La scelta di trattare un autore della statura di Henry James e di affrontare un fenomeno letterario tra i più documentati nella storia della critica, il fantastico, pone l’ovvia difficoltà ad inserirsi nel panorama critico con contributi originali e significativi. E’ necessario, in via previa, chiarire i referenti dei termini che compongono il titolo ed esplicitare i rapporti reciproci che tali termini intrattengono sul piano teorico. La categoria a cui appartengono i testi di riferimento del presente lavoro, ghostly tales, attiva paradigmaticamente la dimensione fantastica senza che peraltro sussista un rapporto di doppia implicazione tra esse. La presenza dei fantasmi non è infatti un elemento tematico né necessario né sufficiente al genere fantastico: esistono molti racconti di fantasmi non fantastici e molti altri testi fantastici che non registrano presenze fantasmagoriche. The Turn of the Screw, The Jolly Corner e The friends of the Friends sono stati selezionati in virtù della loro classificazione fantastica, la quale si basa su caratteristiche enunciazionali relative al modo di raccontare, piuttosto che su elementi contenutistici o situazionali. Mentre il campo di studio è costituito quindi dai tre racconti fantastici di James, tratti dalla raccolta delle storie di fantasmi, oggetto d’analisi sono le strategie testuali della suspense. Ogni lettore, intuitivamente, associa questo termine allo stato di incertezza, fiato sospeso, ansia, smarrimento. Tuttavia meno ovvio è individuare i meccanismi che innescano questo particolare tipo di reazione. Nella panoramica della suspense di Chatman, la strategia di distribuzione delle informazioni occupa una posizione centrale esclusiva ed è presentata come l’unica responsabile degli effetti sulla ricezione. Il presente lavoro si propone di considerare la suspense in un’accezione traslata (e più ampia se vogliamo) rispetto al significato comune attribuito al termine, istituendo un rapporto di filiazione dal fantastico e associandola a quel particolare tipo di reazione del soggetto di fronte agli eventi fantastici. Il collegamento suspense-fantastico ha origine e giustificazione nelle teorie di Todorov; nella sua Introduction egli ha infatti parlato di “sospensione”, “incertezza”, in riferimento allo stato in cui il lettore deve riversare di fronte all’inesplicabilità degli eventi presentati. La distribuzione delle informazioni è dunque una strategia importantissima nell’ottenimento di tale effetto; essa tuttavia non consiste semplicemente nella dislocazione di satelliti anticipatori nel testo, ma presenta articolazioni complesse e diverse che investono tutti i livelli di analisi testuale. L’irreperibilità di una spiegazione agli eventi che genera angoscia e smarrimento non è soltanto funzione di una abile distribuzione delle informazioni, ma anche della presenza di paradossi informativi non contestabili e tuttavia non accettabili; a questo proposito, nel capitolo della retorica, si osserverà come la figura dell’ossimoro giochi un ruolo centrale ai fini del raggiungimento dell’effetto. Sulla base di queste premesse, in corso d’opera effetto fantastico e suspense saranno quindi utilizzati come sinonimi. Il fantastico è un fenomeno complesso; sebbene sia compattabile entro un arco temporale piuttosto limitato e abbia prodotto un corpus di testi per così dire “maneggevole”, la bibliografia sull’argomento è imponente. I primi contributi sono offerti dagli stessi autori di novelle fantastiche, i quali, consapevoli di avere a che fare con un genere innovativo, peculiare e potenzialmente sovversivo, si interrogano sulle opere di questo tipo e forniscono le prime definizioni del fantastico; da tale pratica deriva l’etichetta di “autocosciente” attribuita al genere. Nel secolo successivo l’interesse per il filone ormai esaurito non si arresta. A posteriori si cerca di spiegare il fenomeno, si intraprendono nuove definizioni, classificazioni, interpretazioni. Fino ad epoca recentissima i meccanismi di funzionamento dei testi fantastici, a chi si avventurava nel tentativo di “togliere il velo” alla macchina compositiva fantastica, sono apparsi sfuggenti. All’unanime constatazione che queste opere erano sui generis corrispondeva l’incapacità di individuare il motore primo del loro funzionamento. Un punto fermo nell’acceso dibattito è stato