Con il presente lavoro di ricerca è stata esaminata la materia della procreazione medicalmente assistita (PMA), con particolare riferimento al tema controverso del destino degli embrioni residui. Dopo una preliminare analisi del contenuto della legge 19 febbraio 2004, n. 40 e del suo progressivo scardinamento ad opera della giurisprudenza, sono state approfondite le questioni giuridiche connesse al tema della destinazione degli embrioni prodotti nell'ambito della fecondazione assistita e successivamente non impiantati. Invero, tale nodo problematico è tornato ad essere attuale a seguito dell'incessante incremento del numero degli embrioni crioconservati, incremento dovuto all’applicazione della sentenza 151/2009, che ha eliminato il numero massimo di tre embrioni da formare e trasferire in un unico impianto, e della sentenza n. 96/2015 della Corte Costituzionale, con cui è stato riconosciuto il diritto di accesso alle tecniche di PMA e alla diagnosi preimpianto anche alle coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili. Nello specifico, si è voluta realizzare una riflessione sulla definizione di “embrione” e sullo statuto giuridico dello stesso, rilevando come in tale ambito le categorie dogmatiche tradizionali risultino insoddisfacenti. In seguito, sono state esaminate le possibili destinazioni degli embrioni e il modo in cui le stesse debbano essere qualificate giuridicamente, ponendo particolare attenzione alla destinazione alla ricerca clinica e sperimentale. Infine, sono state individuate delle possibili soluzioni giuridiche volte al superamento del divieto di sperimentazione scientifica sugli embrioni posto dall'art. 13 l. 40/2004.

Il potere di disposizione degli embrioni

2018

Abstract

Con il presente lavoro di ricerca è stata esaminata la materia della procreazione medicalmente assistita (PMA), con particolare riferimento al tema controverso del destino degli embrioni residui. Dopo una preliminare analisi del contenuto della legge 19 febbraio 2004, n. 40 e del suo progressivo scardinamento ad opera della giurisprudenza, sono state approfondite le questioni giuridiche connesse al tema della destinazione degli embrioni prodotti nell'ambito della fecondazione assistita e successivamente non impiantati. Invero, tale nodo problematico è tornato ad essere attuale a seguito dell'incessante incremento del numero degli embrioni crioconservati, incremento dovuto all’applicazione della sentenza 151/2009, che ha eliminato il numero massimo di tre embrioni da formare e trasferire in un unico impianto, e della sentenza n. 96/2015 della Corte Costituzionale, con cui è stato riconosciuto il diritto di accesso alle tecniche di PMA e alla diagnosi preimpianto anche alle coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili. Nello specifico, si è voluta realizzare una riflessione sulla definizione di “embrione” e sullo statuto giuridico dello stesso, rilevando come in tale ambito le categorie dogmatiche tradizionali risultino insoddisfacenti. In seguito, sono state esaminate le possibili destinazioni degli embrioni e il modo in cui le stesse debbano essere qualificate giuridicamente, ponendo particolare attenzione alla destinazione alla ricerca clinica e sperimentale. Infine, sono state individuate delle possibili soluzioni giuridiche volte al superamento del divieto di sperimentazione scientifica sugli embrioni posto dall'art. 13 l. 40/2004.
10-mag-2018
Università degli Studi di Bologna
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/144559
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