This work examines the withdraw of the right of pre-emption in public companies. In particular, starting from the regulation development that defines the right of pre-emption in the Italian legal order (and in the American and German ones), there come out the interests that cyclically are satisfied by the pre-emptive right issue. The outcome of this research points out the primal asset-oriented direction of the law and, according to its recent evolution, the gradual trend, in those same legal orders which admit a strong right of pre-emption, toward a loosening of the shareholders' preferential right in the open companies: the law diversification that can be therefore recognized is due to an opening or closing attitude of the company toward the risk capital market, given an already outlined empirical link between the pre-emption regulations and the company ownership extent. That being so, there has been the main intention to check if the pre-emption norms can accomplish the task of splitting the several organization models of public companies in order to spot those interests which are protected by the right of pre-emption in public companies. The survey has then followed a double direction: the in-depth examination of empirical capital increases and the analysis of the laws which settle the shareholders' right of pre-emption, looking at the stock companies and at the limited liability companies, on one side, and at the public companies, on the other. If all the deep differences between the stock companies and the limited liability companies are taken for granted, there is the chance of assigning to the shareholders' option a role in the definition of the various organizational models in the public companies: in particular, the right of pre-emption, beyond its traditional purpose of preserving the members' involvement, accomplishes the qualitative role of weighing on the company opening or closing attitude and therefore the company setting. It's been also noticed that art. 2441, par. 4, c.c., allows public companies to introduce in their articles the withdraw of the right of pre-emption within 10% of the capital, if the stocks are issued at the market price. This joins the traditional withdraw reasons: it represents the peculiarity of the interests concerning the capital increases in public companies. From the analysis of art. 2441, par. 4, second part, c.c., it results that the pre-emptive right withdraw has its own rules. It can't be applied as to par. 5 and 6 of art. 2441, c.c: the generic formal and substantial cautions are not put on. From this all it derives that in art. 2441, par. 4, second part, c.c., there is no right of pre-emption, neither abstractly, nor pragmatically. In art. 2441, par. 4, second part, c.c., the reference to that right is empty (it doesn't describe any rule). However, there isn't any infringement in the shareholders' right of retaining their ownership shares. As the conservation can be put to use in several ways: the 10% and the stock values match with the market quotes let the shareholders keep their shares with a direct purchase. An equal-treatments system, through a direct purchase, instead of an equal-rights system. Due to the withdraw of the abstract pre-emptive right, there comes out the compatibility issue between the national and the european law. The second Council directive, at art. 29, sounds like forcing a formalisation of the right of pre-emption, banning the withdraw of the so-called abstract pre-emptive right from the articles of association. It is believed that art. 2441, par. 4, second part, c.c., isn't responsible for any lack of protection toward the shareholders. The directive thus safeguards the possibility to preserve the amount of quotes (but not to maintain the percentage ratios among the shareholders) that must suit to the company and to the external sources of financing interests, so it grants the same protection, even if not using the same instruments. As a consequence: the art. 2441, par. 4, second part, c.c., complies to the directive, because it ensures the same protection to the right of pre-emption. Otherwise, the art. 2441, par. 4, second part, c.c., doesn't protect the qualitative role of the right of pre-emption (the possibility to keep the ownership configuration), so it must be considered related to the market and from the point of view of a really big company. There comes out the necessity to protect the shareholders from a violation of the assumptions of the art. 2441, par. 4, second part, c.c., and even from the introduction of the clause. The clause involves the transition from a (in a manner of speaking) paternalistic protection of the pre-emptive right to a market protection, which doesn't affect the ownership structure, that can be therefore modified. Moreover, given that a substanstial protection and an art. 2441, par. 5 and 6, c.c., implementation guardship lack, the protection itself runs from the withdraw decision time to the withdraw clause introduction moment. Finally, there has been a research on the consequences of the use and of the understanding that come from an hypothesis according to which the right of pre-emption is not granted to the shareholders. This has been examined related to the company interests and to the understanding of the pre-emptive right withdraw, as per art. 2441, par. 5, c.c., in public companies.
