La barriera ematoencefalica (BEE) costituisce l’interfaccia tra l’encefalo e il torrente ematico e garantisce il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC) mantenendo l’omeostasi cerebrale entro ristretti limiti fisiologici. Infatti, a livello delle cellule endoteliali di barriera, la presenza di un elevato numero di giunzioni strette (tight junctions, TJ) e l’espressione asimmetrica di specifici trasportatori di membrana assicura una fine regolazione del flusso di sostanze in entrata e in uscita dall’encefalo [Enciu et al., 2013; Lakhan et al., 2013; Abbott and Friedman, 2012; Wolburg et al., 2009; Hawkins and Davis, 2005; Ballabh et Al., 2004]. Alla modulazione della permeabilità della BEE partecipano, inoltre, porzioni eterogenee di membrana arricchite in colesterolo e sfingolipidi di dimensioni comprese tra 10 e 200nm, definite microdomini o lipid rafts [Di Paolo and Kim, 2011; Rushworth and Hooper, 2010; Lingwood and Simmons, 2010; Patel and insel, 2009; Wennekes et al., 2009]. Poiché la BEE garantisce il mantenimento dell’omeostasi cerebrale, condizioni che ne alterano la struttura o la funzionalità risultano cruciali nello sviluppo e nella progressione di alcune delle patologie che colpiscono il SNC [Sagare et al., 2012; Grinberg et al., 2012; Jeynes and Provias, 2011]. È noto che l’ischemia cerebrale danneggia la BEE poiché promuove l’aumento della permeabilità paracellulare e la perdita diffusa di sostanze attraverso la parete vasale per effetto della rottura delle giunzioni strette [Lakhan et al., 2013; Jablonski et al., 2011; An and Xue, 2009; Pluta and Ulamek, 2008; Koto et al., 2007]. In aggiunta, l’evento ischemico compromette i meccanismi di autoregolazione del flusso ematico, determinando vasocostrizione ed ipoperfusione [Lin and Perez-Pinzon, 2013; Pluta and Ulamek, 2008]. È stato, inoltre, osservato un aumentato rischio di insorgenza della malattia di Alzheimer (AD) in pazienti che hanno subito ricorrenti episodi ischemici e sebbene i meccanismi molecolari non siano ancora stati completamente chiariti, è stata dimostrata una correlazione fisiopatologica con il metabolismo della Proteina Precursore dell’Amiloide (APP) [Guglielmotto et al., 2009;]. In modelli neuronali, infatti, le condizioni ischemiche promuovono il processamento di APP mediato dalla β-secretasi (BACE1) e la conseguente produzione di peptide amiloide (Aβ42) [Guglielmotto et al., 2009; Zhang et al., 2007; Xue et al., 2006; Sun et al., 2006] e recentemente, è stato dimostrato un aumento dei livelli di Aβ42 in risposta a condizioni ischemiche anche in un modello cellulare di BEE [Bulbarelli et al., 2012]. L’intorno lipidico in cui sono immerse sia la proteina APP sia le secretasi, oltre a svolgere un importante ruolo nel mantenimento delle proprietà della BEE [Dodelet-Devillers et al., 2009; Wolburg et al., 2009; Sugibayashi et al., 2009; McCafftrey et al., 2007], partecipa alla modulazione della produzione di Aβ42 [Sathya et al., 2012; Zhang et al., 2011; Di Paolo and Kim, 2011; Vestergaard et al., 2010]. Ciononostante i dati relativi l’influenza delle condizioni ischemiche sui livelli di espressione dei lipidi di membrana nel distretto vascolare cerebrale non sono del tutto chiari [Maulik et al., 2012; Di paolo and Kim, 2011; Verstergaard et al., 2010; Wennekes et al., 2009]. Pertanto, il presente lavoro si prefigge di valutare, in cellule endoteliali di BEE, il ruolo delle modificazioni lipidiche indotte da condizioni ischemiche, allo scopo di individuare una possibile correlazione con l’aumento dei livelli di Aβ42, [Bulbarelli et al., 2012]. La linea cellulare RBE4 (cellule endoteliali del microcircolo cerebrale di ratto) è stata utilizzata come modello in vitro di BEE e le condizioni ischemiche sono state mimate avvalendoci di un protocollo di deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD) già in uso presso il laboratorio [Bulbarelli et al., 2012]. Le analisi sono state condotte dopo 1 e 24 ore di ripristino delle condizioni normossiche e normoglucidiche ed i risultati ottenuti mostrano, la riduzione dei livelli di espressione di GM2 e GM3, l’aumento dei livelli di colesterolo libero (CL) e la concomitante riduzione dei livelli di colesterolo esterificato (CE). L’accumulo di CL in membrana, oltre a determinarne una diminuzione nella fluidità, promuove significativamente l’attività di BACE1 (45%). In più, le alterazioni lipidiche di membrana indotte dal trattamento sembrano favorire, in cellule RBE4, uno spostamento delle proteine APP e BACE1 dai microdomini ed una loro rilocalizzazione nelle porzioni