posto dal gruppo di studiosi di Pisa, composto da Ceserani, Lugnani, Benedetti, Scarano e Goggi. Nel loro volume La narrazione fantastica essi approdano ad una definizione e all’individuazione dei principali meccanismi compositivi costitutivi del genere. Il volume si presenta sistematico ed esaustivo, operativamente funzionante, tanto da rendere difficile pensare alla possibilità di un ribaltamento delle conclusioni a cui Ceserani et al. sono pervenuti. E’ dunque inutile oggi parlare del fantastico ottocentesco poiché tutto è già stato detto? Io credo che, al contrario, adesso che si hanno a disposizione strumenti idonei per affrontare questi testi sia interessante adoperarli per verificane il funzionamento e osservare i risultati. La linea teorica che passando da Caillois, Todorov e altri fino ad arrivare al volume a cura di Ceserani ha avuto il grande merito di individuare nel particolare tipo di enunciazione il cuore pulsante del fantastico; tutto parte dal discorso, dall’atto di enunciazione e in seno ad esso si sviluppa. All’interno di queste coordinate è ancora possibile individuare altre strategie finora non messe in evidenza che contribuiscono all’effetto fantastico, sempre a partire dalla loro rilevanza testuale, poiché nulla si può dire dei meccanismi generativi che non abbia tracce osservabili e misurabili entro i confini del testo. Il presente lavoro, quindi, avvalendosi dei preziosi strumenti messi a disposizione dai critici di cui sopra, si propone come una verifica sul campo del loro funzionamento operativo su di un corpus ristretto ma significativo di racconti jamesiani, percorrendo tutti i livelli di analisi testuale: sintattico, enunciazionale, semantico, grammaticale, retorico, con uno sguardo anche alla punteggiatura. Oltre alla verifica delle strategie messe in luce dalle teorie più recenti, sono proposti ampliamenti e spunti di riflessione nuovi, convalidati e corredati da numerosi esempi tratti dai racconti di riferimento, ma potenzialmente estendibili a e verificabili su altri testi appartenenti al genere. Nel percorso delineato nel presente lavoro, la scrittura è stata tendenzialmente (e necessariamente) considerata variabile indipendente della funzione lettura. Assumendo la prospettiva della composizione del testo, tuttavia, si rischia di dare talvolta l’impressione di trovarsi di fronte ad un autore demiurgo che mette in atto un insieme di strategie vincenti a priori, dall’esito certo. In realtà l’effetto di suspense è tutt’altro che predeterminato: a più riprese è stato sottolineato il ruolo attivo del lettore il quale, nelle opere fantastiche più che in scritti di altri generi letterari, è chiamato in causa nel processo di completamento di senso e coinvolto in un rapporto complesso con il narratore all’interno dell’equilibrio delicato del patto di lettura, il quale è messo in discussione ad ogni momento, rinegoziato, esplicitato in un contesto autocosciente che mette a nudo e palesa i meccanismi della scrittura e della ricezione. Le strategie della suspense si configurano, quindi, come strumenti adoperati da colui che scrive per creare dei blanks per il lettore. Vuoti di senso, di informazione e di interpretazione che scaturiscono da meccanismi logici inceppati, dal fallimento delle griglie interpretative del reale. La sospensione del lettore, il senso di angoscia profonda e di smarrimento è la reazione alla domanda implicita che l’autore gli pone: cosa succederebbe se le leggi che stanno alla base e reggono il mondo conosciuto venissero invalidate e si dimostrassero fallaci? Ci rifugiamo all’interno di un cono di luce, fieri e sicuri, presuntuosi di possedere la “verità”. Il fantastico, par contre, è in ultima istanza un invito all’umiltà intellettuale; parodizzando ogni genere letterario che chiama in causa, relativizza l’epistemologia e nega la possibilità di un universo unilogico e unicentrico. L’esperienza conoscitiva non è più un percorso unidirezionale, ma piuttosto un salto nel baratro, privo di garanzie e dall’esito incerto. Ovviamente è tutto un gioco; lo afferma anche Henry James nella prefazione alla “New York Edition” del suo Turn of the Screw, definendo il proprio scritto un giochetto, una amusette per “acchiappare” i lettori più acuti. Più di un secolo di critica letteraria impegnata in approcci esegetici al testo di James ha