La ricerca si propone di indagare l’ultima fase della scrittura di Albert Camus, analizzandone i presupposti filosofici e inserendola nella rete di rapporti e inferenze, sia letterarie che speculative, da cui trae origine. In particolare si fa riferimento al romanzo Le Premier Homme. Ultima fatica di Albert Camus, rimasto incompiuto a causa della prematura scomparsa dell’autore, esso rappresenta l’opera chiave del suo terzo ciclo di scrittura, nel quale converge un’elaborazione teorica e letteraria, durata quasi dieci anni, dal significato ancora lacunoso e inespresso. Come noto, l’opera di Albert Camus segue un assetto programmatico bene preciso. Si suddivide in due cicli: absurde, e révolte, composti da una parte letteraria, romanzi e opere teatrali, cui fa capo un essai, a carattere filosofico, con il compito di introdurre e inquadrare la materia letteraria che vi fa seguito. È questo il caso del Mythe de Sisyphe e del L’ Homme Révolté, testi di stampo chiaramente speculativo, senza i quali molti aspetti dei principali romanzi camusiani, rimarrebbero sospesi, ma soprattutto slegati dalla loro corretta collocazione, privati dello spessore che di fatto gli appartiene e che contribuisce, insieme al pregio puramente estetico e stilistico a restituirne il valore. Per quanto riguarda questo ultimo ciclo non possiamo dire di avere a disposizione le medesime risorse interpretative. Progettato lungamente nei Carnets, è rimasto anch’esso, esattamente come il romanzo, incompiuto e privo di forma. Lo studio si articola in tre parti. Una prima sezione a carattere storico-letterario volta a rintracciare le principali matrici filosofiche e letterarie che agiscono su questa ultima fase di scrittura, dando particolare rilievo all’influenza del pensiero nietzscheano e della filosofia tedesca in genere. A questa fa seguito una sezione centrale, a carattere teorico-comparativo incentrata su un’analisi, innovativa nel panorama critico, del dialogo che intercorre tra la fase giovanile della scrittura camusiana e l’ultimo ciclo. Lo studio si conclude con una terza parte dedicata a rintracciare i risultati ottenuti nelle sezioni precedenti all’interno del romanzo Le Premier Homme. La presente indagine nasce dall’esigenza di approfondire e problematizzare l’opera camusiana. Questo avviene, dal punto di vista metodologico, creando così un rapporto di continuità con la suddetta ricerca di tesi magistrale, attraverso lo sviluppo di due linee direttrici differenti e complementari tra loro: una interculturale poiché basata principalmente sul raffronto tra la cultura francese e quella tedesca, l’altro interdisciplinare poiché fonde in sé letteratura e filosofia, la storia del pensiero e la produzione letteraria che su tale pensiero ha preso forma. Da qui, si sviluppa anche la necessità di un lavoro critico principalmente incentrato sulla ricostruzione di quel dialogo sotterraneo che pervade la scrittura dell’autore, un intreccio di correnti anche molto diverse tra loro che la ricerca tenta di far emergere. Particolarmente rilevante è stato, in questo senso, un soggiorno a Aix-en Provence, presso Fonds Albert Camus, al fine di visionare il materiale inerente alla biblioteca personale dell’autore. Si tratta di un aspetto finora poco valorizzato dalla critica, che come già specificato in apertura, ha mostrato scarso interesse per la genesi del pensiero camusiano, ma di grande rilevanza per il presente studio. Questo primo approccio all’indagine delle letture camusiane ha senza dubbio contribuito ad orientare il quadro di ricezione sì delineato, nonché ad attestare gli autori, le tematiche, e i principali interessi che possono aver plasmato l’ultima fase della sua produzione. Occorre precisare che l’indagine sulle letture di Albert Camus si rivela un terreno davvero poco esplorato in cui il lavoro critico risulta, effettivamente, tutto da costruire. La metafora della costruzione appare, in questo senso, quanto mai appropriata laddove ciò che il Fonds Albert Camus mette a disposizione non è che un inventario delle opere presenti nella biblioteca personale dell’autore. Ben si comprende, allora, come solo attraverso l’apporto dei Carnets o della corrispondenza personale si possa risalire a dati più specifici sull’avvenuta lettura di un’opera, ad esempio, la sua collocazione temporale. Se per alcuni testi abbiamo riferimenti molto precisi, i quali risulteranno sempre segnalati lungo l’analisi, per altri questo non avviene. Ma non solo. Sussiste, inoltre, un ampissimo margine proveniente delle riviste, della cui lettura non abbiamo nessun riscontro. Emerge così l’importanza dell’analisi testuale quale indispensabile tassello alla ricostruzione di un siffatto campo d’indagine, ma emerge, altresì, l’esigenza di delineare un quadro storico che funga da orizzonte speculativo retrostante la produzione letteraria, il quale, ricostruendo in che modo determinate tematiche sono penetrate nel contesto culturale francese, talvolta, è il solo in grado di illuminare sulla presenza di motivi altrimenti irrintracciabili. Ma sulla stessa strada si inseriscono quelle che ho definito nei termini di figure coagulanti, ovvero personalità intellettuali che per una loro particolare predisposizione all’ibridazione di codici, interessi e culture diverse tra loro, raccolgono come un imbuto gli influssi più disparati e li rielaborano secondo le proprie personali inclinazioni. Tuttavia, l’inventario ci offre non poche risorse e appigli bibliografici, i quali verranno adeguatamente messi in rilievo anche lungo la retrospettiva storica che andremo, infine, a delineare. L’intento primario della ricerca, infatti, oltre alla ricostruzione di una fase di scrittura e di pensiero poco valorizzata, è senz’altro quello di riproblematizzare l’opera di Albert Camus, ovvero di restituirla nella sua complessità. Emerge, a tal proposito, la necessità di mostrare diversi piani di relazioni. Il primo piano di relazioni è costituito dal dialogo istituito con determinate figure, nello specifico George Bataille, Leon Chestov, Simone Weil, con le quali l’autore ha avuto un contatto diretto. A questo si sovrappone un secondo piano che invece, riguarda tutte le forme di dialogo indiretto, attraverso il quale s’intende ricollocare l’opera di Albert Camus nell’alveo di una determinata tradizione di pensiero, come erede di quello che ho definito un panorama di riflessione integrante. Si tratta di un insieme di autori il cui comune denominatore sembra essere l’esigenza di intraprendere una riflessione che possa opporsi allo sviluppo della cultura occidentale rifiutando di aderire a uno dei due estremi che, alle soglie del novecento, sembravano chiudere come una morsa il futuro della filosofia e dell’arte. Da un lato si trova l’ideologia scientista dell’emancipazione del progresso, dall’altro la retorica del negativo, la crisi apparentemente insormontabile del nichilismo. Superare questa lacerazione significa, appunto, muoversi verso una visione integrante che possa ricomprendere entrambe le strade leggendole come facce della stessa medaglia. Camus, nonostante la distanza temporale, può essere ancora inquadrato come un autore che, con i modi e gli strumenti della sua epoca, certo, continua a riflettere su alcuni grandi nodi problematici che dominarono la riflessione a cavallo tra i due secoli: il rapporto tra mente e realtà, tra analisi introspettiva e razionalità critica, tra teoria e prassi. Egli lo fa, esattamente come molti altri importanti nomi del panorama in oggetto, secondo una prospettiva conciliante che non riesce, non vuole, aderire completamente a nessuna delle due fazioni, impegnandosi nella ricerca di una strada che possa coniugare direzioni apparentemente opposte. Questa seconda dimensione, viene sviluppata ampiamente lungo la ricerca. È questo il caso emblematico di due tra i massimi rifermenti della formazione giovanile camusiana, Proust e Baudelaire, i quali sembrano adesso essere ripresi al fine di veicolare il nuovo orientamento intrapreso e conseguentemente la stesura del romanzo. La presenza del paradigma proustiano investe soprattutto lo statuto dell’io romanzesco e le sue strutture conoscitive, ma la sua influenza si è rivelata preziosa anche nel delineare orizzonti tematici comuni, come, ad esempio, il motivo della ricerca interiore, e per sciogliere nodi interpretativi cruciali del romanzo. L’opera di Baudelaire, con particolare riferimento agli scritti critici, di cui si è fatto largo uso per la ricerca, si riflette, piuttosto, sul piano teorico e programmatico. Essa fa da sfondo al mutamento di prospettiva che l’ultima fase inaugurata dall’autore prevede nei confronti dell’universo artistico, ma soprattutto determina la caratterizzazione della figura del protagonista. In particolare, faccio riferimento al concetto di genio come “infanzia ritrovata”, che sembra aderire