Introduzione. I noduli tiroidei sono una patologia molto comune, ma solamente in pochi casi essi rivelano un fenotipo maligno. Insieme all’ecografia, l’agoaspirazione della lesione con ago sottile è uno dei principali strumenti utilizzati per comprendere la natura di un nodulo. Il materiale così prelevato viene osservato al microscopio per l’esame citologico, che però in circa il 22–30% dei casi non è sufficiente a raggiungere una diagnosi definitiva di benignità o malignità. In questi casi spesso il ricorso alla chirurgia per una lobectomia diagnostica rappresenta l’unica via percorribile. L’esame istologico sul nodulo rimosso potrebbe rivelare due possibili risultati: se si trattasse di una lesione benigna, l’intervento chirurgico avrebbe potuto essere evitato; se si rivelasse essere un tumore maligno, sarebbe necessario un altro intervento per rimuovere l’altro lobo, e ridurre così il rischio di recidive. Il ruolo dei test molecolari volti ad individuare mutazioni somatiche già a livello del materiale citologico è stato largamente studiato negli ultimi anni. Tuttavia, la loro utilità clinica è tuttora oggetto di dibattito. Obiettivo dello studio. Il presente è uno studio prospettico e unicentrico che si propone a) di stimare la distribuzione delle principali alterazioni molecolari riscontrate nelle lesioni tiroidee a livello delle diverse categorie diagnostiche citologiche e b) di valutare la loro utilità clinica in fase preoperatoria. Materiali e metodi. Sono stati raccolti in totale 680 campioni citologici. L’analisi molecolare per la valutazione di alterazioni sui geni BRAF, NRAS, HRAS e KRAS è stata condotta con PCR seguita da sequenziamento genomico diretto. L’analisi citologica è stata eseguita in cieco da due citopatologi in maniera indipendente. Risultati. In totale 630 campioni sono stati considerati idonei per le successive analisi. Secondo il sistema di classificazione della citologia tiroidea del gruppo SIAPEC, i noduli sono stati ripartiti nelle categorie diagnostiche come segue: 24 TIR1 (non diagnostico, 4%), 425 TIR2 (benigno, 67%), 114 TIR3 (indeterminato, 18%), 11 TIR4 (sospetto per malignità, 2%) e 56 TIR5 (maligno, 9%). Complessivamente le alterazioni molecolari di BRAF sono state riscontrate in 36 noduli (5.7%), prevalentemente appartenenti al gruppo dei TIR5; le mutazioni a carico dei geni RAS sono state trovate in un totale di 47 noduli (7.5%), ed erano presenti perlopiù nei TIR2 (5.9%) e nei TIR3 (16.7%). Nel corso dello studio, 180 noduli sono stati chirurgicamente rimossi. Di questi 180, 96 sono risultati tumori maligni (52%). Nel 54% di questi era stata riscontrata almeno una alterazione molecolare a livello citologico. In particolare, le mutazioni di BRAF sono risultate specifiche al 100% per la malignità. Inoltre, queste erano statisticamente associate a fattori di prognosi sfavorevoli del tumore. Questa associazione non è stata invece riscontrata per le mutazioni di RAS, che oltretutto erano presenti in due noduli risultati poi benigni. Nelle categorie citologiche TIR2 e TIR3, il rischio di malignità osservato (14% and 45% rispettivamente) era piuttosto elevato. In ogni caso la presenza di una mutazione di RAS sul campione citologico è risultata altamente indicativa di una neoplasia maligna ad architettura follicolare. Conclusioni. Con questo studio è stata ottenuta una stima affidabile della reale frequenza delle mutazioni a carico dei geni BRAF e RAS nei noduli tiroidei, e la loro relativa distribuzione nelle diverse categorie citologiche. Valutando i noduli con risultato istologico si è osservato che per i casi TIR4 e TIR5 la sola analisi citologica è sufficiente ad ottenere una elevata specificità. Nei noduli indeterminati, invece, un test molecolare può essere utile a definire la natura della neoplasia, anche se con una specificità non assoluta. In conclusione, questo studio dimostra che un protocollo che affianchi l’analisi molecolare a quella citologica non solo è applicabile come pratica routinaria, ma dovrebbe essere considerato attentamente in particolare per i noduli indeterminati.