dimostrato che la questione è in realtà molto più complessa. La domanda iniziale “i fantasmi ci sono oppure no?” ha dato il via ad una danza di interpretazioni a cerchi concentrici che, allargandosi progressivamente, ha investito la sfera psicanalitica, esistenziale, femminista, postcoloniale, allegorica, simbolica, marxista e postmoderna, per poi implodere, in una sorta di big crunch, e ritornare alle origini, ovvero al testo e alla dimensione dell’enunciazione. Ciascuna risposta si impone come categorica e definitiva, ma l’egemonia di questa o quella chiave di lettura dura l’intervallo di tempo che la separa dalla successiva pubblicazione sull’argomento, la quale sconfessa i predecessori, adduce prove opposte ma egualmente valide, sostiene tesi incompatibili con le precedenti ma parimenti legittimate da un testo estremamente ambiguo, che permette letture plurime e pluridirezionali proprio in virtù di quegli “spazi bianchi” di cui parlerà Eco, che provocano smarrimento e attrazione ambigua. Seguendo una rotta che si è negli anni sempre più allontanata dal punto di partenza (che è il testo stesso) si approda in tempi recenti, dicevamo, al porto dal quale il lungo viaggio delle interpretazioni aveva preso avvio. The Turn of the Screw e la storia della sua critica è l’emblema della natura dell’uomo, che non può arrendersi all’inesplicabile e all’afasia e che quindi rifiuta di deporre le armi di fronte all’indicibile: la giostra delle letture continua. La sfida all’interpretazione lanciata dagli autori dei testi fantastici fa leva sul “narcisismo” della ricezione, per cui il continuo avvicendarsi delle interpretazioni ci dice molto di più su chi le ha prodotte di quanto esse illuminino i testi ai quali fanno riferimento. E’ questa la ricchezza del testo di James e di tutti gli altri appartenenti al corpus fantastico: l’inesauribile vitalità derivata dalla dimensione della “sospensione”, che è spazio vuoto che sconvolge ma al tempo stesso seduce e invita ad essere colmato. E’ un invito alla “riflessione” in un gioco di specchi che riflettono chi intraprende la lettura. Si ritorna al testo, abbiamo detto. Dopo molte peregrinazioni è stato individuato nell’enunciazione il primo motore del meccanismo fantastico: l’oggetto della narrazione è secondario alle modalità dell’atto narrativo, per cui il coinvolgimento (o meglio lo sconvolgimento) emotivo ed intellettuale della persona incaricata di verbalizzare i fatti condiziona la ricezione. E’ la possibilità stessa di narrare che viene problematizzata, mettendo in scena una resistenza alla verbalizzazione che tematizza l’indicibile. Quel souffle fantastique, assimilabile al principio di esitazione todoroviano, scaturisce dalla dimensione incerta caratterizzata dall’”assenza” in senso lato (assenza di informazioni, di prospettive plurime, di coordinate spazio-temporali, di tessuto connettivo logico, di parole). La suspense non è soltanto l’impazienza e l’insofferenza derivante dal non sapere i fatti o le modalità di dipanamento di certe situazioni, ma è l’angoscia profonda per l’irreperibilità di una spiegazione a fronte di una vasta gamma di alternative incompatibili e tuttavia compresenti che invalidano i sistemi sintagmatici alla base del reale. Poiché il cuore del fantastico dimora nell’enunciazione, le strategie, messe in atto al fine di produrre un’impasse conoscitiva, investono ogni aspetto del dire: la grammatica, la sintassi, gli attanti narrativi, l’impianto retorico, la scelta delle parole, il ritmo. Analizzare puntualmente questi fattori, “vivisezionando” il testo e scindendolo in unità fondamentali, non significa tuttavia catturare l’essenza e distillare il segreto del fantastico. Il metodo induttivo proposto si discosta significativamente dal metodo scientifico che emula per la non ripetibilità dei risultati ottenuti. Un esperimento di laboratorio che volesse, a partire dagli ingredienti individuati, “costruire” artificialmente un racconto fantastico vedrebbe inesorabile il suo misero fallimento; come un tentativo prometeico moderno à la Frankenstein che aspirasse alla genesi a partire da pezzi umani inerti. Il “soffio di vita” è inafferrabile e irriproducibile e risiede nelle dinamiche dell’insieme, nella creatività dell’artista, nell’imprevedibilità degli orientamenti della ricezione. Il fantastico rimane un’alchimia