perfettamente al protagonista de Le Premier Homme, il quale, non a caso, è presentato da Camus nelle vesti di un uomo maturo che si appresta a compiere un viaggio nei luoghi della sua infanzia. Sviluppo della ricerca: Il veicolo principale rimane sempre, anche per rispettare una certa coerenza d’indagine, la filosofia nietzscheana, la cui presenza all’interno della biblioteca camusiana è stata circoscritta con precisione attraverso due importanti studi critici . Essa e il suo particolare influsso sulla cultura francese del Novecento, di cui Albert Camus naturalmente risente, rappresenta l’ottica privilegiata per tentare di sviscerare la complessa stratificazione filosofica e letteraria che l’opera contiene al suo interno. Ciò nonostante, se questo tipo di approccio costituisce un valido punto di partenza, l’indagine non esclude affatto ulteriori sbocchi interpretativi.A tale proposito, sono diversi i fattori che indirizzano la ricerca verso nuovi orientamenti: in primis, il carattere di rottura che caratterizza la nuova fase intrapresa ma, soprattutto, la fitta elaborazione teorica che accompagna questi anni, un lavoro che l’autore svolge tanto su sé stesso, quanto sulla sua produzione estetica, ma che sembra quasi essere passato sotto silenzio. Esiste, infatti, una sostanziale discrepanza tra l’opera pubblicata e l’universo privato dell’autore. Negli anni tra 1950 e il 1959 Camus pubblica diverse opere, alcune delle quali possono essere considerate di capitale importanza, una su tutte L’Homme révolté, ma anche La Chute. Per contro, dalla lettura dei Carnets, come dalla sua corrispondenza privata, emerge un significativo momento di crisi interiore e stasi creativa. Tutto questo viene a convergere in un testo che risulta essere di capitale importanza ai fini della presente indagine, nonché il suo punto di partenza ideale: la Préface de L’Envers et l’Endroit. Lo studio ha preso avvio da un’analisi dettagliata dal suddetto scritto in quanto unico appiglio teorico e programmatico circa lo sviluppo della produzione camusiana, sia sul piano filosofico, che su quello letterario. La Préface, infatti, non costituisce semplicemente una compagine introduttiva alla pubblicazione della prima opera di Albert Camus, rimasta fino ad allora inedita in Francia, ma si pone, piuttosto, come bilancio e ripensamento critico sui vent’anni di carriera letteraria intercorsi. Si tratta di uno scritto estremamente denso di significato, una sorta di confessione artistica e personale in cui è possibile intravedere il progetto di nuovo orientamento che investe tanto il campo estetico quanto quello privato. Una volta sciolto nei suoi fondamentali nodi problematici, il testo ci fornisce un insieme consistente di linee guida, un solido terreno d’appoggio per avviare la ricerca. In particolare, il testo sembra rimandare l’indagine ai primi scritti. La parte iniziale della ricerca, il cui intento è stato quello di focalizzare l’insieme di temi e motivi che fanno da sfondo al romanzo Le Premier Homme, segue due percorsi in apparenza molto distanti tra loro, i quali solo in ultima analisi riveleranno la loro complementarietà. Se, da un lato, è stato importante analizzare l’insieme di testi e reperti personali relativi agli ultimi anni di vita dell’autore, dall’altro, risulta essenziale che essi siano messi in relazione con quelli appartenenti agli esordi della sua attività letteraria. L’ipotesi di fondo è che la fase finale del pensiero e della produzione camusiana costituisca una riattualizzazione di temi e motivi risalenti alla sua genesi creativa. L’intento è quello di mostrare come tutta una serie di tendenze, interessi e progetti siano stati in seguito, con l’avvio alla carriera di scrittore, perlopiù accantonati, per poi essere ripresi e rielaborati negli ultimi anni di vita. Si è tentato, dunque, di sintetizzare i tratti salienti della primissima scrittura di Albert Camus, per l’esattezza quella che occupa gli anni dal 1930 al 1937, e che vede ne L’Envers et l’Endroit il primo compimento effettivo. Parallelamente, lo studio comparativo dei Carnets, e delle Notes de lecture del 1933, che costituiscono l’insieme delle annotazioni personali antecedenti ai Carnets, insieme ad alcuni stralci della corrispondenza personale, hanno permesso di comprovare questa effettiva correlazione. Sebbene un’indagine comparativa, nei termini sopra esposti, non sia mai stata affrontata, per contro, gli albori della scrittura camusiana sono stati scrupolosamente indagati grazie al preziosissimo studio critico di Jaqueline Lèvi-Valensi, pubblicato postumo solo nel 2006, Albert Camus ou la naissance d’un romancier , il quale, , a sua volta, poggia sul precedente saggio di Paul Viallaneix del 1973 Le premier Camus , correlato alla pubblicazione degli Ecrits de jeunesse fino ad allora rimasti inediti. Le due indagini muovono in maniera differente: quella di Levi-Valensi si sviluppa sul piano strettamente cronologico, seguendo di opera in opera, in maniera molto attenta e scrupolosa, l’approccio alla scrittura dell’autore, e innestando nell’analisi dei primi scritti anche reperti autobiografici di varia natura, al fine di mostrare il progressivo affermarsi dell’io romanzesco. Lo studio di Viallaneix, invece, individua, all’interno di questa prima produzione sei motivi chiave, («Le rêve», «Le témoignage», «La pauvreté», «Le soleil», «L’énigme», «La répétition»,) per poi delinearne lo sviluppo lungo tutta produzione successiva. L’ analisi, da un lato, fonde i due approcci, dall’altro, opera un sostanziale cambio di prospettiva. Anche per il presente studio si è ritenuto importante individuare dei filoni tematici, ma inquadrandoli all’interno delle singole opere, ovvero tenendo presente l’ordine cronologico. Al contempo, si è trovato le categorie proposte da Viallaneix poco funzionali alla ricerca le quali sono state sostituite con tre macro- motivi che potessero rendere conto di una eventuale rifunzionalizzazione degli stessi per la stesura de Le Premier Homme. In linea generale, la ricerca si distacca da quella volontà, presente in entrambe i lavori, di inquadrare l’opera in un’ottica progressiva e lineare, valorizzando, al contrario una certa circolarità, già espressa come ipotesi di fondo. Questa parte, che costituisce a tutti gli effetti il nodo teorico, si è concentrata, dunque, nello sviluppo dei tre macro-motivi individuati all’interno dell’opera giovanile: Il tema dell’Io: sdoppiamento, fusione e dissoluzione, Il ruolo dell’arte: rêve e oblio, e infine, La voce del bambino: memoria e ricordo d’infanzia. Si tratta, nello specifico, di un percorso interpretativo che mette in luce i pilastri principali del ripensamento in questione: dallo statuto dell’io romanzesco, alla visione estetica, fino ad arrivare al tema del ricordo d’infanzia e della memoria, i quali, come è evidente, occupano in questa fase un ruolo di primo piano. Contemporaneamente si è cercato di ricostruire i contorni dei due concetti cardine che avrebbero orientato l’ultimo ciclo, amour e mesure, segnando un’evoluzione nella démarche speculativa e letteraria dell’autore. A questa cospicua sezione fa seguito l’analisi del romanzo Le Premier Homme. Il manoscritto rappresenta, dunque, l’espressione concreta su cui misurare quel labile equilibrio tra rottura e continuità che la parte centrale dell’analisi ha messo in luce come prerogativa di fondo. Essa si manifesta in primo luogo come un’indagine sulla nuova modalità narrativa intrapresa. Una densa riflessione preliminare sul linguaggio e su tutte le implicazioni che da essa derivano, inaugura l’analisi letteraria, la quale, una volta entrata nel vivo, si dirige verso una lettura dell’opera che tenga presente i diversi piani interpretativi da questa dischiusi. La ricerca si propone di indagare l’ultima fase della scrittura di Albert Camus, analizzandone i presupposti filosofici e inserendola nella rete di rapporti e inferenze, sia letterarie che speculative, da cui trae origine. In particolare si fa riferimento al romanzo Le Premier Homme. Ultima fatica di Albert Camus, rimasto incompiuto a causa della prematura scomparsa dell’autore, esso rappresenta l’opera chiave del suo terzo ciclo di scrittura, nel quale converge un’elaborazione teorica e letteraria, durata quasi dieci anni, dal significato ancora lacunoso e inespresso. Come noto, l’opera di Albert Camus segue un assetto programmatico bene preciso. Si suddivide in due cicli: absurde, e révolte, composti da una parte letteraria, romanzi e opere teatrali, cui fa capo un essai, a carattere filosofico, con il compito di introdurre e inquadrare la materia letteraria che vi fa seguito. È questo il caso del Mythe de Sisyphe e del L’ Homme Révolté, testi di stampo chiaramente speculativo, senza i quali molti aspetti dei principali romanzi camusiani, rimarrebbero sospesi, ma soprattutto slegati dalla loro