Lo studio si propone di indagare il rapporto che vincola arte e luce in età barocca, considerando anche l'importante premessa del periodo della Controriforma. La ricerca si concentra sulla trattatistica tecnico-teorica e sulle fonti biografiche del Cinquecento e del Seicento per comprendere attraverso i testi il grado di consapevolezza e i modi in cui i pittori, in particolare, si confrontavano con l'elemento luminoso. Le informazioni ricavate si riferiscono alla fase di apprendistato e alla pratica esecutiva e riguardano sia la luce dipinta, sia quella reale in cui le opere venivano fruite. L'indagine poi si focalizza sull'arte religiosa attraverso l'analisi di fonti prescrittive di carattere liturgico e di documentazioni archivistiche: esse consentono di conoscere la profondità del ruolo sacrale occupato dalla luce nell'ambito del Cristianesimo e di verificare il suo impiego concreto, molteplice e profondo nelle cerimonie liturgiche. In tali occasioni pittori, scultori ed architetti erano chiamati a progettare ed eseguire apparati effimeri in cui l'elemento luminoso veniva sperimentato con un'audacia che ebbe influenze dirette anche sulle opere durevoli. Dall'analisi complessiva emerge che gli artefici fecero un uso accorto e consapevole della luce quale strumento espressivo e percettivo che nell'arte sacra raggiunse esiti di particolare intensità proprio in relazione al suo valore simbolico-sacrale. In considerazione di un ruolo tanto importante, sulla base delle informazioni desunte dalla ricerca storica, lo studio si spinge sino alla sperimentazione di un'illuminazione a candele di dipinti posti in collocazione originaria all'interno di chiese barocche. Lo scopo è di verificare con la concretezza di una prova visiva le differenze percettive che si offrono all'osservatore ponendo a confronto la luce delle candele con quella dell'attuale illuminazione elettrica e di quella naturale. I dati relativi alle tre sorgenti, ricavati dai fisici del CNR di Pisa per mezzo di una strumentazione scientifica, documentano le osservazioni condotte nel corso dell'esperienza. Il tipo di luce che si impiega nel rischiaramento delle opere d'arte è fondamentale per la loro percezione: un'osservazione di solo apparente semplicità. Lo studio si conclude con un'analisi dei criteri oggi adottati nella moderna e più sofisticata tecnologia di illuminazione dei beni culturali, in particolare di quelli collocati nelle chiese, con l'intento di ricercare e ottenere la migliore e più “oggettiva” visione di ogni oggetto. I risultati della ricerca storica richiamano tuttavia l'attenzione sulla necessità di non dimenticare le condizioni in cui storicamente le opere venivano fruite, dal momento che in ragione di esse gli artisti compirono consapevoli decisioni operative e giunsero a precisi risultati espressivi anche in funzione della luce. Condizioni, dunque, non ottimali, ma più rispettose di quelle scelte.

Il problema della luce e dell'illuminazione nell'edificio religioso barocco. Dalle fonti alla sperimentazione

2010

Abstract

Lo studio si propone di indagare il rapporto che vincola arte e luce in età barocca, considerando anche l'importante premessa del periodo della Controriforma. La ricerca si concentra sulla trattatistica tecnico-teorica e sulle fonti biografiche del Cinquecento e del Seicento per comprendere attraverso i testi il grado di consapevolezza e i modi in cui i pittori, in particolare, si confrontavano con l'elemento luminoso. Le informazioni ricavate si riferiscono alla fase di apprendistato e alla pratica esecutiva e riguardano sia la luce dipinta, sia quella reale in cui le opere venivano fruite. L'indagine poi si focalizza sull'arte religiosa attraverso l'analisi di fonti prescrittive di carattere liturgico e di documentazioni archivistiche: esse consentono di conoscere la profondità del ruolo sacrale occupato dalla luce nell'ambito del Cristianesimo e di verificare il suo impiego concreto, molteplice e profondo nelle cerimonie liturgiche. In tali occasioni pittori, scultori ed architetti erano chiamati a progettare ed eseguire apparati effimeri in cui l'elemento luminoso veniva sperimentato con un'audacia che ebbe influenze dirette anche sulle opere durevoli. Dall'analisi complessiva emerge che gli artefici fecero un uso accorto e consapevole della luce quale strumento espressivo e percettivo che nell'arte sacra raggiunse esiti di particolare intensità proprio in relazione al suo valore simbolico-sacrale. In considerazione di un ruolo tanto importante, sulla base delle informazioni desunte dalla ricerca storica, lo studio si spinge sino alla sperimentazione di un'illuminazione a candele di dipinti posti in collocazione originaria all'interno di chiese barocche. Lo scopo è di verificare con la concretezza di una prova visiva le differenze percettive che si offrono all'osservatore ponendo a confronto la luce delle candele con quella dell'attuale illuminazione elettrica e di quella naturale. I dati relativi alle tre sorgenti, ricavati dai fisici del CNR di Pisa per mezzo di una strumentazione scientifica, documentano le osservazioni condotte nel corso dell'esperienza. Il tipo di luce che si impiega nel rischiaramento delle opere d'arte è fondamentale per la loro percezione: un'osservazione di solo apparente semplicità. Lo studio si conclude con un'analisi dei criteri oggi adottati nella moderna e più sofisticata tecnologia di illuminazione dei beni culturali, in particolare di quelli collocati nelle chiese, con l'intento di ricercare e ottenere la migliore e più “oggettiva” visione di ogni oggetto. I risultati della ricerca storica richiamano tuttavia l'attenzione sulla necessità di non dimenticare le condizioni in cui storicamente le opere venivano fruite, dal momento che in ragione di esse gli artisti compirono consapevoli decisioni operative e giunsero a precisi risultati espressivi anche in funzione della luce. Condizioni, dunque, non ottimali, ma più rispettose di quelle scelte.
20-mag-2010
Italiano
Spalletti, Ettore
Nuti, Lucia
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/151561
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-151561