non rafts di membrana. Queste evidenze sperimentali suggeriscono un ruolo dell’evento ischemico nella modulazione dei lipidi delle cellule di barriera che potrebbe spiegare almeno in parte l’attivazione di meccanismi correlati alla produzione di peptide Aβ42 e già osservati presso il laboratorio [Bulbarelli et al., 2012]. Inoltre, differentemente da quanto riportato in letteratura [Keleshian et al., 2013; Gentile et al., 2012; Schonfeld et al., 2011; Espenshade and Hughes, 2007]. nel nostro modello sperimentale il trattamento non determina una riduzione dei quantitativi dei FL. Abbiamo, pertanto, ipotizzato che gli acidi grassi (AG) liberati per idrolisi dal CE possano essere riutilizzati dalla cellula in sostituzione di quelli rilasciati dai FL per una sorta di meccanismo compensatorio. È noto, infatti, che le condizioni ischemiche attivano la fosfolipasi A2 citosolica (cPLA2) promuovendo la sua rilocalizzazione in membrana dove catalizza l’idrolisi degli acidi grassi (AG) dai FL, con il conseguente rilascio di acido arachidonico (AA) in cellula. L’AA è il precursore di diversi mediatori del processo infiammatorio, alla cui sintesi partecipa la cicloossigenasi 2 (COX2) [Gentile et al., 2012; Rao et al., 2012; Kim et al., 2011; Fraser, 2011; Mbonye and Song, 2009]. Effettivamente, da quanto osservato in cellule RBE4, dopo il trattamento OGD l’espressione proteica di cPLA2 nelle frazioni arricchite in membrane (MEF) aumenta, parallelamente all’incremento della proteina COX2, un marcatore di infiammazione [Heneka et al., 2010]. In conclusione, il diffuso aumento dei livelli di CL, (ovvero non localizzato in specifici domini di membrana), potrebbe rappresentare un “effetto collaterale” nella risposta all’evento ischemico, che portando all’attivazione catalitica di BACE1, favorirebbe la produzione di Aβ42. Un meccanismo che, in un quadro più ampio, potrebbe nel tempo partecipare nel soggetto ischemico all’accumulo di peptide amiloide a livello di endotelio cerebrale, alterando strutturalmente e funzionalmente la BEE e risultando importante anche nell’insorgenza della patologia di Alzheimer.

Effetti della deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD) sulla fluidità di membrana e sulla modulazione dell'attività di bace1 in cellule endoteliali del microcircolo cerebrale di ratto (RBE4)

BRAMBILLA, ANNA
2013

Abstract

La barriera ematoencefalica (BEE) costituisce l’interfaccia tra l’encefalo e il torrente ematico e garantisce il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC) mantenendo l’omeostasi cerebrale entro ristretti limiti fisiologici. Infatti, a livello delle cellule endoteliali di barriera, la presenza di un elevato numero di giunzioni strette (tight junctions, TJ) e l’espressione asimmetrica di specifici trasportatori di membrana assicura una fine regolazione del flusso di sostanze in entrata e in uscita dall’encefalo [Enciu et al., 2013; Lakhan et al., 2013; Abbott and Friedman, 2012; Wolburg et al., 2009; Hawkins and Davis, 2005; Ballabh et Al., 2004]. Alla modulazione della permeabilità della BEE partecipano, inoltre, porzioni eterogenee di membrana arricchite in colesterolo e sfingolipidi di dimensioni comprese tra 10 e 200nm, definite microdomini o lipid rafts [Di Paolo and Kim, 2011; Rushworth and Hooper, 2010; Lingwood and Simmons, 2010; Patel and insel, 2009; Wennekes et al., 2009]. Poiché la BEE garantisce il mantenimento dell’omeostasi cerebrale, condizioni che ne alterano la struttura o la funzionalità risultano cruciali nello sviluppo e nella progressione di alcune delle patologie che colpiscono il SNC [Sagare et al., 2012; Grinberg et al., 2012; Jeynes and Provias, 2011]. È noto che l’ischemia cerebrale danneggia la BEE poiché promuove l’aumento della permeabilità paracellulare e la perdita diffusa di sostanze attraverso la parete vasale per effetto della rottura delle giunzioni strette [Lakhan et al., 2013; Jablonski et al., 2011; An and Xue, 2009; Pluta and Ulamek, 2008; Koto et al., 2007]. In aggiunta, l’evento ischemico compromette i meccanismi di autoregolazione del flusso ematico, determinando vasocostrizione ed ipoperfusione [Lin and Perez-Pinzon, 2013; Pluta and Ulamek, 2008]. È stato, inoltre, osservato un aumentato rischio di insorgenza della malattia di Alzheimer (AD) in pazienti che hanno subito ricorrenti episodi ischemici e sebbene i meccanismi molecolari non siano ancora stati completamente chiariti, è stata dimostrata una correlazione fisiopatologica con il metabolismo della Proteina Precursore dell’Amiloide (APP) [Guglielmotto et al., 2009;]. In modelli