Il termine “silicati idrati di calcio” comprende una serie di fasi, naturali e sintetiche, chimicamente descrivibili nel sistema a tre componenti CaO-SiO2-H2O. In natura questi minerali si formano generalmente nelle ultime fasi dell’evoluzione di differenti ambienti geologici; compaiono in particolare in cavità e vene di rocce vulcaniche, spesso di natura basica, e in vene tardive all’interno di complessi termo-metamorfici. Da un punto di vista strutturale i silicati idrati di calcio possono essere classificati sulla base del grado di polimerizzazione dei tetraedri silicatici; particolare attenzione è stata rivolta ai silicati caratterizzati da catene di tetraedri SiO4, catene analoghe a quelle che ricorrono nella wollastonite. Le relazioni geometriche fra la periodicità delle catene silicatiche e lo spigolo dei poliedri calcio rende ragione delle particolarità mostrate dai diffrattogrammi di cristallo singolo di queste specie, diffrattogrammi che mostrano, a fianco di riflessi netti e intensi (riflessi di famiglia), riflessi deboli e diffusi (riflessi caratteristici). Utilizzando soltanto i riflessi netti e intensi è possibile definire una cella di famiglia (o sotto-cella), comune a tutti i membri di una determinata famiglia. Lo studio è stato condotto principalmente sui minerali del gruppo della tobermorite, una serie di inosilicati idrati di calcio aventi catene "wollastonitiche" singole o doppie. L’interesse per queste fasi è legato al fatto che la loro struttura viene utilizzata come "struttura modello" di quella del C-S-H, il principale agente legante dei cementi. Le tobermoriti hanno mostrato anche interessanti proprietà di scambio cationico, applicabili in vari campi, dal trattamento di acque inquinate al campo biomedico; queste interessanti applicazioni sono anche favorite dalla facilità di sintesi di questi composti, ottenibili anche come sottoprodotti di vari processi industriali. All’interno del gruppo della tobermorite si riconoscono fasi con differenti gradi di idratazione, corrispondenti a diverse periodicità basali pari a 14, 11 e 9 Å, dalla fase più idratata a quello meno idrata. Queste fasi sono note con i nomi mineralogici di plombièrite, tobermorite, e riversideite. Ad esse si aggiunge la clinotobermorite, dimorfo monoclino del composto a 11 Å. Lo studio della letteratura esistente e l’esame dei dati chimici finora noti, integrati con nuovi dati acquisiti nel corso del lavoro di tesi, ha consentito di avanzare l'ipotesi che la fase a 11 Å rappresenti il termine intermedio fra due end-member, caratterizzati dalla presenza o assenza di cationi Ca2+ all’interno delle cavità strutturali. Nel caso in cui questi cationi siano presenti, essi sono coordinati, oltre che dagli ossigeni del framework, anche da molecole di H2O, la cui perdita, in seguito al trattamento termico, indurrebbe la contrazione della struttura, con la comparsa di una fase a 9 Å, in modo da poter ricreare una corretta coordinazione attorno ai cationi Ca2+ (comportamento termico “normale”). Quando le cavità sono occupate solo da molecole di H2O, invece, la loro perdita non induce importanti trasformazioni strutturali e la tobermorite mantiene la sua periodicità da 11 Å (comportamento termico “anomalo”). Le definizioni di comportamento termico “anomalo” o “normale” descrivono esaurientemente i processi di trasformazione entro i 300°C; differenze importanti possono tuttavia manifestarsi nei campioni di tobermoriti “anomale” allorché si superino i 400°C, con la formazione di una fase a 10 Å (di cui sono state studiate le relazioni con l’oyelite, in passato considerata la tobermorite 10 Å naturale) o con la persistenza della periodicità basale a 11 Å. Il comportamento termico sembra essere legato in buona misura alla presenza e al tipo di cationi “zeolitici” presenti dentro le cavità strutturali; in secondo luogo, l’introduzione di Al in sostituzione di Si nelle catene silicatiche potrebbe avere influenza sullo schema di legami a idrogeno, i quali potrebbero essere responsabili delle differenze di comportamento riscontrate all’interno delle tobermoriti “anomale”. Lo studio, pertanto, ha cercato di raccogliere