insondabile e instabile, che permette ad ogni nuovo lettore, in ogni tempo, in ogni luogo, di affacciarsi al testo in modo naïf e godere del (o subire il) fascino ambiguo della lettura, infondendo il proprio soffio vitale fatto di esperienza e immaginazione. Senza la ricezione un testo non esiste. La forma di vita del racconto è l’incontro di tante soggettività: l’autore, l’io narrante, i personaggi riflettori e non ultimo il lettore, il quale agisce sul testo tramite l’attività di lettura, apportando il proprio paradigma culturale, emotivo, cognitivo, e completando l’esperienza suggerita e tracciata dalla scrittura. “Il testo postula la cooperazione del lettore come propria condizione di attualizzazione. Possiamo dire meglio che un testo è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo: generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui - come d'altra parte in ogni strategia”. Il lettore, soggetto attivo dell’interpretazione, è quindi parte del quadro generativo del testo stesso. La costruzione del testo e l’insieme delle strategie messe in atto devono tener conto delle proiezioni del lettore modello che ci si prefigge di raggiungere al fine di ottenere l’effetto voluto. I testi fantastici esigono un pubblico ristretto, acuto, accorto, colto, riflessivo. Lo esplicita James nella prefazione alla “New York Edition” di The Turn of the Screw; lo suggerisce di nuovo James nella cornice dello stesso racconto con un’allusione metanarrativa alla ricezione del testo; si evince dalla quantità, nei racconti fantastici, di riferimenti intertestuali con frequenti e sottili risvolti parodici. Individuare alcune delle strategie messe in atto nei testi fantastici è un utile esercizio del lettore attento per condurre una lettura consapevole e coscientemente attiva, senza peraltro squarciare del tutto il velo magico che avvolge questo tipo di narrazione. Il giocattolo del fantastico, quindi, è ancora intatto ed è possibile per ogni lettore, di oggi e di domani, poterci ancora giocare e stupirsi, e perpetuare il tentativo prometeico di dare voce all’indicibile.
Le strategie testuali della suspense nelle ghost stories di Henry James
2011
Abstract
La scelta di trattare un autore della statura di Henry James e di affrontare un fenomeno letterario tra i più documentati nella storia della critica, il fantastico, pone l’ovvia difficoltà ad inserirsi nel panorama critico con contributi originali e significativi. E’ necessario, in via previa, chiarire i referenti dei termini che compongono il titolo ed esplicitare i rapporti reciproci che tali termini intrattengono sul piano teorico. La categoria a cui appartengono i testi di riferimento del presente lavoro, ghostly tales, attiva paradigmaticamente la dimensione fantastica senza che peraltro sussista un rapporto di doppia implicazione tra esse. La presenza dei fantasmi non è infatti un elemento tematico né necessario né sufficiente al genere fantastico: esistono molti racconti di fantasmi non fantastici e molti altri testi fantastici che non registrano presenze fantasmagoriche. The Turn of the Screw, The Jolly Corner e The friends of the Friends sono stati selezionati in virtù della loro classificazione fantastica, la quale si basa su caratteristiche enunciazionali relative al modo di raccontare, piuttosto che su elementi contenutistici o situazionali. Mentre il campo di studio è costituito quindi dai tre racconti fantastici di James, tratti dalla raccolta delle storie di fantasmi, oggetto d’analisi sono le strategie testuali della suspense. Ogni lettore, intuitivamente, associa questo termine allo stato di incertezza, fiato sospeso, ansia, smarrimento. Tuttavia meno ovvio è individuare i meccanismi che innescano questo particolare tipo di reazione. Nella panoramica della suspense di Chatman, la strategia di distribuzione delle informazioni occupa una posizione centrale esclusiva ed è presentata come l’unica responsabile degli effetti sulla ricezione. Il presente lavoro si propone di considerare la suspense in un’accezione traslata (e più ampia se vogliamo) rispetto al significato comune attribuito al termine, istituendo un rapporto di filiazione dal fantastico e associandola a quel particolare tipo di reazione del soggetto di fronte agli eventi fantastici. Il collegamento suspense-fantastico ha origine e giustificazione nelle teorie di