Nel presente lavoro è stato approfondito il tema dell'esclusione del diritto di opzione nelle società quotate. In particolare, muovendo dall'evoluzione normativa caratterizzante il diritto di opzione nell'ordinamento italiano e in altri ordinamenti quello americano e quello tedesco si è inteso far emergere gli interessi che ciclicamente si è inteso soddisfare attraverso la disciplina dell'opzione. All'esito di tale indagine è emersa l'originaria vocazione patrimoniale del diritto e, con riferimento ai recenti sviluppi legislativi, la progressiva tendenza, negli stessi ordinamenti che riconoscono un diritto forte di opzione, verso un allentamento del diritto preferenziale dei soci nelle società aperte : si assiste, cioè, ad una diversificazione normativa in ragione dell'apertura o chiusura dell'impresa verso il mercato del capitale di rischio, delineandosi sul piano empirico già un nesso fra disciplina dell'opzione e grado di concentrazione proprietaria della società. Alla luce di tali considerazioni, l'obiettivo è stato appunto quello di verificare se la disciplina del diritto di preferenza possa assolvere ad una funzione di spartiacque fra i modelli organizzativi di società per azioni e di individuare gli interessi tutelati dal diritto di opzione nelle società quotate. L'indagine ha quindi seguito una duplice direzione: verso l'approfondimento del fenomeno degli aumenti di capitale nella realtà empirica e verso l'analisi delle norme dedicate al diritto di preferenza dei soci, guardandosi alla disciplina dettata, da un lato, per la s.p.a. e per la s.r.l., dall'altro, per la s.p.a. quotata. Considerate le profonde differenze fra la s.p.a. e la s.r.l., è stata ravvisato la possibilità di attribuire al diritto di preferenza dei soci una funzione nella definizione dei diversi modelli organizzativi dell'impresa azionaria: in particolare, il diritto di opzione, oltre alla tradizionale funzione conservativa della partecipazione dei soci, assolve ad una funzione qualitativa circa la composizione della compagine sociale, incidendo sulla maggiore apertura o chiusura dell'impresa. L'attenzione si è poi concentrata sulla previsione speciale dell'art. 2441, comma 4, c.c., che consente alle sole società quotate di riconoscere statutariamente la possibilità di escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale preesistente a condizione che il prezzo di emissione delle azioni corrisponda al valore di mercato. Tale ipotesi si affianca alle tradizionali cause di esclusione, rappresentando un indice della specificità di interessi che caratterizza gli aumenti di capitale e quindi il diritto di opzione e la sua esclusione nelle società con azioni quotate. Dall'analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c., risulta che l' esclusione del diritto di opzione è disciplinata da regole specifiche. Non trova applicazione la disciplina di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 2441 c.c., non trovano cioè applicazione le cautele sostanziali e procedimentali dettate per le ipotesi generali di esclusione dell'opzione. Dall'inapplicabilità, per espressa previsione legislativa, della disciplina appena richiamata discende che nella fattispecie di cui all'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. non solo non può configurarsi un diritto concreto di opzione, ma non può neppure configurarsi un diritto astratto di opzione. Il riferimento all' opzione nell'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. è cioè vuoto, non sintetizza alcuna normativa. Pur rilevando il mancato riconoscimento del diritto di opzione, non è stata, tuttavia, riscontrata alcuna lesione dell'interesse conservativo dei soci a mantenere inalterata la propria quota partecipativa. Muovendo dall'assunto che la medesima funzione di tutela può essere assolta dal riconoscimento di una pluralità di strumenti, sono stati infatti individuati nella previsione del limite quantitativo del 10% nonché della corrispondenza del prezzo di emissione al valore di mercato le condizioni perché sia garantita l'operatività del meccanismo di tutela dell'interesse conservativo, alternativo ma equivalente, al riconoscimento del diritto di opzione: l'acquisto diretto delle azioni sul mercato. A fronte di un sistema fondato sulla parità dei diritti, è stato previsto un sistema finalizzato ad assicurare la parità di trattamento fra i soci, cioè la pari possibilità di acquisto diretto. Peraltro, in ragione Nel presente lavoro è stato approfondito il tema dell'esclusione del diritto di opzione nelle società quotate. In particolare, muovendo dall'evoluzione normativa caratterizzante il diritto di opzione nell'ordinamento italiano e in altri ordinamenti quello americano e quello tedesco si è inteso far emergere gli interessi che ciclicamente si è inteso soddisfare attraverso la disciplina dell'opzione. All'esito di tale indagine è emersa l'originaria vocazione patrimoniale del diritto e, con riferimento ai recenti sviluppi legislativi, la progressiva tendenza, negli stessi ordinamenti che riconoscono un diritto forte di opzione, verso un allentamento del diritto preferenziale dei soci nelle società aperte : si assiste, cioè, ad una diversificazione normativa in ragione dell'apertura o chiusura dell'impresa verso il mercato del capitale di rischio, delineandosi sul piano empirico già un nesso fra disciplina dell'opzione e grado di concentrazione proprietaria della società. Alla luce di tali considerazioni, l'obiettivo è stato appunto quello di verificare se la disciplina del diritto di preferenza possa assolvere ad una funzione di spartiacque fra i modelli organizzativi di società per azioni e di individuare gli interessi tutelati dal diritto di opzione nelle società quotate. L'indagine ha quindi seguito una duplice direzione: verso