Nonostante le numerose indagini svolte e gli ottimi risultati raggiunti, i meccanismi patogenetici alla base delle malattie autoimmuni sistemiche (tra queste le vasculiti) sono ancora in gran parte sconosciuti. Il campo è infatti vastissimo, a causa dell’interessamento di pressoché ogni organo e tessuto dell’organismo umano e della complessità del sistema immunitario, a fronte dell’esiguità della popolazione studiabile (si tratta di malattie poco frequenti se non rare). Nel nostro studio abbiamo analizzato tre elementi distinti nella crioglobulinemia mista (MC), confrontati con due gruppi di controllo: uno composto da soggetti affetti da un’altra malattia autoimmune sistemica (nel caso specifico la sclerodermia, SSc) e uno costituito da individui sani. Sono stati effettuati dosaggi relativi all’immunità cellulare “nativa” (cellule Natural Killers, NK, o meglio loro sottopopolazioni), all’immunità acquisita (versante umorale, anticorpi anti-enolasi), e ad un tipo cellulare di area non propriamente immunitaria ma senz’altro coinvolto nei processi infiammatori vascolari o comunque nella fisiologia/patologia della vasculogenesi (progenitori endoteliali circolanti). I risultati ottenuti dalla conta dei subset di NK (valutando la presenza degli antigeni p46, p30, p44, DNAM1, 2B4, NTBA, NKG2D) mostrano complessivamente una riduzione di NK ma con un aumento di NK attivate (p44+) sia nella MC che nella SSc. Anticorpi anti-enolasi sono stati ritrovati sia in soggetti con MC (25%) che con SSc (33%). Le EPC risultano aumentate sia nella crioglobulinemia che nella sclerodermia, in fase precoce come in quella tardiva; inoltre abbiamo notato una relazione positiva con l'impegno cutaneo e la presenza di ipertensione polmonare. Complessivamente i dati ottenuti indicano l’alterazione di meccanismi di immunità innata e adattativa sia nella crioglobulinemia che nella sclerosi sistemica; l’aumento dei livelli di EPC in malattie caratterizzate da un esteso danno endoteliale suggerisce l’esistenza di meccanismi capaci di limitare il potenziale riparativo di queste cellule.
Vasculiti sistemiche: aspetti patogenetici
2009
Abstract
Nonostante le numerose indagini svolte e gli ottimi risultati raggiunti, i meccanismi patogenetici alla base delle malattie autoimmuni sistemiche (tra queste le vasculiti) sono ancora in gran parte sconosciuti. Il campo è infatti vastissimo, a causa dell’interessamento di pressoché ogni organo e tessuto dell’organismo umano e della complessità del sistema immunitario, a fronte dell’esiguità della popolazione studiabile (si tratta di malattie poco frequenti se non rare). Nel nostro studio abbiamo analizzato tre elementi distinti nella crioglobulinemia mista (MC), confrontati con due gruppi di controllo: uno composto da soggetti affetti da un’altra malattia autoimmune sistemica (nel caso specifico la sclerodermia, SSc) e uno costituito da individui sani. Sono stati effettuati dosaggi relativi all’immunità cellulare “nativa” (cellule Natural Killers, NK, o meglio loro sottopopolazioni), all’immunità acquisita (versante umorale, anticorpi anti-enolasi), e ad un tipo cellulare di area non propriamente immunitaria ma senz’altro coinvolto nei processi infiammatori vascolari o comunque nella fisiologia/patologia della vasculogenesi (progenitori endoteliali circolanti). I risultati ottenuti dalla conta dei subset di NK (valutando la presenza degli antigeni p46, p30, p44, DNAM1, 2B4, NTBA, NKG2D) mostrano complessivamente una riduzione di NK ma con un aumento di NK attivate (p44+) sia nella MC che nella SSc. Anticorpi anti-enolasi sono stati ritrovati sia in soggetti con MC (25%) che con SSc (33%). Le EPC risultano aumentate sia nella crioglobulinemia che nella sclerodermia, in fase precoce come in quella tardiva; inoltre abbiamo notato una relazione positiva con l'impegno cutaneo e la presenza di ipertensione polmonare. Complessivamente i dati ottenuti indicano l’alterazione di meccanismi di immunità innata e adattativa sia nella crioglobulinemia che nella sclerosi sistemica; l’aumento dei livelli di EPC in malattie caratterizzate da un esteso danno endoteliale suggerisce l’esistenza di meccanismi capaci di limitare il potenziale riparativo di queste cellule.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/146969
URN:NBN:IT:UNIPI-146969