La presente tesi ha ad oggetto il rapporto tra giustizia costituzionale e revisione costituzionale, per quanto concerne una possibile manifestazione del medesimo: il controllo dei giudici costituzionali sulle leggi di riforma. Nella parte introduttiva dello studio vengono premesse riflessioni in merito alle problematiche sottese all’argomento, cioè le funzioni ordinarie e “ulteriori” dei Tribunali costituzionali, la dicotomia potere costituente/potere di revisione e i limiti a quest’ultimo. In essa si esaminano, in primo luogo, gli ordinamenti nei quali la Costituzione riconosce ai Tribunali costituzionali la funzione di verificare la legittimità delle riforme: verifica preventiva, successiva, formale o sostanziale; in secondo luogo, i sistemi in cui tale funzione è stata rivendicata ed esercitata da parte degli organi interessati. Nel cap. II si passano in rassegna, quindi, gli ordinamenti nei quali la Costituzione attribuisce al Tribunale costituzionale il controllo di costituzionalità delle revisioni, alla luce dei parametri individuati. Per quanto concerne il controllo preventivo, menzionati i casi europei (Romania, Moldavia e Ucraina), ci si sofferma sulla Bolivia e soprattutto sull’ordinamento cileno, nel quale coesistono un controllo facoltativo e uno obbligatorio e la giurisprudenza ha cercato di individuare la linea di confine tra il potere costituente originario e quello derivato. Nella seconda sezione dello stesso capitolo vengono esaminati i sistemi nei quali convivono ipotesi di controllo preventivo e successivo (Costa Rica e Colombia), per poi nella terza sezione rendere conto dei poteri della Corte Suprema del Sudafrica. Nel cap. III, invece, vengono analizzati gli ordinamenti nei quali, in assenza di esplicite previsioni costituzionali, i Tribunali hanno rivendicato la facoltà di verificare la rispondenza delle riforme ai principi fondamentali. Si tratta di ordinamenti che spaziano da un continente all’altro, da un modello all’altro: Stati Uniti d’America, Messico, Argentina, Germania, Italia, Perù e India. Emerge chiaramente da queste poche righe l’intento classificatorio della ricerca, intento tipicamente riconducibile al Diritto costituzionale comparato. Il metodo adottato per lo svolgimento dell’indagine, infatti, è quello comparatistico. Nell’assumere tale impostazione si è deciso di tener conto di tutti i formanti (legale, giurisprudenziale e dottrinale), al fine di ricostruire nella maniera più completa possibile le caratteristiche della funzione esaminata. Le finalità sistematiche della ricerca erano, da un lato, quella di proporre una classificazione degli ordinamenti studiati (classificazione che si riflette sulla struttura stessa della tesi) e, dall’altro, quella di ricondurre ad unum la funzione come funzione “ulteriore” che costituisce l’ultima frontiera della tutela della supremazia costituzionale rispetto agli eventuali abusi delle maggioranze parlamentari. Nel cap. IV emergono proprio gli aspetti poc’anzi menzionati. La connotazione della funzione come estranea all’alveo di quelle “ordinarie” e divergente in particolare dal controllo di costituzionalità delle norme tout court viene argomentata alla luce della differenza di due elementi basilari: l’oggetto e, soprattutto, il parametro impiegato per detta verifica. Riprendendo l’esame dei diversi formanti, si è poi inteso rispondere a uno dei quesiti iniziali: quale di essi incide maggiormente sull’individuazione dei limiti alla revisione e sul concreto atteggiarsi del controllo? La risposta a tale interrogativo è contenuta nel § 2 del cap. IV, nel quale si argomenta la rilevanza del formante giurisprudenziale. In relazione al parametro e in particolare agli ordinamenti in cui la Costituzione lo circoscrive ai profili formali, nel § 3 del cap. IV si propone una potenziale riconduzione a un’unica matrice della funzione, alla luce della c.d. “teoria della sostituzione”. Esaminati, infine, in prospettiva problematica, i rapporti tra Corti costituzionali e il legislatore e poi il popolo, si avanza una proposta conclusiva per introdurre un procedimento di revisione costituzionale che consenta di bilanciare i ruoli dei diversi soggetti considerati.