corretta collocazione, privati dello spessore che di fatto gli appartiene e che contribuisce, insieme al pregio puramente estetico e stilistico a restituirne il valore. Per quanto riguarda questo ultimo ciclo non possiamo dire di avere a disposizione le medesime risorse interpretative. Progettato lungamente nei Carnets, è rimasto anch’esso, esattamente come il romanzo, incompiuto e privo di forma. Lo studio si articola in tre parti. Una prima sezione a carattere storico-letterario volta a rintracciare le principali matrici filosofiche e letterarie che agiscono su questa ultima fase di scrittura, dando particolare rilievo all’influenza del pensiero nietzscheano e della filosofia tedesca in genere. A questa fa seguito una sezione centrale, a carattere teorico-comparativo incentrata su un’analisi, innovativa nel panorama critico, del dialogo che intercorre tra la fase giovanile della scrittura camusiana e l’ultimo ciclo. Lo studio si conclude con una terza parte dedicata a rintracciare i risultati ottenuti nelle sezioni precedenti all’interno del romanzo Le Premier Homme. La presente indagine nasce dall’esigenza di approfondire e problematizzare l’opera camusiana. Questo avviene, dal punto di vista metodologico, creando così un rapporto di continuità con la suddetta ricerca di tesi magistrale, attraverso lo sviluppo di due linee direttrici differenti e complementari tra loro: una interculturale poiché basata principalmente sul raffronto tra la cultura francese e quella tedesca, l’altro interdisciplinare poiché fonde in sé letteratura e filosofia, la storia del pensiero e la produzione letteraria che su tale pensiero ha preso forma. Da qui, si sviluppa anche la necessità di un lavoro critico principalmente incentrato sulla ricostruzione di quel dialogo sotterraneo che pervade la scrittura dell’autore, un intreccio di correnti anche molto diverse tra loro che la ricerca tenta di far emergere. Particolarmente rilevante è stato, in questo senso, un soggiorno a Aix-en Provence, presso Fonds Albert Camus, al fine di visionare il materiale inerente alla biblioteca personale dell’autore. Si tratta di un aspetto finora poco valorizzato dalla critica, che come già specificato in apertura, ha mostrato scarso interesse per la genesi del pensiero camusiano, ma di grande rilevanza per il presente studio. Questo primo approccio all’indagine delle letture camusiane ha senza dubbio contribuito ad orientare il quadro di ricezione sì delineato, nonché ad attestare gli autori, le tematiche, e i principali interessi che possono aver plasmato l’ultima fase della sua produzione. Occorre precisare che l’indagine sulle letture di Albert Camus si rivela un terreno davvero poco esplorato in cui il lavoro critico risulta, effettivamente, tutto da costruire. La metafora della costruzione appare, in questo senso, quanto mai appropriata laddove ciò che il Fonds Albert Camus mette a disposizione non è che un inventario delle opere presenti nella biblioteca personale dell’autore. Ben si comprende, allora, come solo attraverso l’apporto dei Carnets o della corrispondenza personale si possa risalire a dati più specifici sull’avvenuta lettura di un’opera, ad esempio, la sua collocazione temporale. Se per alcuni testi abbiamo riferimenti molto precisi, i quali risulteranno sempre segnalati lungo l’analisi, per altri questo non avviene. Ma non solo. Sussiste, inoltre, un ampissimo margine proveniente delle riviste, della cui lettura non abbiamo nessun riscontro. Emerge così l’importanza dell’analisi testuale quale indispensabile tassello alla ricostruzione di un siffatto campo d’indagine, ma emerge, altresì, l’esigenza di delineare un quadro storico che funga da orizzonte speculativo retrostante la produzione letteraria, il quale, ricostruendo in che modo determinate tematiche sono penetrate nel contesto culturale francese, talvolta, è il solo in grado di illuminare sulla presenza di motivi altrimenti irrintracciabili. Ma sulla stessa strada si inseriscono quelle che ho definito nei termini di figure coagulanti, ovvero personalità intellettuali che per una loro particolare predisposizione all’ibridazione di codici, interessi e culture diverse tra loro, raccolgono come un imbuto gli influssi più disparati e li rielaborano secondo le proprie personali inclinazioni. Tuttavia, l’inventario ci offre non poche risorse e appigli bibliografici, i quali verranno adeguatamente messi in rilievo anche lungo la retrospettiva storica che andremo, infine, a delineare. L’intento primario della ricerca, infatti, oltre alla ricostruzione di una fase di scrittura e di pensiero poco valorizzata, è senz’altro quello di riproblematizzare l’opera di Albert Camus, ovvero di restituirla nella sua complessità. Emerge, a tal proposito, la necessità di mostrare diversi piani di relazioni. Il primo piano di relazioni è costituito dal dialogo istituito con determinate figure, nello specifico George Bataille, Leon Chestov, Simone Weil, con le quali l’autore ha avuto un contatto diretto. A questo si sovrappone un secondo piano che invece, riguarda tutte le forme di dialogo indiretto, attraverso il quale s’intende ricollocare l’opera di Albert Camus nell’alveo di una determinata tradizione di pensiero, come erede di quello che ho definito un panorama di riflessione integrante. Si tratta di un insieme di autori il cui comune denominatore sembra essere l’esigenza di intraprendere una riflessione che possa opporsi allo sviluppo della cultura occidentale rifiutando di aderire a uno dei due estremi che, alle soglie del novecento, sembravano chiudere come una morsa il futuro della filosofia e dell’arte. Da un lato si trova l’ideologia scientista dell’emancipazione del progresso, dall’altro la retorica del negativo, la crisi apparentemente insormontabile del nichilismo. Superare questa lacerazione significa, appunto, muoversi verso una visione integrante che possa ricomprendere entrambe le strade leggendole come facce della stessa medaglia. Camus, nonostante la distanza temporale, può essere ancora inquadrato come un autore che, con i modi e gli strumenti della sua epoca, certo, continua a riflettere su alcuni grandi nodi problematici che dominarono la riflessione a cavallo tra i due secoli: il rapporto tra mente e realtà, tra analisi introspettiva e razionalità critica, tra teoria e prassi. Egli lo fa, esattamente come molti altri importanti nomi del panorama in oggetto, secondo una prospettiva conciliante che non riesce, non vuole, aderire completamente a nessuna delle due fazioni, impegnandosi nella ricerca di una strada che possa coniugare direzioni apparentemente opposte. Questa seconda dimensione, viene sviluppata ampiamente lungo la ricerca. È questo il caso emblematico di due tra i massimi rifermenti della formazione giovanile camusiana, Proust e Baudelaire, i quali sembrano adesso essere ripresi al fine di veicolare il nuovo orientamento intrapreso e conseguentemente la stesura del romanzo. La presenza del paradigma proustiano investe soprattutto lo statuto dell’io romanzesco e le sue strutture conoscitive, ma la sua influenza si è rivelata preziosa anche nel delineare orizzonti tematici comuni, come, ad esempio, il motivo della ricerca interiore, e per sciogliere nodi interpretativi cruciali del romanzo. L’opera di Baudelaire, con particolare riferimento agli scritti critici, di cui si è fatto largo uso per la ricerca, si riflette, piuttosto, sul piano teorico e programmatico. Essa fa da sfondo al mutamento di prospettiva che l’ultima fase inaugurata dall’autore prevede nei confronti dell’universo artistico, ma soprattutto determina la caratterizzazione della figura del protagonista. In particolare, faccio riferimento al concetto di genio come “infanzia ritrovata”, che sembra aderire perfettamente al protagonista de Le Premier Homme, il quale, non a caso, è presentato da Camus nelle vesti di un uomo maturo che si appresta a compiere un viaggio nei luoghi della sua infanzia. Sviluppo della ricerca: Il veicolo principale rimane sempre, anche per rispettare una certa coerenza d’indagine, la filosofia nietzscheana, la cui presenza all’interno della biblioteca camusiana è stata circoscritta con precisione attraverso due importanti studi critici . Essa e il suo particolare influsso sulla cultura francese del Novecento, di cui Albert Camus naturalmente risente, rappresenta l’ottica privilegiata per tentare di sviscerare la complessa stratificazione filosofica e letteraria che l’opera contiene al suo interno. Ciò nonostante, se questo tipo di approccio costituisce un valido punto di partenza, l’indagine non esclude affatto ulteriori sbocchi interpretativi.A tale proposito, sono diversi i fattori che indirizzano la ricerca verso nuovi orientamenti: in primis, il carattere di rottura che caratterizza la nuova fase intrapresa ma, soprattutto, la fitta elaborazione teorica che accompagna