La ricerca negli ultimi decenni ha riportato alla luce quello che nei secoli è sempre stato uno stretto legame fra architettura e proporzioni, fra forma e geometria: aspetto che, per certi versi, è stato trascurato o comunque non sufficientemente tenuto in considerazione quando, con l’arrivo delle nuove tecnologie costruttive nate dopo la rivoluzione industriale , si sono sviluppate nuove scienze e nuovi modelli teorici in grado di prevedere il comportamento dei nuovi materiali introdotti nel mondo delle costruzioni. La grande differenza di comportamento fra i materiali antichi e quelli moderni è stata ben illustrata già dal Milani nel suo trattato , dove la differenza di comportamento fra la specificità delle costruzioni in muratura e quella dei sistemi “elastici” viene esposta in maniera chiarissima: per i primi il problema risolutivo si basa essenzialmente sull’equilibrio mentre per i secondi si sposta nel campo della resistenza e della rigidezza dei materiali. Oggi come allora quindi lo studio di un’antica fabbrica non può esimersi, in primo luogo, dalla comprensione delle tipologie strutturali, delle proporzioni e quindi della forma, non solo per riscoprire il progetto originalmente concepito, ma altresì per correttamente identificare le successive deformazioni e i cinematismi che il tempo ha prodotto nelle strutture; aspetto, quest’ultimo, spesso trascurato soprattutto dai professionisti ma non solo. Pertanto, a differenza di edifici di nuova costruzione in cui la progettazione può essere vista come la determinazione di una struttura reale avente un comportamento il più aderente possibile con quello teorico definito dal calcolo, per edifici esistenti, la cui costruzione è legata maggiormente a proporzioni che non a calcoli di resistenza, la procedura più corretta appare quella di definire modelli che portino a risultati simili a quelli prodotti dal tempo. Il monumento diventa così, etimologicamente, documento di se stesso, rappresentando una sorta di provino in scala reale, sottoposto nel tempo ad azioni che devono essere prima di tutto identificate e poi inserite nel modello virtuale perché questo possa riprodurre al meglio il percorso dell’edificio nella storia ed arrivare, auspicabilmente, ad analoghi risultati. Ma in un tempo in cui lo sviluppo tecnologico si sta impadronendo sempre più di tutti gli aspetti anche relativi al calcolo ed alla progettazione, al rilievo ed alla restituzione, con la sempre maggiore diffusione di strumenti con tecnologia B.I.M. e modellatori tridimensionali da una parte e con lo sviluppo di laser scanner e fotogrammetria dall’altra, con la facilità con cui si ottengono interscambi di dati fra una prodotto e l’altro, occorre evitare che i troppi automatismi e le facilitazioni informatiche portino all’errore, alcune volte già riscontrato, di considerare un modello definito dal rilievo come già adatto all’essere utilizzato come base per i successivi modelli destinati al calcolo strutturale. Se questo può essere vero nello sviluppo progettuale di un nuovo edificio in cui l’interconnessione fra i vari software, a titolo di esemplificazione quelli architettonici e quelli strutturali, permette di estrapolare rapidamente le geometrie dal primo e direttamente utilizzarle nel secondo per le verifiche di norma, certamente non sembra essere una buona soluzione procedurale per un edificio di carattere storico monumentale o che abbia comunque già subito gli effetti dello scorrere del tempo. La messa in luce delle differenze tra i risultati ottenuti seguendo i due percorsi appare quindi come uno spunto di riflessione finalizzato alla messa in risalto delle possibili problematiche che alcune facilitazioni tecnologiche, se non debitamente e criticamente controllate e gestite, possono apportare allo studio di edifici esistenti in muratura, con l’auspicio che le indicazioni fornite, in questo periodo storico particolare, di rapida evoluzione tecnologica, possano evitare una diffusione di pratiche automatizzate che estromettono pericolosamente il ruolo dell’interpretazione critica (e pertanto necessariamente umana, legata alla sensibilità dell’architetto piuttosto che dell’ingegnere) dei dati forniti dalle macchine.
Dal dissesto al sesto. Relazioni tra forma, deformazione e modellazione strutturale.
