostruire l’assetto tettonico dell’area, finora poco studiata. Questo è caratterizzato dalla sovrapposizione di due sistemi di thrust fuori-sequenza in quanto entrambi i sistemi di s9ovrascorrimenti deformano i depositi di wedge-top basin della Formazione di Caiazzo (Gruppo di Castelvetere). Il primo sistema è formato da un thrust principale e thrust ad alto angolo secondari che lo tagliano. Tali strutture indicano un raccorciamento NE-SO/E-O come è evidente dalle strutture alla meso-scala come strutture S-C e pieghe. Al contrario il secondo sistema di thrust, è caratterizzato solo da thrust prevalentemente di rampa, ben rappresentato dalla faglia nella cava di San Mauro, e indica un raccorciamento N-S. Quindi l’intera architettura tettonica consiste nella sovrapposizione di due sistemi di thrust, caratterizzati da vergenze differenti. Le relazioni di sovrapposizione tra le due fasi di sovrascorrimento indicano che il raccorciamento N-S è più giovane. Infine è stato studiato in dettaglio il detrito di marmo, incluse le masse decametriche di Marmo Cipollino, i blocchi e i conglomerati nella Formazione di Caiazzo, unico esempio della presenza di queste rocce metamorfiche nei depositi di bacino di wedge-top del Miocene superiore in Appennino meridionale. In questo scenario, la Formazione di Caiazzo, affiorante nel settore occidentale del M. Massico, rappresenta la variazione locale del Gruppo di Castelvetere. Essa è formata alla base da un assemblaggio caotico, che include detrito di rocce plutoniche, calcari, marmi e rocce di bacino profondo. Nel modello paleogeografico proposto, durante il Burdigaliano medio, il M. Massico era situato nel settore settentrionale del dominio della Piattaforma Appenninica. In quel momento il fronte orogenico stava migrando verso Est, raschiando via le coperture del Bacino Ligure. Successivamente, nel Tortoniano superiore, si è formato il bacino di wedge-top del Gruppo di Castelvetere alimentato da (i) detrito calcareo e di bacino profondo della Piattaforma Appenninica e della falda Ligure, rispettivamente, entrambi formanti il cuneo alloctono; (ii) rocce plutoniche e metamorfiche (incluso il detrito di marmo) provenienti dall’Arco Calabro-Peloritano e infine (iii) litici vulcanici sin-orogenici, prevalentemente di composizione felsica, originati da sorgenti situate nell’arco vulcanico del Tirreno centrale. Riassumendo i principali risultati di questa ricerca questo sono: • una migliore definizione delle vergenze della fase di strutturazione in-sequenza delle unità della Piattaforma Appenninica nelle finestre tettoniche di Giffoni e Campagna; • il riconoscimento di una fase estensionale coeva alla messa in posto dei depositi di bacino di wedge-top del Gruppo di Castelvetere, mai descritta in precedenza; • la ricostruzione evolutiva dei successivi raccorciamenti fuori-sequenza. Questi impulsi tardivi vengono descritti in pochi lavori generalmente basati su dati indiretti, ne consegue che questo lavoro di dettaglio ha permesso di definire meglio le porzioni di catena interessate dalla deformazione, le variazioni regionali nelle vergenze e le età; quest’ultima risulta essere successiva alla messa in posto dei depositi di wedge-top del Gruppo di Castelvetere, ovvero più giovane del Messiniano inferiore; • la ricostruzione dell’assetto strutturale e stratigrafico dell’Area del Monte Massico; • la realizzazione di una carta di dettaglio dell’area del Monte Massico.
10-dic-2018
Italiano
Università degli Studi di Napoli Federico II
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