questi anni, un lavoro che l’autore svolge tanto su sé stesso, quanto sulla sua produzione estetica, ma che sembra quasi essere passato sotto silenzio. Esiste, infatti, una sostanziale discrepanza tra l’opera pubblicata e l’universo privato dell’autore. Negli anni tra 1950 e il 1959 Camus pubblica diverse opere, alcune delle quali possono essere considerate di capitale importanza, una su tutte L’Homme révolté, ma anche La Chute. Per contro, dalla lettura dei Carnets, come dalla sua corrispondenza privata, emerge un significativo momento di crisi interiore e stasi creativa. Tutto questo viene a convergere in un testo che risulta essere di capitale importanza ai fini della presente indagine, nonché il suo punto di partenza ideale: la Préface de L’Envers et l’Endroit. Lo studio ha preso avvio da un’analisi dettagliata dal suddetto scritto in quanto unico appiglio teorico e programmatico circa lo sviluppo della produzione camusiana, sia sul piano filosofico, che su quello letterario. La Préface, infatti, non costituisce semplicemente una compagine introduttiva alla pubblicazione della prima opera di Albert Camus, rimasta fino ad allora inedita in Francia, ma si pone, piuttosto, come bilancio e ripensamento critico sui vent’anni di carriera letteraria intercorsi. Si tratta di uno scritto estremamente denso di significato, una sorta di confessione artistica e personale in cui è possibile intravedere il progetto di nuovo orientamento che investe tanto il campo estetico quanto quello privato. Una volta sciolto nei suoi fondamentali nodi problematici, il testo ci fornisce un insieme consistente di linee guida, un solido terreno d’appoggio per avviare la ricerca. In particolare, il testo sembra rimandare l’indagine ai primi scritti. La parte iniziale della ricerca, il cui intento è stato quello di focalizzare l’insieme di temi e motivi che fanno da sfondo al romanzo Le Premier Homme, segue due percorsi in apparenza molto distanti tra loro, i quali solo in ultima analisi riveleranno la loro complementarietà. Se, da un lato, è stato importante analizzare l’insieme di testi e reperti personali relativi agli ultimi anni di vita dell’autore, dall’altro, risulta essenziale che essi siano messi in relazione con quelli appartenenti agli esordi della sua attività letteraria. L’ipotesi di fondo è che la fase finale del pensiero e della produzione camusiana costituisca una riattualizzazione di temi e motivi risalenti alla sua genesi creativa. L’intento è quello di mostrare come tutta una serie di tendenze, interessi e progetti siano stati in seguito, con l’avvio alla carriera di scrittore, perlopiù accantonati, per poi essere ripresi e rielaborati negli ultimi anni di vita. Si è tentato, dunque, di sintetizzare i tratti salienti della primissima scrittura di Albert Camus, per l’esattezza quella che occupa gli anni dal 1930 al 1937, e che vede ne L’Envers et l’Endroit il primo compimento effettivo. Parallelamente, lo studio comparativo dei Carnets, e delle Notes de lecture del 1933, che costituiscono l’insieme delle annotazioni personali antecedenti ai Carnets, insieme ad alcuni stralci della corrispondenza personale, hanno permesso di comprovare questa effettiva correlazione. Sebbene un’indagine comparativa, nei termini sopra esposti, non sia mai stata affrontata, per contro, gli albori della scrittura camusiana sono stati scrupolosamente indagati grazie al preziosissimo studio critico di Jaqueline Lèvi-Valensi, pubblicato postumo solo nel 2006, Albert Camus ou la naissance d’un romancier , il quale, , a sua volta, poggia sul precedente saggio di Paul Viallaneix del 1973 Le premier Camus , correlato alla pubblicazione degli Ecrits de jeunesse fino ad allora rimasti inediti. Le due indagini muovono in maniera differente: quella di Levi-Valensi si sviluppa sul piano strettamente cronologico, seguendo di opera in opera, in maniera molto attenta e scrupolosa, l’approccio alla scrittura dell’autore, e innestando nell’analisi dei primi scritti anche reperti autobiografici di varia natura, al fine di mostrare il progressivo affermarsi dell’io romanzesco. Lo studio di Viallaneix, invece, individua, all’interno di questa prima produzione sei motivi chiave, («Le rêve», «Le témoignage», «La pauvreté», «Le soleil», «L’énigme», «La répétition»,) per poi delinearne lo sviluppo lungo tutta produzione successiva. L’ analisi, da un lato, fonde i due approcci, dall’altro, opera un sostanziale cambio di prospettiva. Anche per il presente studio si è ritenuto importante individuare dei filoni tematici, ma inquadrandoli all’interno delle singole opere, ovvero tenendo presente l’ordine cronologico. Al contempo, si è trovato le categorie proposte da Viallaneix poco funzionali alla ricerca le quali sono state sostituite con tre macro- motivi che potessero rendere conto di una eventuale rifunzionalizzazione degli stessi per la stesura de Le Premier Homme. In linea generale, la ricerca si distacca da quella volontà, presente in entrambe i lavori, di inquadrare l’opera in un’ottica progressiva e lineare, valorizzando, al contrario una certa circolarità, già espressa come ipotesi di fondo. Questa parte, che costituisce a tutti gli effetti il nodo teorico, si è concentrata, dunque, nello sviluppo dei tre macro-motivi individuati all’interno dell’opera giovanile: Il tema dell’Io: sdoppiamento, fusione e dissoluzione, Il ruolo dell’arte: rêve e oblio, e infine, La voce del bambino: memoria e ricordo d’infanzia. Si tratta, nello specifico, di un percorso interpretativo che mette in luce i pilastri principali del ripensamento in questione: dallo statuto dell’io romanzesco, alla visione estetica, fino ad arrivare al tema del ricordo d’infanzia e della memoria, i quali, come è evidente, occupano in questa fase un ruolo di primo piano. Contemporaneamente si è cercato di ricostruire i contorni dei due concetti cardine che avrebbero orientato l’ultimo ciclo, amour e mesure, segnando un’evoluzione nella démarche speculativa e letteraria dell’autore. A questa cospicua sezione fa seguito l’analisi del romanzo Le Premier Homme. Il manoscritto rappresenta, dunque, l’espressione concreta su cui misurare quel labile equilibrio tra rottura e continuità che la parte centrale dell’analisi ha messo in luce come prerogativa di fondo. Essa si manifesta in primo luogo come un’indagine sulla nuova modalità narrativa intrapresa. Una densa riflessione preliminare sul linguaggio e su tutte le implicazioni che da essa derivano, inaugura l’analisi letteraria, la quale, una volta entrata nel vivo, si dirige verso una lettura dell’opera che tenga presente i diversi piani interpretativi da questa dischiusi. Le presenti letture, le quali costituiscono i due paragrafi conclusivi della ricerca, chiamano in causa referenze filosofiche molto diverse. Il rapporto con il pensiero nietzscheano che, come specificato, costituisce ancora, sul versante filosofico, il primo e più importante riferimento, raggiunge, qui, la riflessione di altri due grandi riferimenti nella cultura francese del Novecento, nello specifico Hegel e Kierkegaard, con i quali Camus non poté certo esimersi dal confronto. Tali considerazioni ci rimandano alla terza e ultima sezione data dalla necessità di delineare un quadro storico che possa fare da cornice all’analisi letteraria. Da un lato, esso rappresenta uno sguardo generale sulla ricezione nietzscheana e le sue principali fasi. La prima fase, ovvero, quella che, orientativamente, va dalle prime traduzioni di fine secolo fino agli anni ‘20, necessita di essere brevemente isolata al fine di mettere in evidenza i nuclei tematici pertinenti all’indagine restituendo, almeno in parte, la complessità di tale periodo storico. L’attenzione si concentra poi, in particolar modo, sulla seconda fase ricettiva del pensiero nietzscheano, quella che occupa gli anni ’30, al fine di mettere in luce un fenomeno alquanto interessante. La filosofia nietzscheana, viene come “sporcata”, nel senso che la metafora pittorica perfettamente prefigura, attraverso il pensiero di due filosofi che andranno a occupare un posto di primo piano nel panorama francese del novecento, nello specifico, Kierkegaard e Hegel, dando luogo a un mélange dagli esiti alquanto peculiari. Il presente studio tende a evidenziare un insieme di intersezioni culturali e concomitanze cronologiche che determinarono un particolare fenomeno di ibridazione della ricezione filosofica francese. Questo, al fine di operare un radicale cambio di prospettiva nei confronti del panorama in oggetto il quale deve essere inquadrato non come un edificarsi di scuole e correnti in netta opposizione, ma piuttosto come un proliferare di prismatiche analisi dai confini piuttosto fluidi, all’interno dei quali, chiaramente la figura di Albert Camus si inserisce.
Le Premier Homme: il sostrato filosofico dell'ultimo ciclo narrativo di Albert Camus
2019