l'approfondimento del fenomeno degli aumenti di capitale nella realtà empirica e verso l'analisi delle norme dedicate al diritto di preferenza dei soci, guardandosi alla disciplina dettata, da un lato, per la s.p.a. e per la s.r.l., dall'altro, per la s.p.a. quotata. Considerate le profonde differenze fra la s.p.a. e la s.r.l., è stata ravvisato la possibilità di attribuire al diritto di preferenza dei soci una funzione nella definizione dei diversi modelli organizzativi dell'impresa azionaria: in particolare, il diritto di opzione, oltre alla tradizionale funzione conservativa della partecipazione dei soci, assolve ad una funzione qualitativa circa la composizione della compagine sociale, incidendo sulla maggiore apertura o chiusura dell'impresa. L'attenzione si è poi concentrata sulla previsione speciale dell'art. 2441, comma 4, c.c., che consente alle sole società quotate di riconoscere statutariamente la possibilità di escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale preesistente a condizione che il prezzo di emissione delle azioni corrisponda al valore di mercato. Tale ipotesi si affianca alle tradizionali cause di esclusione, rappresentando un indice della specificità di interessi che caratterizza gli aumenti di capitale e quindi il diritto di opzione e la sua esclusione nelle società con azioni quotate. Dall'analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c., risulta che l' esclusione del diritto di opzione è disciplinata da regole specifiche. Non trova applicazione la disciplina di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 2441 c.c., non trovano cioè applicazione le cautele sostanziali e procedimentali dettate per le ipotesi generali di esclusione dell'opzione. Dall'inapplicabilità, per espressa previsione legislativa, della disciplina appena richiamata discende che nella fattispecie di cui all'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. non solo non può configurarsi un diritto concreto di opzione, ma non può neppure configurarsi un diritto astratto di opzione. Il riferimento all' opzione nell'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. è cioè vuoto, non sintetizza alcuna normativa. Pur rilevando il mancato riconoscimento del diritto di opzione, non è stata, tuttavia, riscontrata alcuna lesione dell'interesse conservativo dei soci a mantenere inalterata la propria quota partecipativa. Muovendo dall'assunto che la medesima funzione di tutela può essere assolta dal riconoscimento di una pluralità di strumenti, sono stati infatti individuati nella previsione del limite quantitativo del 10% nonché della corrispondenza del prezzo di emissione al valore di mercato le condizioni perché sia garantita l'operatività del meccanismo di tutela dell'interesse conservativo, alternativo ma equivalente, al riconoscimento del diritto di opzione: l'acquisto diretto delle azioni sul mercato. A fronte di un sistema fondato sulla parità dei diritti, è stato previsto un sistema finalizzato ad assicurare la parità di trattamento fra i soci, cioè la pari possibilità di acquisto diretto. Peraltro, in ragione dell'esclusione del diritto astratto di opzione si è posto un problema di compatibilità del diritto nazionale con il diritto comunitario: la seconda direttiva, all'art. 29, sembra infatti imporre agli stati membri la codificazione del diritto di opzione, vietando un'esclusione statutaria del diritto c.d. astratto di opzione. Non si è tuttavia ritenuto che l'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. non crei alcun vuoto di tutela per gli azionisti. Invero, la Direttiva, da un lato, tutela con il diritto di opzione il solo interesse conservativo dei soci (e non quello qualitativo relativamente alla composizione della compagine sociale), che deve in ogni caso essere contemperato con l'interesse della società ad un efficiente finanziamento esterno , dall'altro, persegue l'obiettivo dell'equivalenza del medesimo grado di tutela e non dell'equivalenza degli strumenti di protezione volti a tutelare gli interessi in gioco. Ne discende che l'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c., nella misura in cui assicura una protezione equivalente al diritto di opzione, è conforme alla Direttiva. Al contrario, ciò che l'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. non tutela è la funzione qualitativa del diritto di opzione e, quindi, l'interesse al mantenimento degli assetti proprietari, con la conseguenza che l'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c. deve essere letto in una prospettiva di mercato e nell'ottica della grandissima società per azioni. A tale ultima considerazione consegue la necessità di tutelare i soci non solo a fronte della violazione dei presupposti applicativi dell'art. 2441, comma 4, seconda parte, c.c., ma anche a fronte dell'introduzione della clausola. Invero, l'introduzione della clausola implica il passaggio da una tutela per così dire paternalistica il diritto di opzione ad una tutela di mercato e, non accordando alcuna protezione all'interesse al mantenimento degli assetti proprietari, può determinare un'alterazione delle reciproche proporzioni partecipative fra i soci. Inoltre, in ragione del venir meno della protezione sostanziale e procedimentale di cui all'art. 2441, commi 5 e 6, c.c., il baricentro della tutela si sposta dal momento della delibera di esclusione al momento dell'introduzione della clausola di esclusione. Infine, sono stati esaminati alcuni riflessi applicativi e interpretativi che possono farsi discendere dalla previsione di un'ipotesi in cui il diritto di opzione non è riconosciuto ai soci. E ciò con particolare riguardo alla nozione di interesse sociale ed all'interpretazione dell'ipotesi di esclusione dell'opzione di cui all'art. 2441, comma 5, c.c. nella società quotata.
