La tesi si occupa della teoria giuridica dell’invalidità in un’ottica, dapprima, di revisione critica delle tesi tradizionali e, in seguito, proponendo una nuova lettura sistematica e metodologica del complesso e variegato panorama normativo. Il primo capitolo si divide idealmente in due parti: nella prima si compie un’analisi storico-esegetica, con cenni di diritto comparato, relativamente allo sviluppo della categoria dell’invalidità, e della nullità in particolare; in seguito si pone in evidenza il nervo scoperto del tradizionale modo di interpretare il concetto di nullità virtuale: la definizione di “norme imperative”. Il secondo capitolo, centrato sul diritto civile, inizia con una disamina del ruolo dell’interprete di fronte al sistema dell’invalidità, contrapponendo, anche in chiave filosofica, la visione tradizionalmente dogmatica ad una più attenta ai dati sociali, che cerchi di non essere auto-referenziale. Si analizzano i due dogmi della materia (l’irrilevanza dell’atto nullo e l’interesse pubblico tutelato dalle norme sulla nullità), evidenziando come una decostruzione di detti dogmi «potrebbe aprire nuove strade interpretative rispetto a quelle finora definite tradizionali». Dopo aver sottoposto a revisione critica la dogmatica tradizionale, si prova a istituire un collegamento “forte” tra il dato normativo e la realtà sociale, in una sorta di rivisitazione delle definizioni ascarelliane di concetti riassuntivi di una determinata disciplina normativa e concetti attinenti ad una ricostruzione tipologica della realtà in funzione dell’applicazione di una disciplina normativa. Si sviluppa, quindi, il concetto irtiano di microsistemi, di piccoli gruppi normativi speciali ma non eccezionali e, analizzando conseguentemente i dati normativi, si individuano alcuni interessanti aspetti applicativi che permettono una riconsiderazione anche sistematica dell’invalidità, nell’ottica, inoltre, di un’influenza di questi microsistemi normativi rispetto alla parte generale del codice civile. Il terzo e ultimo capitolo, relativo al diritto privato dell’impresa, inizia con alcune premesse interpretative aventi ad oggetto la differenza tra i sistemi che applicano ragionamenti formali e quelli che adoperano ragionamenti sostanziali, per poi proseguire discorrendo delle teorie interpretative che utilizzano al loro interno solo criteri giuridici escludendo elementi extragiuridici. Dopo aver esposto la differenziazione esistente tra il diritto civile e il diritto commerciale (analizzando quest’ultimo alla luce della moderna definizione di “diritto privato dell’impresa”), si evidenziano le ragioni per cui si ritiene che il diritto commerciale sia materia autonoma non solo da un punto di vista scientifico, ma anche da quello normativo, e quelle per cui si ritiene che l’attuale scenario sia caratterizzato da una nuova fase di “ricommercializzazione del diritto civile” e di “ricommercializzazione del diritto commerciale”. In seguito, dopo aver messo in risalto il collegamento tra l’impresa e il mercato, e dopo aver posto alcune premesse di analisi economica del diritto, si analizzano criticamente alcuni gruppi normativi propri del diritto commerciale, tra i quali la disciplina dell’invalidità dell’atto di fusione e dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, evidenziando tra l’altro lo spostamento di tutela dal piano reale a quello obbligatorio e, illustrando, la possibile efficacia interinale delle deliberazioni assembleari nulle (che segna una forte rottura rispetto alle tradizionali idee civilistiche). Traendo le conclusioni da quanto esposto, si ritiene che la materia del diritto commerciale («diritto nato dai mercanti per i mercanti») segua regole molto diverse da quelle contrattuali e che sia conseguentemente problematica una sua sistematizzazione: questo dipenderebbe sia da motivazioni di ordine economico, sia dalla sua vocazione universale, dall’apertura al mercato, dalla necessità del diritto commerciale medesimo di adeguarsi ai diversi cambiamenti che prima di tutto si realizzano all’interno della società. Si ritiene, quindi, che diritto civile e diritto commerciale siano due macrosistemi autonomi, governati da regole (soprattutto in tema di invalidità) diverse, seppur riescano tuttora a influenzarsi. Infine, dopo aver sottolineato «la necessità dell’evoluzione del diritto quale bisogno fondamentale di una moderna civiltà giuridica», e nell’ottica della rivalutazione della distinzione ascarelliana tra realtà sociale e concetti normativi, si prospetta un’interpretazione che si definisce “socialmente orientata”, la quale permetta un forte collegamento tra le regole d’agire sociale seguite dai destinatari delle norme da interpretare e le norme medesime, il tutto inserito nella cornice del pensiero che va sotto il nome di “realismo giuridico” e mediante la sottolineatura dell’interdisciplinarità del diritto (con alcune considerazioni relative, ad esempio, alla sociologia e alla matematica), al fine di suggerire l’utilizzo di criteri anche extra-giuridici nell’interpretazione.
Teoria giuridica dell'invalidita tra norme imperative, nullita e interessi sottostanti. Dal diritto civile al diritto privato dell'impresa.
