Molti processi biologici sono caratterizzati da una ritmicità circadiana, espressa attraverso la fluttuazione nell’arco delle 24 ore, che permette all’organismo di anticipare i quotidiani cambiamenti nell’ambiente circostante. Queste fluttuazioni regolari sono generate e regolate da un sistema endogeno di oscillatori, presente in quasi tutti i tessuti e organi. Gli oscillatori periferici sono coordinati da una struttura centrale, localizzata a livello dei nucei soprachiasmatici (SCN) dell’ipotalamo. La principale funzione del SCN è quella di sincronizzare gli oscillatori circadiani interni con i cambiamenti ambientali. Studi precedenti hanno identificato la luce, la temperatura ed il cibo come i fattori ciclici ambientali in grado di influenzare la ritmicità circadiana di un organismo (Buhr and Takahashi 2013). A livello molecolare, l’orologio circadiano è costituito da due loop: uno positivo ed uno negativo. Entrambi sono caratterizzati da eventi di trascrizione e traduzione tra i geni e le proteine da essi codificare, e da eventi di regolazione post-traduzionale a carico di elementi centrali dell’orologio stesso (Ripperger et al. 2011). Mutazioni a carico degli elementi costituenti l’orologio circadiano possono dar luogo ad alterazioni della ritmicità, con conseguenze più o meno gravi. Nella nostra specie, alcuni polimorfismi in geni dell’orologio circadiano sono stati precedentemente associati ad alterazioni del fenotipo circadiano e/o del meccanismo di regolazione sonno/veglia. In conseguenza alla stretta connessione tra l’orologio circadiano e l’ambiente, è plausibile che fenomeni di adattamento abbiano quindi giocato un ruolo nell’evoluzione dell’orologio (Coop et al. 2009). Tuttavia, fare inferenze su eventi di adattamento alle diverse condizioni esterne, partendo da dati genetici, non è semplice (Li et al. 2012). Infatti, sono pochi i siti del genoma per i quali si può affermare che la selezione naturale abbia avuto un ruolo importante nel dar forma alla variabilità genetica moderna. Tra questi, vi sono i loci coinvolti nella pigmentazione della pelle (Parra 2007) e nella digestione del lattosio (Bersaglieri et al. 2004). Soltanto pochi studi hanno finora indagato i geni orologio in alcune popolazioni umane, mostrando risultati contrastanti. Infatti, alcuni studi supportano l’azione di selezione legata all’ambiente (Cruciani et al. 2008); al contrario, altri studi evidenziano l’azione della deriva genetica (Ciarleglio et al. 2008) come forza evolutiva che ha determinato la variabilità genetica che osserviamo oggi. In questo contesto, il mio lavoro di tesi rappresenta un tentativo di investigare ulteriormente la variabilità genetica umana su scala mondiale. In particolare, ho investigato il ruolo della selezione naturale (adattamento locale) e della demografia nel determinare la Evolution of Clock Genes in Human population variabilità ai geni coinvolti nell’orologio circadiano umano. A tal fine, ho esaminato evidenze di selezione attraverso differenti approcci statistici basati sui valori di FST e sulla correlazione con variabili ambientali. Complessivamente, i risultati ottenuti mostrano come la selezione (principalmente adattamento locale e/o clinale) abbia contribuito alla determinazione della variabilità genetica ai geni dell’orologio. Inoltre, alcuni polimorfismi mostrano una correlazione significativa con variabili ambientali, tra cui la latitudine, il flusso di radiazioni solari ed il fotoperiodo. Nonostante i risultati ottenuti evidenzino l’azione della selezione naturale su alcuni geni circadiani, in futuro si potranno cercare conferme analizzando un campione più ampio, comprendente anche popolazioni dell’emisfero australe, e considerando altri fattori ambientali. Inoltre, per cercare di investigare ulteriormente le forze evolutive che hanno contribuito a plasmare la variabilità genetica moderna, sarà interessante confrontarla con quella dei sempre più numerosi genomi antichi oggi disponibili.