Abstract
La ricerca si propone di indagare l’ultima fase della scrittura di Albert Camus, analizzandone i presupposti filosofici e inserendola nella rete di rapporti e inferenze, sia letterarie che speculative, da cui trae origine. In particolare si fa riferimento al romanzo Le Premier Homme. Ultima fatica di Albert Camus, rimasto incompiuto a causa della prematura scomparsa dell’autore, esso rappresenta l’opera chiave del suo terzo ciclo di scrittura, nel quale converge un’elaborazione teorica e letteraria, durata quasi dieci anni, dal significato ancora lacunoso e inespresso. Come noto, l’opera di Albert Camus segue un assetto programmatico bene preciso. Si suddivide in due cicli: absurde, e révolte, composti da una parte letteraria, romanzi e opere teatrali, cui fa capo un essai, a carattere filosofico, con il compito di introdurre e inquadrare la materia letteraria che vi fa seguito. È questo il caso del Mythe de Sisyphe e del L’ Homme Révolté, testi di stampo chiaramente speculativo, senza i quali molti aspetti dei principali romanzi camusiani, rimarrebbero sospesi, ma soprattutto slegati dalla loro corretta collocazione, privati dello spessore che di fatto gli appartiene e che contribuisce, insieme al pregio puramente estetico e stilistico a restituirne il valore. Per quanto riguarda questo ultimo ciclo non possiamo dire di avere a disposizione le medesime risorse interpretative. Progettato lungamente nei Carnets, è rimasto anch’esso, esattamente come il romanzo, incompiuto e privo di forma. Lo studio si articola in tre parti. Una prima sezione a carattere storico-letterario volta a rintracciare le principali matrici filosofiche e letterarie che agiscono su questa ultima fase di scrittura, dando particolare rilievo all’influenza del pensiero nietzscheano e della filosofia tedesca in genere. A questa fa seguito una sezione centrale, a carattere teorico-comparativo incentrata su un’analisi, innovativa nel panorama critico, del dialogo che intercorre tra la fase giovanile della scrittura camusiana e l’ultimo ciclo. Lo studio si conclude con una terza parte dedicata a rintracciare i risultati ottenuti nelle sezioni precedenti all’interno del romanzo Le Premier Homme. La presente indagine nasce dall’esigenza di approfondire e problematizzare l’opera camusiana. Questo avviene, dal punto di vista metodologico, creando così un rapporto di continuità con la suddetta ricerca di tesi magistrale, attraverso lo sviluppo di due linee direttrici differenti e complementari tra loro: una interculturale poiché basata principalmente sul raffronto tra la cultura francese e quella tedesca, l’altro interdisciplinare poiché fonde in sé letteratura e filosofia, la storia del pensiero e la produzione letteraria che su tale pensiero ha preso forma. Da qui, si sviluppa anche la necessità di un lavoro critico principalmente incentrato sulla ricostruzione di quel dialogo sotterraneo che pervade la scrittura dell’autore, un intreccio di correnti anche molto diverse tra loro che la ricerca tenta di far emergere. Particolarmente rilevante è stato, in questo senso, un soggiorno a Aix-en Provence, presso Fonds Albert Camus, al fine di visionare il materiale inerente alla biblioteca personale dell’autore. Si tratta di un aspetto finora poco valorizzato dalla critica, che come già specificato in apertura, ha mostrato scarso interesse per la genesi del pensiero camusiano, ma di grande rilevanza per il presente studio. Questo primo approccio all’indagine delle letture camusiane ha senza dubbio contribuito ad orientare il quadro di ricezione sì delineato, nonché ad attestare gli autori, le tematiche, e i principali interessi che possono aver plasmato l’ultima fase della sua produzione. Occorre precisare che l’indagine sulle letture di Albert Camus si rivela un terreno davvero poco esplorato in cui il lavoro critico risulta, effettivamente, tutto da costruire. La metafora della costruzione appare, in questo senso, quanto mai appropriata laddove ciò che il Fonds Albert Camus mette a disposizione non è che un inventario delle opere presenti nella biblioteca personale dell’autore. Ben si comprende, allora, come solo attraverso l’apporto dei Carnets o della corrispondenza personale si possa risalire a dati più specifici sull’avvenuta lettura di un’opera, ad esempio, la sua collocazione temporale. Se per alcuni testi abbiamo riferimenti molto precisi, i quali risulteranno sempre segnalati lungo l’analisi, per altri questo non avviene. Ma non solo. Sussiste, inoltre, un ampissimo margine proveniente delle riviste, della cui lettura non abbiamo nessun riscontro. Emerge così l’importanza dell’analisi testuale quale indispensabile tassello alla ricostruzione di un siffatto campo d’indagine, ma emerge, altresì, l’esigenza di delineare un quadro storico che funga da orizzonte speculativo retrostante la produzione letteraria, il quale, ricostruendo in che modo determinate tematiche sono penetrate nel contesto culturale francese, talvolta, è il solo in grado di illuminare sulla presenza di motivi altrimenti irrintracciabili. Ma sulla stessa strada si inseriscono quelle che ho definito nei termini di figure coagulanti, ovvero personalità intellettuali che per una loro particolare predisposizione all’ibridazione di codici, interessi e culture diverse tra loro, raccolgono come un imbuto gli influssi più disparati e li rielaborano secondo le proprie personali inclinazioni. Tuttavia, l’inventario ci offre non poche risorse e appigli bibliografici, i quali verranno adeguatamente messi in rilievo anche lungo la retrospettiva storica che andremo, infine, a delineare. L’intento primario della ricerca, infatti, oltre alla ricostruzione di una fase di scrittura e di pensiero poco valorizzata, è senz’altro quello di riproblematizzare l’opera di Albert Camus, ovvero di restituirla nella sua complessità. Emerge, a tal proposito, la necessità di mostrare diversi piani di relazioni. Il primo piano di relazioni è costituito dal dialogo istituito con determinate figure, nello specifico George Bataille, Leon Chestov, Simone Weil, con le quali l’autore ha avuto un contatto diretto. A questo si sovrappone un secondo piano che invece, riguarda tutte le forme di dialogo indiretto, attraverso il quale s’intende ricollocare l’opera di Albert Camus nell’alveo di una determinata tradizione di pensiero, come erede di quello che ho definito un panorama di riflessione integrante. Si tratta di un insieme di autori il cui comune denominatore sembra essere l’esigenza di intraprendere una riflessione che possa opporsi allo sviluppo della cultura occidentale rifiutando di aderire a uno dei due estremi che, alle soglie del novecento, sembravano chiudere come una morsa il futuro della filosofia e dell’arte. Da un lato si trova l’ideologia scientista dell’emancipazione del progresso, dall’altro la retorica del negativo, la crisi apparentemente insormontabile del nichilismo. Superare questa lacerazione significa, appunto, muoversi verso una visione integrante che possa ricomprendere entrambe le strade leggendole come facce della stessa medaglia. Camus, nonostante la distanza temporale, può essere ancora inquadrato come un autore che, con i modi e gli strumenti della sua epoca, certo, continua a riflettere su alcuni grandi nodi problematici che dominarono la riflessione a cavallo tra i due secoli: il rapporto tra mente e realtà, tra analisi introspettiva e razionalità critica, tra teoria e prassi. Egli lo fa, esattamente come molti altri importanti nomi del panorama in oggetto, secondo una prospettiva conciliante che non riesce, non vuole, aderire completamente a nessuna delle due fazioni, impegnandosi nella ricerca di una strada che possa coniugare direzioni apparentemente opposte. Questa seconda dimensione, viene sviluppata ampiamente lungo la ricerca. È questo il caso emblematico di due tra i massimi rifermenti della formazione giovanile camusiana, Proust e Baudelaire, i quali sembrano adesso essere ripresi al fine di veicolare il nuovo orientamento intrapreso e conseguentemente la stesura del romanzo. La presenza del paradigma proustiano investe soprattutto lo statuto dell’io romanzesco e le sue strutture conoscitive, ma la sua influenza si è rivelata preziosa anche nel delineare orizzonti tematici comuni, come, ad esempio, il motivo della ricerca interiore, e per sciogliere nodi interpretativi cruciali del romanzo. L’opera di Baudelaire, con particolare riferimento agli scritti critici, di cui si è fatto largo uso per la ricerca, si riflette, piuttosto, sul piano teorico e programmatico. Essa fa da sfondo al mutamento di prospettiva che l’ultima fase inaugurata dall’autore prevede nei confronti dell’universo artistico, ma soprattutto determina la caratterizzazione della figura del protagonista. In particolare, faccio riferimento al concetto di genio come “infanzia ritrovata”, che sembra