Oggetto principale di questo lavoro, che si avvale dell’analisi ed elaborazione del ricco materiale documentario emerso dalle ricerche negli archivi lucchesi e non solo, è stata l’indagine svolta intorno alla figura di Michele Ridolfi, con particolare attenzione all’ampia e programmata attività di restauro dei dipinti. Il tentativo di ricostruzione della fase del soggiorno romano (1813-1818) ha fornito un importante contributo per chiarire la formazione non solo artistica, ma anche culturale, del Nostro. L’approfondimento di questo particolare momento delinea una possibile spiegazione dei successivi sviluppi della sua vita professionale. Mi riferisco innanzitutto al peso che egli ha avuto, come è stato provato nel corso della trattazione, nella nascita di una legislazione di tutela nel Ducato lucchese, e al contributo da lui direttamente dato all’emanazione dei Decreti di Maria Luisa di Borbone del 1819. Indispensabile è stato valutare le prime esperienze della neo creata Commissione di Belle Arti, della quale Ridolfi sarà fino alla morte il Conservatore, per evidenziare l’impegno profuso inizialmente nell’esecuzione di un’operazione di inventariazione sul territorio e, poi, nel controllo delle esportazioni e nella creazione di una Pinacoteca lucchese, più spesso definita Reale Galleria, individuata come luogo prioritario per la conservazione delle opere d’arte. Una lettera privata di Ridolfi ha confermato l’ipotesi che la campagna di restauro sui dipinti, messa a punto tra il 1824 e il 1825, nasca in qualche modo dal fallimento dei progetti museali così come erano stati ideati da Michele e approvati dalla Commissione. Le politiche di restauro promosse dall’ente governativo vedono il Nostro nella duplice vece di Supervisore e garante della buona esecuzione degli interventi e restauratore egli stesso. Della campagna sono state indagate e analizzate in primis le politiche generali: dalla elaborazione del progetto, alla pianificazione e scelta degli interventi, alle metodologie usate nei restauri, alle pratiche per la conservazione e manutenzione delle opere; si è cercato di tracciare i profili professionali dei restauratori e artigiani coinvolti; e, infine, sono state approfondite le vicende conservative e i singoli interventi subiti dalle opere, distinguendole in quattro classi tipologiche: dipinti su tela, su tavola, affreschi, e concludendo con il restauro di un mosaico. Un’attenzione particolare è stata posta nell’analisi critica del carteggio di Michele Ridolfi, che ha permesso di ricostruire la sua attività di restauratore e consulente fuori dai confini lucchesi e, inoltre, i suoi contatti con restauratori, accademici, artisti ed eruditi in Italia e in Europa. Ne è emerso un panorama variegato e ricco, che restituisce a Ridolfi una dimensione più ampia e internazionale. Il lavoro si conclude con un capitolo dedicato a un’opera particolarmente significativa, il Convito di san Gregorio Magno di Pietro Paolini, che vuole essere una proposta di ricostruzione, dal 1822 ad oggi, della storia conservativa di un dipinto che nel tempo è stata vittima di complesse vicende. Si tratta, dunque, di un esempio in cui l’ampia documentazione conservatasi ha dimostrato come la storia del restauro può rivelarsi preziosa per la comprensione dello stato attuale delle opere e può essere determinante per indirizzare nuovi interventi.

Michele Ridolfi e il restauro dei dipinti a Lucca (1819-1854)

2010

Abstract

Oggetto principale di questo lavoro, che si avvale dell’analisi ed elaborazione del ricco materiale documentario emerso dalle ricerche negli archivi lucchesi e non solo, è stata l’indagine svolta intorno alla figura di Michele Ridolfi, con particolare attenzione all’ampia e programmata attività di restauro dei dipinti. Il tentativo di ricostruzione della fase del soggiorno romano (1813-1818) ha fornito un importante contributo per chiarire la formazione non solo artistica, ma anche culturale, del Nostro. L’approfondimento di questo particolare momento delinea una possibile spiegazione dei successivi sviluppi della sua vita professionale. Mi riferisco innanzitutto al peso che egli ha avuto, come è stato provato nel corso della trattazione, nella nascita di una legislazione di tutela nel Ducato lucchese, e al contributo da lui direttamente dato all’emanazione dei Decreti di Maria Luisa di Borbone del 1819. Indispensabile è stato valutare le prime esperienze della neo creata Commissione di Belle Arti, della quale Ridolfi sarà fino alla morte il Conservatore, per evidenziare l’impegno profuso inizialmente nell’esecuzione di un’operazione di inventariazione sul territorio e, poi, nel controllo delle esportazioni e nella creazione di una Pinacoteca lucchese, più spesso definita Reale Galleria, individuata come luogo prioritario per la conservazione delle opere d’arte. Una lettera privata di Ridolfi ha confermato l’ipotesi che la campagna di restauro sui dipinti, messa a punto tra il 1824 e il 1825, nasca in qualche modo dal fallimento dei progetti museali così come erano stati ideati da Michele e approvati dalla Commissione. Le politiche di restauro promosse dall’ente governativo vedono il Nostro nella duplice vece di Supervisore e garante della buona esecuzione degli interventi e restauratore egli stesso. Della campagna sono state indagate e analizzate in primis le politiche generali: dalla elaborazione del progetto, alla pianificazione e scelta degli interventi, alle metodologie usate nei restauri, alle pratiche per la conservazione e manutenzione delle opere; si è cercato di tracciare i profili professionali dei restauratori e artigiani coinvolti; e, infine, sono state approfondite le vicende conservative e i singoli interventi subiti dalle opere, distinguendole in quattro classi tipologiche: dipinti su tela, su tavola, affreschi, e concludendo con il restauro di un mosaico. Un’attenzione particolare è stata posta nell’analisi critica del carteggio di Michele Ridolfi, che ha permesso di ricostruire la sua attività di restauratore e consulente fuori dai confini lucchesi e, inoltre, i suoi contatti con restauratori, accademici, artisti ed eruditi in Italia e in Europa. Ne è emerso un panorama variegato e ricco, che restituisce a Ridolfi una dimensione più ampia e internazionale. Il lavoro si conclude con un capitolo dedicato a un’opera particolarmente significativa, il Convito di san Gregorio Magno di Pietro Paolini, che vuole essere una proposta di ricostruzione, dal 1822 ad oggi, della storia conservativa di un dipinto che nel tempo è stata vittima di complesse vicende. Si tratta, dunque, di un esempio in cui l’ampia documentazione conservatasi ha dimostrato come la storia del restauro può rivelarsi preziosa per la comprensione dello stato attuale delle opere e può essere determinante per indirizzare nuovi interventi.
20-mag-2010
Italiano
Spalletti, Ettore
Gioli, Antonella
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/152954
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-152954