L’interesse per l’argomento delle società partecipate da enti locali - che sono numerosissime e spaziano quanto a settori di intervento e tipologia di partecipazione, tanto da aver fatto parlare certa dottrina di nuovo capitalismo (o neosocialismo) municipale -, non si è mai sopito, ed è stato oggetto di innumerevoli trattazioni dottrinarie. Il panorama che si offre oggi all’interprete, però, si arricchisce di - almeno - due elementi nuovi: da un lato la disponibilità di dati empirici recenti offerta da analisi censuarie delle società di capitali partecipate, direttamente ed indirettamente, dagli enti territoriali, che ha anche messo in luce l’uso abnorme, per non dire l’abuso, che si è fatto di tali società. Dall’altro lato si collocano tre recenti interventi legislativi, l’uno contenuto nel Decreto Bersani (art. 13 del D.L. 233/2006, convertito con modificazioni nella legge 248/2006), il secondo introdotto con la legge finanziaria per il 2008 (art. 3, commi da 27 a 32 della legge 244/2007), e l’ultimo adottato con la riforma dei servizi pubblici locali, ad opera dei commi 2 e 3 dell’art. 23 bis della legge 133/2008 (c.d. “manovra d’estate 2008”), che dettano tutti regole assai restrittive per le società partecipate, sino a spingersi sino alla compressione dell’an delle partecipazioni. Sulla base di tali spunti recenti la presente tesi si propone di svolgere un’analisi del ricorso (in quanto tale) alle partecipazioni in società di capitali da parte degli enti locali, interessato nel tempo da ripetuti e talvolta contraddittori condizionamenti esterni (rispetto all’ente locale), sia nazionali che comunitari. L’approccio di indagine prescelto è stato quello di approfondire, anche in chiave diacronica, l’impianto giuridico su cui si fonda tale ricorso, da considerare come fenomeno unitario, onde ripercorrerne ragioni pratiche e fondamento giuridico, per trarne uno o più possibili fili conduttori utili a valutare, da ultimo, se i recenti interventi restrittivi del legislatore siano compatibili con il mutato quadro costituzionale e con l’autonomia, pubblica e privata, oggi riconosciuta agli enti locali. La suddetta impostazione ha comportato che la questione sia stata trattata indipendentemente dal tipo di società partecipata (spa o srl, società di servizi pubblici, di servizi strumentali o altro), e dalle caratteristiche della partecipazione societaria (totalitaria, di maggioranza, di minoranza), prescindendo, ove possibile, dalle diverse forme e modalità in cui essa può atteggiarsi, che sono state analizzate nei limiti in cui ciò sia stato utile all’oggetto principale dello studio.
Il ricorso degli enti locali alle partecipazioni in società di capitali tra autonomia e condizionamenti pubblici eteronomi
2009
Abstract
L’interesse per l’argomento delle società partecipate da enti locali - che sono numerosissime e spaziano quanto a settori di intervento e tipologia di partecipazione, tanto da aver fatto parlare certa dottrina di nuovo capitalismo (o neosocialismo) municipale -, non si è mai sopito, ed è stato oggetto di innumerevoli trattazioni dottrinarie. Il panorama che si offre oggi all’interprete, però, si arricchisce di - almeno - due elementi nuovi: da un lato la disponibilità di dati empirici recenti offerta da analisi censuarie delle società di capitali partecipate, direttamente ed indirettamente, dagli enti territoriali, che ha anche messo in luce l’uso abnorme, per non dire l’abuso, che si è fatto di tali società. Dall’altro lato si collocano tre recenti interventi legislativi, l’uno contenuto nel Decreto Bersani (art. 13 del D.L. 233/2006, convertito con modificazioni nella legge 248/2006), il secondo introdotto con la legge finanziaria per il 2008 (art. 3, commi da 27 a 32 della legge 244/2007), e l’ultimo adottato con la riforma dei servizi pubblici locali, ad opera dei commi 2 e 3 dell’art. 23 bis della legge 133/2008 (c.d. “manovra d’estate 2008”), che dettano tutti regole assai restrittive per le società partecipate, sino a spingersi sino alla compressione dell’an delle partecipazioni. Sulla base di tali spunti recenti la presente tesi si propone di svolgere un’analisi del ricorso (in quanto tale) alle partecipazioni in società di capitali da parte degli enti locali, interessato nel tempo da ripetuti e talvolta contraddittori condizionamenti esterni (rispetto all’ente locale), sia nazionali che comunitari. L’approccio di indagine prescelto è stato quello di approfondire, anche in chiave diacronica, l’impianto giuridico su cui si fonda tale ricorso, da considerare come fenomeno unitario, onde ripercorrerne ragioni pratiche e fondamento giuridico, per trarne uno o più possibili fili conduttori utili a valutare, da ultimo, se i recenti interventi restrittivi del legislatore siano compatibili con il mutato quadro costituzionale e con l’autonomia, pubblica e privata, oggi riconosciuta agli enti locali. La suddetta impostazione ha comportato che la questione sia stata trattata indipendentemente dal tipo di società partecipata (spa o srl, società di servizi pubblici, di servizi strumentali o altro), e dalle caratteristiche della partecipazione societaria (totalitaria, di maggioranza, di minoranza), prescindendo, ove possibile, dalle diverse forme e modalità in cui essa può atteggiarsi, che sono state analizzate nei limiti in cui ciò sia stato utile all’oggetto principale dello studio.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/150701
URN:NBN:IT:UNIPI-150701