aderire perfettamente al protagonista de Le Premier Homme, il quale, non a caso, è presentato da Camus nelle vesti di un uomo maturo che si appresta a compiere un viaggio nei luoghi della sua infanzia. Sviluppo della ricerca: Il veicolo principale rimane sempre, anche per rispettare una certa coerenza d’indagine, la filosofia nietzscheana, la cui presenza all’interno della biblioteca camusiana è stata circoscritta con precisione attraverso due importanti studi critici . Essa e il suo particolare influsso sulla cultura francese del Novecento, di cui Albert Camus naturalmente risente, rappresenta l’ottica privilegiata per tentare di sviscerare la complessa stratificazione filosofica e letteraria che l’opera contiene al suo interno. Ciò nonostante, se questo tipo di approccio costituisce un valido punto di partenza, l’indagine non esclude affatto ulteriori sbocchi interpretativi.A tale proposito, sono diversi i fattori che indirizzano la ricerca verso nuovi orientamenti: in primis, il carattere di rottura che caratterizza la nuova fase intrapresa ma, soprattutto, la fitta elaborazione teorica che accompagna questi anni, un lavoro che l’autore svolge tanto su sé stesso, quanto sulla sua produzione estetica, ma che sembra quasi essere passato sotto silenzio. Esiste, infatti, una sostanziale discrepanza tra l’opera pubblicata e l’universo privato dell’autore. Negli anni tra 1950 e il 1959 Camus pubblica diverse opere, alcune delle quali possono essere considerate di capitale importanza, una su tutte L’Homme révolté, ma anche La Chute. Per contro, dalla lettura dei Carnets, come dalla sua corrispondenza privata, emerge un significativo momento di crisi interiore e stasi creativa. Tutto questo viene a convergere in un testo che risulta essere di capitale importanza ai fini della presente indagine, nonché il suo punto di partenza ideale: la Préface de L’Envers et l’Endroit. Lo studio ha preso avvio da un’analisi dettagliata dal suddetto scritto in quanto unico appiglio teorico e programmatico circa lo sviluppo della produzione camusiana, sia sul piano filosofico, che su quello letterario. La Préface, infatti, non costituisce semplicemente una compagine introduttiva alla pubblicazione della prima opera di Albert Camus, rimasta fino ad allora inedita in Francia, ma si pone, piuttosto, come bilancio e ripensamento critico sui vent’anni di carriera letteraria intercorsi. Si tratta di uno scritto estremamente denso di significato, una sorta di confessione artistica e personale in cui è possibile intravedere il progetto di nuovo orientamento che investe tanto il campo estetico quanto quello privato. Una volta sciolto nei suoi fondamentali nodi problematici, il testo ci fornisce un insieme consistente di linee guida, un solido terreno d’appoggio per avviare la ricerca. In particolare, il testo sembra rimandare l’indagine ai primi scritti. La parte iniziale della ricerca, il cui intento è stato quello di focalizzare l’insieme di temi e motivi che fanno da sfondo al romanzo Le Premier Homme, segue due percorsi in apparenza molto distanti tra loro, i quali solo in ultima analisi riveleranno la loro complementarietà. Se, da un lato, è stato importante analizzare l’insieme di testi e reperti personali relativi agli ultimi anni di vita dell’autore, dall’altro, risulta essenziale che essi siano messi in relazione con quelli appartenenti agli esordi della sua attività letteraria. L’ipotesi di fondo è che la fase finale del pensiero e della produzione camusiana costituisca una riattualizzazione di temi e motivi risalenti alla sua genesi creativa. L’intento è quello di mostrare come tutta una serie di tendenze, interessi e progetti siano stati in seguito, con l’avvio alla carriera di scrittore, perlopiù accantonati, per poi essere ripresi e rielaborati negli ultimi anni di vita. Si è tentato, dunque, di sintetizzare i tratti salienti della primissima scrittura di Albert Camus, per l’esattezza quella che occupa gli anni dal 1930 al 1937, e che vede ne L’Envers et l’Endroit il primo compimento effettivo. Parallelamente, lo studio comparativo dei Carnets, e delle Notes de lecture del 1933, che costituiscono l’insieme delle annotazioni personali antecedenti ai Carnets, insieme ad alcuni stralci della corrispondenza personale, hanno permesso di comprovare questa effettiva correlazione. Sebbene un’indagine comparativa, nei termini sopra esposti, non sia mai stata affrontata, per contro, gli albori della scrittura camusiana sono stati scrupolosamente indagati grazie al preziosissimo studio critico di Jaqueline Lèvi-Valensi, pubblicato postumo solo nel 2006, Albert Camus ou la naissance d’un romancier , il quale, , a sua volta, poggia sul precedente saggio di Paul Viallaneix del 1973 Le premier Camus , correlato alla pubblicazione degli Ecrits de jeunesse fino ad allora rimasti inediti. Le due indagini muovono in maniera differente: quella di Levi-Valensi si sviluppa sul piano strettamente cronologico, seguendo di opera in opera, in maniera molto attenta e scrupolosa, l’approccio alla scrittura dell’autore, e innestando nell’analisi dei primi scritti anche reperti autobiografici di varia natura, al fine di mostrare il progressivo affermarsi dell’io romanzesco. Lo studio di Viallaneix, invece, individua, all’interno di questa prima produzione sei motivi chiave, («Le rêve», «Le témoignage», «La pauvreté», «Le soleil», «L’énigme», «La répétition»,) per poi delinearne lo sviluppo lungo tutta produzione successiva. L’ analisi, da un lato, fonde i due approcci, dall’altro, opera un sostanziale cambio di prospettiva. Anche per il presente studio si è ritenuto importante individuare dei filoni tematici, ma inquadrandoli all’interno delle singole opere, ovvero tenendo presente l’ordine cronologico. Al contempo, si è trovato le categorie proposte da Viallaneix poco funzionali alla ricerca le quali sono state sostituite con tre macro- motivi che potessero rendere conto di una eventuale rifunzionalizzazione degli stessi per la stesura de Le Premier Homme. In linea generale, la ricerca si distacca da quella volontà, presente in entrambe i lavori, di inquadrare l’opera in un’ottica progressiva e lineare, valorizzando, al contrario una certa circolarità, già espressa come ipotesi di fondo. Questa parte, che costituisce a tutti gli effetti il nodo teorico, si è concentrata, dunque, nello sviluppo dei tre macro-motivi individuati all’interno dell’opera giovanile: Il tema dell’Io: sdoppiamento, fusione e dissoluzione, Il ruolo dell’arte: rêve e oblio, e infine, La voce del bambino: memoria e ricordo d’infanzia. Si tratta, nello specifico, di un percorso interpretativo che mette in luce i pilastri principali del ripensamento in questione: dallo statuto dell’io romanzesco, alla visione estetica, fino ad arrivare al tema del ricordo d’infanzia e della memoria, i quali, come è evidente, occupano in questa fase un ruolo di primo piano. Contemporaneamente si è cercato di ricostruire i contorni dei due concetti cardine che avrebbero orientato l’ultimo ciclo, amour e mesure, segnando un’evoluzione nella démarche speculativa e letteraria dell’autore. A questa cospicua sezione fa seguito l’analisi del romanzo Le Premier Homme. Il manoscritto rappresenta, dunque, l’espressione concreta su cui misurare quel labile equilibrio tra rottura e continuità che la parte centrale dell’analisi ha messo in luce come prerogativa di fondo. Essa si manifesta in primo luogo come un’indagine sulla nuova modalità narrativa intrapresa. Una densa riflessione preliminare sul linguaggio e su tutte le implicazioni che da essa derivano, inaugura l’analisi letteraria, la quale, una volta entrata nel vivo, si dirige verso una lettura dell’opera che tenga presente i diversi piani interpretativi da questa dischiusi. La ricerca si propone di indagare l’ultima fase della scrittura di Albert Camus, analizzandone i presupposti filosofici e inserendola nella rete di rapporti e inferenze, sia letterarie che speculative, da cui trae origine. In particolare si fa riferimento al romanzo Le Premier Homme. Ultima fatica di Albert Camus, rimasto incompiuto a causa della prematura scomparsa dell’autore, esso rappresenta l’opera chiave del suo terzo ciclo di scrittura, nel quale converge un’elaborazione teorica e letteraria, durata quasi dieci anni, dal significato ancora lacunoso e inespresso. Come noto, l’opera di Albert Camus segue un assetto programmatico bene preciso. Si suddivide in due cicli: absurde, e révolte, composti da una parte letteraria, romanzi e opere teatrali, cui fa capo un essai, a carattere filosofico, con il compito di introdurre e inquadrare la materia letteraria che vi fa seguito. È questo il caso del Mythe de Sisyphe e del L’ Homme Révolté, testi di stampo chiaramente speculativo, senza i quali molti aspetti dei principali romanzi camusiani, rimarrebbero sospesi, ma soprattutto slegati dalla