Todorov; nella sua Introduction egli ha infatti parlato di “sospensione”, “incertezza”, in riferimento allo stato in cui il lettore deve riversare di fronte all’inesplicabilità degli eventi presentati. La distribuzione delle informazioni è dunque una strategia importantissima nell’ottenimento di tale effetto; essa tuttavia non consiste semplicemente nella dislocazione di satelliti anticipatori nel testo, ma presenta articolazioni complesse e diverse che investono tutti i livelli di analisi testuale. L’irreperibilità di una spiegazione agli eventi che genera angoscia e smarrimento non è soltanto funzione di una abile distribuzione delle informazioni, ma anche della presenza di paradossi informativi non contestabili e tuttavia non accettabili; a questo proposito, nel capitolo della retorica, si osserverà come la figura dell’ossimoro giochi un ruolo centrale ai fini del raggiungimento dell’effetto. Sulla base di queste premesse, in corso d’opera effetto fantastico e suspense saranno quindi utilizzati come sinonimi. Il fantastico è un fenomeno complesso; sebbene sia compattabile entro un arco temporale piuttosto limitato e abbia prodotto un corpus di testi per così dire “maneggevole”, la bibliografia sull’argomento è imponente. I primi contributi sono offerti dagli stessi autori di novelle fantastiche, i quali, consapevoli di avere a che fare con un genere innovativo, peculiare e potenzialmente sovversivo, si interrogano sulle opere di questo tipo e forniscono le prime definizioni del fantastico; da tale pratica deriva l’etichetta di “autocosciente” attribuita al genere. Nel secolo successivo l’interesse per il filone ormai esaurito non si arresta. A posteriori si cerca di spiegare il fenomeno, si intraprendono nuove definizioni, classificazioni, interpretazioni. Fino ad epoca recentissima i meccanismi di funzionamento dei testi fantastici, a chi si avventurava nel tentativo di “togliere il velo” alla macchina compositiva fantastica, sono apparsi sfuggenti. All’unanime constatazione che queste opere erano sui generis corrispondeva l’incapacità di individuare il motore primo del loro funzionamento. Un punto fermo nell’acceso dibattito è stato posto dal gruppo di studiosi di Pisa, composto da Ceserani, Lugnani, Benedetti, Scarano e Goggi. Nel loro volume La narrazione fantastica essi approdano ad una definizione e all’individuazione dei principali meccanismi compositivi costitutivi del genere. Il volume si presenta sistematico ed esaustivo, operativamente funzionante, tanto da rendere difficile pensare alla possibilità di un ribaltamento delle conclusioni a cui Ceserani et al. sono pervenuti. E’ dunque inutile oggi parlare del fantastico ottocentesco poiché tutto è già stato detto? Io credo che, al contrario, adesso che si hanno a disposizione strumenti idonei per affrontare questi testi sia interessante adoperarli per verificane il funzionamento e osservare i risultati. La linea teorica che passando da Caillois, Todorov e altri fino ad arrivare al volume a cura di Ceserani ha avuto il grande merito di individuare nel particolare tipo di enunciazione il cuore pulsante del fantastico; tutto parte dal discorso, dall’atto di enunciazione e in seno ad esso si sviluppa. All’interno di queste coordinate è ancora possibile individuare altre strategie finora non messe in evidenza che contribuiscono all’effetto fantastico, sempre a partire dalla loro rilevanza testuale, poiché nulla si può dire dei meccanismi generativi che non abbia tracce osservabili e misurabili entro i confini del testo. Il presente lavoro, quindi, avvalendosi dei preziosi strumenti messi a disposizione dai critici di cui sopra, si propone come una verifica sul campo del loro funzionamento operativo su di un corpus ristretto ma significativo di racconti jamesiani, percorrendo tutti i livelli di analisi testuale: sintattico, enunciazionale, semantico, grammaticale, retorico, con uno sguardo anche alla punteggiatura. Oltre alla verifica delle strategie messe in luce dalle teorie più recenti, sono proposti ampliamenti e spunti di riflessione nuovi, convalidati e corredati da numerosi esempi tratti dai racconti di riferimento, ma potenzialmente estendibili a e verificabili su altri testi appartenenti al genere. Nel percorso delineato nel presente lavoro, la scrittura è stata tendenzialmente (e necessariamente) considerata