Il lavoro che ho presentato è teso a indagare i rapporti economici e sociali tra la Sicilia e la Toscana alla fine del XIV secolo attraverso l’analisi del carteggio dell’Archivio di Francesco Datini. Tra le piazze economiche più attive del tardo Medioevo troviamo infatti quella di Palermo, vero e proprio crocevia dei traffici commerciali mediterranei e sede di importanti gruppi mercantili di differenti nazionalità, dove dal 1383 è attivo il mercante fiorentino Ambrogio Bini che intrattiene una fitta corrispondenza con le aziende datiniane di Pisa e di Firenze. Punto di partenza della ricerca sono state quindi le quasi duecento lettere prodotte nella bottega palermitana da Ambrogio, prima che la sua attività termini improvvisamente nel 1387, mentre per una miglior comprensione del personaggio e del contesto in cui opera è stato fondamentale analizzare il carteggio del socio Manno d’Albizo degli Agli, prodotto durante il primo dei due suoi viaggi di ricognizione in Sicilia. La necessità di una trascrizione integrale del carteggio da e per la Sicilia risultava fondamentale per sopperire alla mancanza nell'isola di archivi mercantili e soprattutto per comprendere lo sviluppo delle relazioni tra due delle regioni protagoniste del Mediterraneo bassomedievale. Tramite l’analisi delle lettere e di alcuni registri contabili ho voluto mettere in evidenza quindi lo sviluppo delle relazioni economiche tra i produttori isolani di materie prime e i mercanti “forestieri”, il ruolo dei poteri istituzionali nel commercio, l’articolato e frequentato sistema fieristico siciliano, il fiorente commercio degli schiavi, il funzionamento del sistema postale e gli strumenti e rotte di navigazione mercantile. Ho poi messo in rilievo il forte peso che hanno una serie di fattori (quali le numerose azioni piratesche, gli atti di guerriglia, le tragiche pestilenze, il maltempo che causa cattive raccolte, i provvedimenti economici dei Vicari, la concorrenza internazionale) nel determinare il prezzo finale della merce e la sua vendita. Il carteggio datiniano ha permesso di indagare quindi non solo i fatti economici, ma anche quelli politici, sanitari, religiosi e sociali dell’isola durante i convulsi anni del vicariato collettivo e il contenuto merceologico delle lettere testimonia come i rapporti commerciali tra la Toscana e la Sicilia fossero estremamente ricchi e non comprendessero esclusivamente lo scambio tra grano isolano e panni toscani, ma piuttosto una vasta gamma di prodotti che venivano immessi nelle principali piazze mercantili per poi essere smistati nei mercati dell’Europa mediterranea. Le produzioni agricole siciliane infatti non coprivano solamente il fabbisogno delle più importanti città toscane ma venivano commercializzate anche nei territori che più soffrivano la carenza di materie prime, integrando i raccolti locali ed entrandovi, in alcuni casi, in concorrenza. Per lungo tempo la storiografia riguardante la Sicilia ha connotato il modello economico isolano come prodotto dello scambio ineguale e della dipendenza dai mercati esteri, senza prestare particolare attenzione all'economia interna e alle differenze esistenti tra le singole aree regionali. Un’attenzione che era ben presente invece negli operatori economici che alla fine del Trecento si trovavano a svolgere la propria attività all'interno del Regno, fornendo proprio al Datini ‒ tramite lo strumento delle lettere ‒ un quadro delle diverse attività produttive e dei differenti circuiti commerciali all'interno dell’isola. Superato l’impianto dualistico e l’idea del sottosviluppo isolano, delineati dalla storiografia precedente, è stato possibile presentare un modello economico ben più articolato, che vede la commercializzazione di numerosi prodotti (pur riconoscendo l’importanza fondamentale dello scambio tra la produzione cerealicola e quella manifatturiera) e la diversificazione dei mercati all'interno della Sicilia, vero e proprio punto di raccolta delle migliori merci europee. Indagare i documenti scambiati tra la Toscana e la Sicilia mi ha permesso di seguire quindi, oltre ai flussi di merci tra le due regioni, anche i prodotti provenienti dalla Spagna, dalla Francia, dal vicino ed estremo Oriente, e collocare la ricerca in un contesto europeo ben più ampio.