Il controllo di costituzionalità delle revisioni costituzionali – Riconoscimento, rivendicazione ed esercizio di una funzione “ulteriore” dei Tribunali costituzionali

2009

Abstract

La presente tesi ha ad oggetto il rapporto tra giustizia costituzionale e revisione costituzionale, per quanto concerne una possibile manifestazione del medesimo: il controllo dei giudici costituzionali sulle leggi di riforma. Nella parte introduttiva dello studio vengono premesse riflessioni in merito alle problematiche sottese all’argomento, cioè le funzioni ordinarie e “ulteriori” dei Tribunali costituzionali, la dicotomia potere costituente/potere di revisione e i limiti a quest’ultimo. In essa si esaminano, in primo luogo, gli ordinamenti nei quali la Costituzione riconosce ai Tribunali costituzionali la funzione di verificare la legittimità delle riforme: verifica preventiva, successiva, formale o sostanziale; in secondo luogo, i sistemi in cui tale funzione è stata rivendicata ed esercitata da parte degli organi interessati. Nel cap. II si passano in rassegna, quindi, gli ordinamenti nei quali la Costituzione attribuisce al Tribunale costituzionale il controllo di costituzionalità delle revisioni, alla luce dei parametri individuati. Per quanto concerne il controllo preventivo, menzionati i casi europei (Romania, Moldavia e Ucraina), ci si sofferma sulla Bolivia e soprattutto sull’ordinamento cileno, nel quale coesistono un controllo facoltativo e uno obbligatorio e la giurisprudenza ha cercato di individuare la linea di confine tra il potere costituente originario e quello derivato. Nella seconda sezione dello stesso capitolo vengono esaminati i sistemi nei quali convivono ipotesi di controllo preventivo e successivo (Costa Rica e Colombia), per poi nella terza sezione rendere conto dei poteri della Corte Suprema del Sudafrica. Nel cap. III, invece, vengono analizzati gli ordinamenti nei quali, in assenza di esplicite previsioni costituzionali, i Tribunali hanno rivendicato la facoltà di verificare la rispondenza delle riforme ai principi fondamentali. Si tratta di ordinamenti che spaziano da un continente all’altro, da un modello all’altro: Stati Uniti d’America, Messico, Argentina, Germania, Italia, Perù e India. Emerge chiaramente da queste poche righe l’intento classificatorio della ricerca, intento tipicamente riconducibile al Diritto costituzionale comparato. Il metodo adottato per lo svolgimento dell’indagine, infatti, è quello comparatistico. Nell’assumere tale impostazione si è deciso di tener conto di tutti i formanti (legale, giurisprudenziale e dottrinale), al fine di ricostruire nella maniera più completa possibile le caratteristiche della funzione esaminata. Le finalità sistematiche della ricerca erano, da un lato, quella di proporre una classificazione degli ordinamenti studiati (classificazione che si riflette sulla struttura stessa della tesi) e, dall’altro, quella di ricondurre ad unum la funzione come funzione “ulteriore” che costituisce l’ultima frontiera della tutela della supremazia costituzionale rispetto agli eventuali abusi delle maggioranze parlamentari. Nel cap. IV emergono proprio gli aspetti poc’anzi menzionati. La connotazione della funzione come estranea all’alveo di quelle “ordinarie” e divergente in particolare dal controllo di costituzionalità delle norme tout court viene argomentata alla luce della differenza di due elementi basilari: l’oggetto e, soprattutto, il parametro impiegato per detta verifica. Riprendendo l’esame dei diversi formanti, si è poi inteso rispondere a uno dei quesiti iniziali: quale di essi incide maggiormente sull’individuazione dei limiti alla revisione e sul concreto atteggiarsi del controllo? La risposta a tale interrogativo è contenuta nel § 2 del cap. IV, nel quale si argomenta la rilevanza del formante giurisprudenziale. In relazione al parametro e in particolare agli ordinamenti in cui la Costituzione lo circoscrive ai profili formali, nel § 3 del cap. IV si propone una potenziale riconduzione a un’unica matrice della funzione, alla luce della c.d. “teoria della sostituzione”. Esaminati, infine, in prospettiva problematica, i rapporti tra Corti costituzionali e il legislatore e poi il popolo, si avanza una proposta conclusiva per introdurre un procedimento di revisione costituzionale che consenta di bilanciare i ruoli dei diversi soggetti considerati.
26-nov-2009
Italiano
Romboli, Roberto
Pérez Tremps, Pablo
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/150839
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-150839