variabile indipendente della funzione lettura. Assumendo la prospettiva della composizione del testo, tuttavia, si rischia di dare talvolta l’impressione di trovarsi di fronte ad un autore demiurgo che mette in atto un insieme di strategie vincenti a priori, dall’esito certo. In realtà l’effetto di suspense è tutt’altro che predeterminato: a più riprese è stato sottolineato il ruolo attivo del lettore il quale, nelle opere fantastiche più che in scritti di altri generi letterari, è chiamato in causa nel processo di completamento di senso e coinvolto in un rapporto complesso con il narratore all’interno dell’equilibrio delicato del patto di lettura, il quale è messo in discussione ad ogni momento, rinegoziato, esplicitato in un contesto autocosciente che mette a nudo e palesa i meccanismi della scrittura e della ricezione. Le strategie della suspense si configurano, quindi, come strumenti adoperati da colui che scrive per creare dei blanks per il lettore. Vuoti di senso, di informazione e di interpretazione che scaturiscono da meccanismi logici inceppati, dal fallimento delle griglie interpretative del reale. La sospensione del lettore, il senso di angoscia profonda e di smarrimento è la reazione alla domanda implicita che l’autore gli pone: cosa succederebbe se le leggi che stanno alla base e reggono il mondo conosciuto venissero invalidate e si dimostrassero fallaci? Ci rifugiamo all’interno di un cono di luce, fieri e sicuri, presuntuosi di possedere la “verità”. Il fantastico, par contre, è in ultima istanza un invito all’umiltà intellettuale; parodizzando ogni genere letterario che chiama in causa, relativizza l’epistemologia e nega la possibilità di un universo unilogico e unicentrico. L’esperienza conoscitiva non è più un percorso unidirezionale, ma piuttosto un salto nel baratro, privo di garanzie e dall’esito incerto. Ovviamente è tutto un gioco; lo afferma anche Henry James nella prefazione alla “New York Edition” del suo Turn of the Screw, definendo il proprio scritto un giochetto, una amusette per “acchiappare” i lettori più acuti. Più di un secolo di critica letteraria impegnata in approcci esegetici al testo di James ha dimostrato che la questione è in realtà molto più complessa. La domanda iniziale “i fantasmi ci sono oppure no?” ha dato il via ad una danza di interpretazioni a cerchi concentrici che, allargandosi progressivamente, ha investito la sfera psicanalitica, esistenziale, femminista, postcoloniale, allegorica, simbolica, marxista e postmoderna, per poi implodere, in una sorta di big crunch, e ritornare alle origini, ovvero al testo e alla dimensione dell’enunciazione. Ciascuna risposta si impone come categorica e definitiva, ma l’egemonia di questa o quella chiave di lettura dura l’intervallo di tempo che la separa dalla successiva pubblicazione sull’argomento, la quale sconfessa i predecessori, adduce prove opposte ma egualmente valide, sostiene tesi incompatibili con le precedenti ma parimenti legittimate da un testo estremamente ambiguo, che permette letture plurime e pluridirezionali proprio in virtù di quegli “spazi bianchi” di cui parlerà Eco, che provocano smarrimento e attrazione ambigua. Seguendo una rotta che si è negli anni sempre più allontanata dal punto di partenza (che è il testo stesso) si approda in tempi recenti, dicevamo, al porto dal quale il lungo viaggio delle interpretazioni aveva preso avvio. The Turn of the Screw e la storia della sua critica è l’emblema della natura dell’uomo, che non può arrendersi all’inesplicabile e all’afasia e che quindi rifiuta di deporre le armi di fronte all’indicibile: la giostra delle letture continua. La sfida all’interpretazione lanciata dagli autori dei testi fantastici fa leva sul “narcisismo” della ricezione, per cui il continuo avvicendarsi delle interpretazioni ci dice molto di più su chi le ha prodotte di quanto esse illuminino i testi ai quali fanno riferimento. E’ questa la ricchezza del testo di James e di tutti gli altri appartenenti al corpus fantastico: l’inesauribile vitalità derivata dalla dimensione della “sospensione”, che è spazio vuoto che sconvolge ma al tempo stesso seduce e invita ad essere colmato. E’ un invito alla “riflessione” in un gioco di specchi che riflettono chi intraprende la lettura. Si ritorna al testo, abbiamo detto. Dopo molte peregrinazioni è stato individuato