I rapporti economici tra la Toscana e la Sicilia alla fine del Trecento. Uomini, merci, congiunture nel carteggio datiniano da Palermo

2019

Abstract

Il lavoro che ho presentato è teso a indagare i rapporti economici e sociali tra la Sicilia e la Toscana alla fine del XIV secolo attraverso l’analisi del carteggio dell’Archivio di Francesco Datini. Tra le piazze economiche più attive del tardo Medioevo troviamo infatti quella di Palermo, vero e proprio crocevia dei traffici commerciali mediterranei e sede di importanti gruppi mercantili di differenti nazionalità, dove dal 1383 è attivo il mercante fiorentino Ambrogio Bini che intrattiene una fitta corrispondenza con le aziende datiniane di Pisa e di Firenze. Punto di partenza della ricerca sono state quindi le quasi duecento lettere prodotte nella bottega palermitana da Ambrogio, prima che la sua attività termini improvvisamente nel 1387, mentre per una miglior comprensione del personaggio e del contesto in cui opera è stato fondamentale analizzare il carteggio del socio Manno d’Albizo degli Agli, prodotto durante il primo dei due suoi viaggi di ricognizione in Sicilia. La necessità di una trascrizione integrale del carteggio da e per la Sicilia risultava fondamentale per sopperire alla mancanza nell'isola di archivi mercantili e soprattutto per comprendere lo sviluppo delle relazioni tra due delle regioni protagoniste del Mediterraneo bassomedievale. Tramite l’analisi delle lettere e di alcuni registri contabili ho voluto mettere in evidenza quindi lo sviluppo delle relazioni economiche tra i produttori isolani di materie prime e i mercanti “forestieri”, il ruolo dei poteri istituzionali nel commercio, l’articolato e frequentato sistema fieristico siciliano, il fiorente commercio degli schiavi, il funzionamento del sistema postale e gli strumenti e rotte di navigazione mercantile. Ho poi messo in rilievo il forte peso che hanno una serie di fattori (quali le numerose azioni piratesche, gli atti di guerriglia, le tragiche pestilenze, il maltempo che causa cattive raccolte, i provvedimenti economici dei Vicari, la concorrenza internazionale) nel determinare il prezzo finale della merce e la sua vendita. Il carteggio datiniano ha permesso di indagare quindi non solo i fatti economici, ma anche quelli politici, sanitari, religiosi e sociali dell’isola durante i convulsi anni del vicariato collettivo e il contenuto merceologico delle lettere testimonia come i rapporti commerciali tra la Toscana e la Sicilia fossero estremamente ricchi e non comprendessero esclusivamente lo scambio tra grano isolano e panni toscani, ma piuttosto una vasta gamma di prodotti che venivano immessi nelle principali piazze mercantili per poi essere smistati nei mercati dell’Europa mediterranea. Le produzioni agricole siciliane infatti non coprivano solamente il fabbisogno delle più importanti città toscane ma venivano commercializzate anche nei territori che più soffrivano la carenza di materie prime, integrando i raccolti locali ed entrandovi, in alcuni casi, in concorrenza. Per lungo tempo la storiografia riguardante la Sicilia ha connotato il modello economico isolano come prodotto dello scambio ineguale e della dipendenza dai mercati esteri, senza prestare particolare attenzione all'economia interna e alle differenze esistenti tra le singole aree regionali. Un’attenzione che era ben presente invece negli operatori economici che alla fine del Trecento si trovavano a svolgere la propria attività all'interno del Regno, fornendo proprio al Datini ‒ tramite lo strumento delle lettere ‒ un quadro delle diverse attività produttive e dei differenti circuiti commerciali all'interno dell’isola. Superato l’impianto dualistico e l’idea del sottosviluppo isolano, delineati dalla storiografia precedente, è stato possibile presentare un modello economico ben più articolato, che vede la commercializzazione di numerosi prodotti (pur riconoscendo l’importanza fondamentale dello scambio tra la produzione cerealicola e quella manifatturiera) e la diversificazione dei mercati all'interno della Sicilia, vero e proprio punto di raccolta delle migliori merci europee. Indagare i documenti scambiati tra la Toscana e la Sicilia mi ha permesso di seguire quindi, oltre ai flussi di merci tra le due regioni, anche i prodotti provenienti dalla Spagna, dalla Francia, dal vicino ed estremo Oriente, e collocare la ricerca in un contesto europeo ben più ampio.
2019
Italiano
Franco Franceschi
Università degli Studi di Firenze
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/147773
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