Il bilancio, quale strumento di conversione della dinamica aziendale in cifre e di riconversione delle cifre in andamenti economici (Giannessi, 1979), risulta uno strumento ampiamente utilizzato dalle aziende che lo emettono, oltre che per l’adempimento degli obblighi normativi cui sono sottoposte, anche per la trasmissione di informazioni aggiuntive che consentano loro di distinguersi. Il documento che, oltre ad includere i tradizionali prospetti di bilancio, fornisce contenuti informativi aggiuntivi e spesso complementari rispetto a quelli offerti degli schemi contabili, è identificato con il termine “rapporto annuale” (annual report nella terminologia anglosassone, ormai ampiamente diffusa anche nel nostro Paese). Tale rapporto viene ad assumere, frequentemente, una dimensione integrata, giacché in esso possono confluire sintesi di aspetti (risorse immateriali, corporate governance, responsabilità sociale e così via) a volte trattati più analiticamente in apposite e distinte relazioni. D’altra parte, l’analisi dei fabbisogni conoscitivi dei destinatari dell’informativa aziendale mette in luce richieste informative ulteriori, al momento solo parzialmente soddisfatte dai flussi comunicativi instaurati dalle aziende. Si parla a questo proposito di “bi-direzionalità” della comunicazione economico-finanziaria, ad indicare l’importanza del feed-back da parte degli stakeholder (analisti finanziari ed investitori istituzionali in primis) sull’informativa divulgata dall’azienda. La conoscenza delle dinamiche aziendali, in effetti, non può essere raggiunta da un soggetto esterno all’azienda soltanto attraverso informazioni di derivazione prettamente contabile. Da tempo, infatti, autorevoli organismi professionali a livello internazionale, raccomandano alle aziende la divulgazione di dati e notizie aggiuntivi a quelli economico-finanziari. In letteratura, è stata introdotta la categoria dell’informativa “gestionale”, per contraddistinguere quegli oggetti di disclosure non aventi un legame con la contabilità e con i valori dei prospetti di stato patrimoniale e di conto economico. L’analisi delle prassi comunicative in atto ha consentito, altresì, di individuare un’ulteriore distinzione in materia di comunicazione aziendale, quella tra informazioni a carattere “quantitativo” (monetarie e non) ed informazioni a carattere “narrativo”. I dati quantitativi non sono evidentemente più sufficienti a fornire un quadro globale della gestione aziendale: a questi, deve affiancarsi una dimensione narrativa in grado di esporre anche i contenuti informativi più lamentati (come le strategie, le informazioni a carattere previsionale e così via).

Il rapporto annuale delle imprese: informazione narrativa, evidenze empiriche e determinanti

2008

Abstract

Il bilancio, quale strumento di conversione della dinamica aziendale in cifre e di riconversione delle cifre in andamenti economici (Giannessi, 1979), risulta uno strumento ampiamente utilizzato dalle aziende che lo emettono, oltre che per l’adempimento degli obblighi normativi cui sono sottoposte, anche per la trasmissione di informazioni aggiuntive che consentano loro di distinguersi. Il documento che, oltre ad includere i tradizionali prospetti di bilancio, fornisce contenuti informativi aggiuntivi e spesso complementari rispetto a quelli offerti degli schemi contabili, è identificato con il termine “rapporto annuale” (annual report nella terminologia anglosassone, ormai ampiamente diffusa anche nel nostro Paese). Tale rapporto viene ad assumere, frequentemente, una dimensione integrata, giacché in esso possono confluire sintesi di aspetti (risorse immateriali, corporate governance, responsabilità sociale e così via) a volte trattati più analiticamente in apposite e distinte relazioni. D’altra parte, l’analisi dei fabbisogni conoscitivi dei destinatari dell’informativa aziendale mette in luce richieste informative ulteriori, al momento solo parzialmente soddisfatte dai flussi comunicativi instaurati dalle aziende. Si parla a questo proposito di “bi-direzionalità” della comunicazione economico-finanziaria, ad indicare l’importanza del feed-back da parte degli stakeholder (analisti finanziari ed investitori istituzionali in primis) sull’informativa divulgata dall’azienda. La conoscenza delle dinamiche aziendali, in effetti, non può essere raggiunta da un soggetto esterno all’azienda soltanto attraverso informazioni di derivazione prettamente contabile. Da tempo, infatti, autorevoli organismi professionali a livello internazionale, raccomandano alle aziende la divulgazione di dati e notizie aggiuntivi a quelli economico-finanziari. In letteratura, è stata introdotta la categoria dell’informativa “gestionale”, per contraddistinguere quegli oggetti di disclosure non aventi un legame con la contabilità e con i valori dei prospetti di stato patrimoniale e di conto economico. L’analisi delle prassi comunicative in atto ha consentito, altresì, di individuare un’ulteriore distinzione in materia di comunicazione aziendale, quella tra informazioni a carattere “quantitativo” (monetarie e non) ed informazioni a carattere “narrativo”. I dati quantitativi non sono evidentemente più sufficienti a fornire un quadro globale della gestione aziendale: a questi, deve affiancarsi una dimensione narrativa in grado di esporre anche i contenuti informativi più lamentati (come le strategie, le informazioni a carattere previsionale e così via).
28-feb-2008
Italiano
Allegrini, Marco
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/151256
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-151256