nell’enunciazione il primo motore del meccanismo fantastico: l’oggetto della narrazione è secondario alle modalità dell’atto narrativo, per cui il coinvolgimento (o meglio lo sconvolgimento) emotivo ed intellettuale della persona incaricata di verbalizzare i fatti condiziona la ricezione. E’ la possibilità stessa di narrare che viene problematizzata, mettendo in scena una resistenza alla verbalizzazione che tematizza l’indicibile. Quel souffle fantastique, assimilabile al principio di esitazione todoroviano, scaturisce dalla dimensione incerta caratterizzata dall’”assenza” in senso lato (assenza di informazioni, di prospettive plurime, di coordinate spazio-temporali, di tessuto connettivo logico, di parole). La suspense non è soltanto l’impazienza e l’insofferenza derivante dal non sapere i fatti o le modalità di dipanamento di certe situazioni, ma è l’angoscia profonda per l’irreperibilità di una spiegazione a fronte di una vasta gamma di alternative incompatibili e tuttavia compresenti che invalidano i sistemi sintagmatici alla base del reale. Poiché il cuore del fantastico dimora nell’enunciazione, le strategie, messe in atto al fine di produrre un’impasse conoscitiva, investono ogni aspetto del dire: la grammatica, la sintassi, gli attanti narrativi, l’impianto retorico, la scelta delle parole, il ritmo. Analizzare puntualmente questi fattori, “vivisezionando” il testo e scindendolo in unità fondamentali, non significa tuttavia catturare l’essenza e distillare il segreto del fantastico. Il metodo induttivo proposto si discosta significativamente dal metodo scientifico che emula per la non ripetibilità dei risultati ottenuti. Un esperimento di laboratorio che volesse, a partire dagli ingredienti individuati, “costruire” artificialmente un racconto fantastico vedrebbe inesorabile il suo misero fallimento; come un tentativo prometeico moderno à la Frankenstein che aspirasse alla genesi a partire da pezzi umani inerti. Il “soffio di vita” è inafferrabile e irriproducibile e risiede nelle dinamiche dell’insieme, nella creatività dell’artista, nell’imprevedibilità degli orientamenti della ricezione. Il fantastico rimane un’alchimia insondabile e instabile, che permette ad ogni nuovo lettore, in ogni tempo, in ogni luogo, di affacciarsi al testo in modo naïf e godere del (o subire il) fascino ambiguo della lettura, infondendo il proprio soffio vitale fatto di esperienza e immaginazione. Senza la ricezione un testo non esiste. La forma di vita del racconto è l’incontro di tante soggettività: l’autore, l’io narrante, i personaggi riflettori e non ultimo il lettore, il quale agisce sul testo tramite l’attività di lettura, apportando il proprio paradigma culturale, emotivo, cognitivo, e completando l’esperienza suggerita e tracciata dalla scrittura. “Il testo postula la cooperazione del lettore come propria condizione di attualizzazione. Possiamo dire meglio che un testo è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo: generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui - come d'altra parte in ogni strategia”. Il lettore, soggetto attivo dell’interpretazione, è quindi parte del quadro generativo del testo stesso. La costruzione del testo e l’insieme delle strategie messe in atto devono tener conto delle proiezioni del lettore modello che ci si prefigge di raggiungere al fine di ottenere l’effetto voluto. I testi fantastici esigono un pubblico ristretto, acuto, accorto, colto, riflessivo. Lo esplicita James nella prefazione alla “New York Edition” di The Turn of the Screw; lo suggerisce di nuovo James nella cornice dello stesso racconto con un’allusione metanarrativa alla ricezione del testo; si evince dalla quantità, nei racconti fantastici, di riferimenti intertestuali con frequenti e sottili risvolti parodici. Individuare alcune delle strategie messe in atto nei testi fantastici è un utile esercizio del lettore attento per condurre una lettura consapevole e coscientemente attiva, senza peraltro squarciare del tutto il velo magico che avvolge questo tipo di narrazione. Il giocattolo del fantastico, quindi, è ancora intatto ed è possibile per ogni lettore, di oggi e di domani, poterci ancora giocare e stupirsi, e perpetuare il tentativo prometeico di dare voce all’indicibile.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/150592
URN:NBN:IT:UNIPI-150592