2010
Abstract
La tesi si occupa della teoria giuridica dell’invalidità in un’ottica, dapprima, di revisione critica delle tesi tradizionali e, in seguito, proponendo una nuova lettura sistematica e metodologica del complesso e variegato panorama normativo. Il primo capitolo si divide idealmente in due parti: nella prima si compie un’analisi storico-esegetica, con cenni di diritto comparato, relativamente allo sviluppo della categoria dell’invalidità, e della nullità in particolare; in seguito si pone in evidenza il nervo scoperto del tradizionale modo di interpretare il concetto di nullità virtuale: la definizione di “norme imperative”. Il secondo capitolo, centrato sul diritto civile, inizia con una disamina del ruolo dell’interprete di fronte al sistema dell’invalidità, contrapponendo, anche in chiave filosofica, la visione tradizionalmente dogmatica ad una più attenta ai dati sociali, che cerchi di non essere auto-referenziale. Si analizzano i due dogmi della materia (l’irrilevanza dell’atto nullo e l’interesse pubblico tutelato dalle norme sulla nullità), evidenziando come una decostruzione di detti dogmi «potrebbe aprire nuove strade interpretative rispetto a quelle finora definite tradizionali». Dopo aver sottoposto a revisione critica la dogmatica tradizionale, si prova a istituire un collegamento “forte” tra il dato normativo e la realtà sociale, in una sorta di rivisitazione delle definizioni ascarelliane di concetti riassuntivi di una determinata disciplina normativa e concetti attinenti ad una ricostruzione tipologica della realtà in funzione dell’applicazione di una disciplina normativa. Si sviluppa, quindi, il concetto irtiano di microsistemi, di piccoli gruppi normativi speciali ma non eccezionali e, analizzando conseguentemente i dati normativi, si individuano alcuni interessanti aspetti applicativi che permettono una riconsiderazione anche sistematica dell’invalidità, nell’ottica, inoltre, di un’influenza di questi microsistemi normativi rispetto alla parte generale del codice civile. Il terzo e ultimo capitolo, relativo al diritto privato dell’impresa, inizia con alcune premesse interpretative aventi ad oggetto la differenza tra i sistemi che applicano ragionamenti formali e quelli che adoperano ragionamenti sostanziali, per poi proseguire discorrendo delle teorie interpretative che utilizzano al loro interno solo criteri giuridici escludendo elementi extragiuridici. Dopo aver esposto la differenziazione esistente tra il diritto civile e il diritto commerciale (analizzando quest’ultimo alla luce della moderna definizione di “diritto privato dell’impresa”), si evidenziano le ragioni per cui si ritiene che il diritto commerciale sia materia autonoma non solo da un punto di vista scientifico, ma anche da quello normativo, e quelle per cui si ritiene che l’attuale scenario sia caratterizzato da una nuova fase di “ricommercializzazione del diritto civile” e di “ricommercializzazione del diritto commerciale”. In seguito, dopo aver messo in risalto il collegamento tra l’impresa e il mercato, e dopo aver posto alcune premesse di analisi economica del diritto, si analizzano criticamente alcuni gruppi normativi propri del diritto commerciale, tra i quali la disciplina dell’invalidità dell’atto di fusione e dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, evidenziando tra l’altro lo spostamento di tutela dal piano reale a quello obbligatorio e, illustrando, la possibile efficacia interinale delle deliberazioni assembleari nulle (che segna una forte rottura rispetto alle tradizionali idee civilistiche). Traendo le conclusioni da quanto esposto, si ritiene che la materia del diritto commerciale («diritto nato dai mercanti per i mercanti») segua regole molto diverse da quelle contrattuali e che sia conseguentemente problematica una sua sistematizzazione: questo dipenderebbe sia da motivazioni di ordine economico, sia dalla sua vocazione universale, dall’apertura al mercato, dalla necessità del diritto commerciale medesimo di adeguarsi ai diversi cambiamenti che prima di tutto si realizzano all’interno della società. Si ritiene, quindi, che diritto civile e diritto commerciale siano due macrosistemi autonomi, governati da regole (soprattutto in tema di invalidità) diverse, seppur riescano tuttora a influenzarsi. Infine, dopo aver sottolineato «la necessità dell’evoluzione del diritto quale bisogno fondamentale di una moderna civiltà giuridica», e nell’ottica della rivalutazione della distinzione ascarelliana tra realtà sociale e concetti normativi, si prospetta un’interpretazione che si definisce “socialmente orientata”, la quale permetta un forte collegamento tra le regole d’agire sociale seguite dai destinatari delle norme da interpretare e le norme medesime, il tutto inserito nella cornice del pensiero che va sotto il nome di “realismo giuridico” e mediante la sottolineatura dell’interdisciplinarità del diritto (con alcune considerazioni relative, ad esempio, alla sociologia e alla matematica), al fine di suggerire l’utilizzo di criteri anche extra-giuridici nell’interpretazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/152904
URN:NBN:IT:UNIPI-152904