loro corretta collocazione, privati dello spessore che di fatto gli appartiene e che contribuisce, insieme al pregio puramente estetico e stilistico a restituirne il valore. Per quanto riguarda questo ultimo ciclo non possiamo dire di avere a disposizione le medesime risorse interpretative. Progettato lungamente nei Carnets, è rimasto anch’esso, esattamente come il romanzo, incompiuto e privo di forma. Lo studio si articola in tre parti. Una prima sezione a carattere storico-letterario volta a rintracciare le principali matrici filosofiche e letterarie che agiscono su questa ultima fase di scrittura, dando particolare rilievo all’influenza del pensiero nietzscheano e della filosofia tedesca in genere. A questa fa seguito una sezione centrale, a carattere teorico-comparativo incentrata su un’analisi, innovativa nel panorama critico, del dialogo che intercorre tra la fase giovanile della scrittura camusiana e l’ultimo ciclo. Lo studio si conclude con una terza parte dedicata a rintracciare i risultati ottenuti nelle sezioni precedenti all’interno del romanzo Le Premier Homme. La presente indagine nasce dall’esigenza di approfondire e problematizzare l’opera camusiana. Questo avviene, dal punto di vista metodologico, creando così un rapporto di continuità con la suddetta ricerca di tesi magistrale, attraverso lo sviluppo di due linee direttrici differenti e complementari tra loro: una interculturale poiché basata principalmente sul raffronto tra la cultura francese e quella tedesca, l’altro interdisciplinare poiché fonde in sé letteratura e filosofia, la storia del pensiero e la produzione letteraria che su tale pensiero ha preso forma. Da qui, si sviluppa anche la necessità di un lavoro critico principalmente incentrato sulla ricostruzione di quel dialogo sotterraneo che pervade la scrittura dell’autore, un intreccio di correnti anche molto diverse tra loro che la ricerca tenta di far emergere. Particolarmente rilevante è stato, in questo senso, un soggiorno a Aix-en Provence, presso Fonds Albert Camus, al fine di visionare il materiale inerente alla biblioteca personale dell’autore. Si tratta di un aspetto finora poco valorizzato dalla critica, che come già specificato in apertura, ha mostrato scarso interesse per la genesi del pensiero camusiano, ma di grande rilevanza per il presente studio. Questo primo approccio all’indagine delle letture camusiane ha senza dubbio contribuito ad orientare il quadro di ricezione sì delineato, nonché ad attestare gli autori, le tematiche, e i principali interessi che possono aver plasmato l’ultima fase della sua produzione. Occorre precisare che l’indagine sulle letture di Albert Camus si rivela un terreno davvero poco esplorato in cui il lavoro critico risulta, effettivamente, tutto da costruire. La metafora della costruzione appare, in questo senso, quanto mai appropriata laddove ciò che il Fonds Albert Camus mette a disposizione non è che un inventario delle opere presenti nella biblioteca personale dell’autore. Ben si comprende, allora, come solo attraverso l’apporto dei Carnets o della corrispondenza personale si possa risalire a dati più specifici sull’avvenuta lettura di un’opera, ad esempio, la sua collocazione temporale. Se per alcuni testi abbiamo riferimenti molto precisi, i quali risulteranno sempre segnalati lungo l’analisi, per altri questo non avviene. Ma non solo. Sussiste, inoltre, un ampissimo margine proveniente delle riviste, della cui lettura non abbiamo nessun riscontro. Emerge così l’importanza dell’analisi testuale quale indispensabile tassello alla ricostruzione di un siffatto campo d’indagine, ma emerge, altresì, l’esigenza di delineare un quadro storico che funga da orizzonte speculativo retrostante la produzione letteraria, il quale, ricostruendo in che modo determinate tematiche sono penetrate nel contesto culturale francese, talvolta, è il solo in grado di illuminare sulla presenza di motivi altrimenti irrintracciabili. Ma sulla stessa strada si inseriscono quelle che ho definito nei termini di figure coagulanti, ovvero personalità intellettuali che per una loro particolare predisposizione all’ibridazione di codici, interessi e culture diverse tra loro, raccolgono come un imbuto gli influssi più disparati e li rielaborano secondo le proprie personali inclinazioni. Tuttavia, l’inventario ci offre non poche risorse e appigli bibliografici, i quali verranno adeguatamente messi in rilievo anche lungo la retrospettiva storica che andremo, infine, a delineare. L’intento primario della ricerca, infatti, oltre alla ricostruzione di una fase di scrittura e di pensiero poco valorizzata, è senz’altro quello di riproblematizzare l’opera di Albert Camus, ovvero di restituirla nella sua complessità. Emerge, a tal proposito, la necessità di mostrare diversi piani di relazioni. Il primo piano di relazioni è costituito dal dialogo istituito con determinate figure, nello specifico George Bataille, Leon Chestov, Simone Weil, con le quali l’autore ha avuto un contatto diretto. A questo si sovrappone un secondo piano che invece, riguarda tutte le forme di dialogo indiretto, attraverso il quale s’intende ricollocare l’opera di Albert Camus nell’alveo di una determinata tradizione di pensiero, come erede di quello che ho definito un panorama di riflessione integrante. Si tratta di un insieme di autori il cui comune denominatore sembra essere l’esigenza di intraprendere una riflessione che possa opporsi allo sviluppo della cultura occidentale rifiutando di aderire a uno dei due estremi che, alle soglie del novecento, sembravano chiudere come una morsa il futuro della filosofia e dell’arte. Da un lato si trova l’ideologia scientista dell’emancipazione del progresso, dall’altro la retorica del negativo, la crisi apparentemente insormontabile del nichilismo. Superare questa lacerazione significa, appunto, muoversi verso una visione integrante che possa ricomprendere entrambe le strade leggendole come facce della stessa medaglia. Camus, nonostante la distanza temporale, può essere ancora inquadrato come un autore che, con i modi e gli strumenti della sua epoca, certo, continua a riflettere su alcuni grandi nodi problematici che dominarono la riflessione a cavallo tra i due secoli: il rapporto tra mente e realtà, tra analisi introspettiva e razionalità critica, tra teoria e prassi. Egli lo fa, esattamente come molti altri importanti nomi del panorama in oggetto, secondo una prospettiva conciliante che non riesce, non vuole, aderire completamente a nessuna delle due fazioni, impegnandosi nella ricerca di una strada che possa coniugare direzioni apparentemente opposte. Questa seconda dimensione, viene sviluppata ampiamente lungo la ricerca. È questo il caso emblematico di due tra i massimi rifermenti della formazione giovanile camusiana, Proust e Baudelaire, i quali sembrano adesso essere ripresi al fine di veicolare il nuovo orientamento intrapreso e conseguentemente la stesura del romanzo. La presenza del paradigma proustiano investe soprattutto lo statuto dell’io romanzesco e le sue strutture conoscitive, ma la sua influenza si è rivelata preziosa anche nel delineare orizzonti tematici comuni, come, ad esempio, il motivo della ricerca interiore, e per sciogliere nodi interpretativi cruciali del romanzo. L’opera di Baudelaire, con particolare riferimento agli scritti critici, di cui si è fatto largo uso per la ricerca, si riflette, piuttosto, sul piano teorico e programmatico. Essa fa da sfondo al mutamento di prospettiva che l’ultima fase inaugurata dall’autore prevede nei confronti dell’universo artistico, ma soprattutto determina la caratterizzazione della figura del protagonista. In particolare, faccio riferimento al concetto di genio come “infanzia ritrovata”, che sembra aderire perfettamente al protagonista de Le Premier Homme, il quale, non a caso, è presentato da Camus nelle vesti di un uomo maturo che si appresta a compiere un viaggio nei luoghi della sua infanzia. Sviluppo della ricerca: Il veicolo principale rimane sempre, anche per rispettare una certa coerenza d’indagine, la filosofia nietzscheana, la cui presenza all’interno della biblioteca camusiana è stata circoscritta con precisione attraverso due importanti studi critici . Essa e il suo particolare influsso sulla cultura francese del Novecento, di cui Albert Camus naturalmente risente, rappresenta l’ottica privilegiata per tentare di sviscerare la complessa stratificazione filosofica e letteraria che l’opera contiene al suo interno. Ciò nonostante, se questo tipo di approccio costituisce un valido punto di partenza, l’indagine non esclude affatto ulteriori sbocchi interpretativi.A tale proposito, sono diversi i fattori che indirizzano la ricerca verso nuovi orientamenti: in primis, il carattere di rottura che caratterizza la nuova fase intrapresa ma, soprattutto, la fitta elaborazione teorica che