Evolution of clock genes in human populations

2016

Abstract

Molti processi biologici sono caratterizzati da una ritmicità circadiana, espressa attraverso la fluttuazione nell’arco delle 24 ore, che permette all’organismo di anticipare i quotidiani cambiamenti nell’ambiente circostante. Queste fluttuazioni regolari sono generate e regolate da un sistema endogeno di oscillatori, presente in quasi tutti i tessuti e organi. Gli oscillatori periferici sono coordinati da una struttura centrale, localizzata a livello dei nucei soprachiasmatici (SCN) dell’ipotalamo. La principale funzione del SCN è quella di sincronizzare gli oscillatori circadiani interni con i cambiamenti ambientali. Studi precedenti hanno identificato la luce, la temperatura ed il cibo come i fattori ciclici ambientali in grado di influenzare la ritmicità circadiana di un organismo (Buhr and Takahashi 2013). A livello molecolare, l’orologio circadiano è costituito da due loop: uno positivo ed uno negativo. Entrambi sono caratterizzati da eventi di trascrizione e traduzione tra i geni e le proteine da essi codificare, e da eventi di regolazione post-traduzionale a carico di elementi centrali dell’orologio stesso (Ripperger et al. 2011). Mutazioni a carico degli elementi costituenti l’orologio circadiano possono dar luogo ad alterazioni della ritmicità, con conseguenze più o meno gravi. Nella nostra specie, alcuni polimorfismi in geni dell’orologio circadiano sono stati precedentemente associati ad alterazioni del fenotipo circadiano e/o del meccanismo di regolazione sonno/veglia. In conseguenza alla stretta connessione tra l’orologio circadiano e l’ambiente, è plausibile che fenomeni di adattamento abbiano quindi giocato un ruolo nell’evoluzione dell’orologio (Coop et al. 2009). Tuttavia, fare inferenze su eventi di adattamento alle diverse condizioni esterne, partendo da dati genetici, non è semplice (Li et al. 2012). Infatti, sono pochi i siti del genoma per i quali si può affermare che la selezione naturale abbia avuto un ruolo importante nel dar forma alla variabilità genetica moderna. Tra questi, vi sono i loci coinvolti nella pigmentazione della pelle (Parra 2007) e nella digestione del lattosio (Bersaglieri et al. 2004). Soltanto pochi studi hanno finora indagato i geni orologio in alcune popolazioni umane, mostrando risultati contrastanti. Infatti, alcuni studi supportano l’azione di selezione legata all’ambiente (Cruciani et al. 2008); al contrario, altri studi evidenziano l’azione della deriva genetica (Ciarleglio et al. 2008) come forza evolutiva che ha determinato la variabilità genetica che osserviamo oggi. In questo contesto, il mio lavoro di tesi rappresenta un tentativo di investigare ulteriormente la variabilità genetica umana su scala mondiale. In particolare, ho investigato il ruolo della selezione naturale (adattamento locale) e della demografia nel determinare la Evolution of Clock Genes in Human population variabilità ai geni coinvolti nell’orologio circadiano umano. A tal fine, ho esaminato evidenze di selezione attraverso differenti approcci statistici basati sui valori di FST e sulla correlazione con variabili ambientali. Complessivamente, i risultati ottenuti mostrano come la selezione (principalmente adattamento locale e/o clinale) abbia contribuito alla determinazione della variabilità genetica ai geni dell’orologio. Inoltre, alcuni polimorfismi mostrano una correlazione significativa con variabili ambientali, tra cui la latitudine, il flusso di radiazioni solari ed il fotoperiodo. Nonostante i risultati ottenuti evidenzino l’azione della selezione naturale su alcuni geni circadiani, in futuro si potranno cercare conferme analizzando un campione più ampio, comprendente anche popolazioni dell’emisfero australe, e considerando altri fattori ambientali. Inoltre, per cercare di investigare ulteriormente le forze evolutive che hanno contribuito a plasmare la variabilità genetica moderna, sarà interessante confrontarla con quella dei sempre più numerosi genomi antichi oggi disponibili.
2016
Inglese
BERTOLUCCI, Cristiano
BARBUJANI, Guido
Università degli Studi di Ferrara
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/145648
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIFE-145648