Oggetto della tesi sono le misure di sicurezza detentive, con attenzione particolare alle difficoltà che, a più di ottant’anni dall’introduzione del codice penale, la dottrina e la giurisprudenza si trovano ancora oggi ad affrontare. Partendo dalla ricostruzione storica dell’istituto e dei motivi che segnarono l’introduzione nell’ordinamento del c.d. doppio binario, viene posta attenzione alle problematiche che furono segnalate sin dall’entrata in vigore del codice penale e maggiormente avvertite con l’avvento della Costituzione. L’analisi prosegue esaminando i presupposti richiesti dalla legge per l’applicazione delle misure in esame, ovvero la commissione di un reato (o un quasi-reato) e la pericolosità sociale, intesa dal legislatore quale probabilità di commissione di futuri illeciti penali da parte del reo. Vengono segnalate le criticità derivanti dalla mancata delimitazione del novero di reati da cui possono scaturire le misure di sicurezza, nonché di quelli oggetto di prognosi. Successivamente, vengono trattate le ripercussioni negative del sistema di presunzioni di pericolosità originariamente stabilito nel codice, poi venuto meno ad opera della Corte costituzionale e del legislatore. Il vuoto normativo che si è creato ha dato vita ad una discussione sul metodo di accertamento della pericolosità sociale, data la genericità della normativa sul punto. La discussione si sposta sulle peculiarità della prognosi di recidiva nel reo infermo di mente, con l’analisi di due problematiche strettamente connesse. La prima consiste nell’individuazione del soggetto che deve effettuare l’accertamento (giudice o perito psichiatra), la seconda coinvolge i metodi da seguire in tale giudizio, visti i riflessi della malattia mentale sulla probabilità di ricaduta nel crimine da parte dell’imputato. Successivamente, viene analizzata la riforma che di recente ha modificato le modalità di esecuzione delle misure del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a una casa di cura e di custodia, attraverso l’apertura delle nuove residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), e i riflessi pratici della prevalenza accordata a misure non detentive, come la c.d. libertà vigilata terapeutica. Vengono poi valutate le modifiche al giudizio di pericolosità sociale da effettuare su soggetti infermi e semi-infermi di mente, consistenti nell’eliminazione dal novero dei criteri utilizzabili di quelli inerenti il contesto socio-ambientale di riferimento, nonché l’introduzione di un limite di durata massima per tutte le misure di sicurezza detentive. Da ultimo, la ricerca riguarda la possibilità di eliminare dal sistema attualmente vigente le misure di sicurezza detentive, fornendo soluzioni conformi ai principi costituzionali.
Le misure di sicurezza detentive al viale del tramonto e l'auspicato superamento del doppio binario
2016
Abstract
Oggetto della tesi sono le misure di sicurezza detentive, con attenzione particolare alle difficoltà che, a più di ottant’anni dall’introduzione del codice penale, la dottrina e la giurisprudenza si trovano ancora oggi ad affrontare. Partendo dalla ricostruzione storica dell’istituto e dei motivi che segnarono l’introduzione nell’ordinamento del c.d. doppio binario, viene posta attenzione alle problematiche che furono segnalate sin dall’entrata in vigore del codice penale e maggiormente avvertite con l’avvento della Costituzione. L’analisi prosegue esaminando i presupposti richiesti dalla legge per l’applicazione delle misure in esame, ovvero la commissione di un reato (o un quasi-reato) e la pericolosità sociale, intesa dal legislatore quale probabilità di commissione di futuri illeciti penali da parte del reo. Vengono segnalate le criticità derivanti dalla mancata delimitazione del novero di reati da cui possono scaturire le misure di sicurezza, nonché di quelli oggetto di prognosi. Successivamente, vengono trattate le ripercussioni negative del sistema di presunzioni di pericolosità originariamente stabilito nel codice, poi venuto meno ad opera della Corte costituzionale e del legislatore. Il vuoto normativo che si è creato ha dato vita ad una discussione sul metodo di accertamento della pericolosità sociale, data la genericità della normativa sul punto. La discussione si sposta sulle peculiarità della prognosi di recidiva nel reo infermo di mente, con l’analisi di due problematiche strettamente connesse. La prima consiste nell’individuazione del soggetto che deve effettuare l’accertamento (giudice o perito psichiatra), la seconda coinvolge i metodi da seguire in tale giudizio, visti i riflessi della malattia mentale sulla probabilità di ricaduta nel crimine da parte dell’imputato. Successivamente, viene analizzata la riforma che di recente ha modificato le modalità di esecuzione delle misure del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a una casa di cura e di custodia, attraverso l’apertura delle nuove residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), e i riflessi pratici della prevalenza accordata a misure non detentive, come la c.d. libertà vigilata terapeutica. Vengono poi valutate le modifiche al giudizio di pericolosità sociale da effettuare su soggetti infermi e semi-infermi di mente, consistenti nell’eliminazione dal novero dei criteri utilizzabili di quelli inerenti il contesto socio-ambientale di riferimento, nonché l’introduzione di un limite di durata massima per tutte le misure di sicurezza detentive. Da ultimo, la ricerca riguarda la possibilità di eliminare dal sistema attualmente vigente le misure di sicurezza detentive, fornendo soluzioni conformi ai principi costituzionali.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/153322
URN:NBN:IT:UNIFE-153322