The role of molecular markers in the management of thyroid nodules
2017
Abstract
Introduzione. I noduli tiroidei sono una patologia molto comune, ma solamente in pochi casi essi rivelano un fenotipo maligno. Insieme all’ecografia, l’agoaspirazione della lesione con ago sottile è uno dei principali strumenti utilizzati per comprendere la natura di un nodulo. Il materiale così prelevato viene osservato al microscopio per l’esame citologico, che però in circa il 22–30% dei casi non è sufficiente a raggiungere una diagnosi definitiva di benignità o malignità. In questi casi spesso il ricorso alla chirurgia per una lobectomia diagnostica rappresenta l’unica via percorribile. L’esame istologico sul nodulo rimosso potrebbe rivelare due possibili risultati: se si trattasse di una lesione benigna, l’intervento chirurgico avrebbe potuto essere evitato; se si rivelasse essere un tumore maligno, sarebbe necessario un altro intervento per rimuovere l’altro lobo, e ridurre così il rischio di recidive. Il ruolo dei test molecolari volti ad individuare mutazioni somatiche già a livello del materiale citologico è stato largamente studiato negli ultimi anni. Tuttavia, la loro utilità clinica è tuttora oggetto di dibattito. Obiettivo dello studio. Il presente è uno studio prospettico e unicentrico che si propone a) di stimare la distribuzione delle principali alterazioni molecolari riscontrate nelle lesioni tiroidee a livello delle diverse categorie diagnostiche citologiche e b) di valutare la loro utilità clinica in fase preoperatoria. Materiali e metodi. Sono stati raccolti in totale 680 campioni citologici. L’analisi molecolare per la valutazione di alterazioni sui geni BRAF, NRAS, HRAS e KRAS è stata condotta con PCR seguita da sequenziamento genomico diretto. L’analisi citologica è stata eseguita in cieco da due citopatologi in maniera indipendente. Risultati. In totale 630 campioni sono stati considerati idonei per le successive analisi. Secondo il sistema di classificazione della citologia tiroidea del gruppo SIAPEC, i noduli sono stati ripartiti nelle categorie diagnostiche come segue: 24 TIR1 (non diagnostico, 4%), 425 TIR2 (benigno, 67%), 114 TIR3 (indeterminato, 18%), 11 TIR4 (sospetto per malignità, 2%) e 56 TIR5 (maligno, 9%). Complessivamente le alterazioni molecolari di BRAF sono state riscontrate in 36 noduli (5.7%), prevalentemente appartenenti al gruppo dei TIR5; le mutazioni a carico dei geni RAS sono state trovate in un totale di 47 noduli (7.5%), ed erano presenti perlopiù nei TIR2 (5.9%) e nei TIR3 (16.7%). Nel corso dello studio, 180 noduli sono stati chirurgicamente rimossi. Di questi 180, 96 sono risultati tumori maligni (52%). Nel 54% di questi era stata riscontrata almeno una alterazione molecolare a livello citologico. In particolare, le mutazioni di BRAF sono risultate specifiche al 100% per la malignità. Inoltre, queste erano statisticamente associate a fattori di prognosi sfavorevoli del tumore. Questa associazione non è stata invece riscontrata per le mutazioni di RAS, che oltretutto erano presenti in due noduli risultati poi benigni. Nelle categorie citologiche TIR2 e TIR3, il rischio di malignità osservato (14% and 45% rispettivamente) era piuttosto elevato. In ogni caso la presenza di una mutazione di RAS sul campione citologico è risultata altamente indicativa di una neoplasia maligna ad architettura follicolare. Conclusioni. Con questo studio è stata ottenuta una stima affidabile della reale frequenza delle mutazioni a carico dei geni BRAF e RAS nei noduli tiroidei, e la loro relativa distribuzione nelle diverse categorie citologiche. Valutando i noduli con risultato istologico si è osservato che per i casi TIR4 e TIR5 la sola analisi citologica è sufficiente ad ottenere una elevata specificità. Nei noduli indeterminati, invece, un test molecolare può essere utile a definire la natura della neoplasia, anche se con una specificità non assoluta. In conclusione, questo studio dimostra che un protocollo che affianchi l’analisi molecolare a quella citologica non solo è applicabile come pratica routinaria, ma dovrebbe essere considerato attentamente in particolare per i noduli indeterminati.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/150565
URN:NBN:IT:UNIPI-150565