dati su campioni caratterizzati da differenti composizioni chimiche, in modo da delineare un quadro ragionevole all’interno del quale descrivere e comprendere il comportamento termico di questi minerali. Le tecniche impiegate comprendono la diffrattometria di raggi X, analisi chimiche EDS, spettroscopia 29Si NMR, spettroscopia micro-Raman e analisi TG-DSC. Gli studi diffrattometrici in situ ed ex situ hanno evidenziato la comparsa, durante la contrazione della tobermorite 11 Å, di una fase tipo clinotobermorite che precede la comparsa sia della fase a 10 Å (in alcuni cristalli di tobermorite “anomala”) sia di quella a 9 Å (nei campioni caratterizzati da comportamento “normale”). La configurazione delle catene silicatiche della clinotobermorite, in effetti, rende più agevole la contrazione della fase a 11 Å. Un interessante aspetto connesso ai rapporti fra tobermorite e clinotobermorite è legato anche alla presenza di campioni naturali nei quali coesistono i due dimorfi. In particolare è stato possibile dimostrare la coesistenza di queste due fasi attraverso studi con tecniche di cristallo singolo condotte su campioni provenienti da Gambellara (Vicenza). Ulteriori studi sulle relazioni fra queste due fasi potrebbero consentire di conoscere i relativi campi di stabilità, ad oggi non chiari. Infine, oltre al comportamento termico della fase a 11 Å, è stato studiato anche il processo di disidratazione della plombièrite (tobermorite 14 Å), ponendo particolare attenzione al prodotto di disidratazione ottenuto entro i 300°C. Lo studio presentato in questa tesi di dottorato si propone quindi di fornire nuovi dati sul comportamento termico e sui meccanismi di disidratazione delle fasi del gruppo della tobermorite, pur con la consapevolezza che molti degli esperimenti condotti e dei dati raccolti aprono nuove problematiche nello studio di questo interessante gruppo di inosilicati idrati di calcio.

I silicati idrati di calcio: assetto strutturale e comportamento termico

2011

Abstract

Il termine “silicati idrati di calcio” comprende una serie di fasi, naturali e sintetiche, chimicamente descrivibili nel sistema a tre componenti CaO-SiO2-H2O. In natura questi minerali si formano generalmente nelle ultime fasi dell’evoluzione di differenti ambienti geologici; compaiono in particolare in cavità e vene di rocce vulcaniche, spesso di natura basica, e in vene tardive all’interno di complessi termo-metamorfici. Da un punto di vista strutturale i silicati idrati di calcio possono essere classificati sulla base del grado di polimerizzazione dei tetraedri silicatici; particolare attenzione è stata rivolta ai silicati caratterizzati da catene di tetraedri SiO4, catene analoghe a quelle che ricorrono nella wollastonite. Le relazioni geometriche fra la periodicità delle catene silicatiche e lo spigolo dei poliedri calcio rende ragione delle particolarità mostrate dai diffrattogrammi di cristallo singolo di queste specie, diffrattogrammi che mostrano, a fianco di riflessi netti e intensi (riflessi di famiglia), riflessi deboli e diffusi (riflessi caratteristici). Utilizzando soltanto i riflessi netti e intensi è possibile definire una cella di famiglia (o sotto-cella), comune a tutti i membri di una determinata famiglia. Lo studio è stato condotto principalmente sui minerali del gruppo della tobermorite, una serie di inosilicati idrati di calcio aventi catene "wollastonitiche" singole o doppie. L’interesse per queste fasi è legato al fatto che la loro struttura viene utilizzata come "struttura modello" di quella del C-S-H, il principale agente legante dei cementi. Le tobermoriti hanno mostrato anche interessanti proprietà di scambio cationico, applicabili in vari campi, dal trattamento di acque inquinate al campo biomedico; queste interessanti applicazioni sono anche favorite dalla facilità di sintesi di questi composti, ottenibili anche come sottoprodotti di vari processi industriali. All’interno del gruppo della tobermorite si riconoscono fasi con differenti gradi di idratazione, corrispondenti a diverse periodicità basali pari a 14, 11 e 9 Å, dalla fase più idratata a quello meno idrata. Queste fasi