2016
Abstract
La ricerca negli ultimi decenni ha riportato alla luce quello che nei secoli è sempre stato uno stretto legame fra architettura e proporzioni, fra forma e geometria: aspetto che, per certi versi, è stato trascurato o comunque non sufficientemente tenuto in considerazione quando, con l’arrivo delle nuove tecnologie costruttive nate dopo la rivoluzione industriale , si sono sviluppate nuove scienze e nuovi modelli teorici in grado di prevedere il comportamento dei nuovi materiali introdotti nel mondo delle costruzioni. La grande differenza di comportamento fra i materiali antichi e quelli moderni è stata ben illustrata già dal Milani nel suo trattato , dove la differenza di comportamento fra la specificità delle costruzioni in muratura e quella dei sistemi “elastici” viene esposta in maniera chiarissima: per i primi il problema risolutivo si basa essenzialmente sull’equilibrio mentre per i secondi si sposta nel campo della resistenza e della rigidezza dei materiali. Oggi come allora quindi lo studio di un’antica fabbrica non può esimersi, in primo luogo, dalla comprensione delle tipologie strutturali, delle proporzioni e quindi della forma, non solo per riscoprire il progetto originalmente concepito, ma altresì per correttamente identificare le successive deformazioni e i cinematismi che il tempo ha prodotto nelle strutture; aspetto, quest’ultimo, spesso trascurato soprattutto dai professionisti ma non solo. Pertanto, a differenza di edifici di nuova costruzione in cui la progettazione può essere vista come la determinazione di una struttura reale avente un comportamento il più aderente possibile con quello teorico definito dal calcolo, per edifici esistenti, la cui costruzione è legata maggiormente a proporzioni che non a calcoli di resistenza, la procedura più corretta appare quella di definire modelli che portino a risultati simili a quelli prodotti dal tempo. Il monumento diventa così, etimologicamente, documento di se stesso, rappresentando una sorta di provino in scala reale, sottoposto nel tempo ad azioni che devono essere prima di tutto identificate e poi inserite nel modello virtuale perché questo possa riprodurre al meglio il percorso dell’edificio nella storia ed arrivare, auspicabilmente, ad analoghi risultati. Ma in un tempo in cui lo sviluppo tecnologico si sta impadronendo sempre più di tutti gli aspetti anche relativi al calcolo ed alla progettazione, al rilievo ed alla restituzione, con la sempre maggiore diffusione di strumenti con tecnologia B.I.M. e modellatori tridimensionali da una parte e con lo sviluppo di laser scanner e fotogrammetria dall’altra, con la facilità con cui si ottengono interscambi di dati fra una prodotto e l’altro, occorre evitare che i troppi automatismi e le facilitazioni informatiche portino all’errore, alcune volte già riscontrato, di considerare un modello definito dal rilievo come già adatto all’essere utilizzato come base per i successivi modelli destinati al calcolo strutturale. Se questo può essere vero nello sviluppo progettuale di un nuovo edificio in cui l’interconnessione fra i vari software, a titolo di esemplificazione quelli architettonici e quelli strutturali, permette di estrapolare rapidamente le geometrie dal primo e direttamente utilizzarle nel secondo per le verifiche di norma, certamente non sembra essere una buona soluzione procedurale per un edificio di carattere storico monumentale o che abbia comunque già subito gli effetti dello scorrere del tempo. La messa in luce delle differenze tra i risultati ottenuti seguendo i due percorsi appare quindi come uno spunto di riflessione finalizzato alla messa in risalto delle possibili problematiche che alcune facilitazioni tecnologiche, se non debitamente e criticamente controllate e gestite, possono apportare allo studio di edifici esistenti in muratura, con l’auspicio che le indicazioni fornite, in questo periodo storico particolare, di rapida evoluzione tecnologica, possano evitare una diffusione di pratiche automatizzate che estromettono pericolosamente il ruolo dell’interpretazione critica (e pertanto necessariamente umana, legata alla sensibilità dell’architetto piuttosto che dell’ingegnere) dei dati forniti dalle macchine.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/149276
URN:NBN:IT:UNIPR-149276