La questione che ci si propone di indagare è la natura giuridica del diniego esplicito di provvedimento amministrativo richiesto dal privato. In particolare, si intende approfondire quali eventuali effetti giuridici il diniego produca e, alla luce di ciò, se esso possa considerarsi un vero e proprio atto giuridico, secondo un profilo di teoria generale. Nel primo capitolo si analizza la ricostruzione tradizionalmente proposta, che ha rilevato come il diniego di provvedimento favorevole, in quanto espressione di una volontà puntuale, sia da considerare un atto giuridico vero e proprio e che, proprio in quanto tale, esso possa essere impugnato dal cittadino ed annullato dai competenti organi giurisdizionali, laddove illegittimo. L’atto giuridico, infatti, secondo la comune concezione costituisce, innanzitutto, una fattispecie dinamica, cioè un fattore di modificazione della realtà giuridica preesistente. Tuttavia, per poter ricondurre a questa categoria la semplice espressione di una volontà negativa, occorre prima individuare l’effetto o gli effetti giuridici, in cui dovrebbe manifestarsi il valore dinamico della figura, che è oggetto di indagine nel secondo capitolo. Si osserva, quindi, che nella comune descrizione del modo di operare della pronuncia negativa è implicita l’idea che il punto di incidenza del suo effetto sia costituito da quella stessa situazione che verrebbe modificata, in senso favorevole, dal provvedimento positivo. A ben vedere, però, la causa del pregiudizio subito dal privato non è costituita dal rifiuto, in sé, ma dall’omessa emanazione del provvedimento atteso, cioè dalla mancata realizzazione di un vantaggio, che, sostanzialmente, risulta identico nella sua consistenza e nella sua portata, tanto nel caso di rifiuto di provvedimento quanto nel caso di mera inerzia. Posto che i medesimi lemmi sono utilizzati, dai vari autori, in modo difforme e non sarebbe possibile costruire linearmente la figura del rifiuto di provvedimento, se non in forza di basi terminologiche certe, si è ritenuto utile precisare la classificazione delle figure giuridiche soggettive che si intende accogliere, senza avere la pretesa di prendere in esame tutte le ricostruzioni per delimitarle l’una rispetto all’altra, ma cercando di mettere in rilievo come, nel considerarle, non si possa prescindere da una considerazione del fenomeno di produzione giuridica. Il terzo e ultimo capitolo è dedicato allo studio di alcuni profili di tutela giurisdizionale, poiché al problema della natura giuridica del diniego di provvedimento, è collegato lo stabilire la reale natura, costitutiva o di mero accertamento, della pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio che, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. c, ultimo periodo, della legge 2 luglio 2010, n. 104, è ammessa non solo per le ipotesi di silenzio, ma anche nel caso di diniego espresso.

Il diniego di provvedimento e teoria generale dell'azione amministrativa

2016

Abstract

La questione che ci si propone di indagare è la natura giuridica del diniego esplicito di provvedimento amministrativo richiesto dal privato. In particolare, si intende approfondire quali eventuali effetti giuridici il diniego produca e, alla luce di ciò, se esso possa considerarsi un vero e proprio atto giuridico, secondo un profilo di teoria generale. Nel primo capitolo si analizza la ricostruzione tradizionalmente proposta, che ha rilevato come il diniego di provvedimento favorevole, in quanto espressione di una volontà puntuale, sia da considerare un atto giuridico vero e proprio e che, proprio in quanto tale, esso possa essere impugnato dal cittadino ed annullato dai competenti organi giurisdizionali, laddove illegittimo. L’atto giuridico, infatti, secondo la comune concezione costituisce, innanzitutto, una fattispecie dinamica, cioè un fattore di modificazione della realtà giuridica preesistente. Tuttavia, per poter ricondurre a questa categoria la semplice espressione di una volontà negativa, occorre prima individuare l’effetto o gli effetti giuridici, in cui dovrebbe manifestarsi il valore dinamico della figura, che è oggetto di indagine nel secondo capitolo. Si osserva, quindi, che nella comune descrizione del modo di operare della pronuncia negativa è implicita l’idea che il punto di incidenza del suo effetto sia costituito da quella stessa situazione che verrebbe modificata, in senso favorevole, dal provvedimento positivo. A ben vedere, però, la causa del pregiudizio subito dal privato non è costituita dal rifiuto, in sé, ma dall’omessa emanazione del provvedimento atteso, cioè dalla mancata realizzazione di un vantaggio, che, sostanzialmente, risulta identico nella sua consistenza e nella sua portata, tanto nel caso di rifiuto di provvedimento quanto nel caso di mera inerzia. Posto che i medesimi lemmi sono utilizzati, dai vari autori, in modo difforme e non sarebbe possibile costruire linearmente la figura del rifiuto di provvedimento, se non in forza di basi terminologiche certe, si è ritenuto utile precisare la classificazione delle figure giuridiche soggettive che si intende accogliere, senza avere la pretesa di prendere in esame tutte le ricostruzioni per delimitarle l’una rispetto all’altra, ma cercando di mettere in rilievo come, nel considerarle, non si possa prescindere da una considerazione del fenomeno di produzione giuridica. Il terzo e ultimo capitolo è dedicato allo studio di alcuni profili di tutela giurisdizionale, poiché al problema della natura giuridica del diniego di provvedimento, è collegato lo stabilire la reale natura, costitutiva o di mero accertamento, della pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio che, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. c, ultimo periodo, della legge 2 luglio 2010, n. 104, è ammessa non solo per le ipotesi di silenzio, ma anche nel caso di diniego espresso.
2016
Italiano
MAGRI, Marco
NEGRI, Daniele
Università degli Studi di Ferrara
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/145625
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