L'"esclusione" del diritto di opzione nelle società quotate
Abu Awwad, Amal
2008
Abstract
This work examines the withdraw of the right of pre-emption in public companies. In particular, starting from the regulation development that defines the right of pre-emption in the Italian legal order (and in the American and German ones), there come out the interests that cyclically are satisfied by the pre-emptive right issue. The outcome of this research points out the primal asset-oriented direction of the law and, according to its recent evolution, the gradual trend, in those same legal orders which admit a strong right of pre-emption, toward a loosening of the shareholders' preferential right in the open companies: the law diversification that can be therefore recognized is due to an opening or closing attitude of the company toward the risk capital market, given an already outlined empirical link between the pre-emption regulations and the company ownership extent. That being so, there has been the main intention to check if the pre-emption norms can accomplish the task of splitting the several organization models of public companies in order to spot those interests which are protected by the right of pre-emption in public companies. The survey has then followed a double direction: the in-depth examination of empirical capital increases and the analysis of the laws which settle the shareholders' right of pre-emption, looking at the stock companies and at the limited liability companies, on one side, and at the public companies, on the other. If all the deep differences between the stock companies and the limited liability companies are taken for granted, there is the chance of assigning to the shareholders' option a role in the definition of the various organizational models in the public companies: in particular, the right of pre-emption, beyond its traditional purpose of preserving the members' involvement, accomplishes the qualitative role of weighing on the company opening or closing attitude and therefore the company setting. It's been also noticed that art. 2441, par. 4, c.c., allows public companies to introduce in their articles the withdraw of the right of pre-emption within 10% of the capital, if the stocks are issued at the market price. This joins the traditional withdraw reasons: it represents the peculiarity of the interests concerning the capital increases in public companies. From the analysis of art. 2441, par. 4, second part, c.c., it results that the pre-emptive right withdraw has its own rules. It can't be applied as to par. 5 and 6 of art. 2441, c.c: the generic formal and substantial cautions are not put on. From this all it derives that in art. 2441, par. 4, second part, c.c., there is no right of pre-emption, neither abstractly, nor pragmatically. In art. 2441, par. 4, second part, c.c., the reference to that right is empty (it doesn't describe any rule). However, there isn't any infringement in the shareholders' right of retaining their ownership shares. As the conservation can be put to use in several ways: the 10% and the stock values match with the market quotes let the shareholders keep their shares with a direct purchase. An equal-treatments system, through a direct purchase, instead of an equal-rights system. Due to the withdraw of the abstract pre-emptive right, there comes out the compatibility issue between the national and the european law. The second Council directive, at art. 29, sounds like forcing a formalisation of the right of pre-emption, banning the withdraw of the so-called abstract pre-emptive right from the articles of association. It is believed that art. 2441, par. 4, second part, c.c., isn't responsible for any lack of protection toward the shareholders. The directive thus safeguards the possibility to preserve the amount of quotes (but not to maintain the percentage ratios among the shareholders) that must suit to the company and to the external sources of financing interests, so it grants the same protection, even if not using the same instruments. As a consequence: the art. 2441, par. 4, second part, c.c., complies to the directive, because it ensures the same protection to the right of pre-emption. Otherwise, the art. 2441, par. 4, second part, c.c., doesn't protect the qualitative role of the right of pre-emption (the possibility to keep the ownership configuration), so it must be considered related to the market and from the point of view of a really big company. There comes out the necessity to protect the shareholders from a violation of the assumptions of the art. 2441, par. 4, second part, c.c., and even from the introduction of the clause. The clause involves the transition from a (in a manner of speaking) paternalistic protection of the pre-emptive right to a market protection, which doesn't affect the ownership structure, that can be therefore modified. Moreover, given that a substanstial protection and an art. 2441, par. 5 and 6, c.c., implementation guardship lack, the protection itself runs from the withdraw decision time to the withdraw clause introduction moment. Finally, there has been a research on the consequences of the use and of the understanding that come from an hypothesis according to which the right of pre-emption is not granted to the shareholders. This has been examined related to the company interests and to the understanding of the pre-emptive right withdraw, as per art. 2441, par. 5, c.c., in public companies.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/159212
URN:NBN:IT:UNICATT-159212