Il 45% delle sindromi coronariche acute si verifica in età lavorativa, e spesso il reintegro all’attività è possibile nel 70% dei pazienti. Il test cardiopolmonare in laboratorio è lo strumento principale per la valutazione della capacità funzionale; l’utilizzo di un test cardiopolmonare portatile, derivato dall’utilizzo in Medicina Sportiva, potrebbe essere impiegato nella registrazione del consumo lavorativo. Lo studio ha in prima istanza valutato con una survey il reintegro lavorativo in Emilia-Romagna (156 pazienti dimessi da 12 mesi dall’Ospedale di Piacenza), evidenziando come circa solo il 70% dei pazienti non torni all’attività lavorativa; tali pazienti erano prevalentemente lavoratori con attività di tipo manuale e con frazione di eiezione ridotta. Successivamente sono stati arruolati 59 pazienti con recente sindrome coronarica acuta e lavoro di tipo manuale e sottoposti a test cardiopolmonare in laboratorio; l’utilizzo del test per la valutazione della capacità funzionale ha mostrato un significativo miglioramento del reintegro lavorativo a distanza di 12 mesi rispetto ai dati della survey e della letteratura (86%Vs 70% - p = 0.03). Per la terza parte dello studio sono stati arruolati 28 pazienti con recente sindrome coronarica acuta e lavoro ad alto dispendio energetico (METs > 3); sono stati a test cardiopolmonare in laboratorio e a test cardiopolmonare portatile durante attività lavorativa (onsite), con una registrazione di 60-80 minuti. Il test è stato eseguito senza complicanze in tutti i pazienti ed è riuscito a misurare in modo specifico il consumo individuale delle singole mansioni lavorative. I consumi sono stati in media elevati (consumo medio lavorativo V02/V02 max laboratorio 57% ± 12), con raggiungimento della soglia anerobica (R medio 0,98 ±1); il test ha permesso una individualizzazione delle mansioni che ha portato ad un reintegro lavorativo a distanza di 12 mesi del 96%, significativamente maggiore dei dati in letteratura e delle due parti precedenti dello studio (p<0.01)
Reintegro lavorativo del paziente cardiopatico e ruolo del test cardiopolmonare in laboratorio e durante attività lavorativa: esperienze di uno studio pilota.
2020
Abstract
Il 45% delle sindromi coronariche acute si verifica in età lavorativa, e spesso il reintegro all’attività è possibile nel 70% dei pazienti. Il test cardiopolmonare in laboratorio è lo strumento principale per la valutazione della capacità funzionale; l’utilizzo di un test cardiopolmonare portatile, derivato dall’utilizzo in Medicina Sportiva, potrebbe essere impiegato nella registrazione del consumo lavorativo. Lo studio ha in prima istanza valutato con una survey il reintegro lavorativo in Emilia-Romagna (156 pazienti dimessi da 12 mesi dall’Ospedale di Piacenza), evidenziando come circa solo il 70% dei pazienti non torni all’attività lavorativa; tali pazienti erano prevalentemente lavoratori con attività di tipo manuale e con frazione di eiezione ridotta. Successivamente sono stati arruolati 59 pazienti con recente sindrome coronarica acuta e lavoro di tipo manuale e sottoposti a test cardiopolmonare in laboratorio; l’utilizzo del test per la valutazione della capacità funzionale ha mostrato un significativo miglioramento del reintegro lavorativo a distanza di 12 mesi rispetto ai dati della survey e della letteratura (86%Vs 70% - p = 0.03). Per la terza parte dello studio sono stati arruolati 28 pazienti con recente sindrome coronarica acuta e lavoro ad alto dispendio energetico (METs > 3); sono stati a test cardiopolmonare in laboratorio e a test cardiopolmonare portatile durante attività lavorativa (onsite), con una registrazione di 60-80 minuti. Il test è stato eseguito senza complicanze in tutti i pazienti ed è riuscito a misurare in modo specifico il consumo individuale delle singole mansioni lavorative. I consumi sono stati in media elevati (consumo medio lavorativo V02/V02 max laboratorio 57% ± 12), con raggiungimento della soglia anerobica (R medio 0,98 ±1); il test ha permesso una individualizzazione delle mansioni che ha portato ad un reintegro lavorativo a distanza di 12 mesi del 96%, significativamente maggiore dei dati in letteratura e delle due parti precedenti dello studio (p<0.01)File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/152525
URN:NBN:IT:UNIPR-152525