accompagna questi anni, un lavoro che l’autore svolge tanto su sé stesso, quanto sulla sua produzione estetica, ma che sembra quasi essere passato sotto silenzio. Esiste, infatti, una sostanziale discrepanza tra l’opera pubblicata e l’universo privato dell’autore. Negli anni tra 1950 e il 1959 Camus pubblica diverse opere, alcune delle quali possono essere considerate di capitale importanza, una su tutte L’Homme révolté, ma anche La Chute. Per contro, dalla lettura dei Carnets, come dalla sua corrispondenza privata, emerge un significativo momento di crisi interiore e stasi creativa. Tutto questo viene a convergere in un testo che risulta essere di capitale importanza ai fini della presente indagine, nonché il suo punto di partenza ideale: la Préface de L’Envers et l’Endroit. Lo studio ha preso avvio da un’analisi dettagliata dal suddetto scritto in quanto unico appiglio teorico e programmatico circa lo sviluppo della produzione camusiana, sia sul piano filosofico, che su quello letterario. La Préface, infatti, non costituisce semplicemente una compagine introduttiva alla pubblicazione della prima opera di Albert Camus, rimasta fino ad allora inedita in Francia, ma si pone, piuttosto, come bilancio e ripensamento critico sui vent’anni di carriera letteraria intercorsi. Si tratta di uno scritto estremamente denso di significato, una sorta di confessione artistica e personale in cui è possibile intravedere il progetto di nuovo orientamento che investe tanto il campo estetico quanto quello privato. Una volta sciolto nei suoi fondamentali nodi problematici, il testo ci fornisce un insieme consistente di linee guida, un solido terreno d’appoggio per avviare la ricerca. In particolare, il testo sembra rimandare l’indagine ai primi scritti. La parte iniziale della ricerca, il cui intento è stato quello di focalizzare l’insieme di temi e motivi che fanno da sfondo al romanzo Le Premier Homme, segue due percorsi in apparenza molto distanti tra loro, i quali solo in ultima analisi riveleranno la loro complementarietà. Se, da un lato, è stato importante analizzare l’insieme di testi e reperti personali relativi agli ultimi anni di vita dell’autore, dall’altro, risulta essenziale che essi siano messi in relazione con quelli appartenenti agli esordi della sua attività letteraria. L’ipotesi di fondo è che la fase finale del pensiero e della produzione camusiana costituisca una riattualizzazione di temi e motivi risalenti alla sua genesi creativa. L’intento è quello di mostrare come tutta una serie di tendenze, interessi e progetti siano stati in seguito, con l’avvio alla carriera di scrittore, perlopiù accantonati, per poi essere ripresi e rielaborati negli ultimi anni di vita. Si è tentato, dunque, di sintetizzare i tratti salienti della primissima scrittura di Albert Camus, per l’esattezza quella che occupa gli anni dal 1930 al 1937, e che vede ne L’Envers et l’Endroit il primo compimento effettivo. Parallelamente, lo studio comparativo dei Carnets, e delle Notes de lecture del 1933, che costituiscono l’insieme delle annotazioni personali antecedenti ai Carnets, insieme ad alcuni stralci della corrispondenza personale, hanno permesso di comprovare questa effettiva correlazione. Sebbene un’indagine comparativa, nei termini sopra esposti, non sia mai stata affrontata, per contro, gli albori della scrittura camusiana sono stati scrupolosamente indagati grazie al preziosissimo studio critico di Jaqueline Lèvi-Valensi, pubblicato postumo solo nel 2006, Albert Camus ou la naissance d’un romancier , il quale, , a sua volta, poggia sul precedente saggio di Paul Viallaneix del 1973 Le premier Camus , correlato alla pubblicazione degli Ecrits de jeunesse fino ad allora rimasti inediti. Le due indagini muovono in maniera differente: quella di Levi-Valensi si sviluppa sul piano strettamente cronologico, seguendo di opera in opera, in maniera molto attenta e scrupolosa, l’approccio alla scrittura dell’autore, e innestando nell’analisi dei primi scritti anche reperti autobiografici di varia natura, al fine di mostrare il progressivo affermarsi dell’io romanzesco. Lo studio di Viallaneix, invece, individua, all’interno di questa prima produzione sei motivi chiave, («Le rêve», «Le témoignage», «La pauvreté», «Le soleil», «L’énigme», «La répétition»,) per poi delinearne lo sviluppo lungo tutta produzione successiva. L’ analisi, da un lato, fonde i due approcci, dall’altro, opera un sostanziale cambio di prospettiva. Anche per il presente studio si è ritenuto importante individuare dei filoni tematici, ma inquadrandoli all’interno delle singole opere, ovvero tenendo presente l’ordine cronologico. Al contempo, si è trovato le categorie proposte da Viallaneix poco funzionali alla ricerca le quali sono state sostituite con tre macro- motivi che potessero rendere conto di una eventuale rifunzionalizzazione degli stessi per la stesura de Le Premier Homme. In linea generale, la ricerca si distacca da quella volontà, presente in entrambe i lavori, di inquadrare l’opera in un’ottica progressiva e lineare, valorizzando, al contrario una certa circolarità, già espressa come ipotesi di fondo. Questa parte, che costituisce a tutti gli effetti il nodo teorico, si è concentrata, dunque, nello sviluppo dei tre macro-motivi individuati all’interno dell’opera giovanile: Il tema dell’Io: sdoppiamento, fusione e dissoluzione, Il ruolo dell’arte: rêve e oblio, e infine, La voce del bambino: memoria e ricordo d’infanzia. Si tratta, nello specifico, di un percorso interpretativo che mette in luce i pilastri principali del ripensamento in questione: dallo statuto dell’io romanzesco, alla visione estetica, fino ad arrivare al tema del ricordo d’infanzia e della memoria, i quali, come è evidente, occupano in questa fase un ruolo di primo piano. Contemporaneamente si è cercato di ricostruire i contorni dei due concetti cardine che avrebbero orientato l’ultimo ciclo, amour e mesure, segnando un’evoluzione nella démarche speculativa e letteraria dell’autore. A questa cospicua sezione fa seguito l’analisi del romanzo Le Premier Homme. Il manoscritto rappresenta, dunque, l’espressione concreta su cui misurare quel labile equilibrio tra rottura e continuità che la parte centrale dell’analisi ha messo in luce come prerogativa di fondo. Essa si manifesta in primo luogo come un’indagine sulla nuova modalità narrativa intrapresa. Una densa riflessione preliminare sul linguaggio e su tutte le implicazioni che da essa derivano, inaugura l’analisi letteraria, la quale, una volta entrata nel vivo, si dirige verso una lettura dell’opera che tenga presente i diversi piani interpretativi da questa dischiusi. Le presenti letture, le quali costituiscono i due paragrafi conclusivi della ricerca, chiamano in causa referenze filosofiche molto diverse. Il rapporto con il pensiero nietzscheano che, come specificato, costituisce ancora, sul versante filosofico, il primo e più importante riferimento, raggiunge, qui, la riflessione di altri due grandi riferimenti nella cultura francese del Novecento, nello specifico Hegel e Kierkegaard, con i quali Camus non poté certo esimersi dal confronto. Tali considerazioni ci rimandano alla terza e ultima sezione data dalla necessità di delineare un quadro storico che possa fare da cornice all’analisi letteraria. Da un lato, esso rappresenta uno sguardo generale sulla ricezione nietzscheana e le sue principali fasi. La prima fase, ovvero, quella che, orientativamente, va dalle prime traduzioni di fine secolo fino agli anni ‘20, necessita di essere brevemente isolata al fine di mettere in evidenza i nuclei tematici pertinenti all’indagine restituendo, almeno in parte, la complessità di tale periodo storico. L’attenzione si concentra poi, in particolar modo, sulla seconda fase ricettiva del pensiero nietzscheano, quella che occupa gli anni ’30, al fine di mettere in luce un fenomeno alquanto interessante. La filosofia nietzscheana, viene come “sporcata”, nel senso che la metafora pittorica perfettamente prefigura, attraverso il pensiero di due filosofi che andranno a occupare un posto di primo piano nel panorama francese del novecento, nello specifico, Kierkegaard e Hegel, dando luogo a un mélange dagli esiti alquanto peculiari. Il presente studio tende a evidenziare un insieme di intersezioni culturali e concomitanze cronologiche che determinarono un particolare fenomeno di ibridazione della ricezione filosofica francese. Questo, al fine di operare un radicale cambio di prospettiva nei confronti del panorama in oggetto il quale deve essere inquadrato non come un edificarsi di scuole e correnti in netta opposizione, ma piuttosto come un proliferare di prismatiche analisi dai confini piuttosto fluidi, all’interno dei quali, chiaramente la figura di Albert Camus si inserisce.File | Dimensione | Formato | |
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