Il presente lavoro di ricerca è incentrato sul costante interesse dimostrato da G.W. Leibniz (1646-1716) verso la nascente microbiologia, nonché sull'impatto che le scoperte relative al mondo microscopico della vita hanno esercitato nell'elaborazione del suo sistema filosofico maturo. Nella seconda metà del Seicento, l'impiego sistematico del microscopio innescò una vera e propria rivoluzione nel modo di concepire l'infinitamente piccolo; una rivoluzione che ha tratti peculiari e per certi versi opposti rispetto a quella astronomica, coadiuvata dal telescopio. Leibniz fu perfettamente consapevole di questa "seconda rivoluzione" e il suo interesse verso il nuovo strumento osservativo fu dettato tanto da motivazioni di carattere teorico (penetrare la struttura profonda della materia) quanto da esigenze di carattere pratico (perfezionare la medicina mediante una comprensione più precisa dell'anatomia sottile degli organismi). Il lavoro prende in esame la ricezione da parte di Leibniz dell'opera di alcuni dei più importanti microscopisti a lui contemporanei, da Hooke a Leeuwenhoek, da Swammerdam a Malpighi, mostrando come ognuno di essi abbia esercitato una qualche influenza sull'elaborazione del concetto leibniziano di "monade" intesa come atomo vivente, dotato di caratteristiche organiche (percezione, appetito, sviluppo, ecc). Un particolare rilievo viene dato ai rapporti personali e teorici tra Leibniz e Leeuwenhoek, che fu senza alcun dubbio il microscopista verso cui Leibniz nutrì maggiore stima, al punto che tra i due intercorse un epistolario diretto negli anni 1715-1716 (del quale riportiamo in appendice alcune lettere inedite). L'osservazione del mondo microscopico del vivente offrì a Leibniz una serie di conferme "empiriche" di alcune tesi di carattere metafisico che sono al centro del suo sistema della natura: il principio di continuità, l'identità degli indiscernibili, il panorganicismo, l'idea di preformazione, il principio di pienezza, l'idea di una gerarchia di anime distribuite sulla "scala naturae". In generale, il microscopio appariva a Leibniz come lo strumento più idoneo a mettere in luce quella sintesi tra il massimo di "varietà" e il massimo di "ordine" che rappresentava a suo avviso il marchio distintivo della creazione divina. Nell'esprimere in maniera "popolare" le sue tesi filosofiche, Leibniz ama utilizzare talvolta alcune metafore teatrali, per lo più incentrate sulla maschera di Arlecchino, verso la quale egli dimostra una speciale predilezione. Parte del lavoro è dedicata ad individuare le fonti cui Leibniz attinge tali riferimenti e le possibili ragioni per la scelta di Arlecchino. L'utilizzo di espressioni metaforiche teatrali assume così un doppio significato: da una parte, esso conferma il ruolo giocato dalla metafora in genere nell'ambito di teorie scientifiche nascenti (in questo caso, l'embriologia); dall'altro, esso getta una qualche luce su quella particolare coincidenza temporale che vide da una parte la nascita della scienza moderna e dall'altra il secolo d'oro del teatro europeo.

ARLECCHINO E IL MICROSCOPIO. IL SISTEMA LEIBNIZIANO DELLA NATURA TRA MODELLI BIOLOGICI E METAFORE TEATRALI

2015

Abstract

Il presente lavoro di ricerca è incentrato sul costante interesse dimostrato da G.W. Leibniz (1646-1716) verso la nascente microbiologia, nonché sull'impatto che le scoperte relative al mondo microscopico della vita hanno esercitato nell'elaborazione del suo sistema filosofico maturo. Nella seconda metà del Seicento, l'impiego sistematico del microscopio innescò una vera e propria rivoluzione nel modo di concepire l'infinitamente piccolo; una rivoluzione che ha tratti peculiari e per certi versi opposti rispetto a quella astronomica, coadiuvata dal telescopio. Leibniz fu perfettamente consapevole di questa "seconda rivoluzione" e il suo interesse verso il nuovo strumento osservativo fu dettato tanto da motivazioni di carattere teorico (penetrare la struttura profonda della materia) quanto da esigenze di carattere pratico (perfezionare la medicina mediante una comprensione più precisa dell'anatomia sottile degli organismi). Il lavoro prende in esame la ricezione da parte di Leibniz dell'opera di alcuni dei più importanti microscopisti a lui contemporanei, da Hooke a Leeuwenhoek, da Swammerdam a Malpighi, mostrando come ognuno di essi abbia esercitato una qualche influenza sull'elaborazione del concetto leibniziano di "monade" intesa come atomo vivente, dotato di caratteristiche organiche (percezione, appetito, sviluppo, ecc). Un particolare rilievo viene dato ai rapporti personali e teorici tra Leibniz e Leeuwenhoek, che fu senza alcun dubbio il microscopista verso cui Leibniz nutrì maggiore stima, al punto che tra i due intercorse un epistolario diretto negli anni 1715-1716 (del quale riportiamo in appendice alcune lettere inedite). L'osservazione del mondo microscopico del vivente offrì a Leibniz una serie di conferme "empiriche" di alcune tesi di carattere metafisico che sono al centro del suo sistema della natura: il principio di continuità, l'identità degli indiscernibili, il panorganicismo, l'idea di preformazione, il principio di pienezza, l'idea di una gerarchia di anime distribuite sulla "scala naturae". In generale, il microscopio appariva a Leibniz come lo strumento più idoneo a mettere in luce quella sintesi tra il massimo di "varietà" e il massimo di "ordine" che rappresentava a suo avviso il marchio distintivo della creazione divina. Nell'esprimere in maniera "popolare" le sue tesi filosofiche, Leibniz ama utilizzare talvolta alcune metafore teatrali, per lo più incentrate sulla maschera di Arlecchino, verso la quale egli dimostra una speciale predilezione. Parte del lavoro è dedicata ad individuare le fonti cui Leibniz attinge tali riferimenti e le possibili ragioni per la scelta di Arlecchino. L'utilizzo di espressioni metaforiche teatrali assume così un doppio significato: da una parte, esso conferma il ruolo giocato dalla metafora in genere nell'ambito di teorie scientifiche nascenti (in questo caso, l'embriologia); dall'altro, esso getta una qualche luce su quella particolare coincidenza temporale che vide da una parte la nascita della scienza moderna e dall'altra il secolo d'oro del teatro europeo.
10-apr-2015
Italiano
Bernardi, Walter
Mugnai, Massimo
Brogi, Stefano
Centrone, Bruno
Nenci, Elio
Università degli Studi di Pisa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/153794
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-153794