sono note con i nomi mineralogici di plombièrite, tobermorite, e riversideite. Ad esse si aggiunge la clinotobermorite, dimorfo monoclino del composto a 11 Å. Lo studio della letteratura esistente e l’esame dei dati chimici finora noti, integrati con nuovi dati acquisiti nel corso del lavoro di tesi, ha consentito di avanzare l'ipotesi che la fase a 11 Å rappresenti il termine intermedio fra due end-member, caratterizzati dalla presenza o assenza di cationi Ca2+ all’interno delle cavità strutturali. Nel caso in cui questi cationi siano presenti, essi sono coordinati, oltre che dagli ossigeni del framework, anche da molecole di H2O, la cui perdita, in seguito al trattamento termico, indurrebbe la contrazione della struttura, con la comparsa di una fase a 9 Å, in modo da poter ricreare una corretta coordinazione attorno ai cationi Ca2+ (comportamento termico “normale”). Quando le cavità sono occupate solo da molecole di H2O, invece, la loro perdita non induce importanti trasformazioni strutturali e la tobermorite mantiene la sua periodicità da 11 Å (comportamento termico “anomalo”). Le definizioni di comportamento termico “anomalo” o “normale” descrivono esaurientemente i processi di trasformazione entro i 300°C; differenze importanti possono tuttavia manifestarsi nei campioni di tobermoriti “anomale” allorché si superino i 400°C, con la formazione di una fase a 10 Å (di cui sono state studiate le relazioni con l’oyelite, in passato considerata la tobermorite 10 Å naturale) o con la persistenza della periodicità basale a 11 Å. Il comportamento termico sembra essere legato in buona misura alla presenza e al tipo di cationi “zeolitici” presenti dentro le cavità strutturali; in secondo luogo, l’introduzione di Al in sostituzione di Si nelle catene silicatiche potrebbe avere influenza sullo schema di legami a idrogeno, i quali potrebbero essere responsabili delle differenze di comportamento riscontrate all’interno delle tobermoriti “anomale”. Lo studio, pertanto, ha cercato di raccogliere dati su campioni caratterizzati da differenti composizioni chimiche, in modo da delineare un quadro ragionevole all’interno del quale descrivere e comprendere il comportamento termico di questi minerali. Le tecniche impiegate comprendono la diffrattometria di raggi X, analisi chimiche EDS, spettroscopia 29Si NMR, spettroscopia micro-Raman e analisi TG-DSC. Gli studi diffrattometrici in situ ed ex situ hanno evidenziato la comparsa, durante la contrazione della tobermorite 11 Å, di una fase tipo clinotobermorite che precede la comparsa sia della fase a 10 Å (in alcuni cristalli di tobermorite “anomala”) sia di quella a 9 Å (nei campioni caratterizzati da comportamento “normale”). La configurazione delle catene silicatiche della clinotobermorite, in effetti, rende più agevole la contrazione della fase a 11 Å. Un interessante aspetto connesso ai rapporti fra tobermorite e clinotobermorite è legato anche alla presenza di campioni naturali nei quali coesistono i due dimorfi. In particolare è stato possibile dimostrare la coesistenza di queste due fasi attraverso studi con tecniche di cristallo singolo condotte su campioni provenienti da Gambellara (Vicenza). Ulteriori studi sulle relazioni fra queste due fasi potrebbero consentire di conoscere i relativi campi di stabilità, ad oggi non chiari. Infine, oltre al comportamento termico della fase a 11 Å, è stato studiato anche il processo di disidratazione della plombièrite (tobermorite 14 Å), ponendo particolare attenzione al prodotto di disidratazione ottenuto entro i 300°C. Lo studio presentato in questa tesi di dottorato si propone quindi di fornire nuovi dati sul comportamento termico e sui meccanismi di disidratazione delle fasi del gruppo della tobermorite, pur con la consapevolezza che molti degli esperimenti condotti e dei dati raccolti aprono nuove problematiche nello studio di questo interessante gruppo di inosilicati idrati di calcio.
10-feb-2011
Italiano
Merlino, Stefano
Bonaccorsi, Elena
Pasero, Marco
Bonazzi, Paola
Mellini, Marcello
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/149136
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-149136