neuronali, infatti, le condizioni ischemiche promuovono il processamento di APP mediato dalla β-secretasi (BACE1) e la conseguente produzione di peptide amiloide (Aβ42) [Guglielmotto et al., 2009; Zhang et al., 2007; Xue et al., 2006; Sun et al., 2006] e recentemente, è stato dimostrato un aumento dei livelli di Aβ42 in risposta a condizioni ischemiche anche in un modello cellulare di BEE [Bulbarelli et al., 2012]. L’intorno lipidico in cui sono immerse sia la proteina APP sia le secretasi, oltre a svolgere un importante ruolo nel mantenimento delle proprietà della BEE [Dodelet-Devillers et al., 2009; Wolburg et al., 2009; Sugibayashi et al., 2009; McCafftrey et al., 2007], partecipa alla modulazione della produzione di Aβ42 [Sathya et al., 2012; Zhang et al., 2011; Di Paolo and Kim, 2011; Vestergaard et al., 2010]. Ciononostante i dati relativi l’influenza delle condizioni ischemiche sui livelli di espressione dei lipidi di membrana nel distretto vascolare cerebrale non sono del tutto chiari [Maulik et al., 2012; Di paolo and Kim, 2011; Verstergaard et al., 2010; Wennekes et al., 2009]. Pertanto, il presente lavoro si prefigge di valutare, in cellule endoteliali di BEE, il ruolo delle modificazioni lipidiche indotte da condizioni ischemiche, allo scopo di individuare una possibile correlazione con l’aumento dei livelli di Aβ42, [Bulbarelli et al., 2012]. La linea cellulare RBE4 (cellule endoteliali del microcircolo cerebrale di ratto) è stata utilizzata come modello in vitro di BEE e le condizioni ischemiche sono state mimate avvalendoci di un protocollo di deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD) già in uso presso il laboratorio [Bulbarelli et al., 2012]. Le analisi sono state condotte dopo 1 e 24 ore di ripristino delle condizioni normossiche e normoglucidiche ed i risultati ottenuti mostrano, la riduzione dei livelli di espressione di GM2 e GM3, l’aumento dei livelli di colesterolo libero (CL) e la concomitante riduzione dei livelli di colesterolo esterificato (CE). L’accumulo di CL in membrana, oltre a determinarne una diminuzione nella fluidità, promuove significativamente l’attività di BACE1 (45%). In più, le alterazioni lipidiche di membrana indotte dal trattamento sembrano favorire, in cellule RBE4, uno spostamento delle proteine APP e BACE1 dai microdomini ed una loro rilocalizzazione nelle porzioni non rafts di membrana. Queste evidenze sperimentali suggeriscono un ruolo dell’evento ischemico nella modulazione dei lipidi delle cellule di barriera che potrebbe spiegare almeno in parte l’attivazione di meccanismi correlati alla produzione di peptide Aβ42 e già osservati presso il laboratorio [Bulbarelli et al., 2012]. Inoltre, differentemente da quanto riportato in letteratura [Keleshian et al., 2013; Gentile et al., 2012; Schonfeld et al., 2011; Espenshade and Hughes, 2007]. nel nostro modello sperimentale il trattamento non determina una riduzione dei quantitativi dei FL. Abbiamo, pertanto, ipotizzato che gli acidi grassi (AG) liberati per idrolisi dal CE possano essere riutilizzati dalla cellula in sostituzione di quelli rilasciati dai FL per una sorta di meccanismo compensatorio. È noto, infatti, che le condizioni ischemiche attivano la fosfolipasi A2 citosolica (cPLA2) promuovendo la sua rilocalizzazione in membrana dove catalizza l’idrolisi degli acidi grassi (AG) dai FL, con il conseguente rilascio di acido arachidonico (AA) in cellula. L’AA è il precursore di diversi mediatori del processo infiammatorio, alla cui sintesi partecipa la cicloossigenasi 2 (COX2) [Gentile et al., 2012; Rao et al., 2012; Kim et al., 2011; Fraser, 2011; Mbonye and Song, 2009]. Effettivamente, da quanto osservato in cellule RBE4, dopo il trattamento OGD l’espressione proteica di cPLA2 nelle frazioni arricchite in membrane (MEF) aumenta, parallelamente all’incremento della proteina COX2, un marcatore di infiammazione [Heneka et al., 2010]. In conclusione, il diffuso aumento dei livelli di CL, (ovvero non localizzato in specifici domini di membrana), potrebbe rappresentare un “effetto collaterale” nella risposta all’evento ischemico, che portando all’attivazione catalitica di BACE1, favorirebbe la produzione di Aβ42. Un meccanismo che, in un quadro più ampio, potrebbe nel tempo partecipare nel soggetto ischemico all’accumulo di peptide amiloide a livello di endotelio cerebrale, alterando strutturalmente e funzionalmente la BEE e risultando importante anche nell’insorgenza della patologia di Alzheimer.
4-dic-2013
Italiano
BULBARELLI, ALESSANDRA
Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMIB-170162