My research project is focused on OI as a new strategy to implement innovative change and impact in NPOs (Nonprofit Organizations), starting from my role of OI (Open Innovation) manager in Consorzio Consolida of Lecco. Social innovation leads this concept to new ideas (products, services and models) that meet social needs and which at the same time create new relationships and new collaborations (Murray, Caulier Grice and Mulgan 2016). A useful declination to it is coined in 2003 by Chesbrough, Open Innovation, in order to highlight how businesses cannot rely only on ideas and internal resources but have the need to also resort to tools and skills that come from outside, creating impact on the contexts in which it operates (if social). The OI manager must be able then to facilitate and accompany processes that foster awareness for the social cooperatives of being part of an ecosystem made by a plurality of institutions and relations between the subjects that are part of it. The existing literature review on OI processes or profiles underlies a strong focus on profit sector and ICT, who embraces an idea of innovation totally different from the NPOs world. Why the profit competences of an OI manager aren’t enough for the NPOs world? Empirical research in recent years reveals the existence of widespread obstacles to innovation by social enterprises, a part of which still appears to be linked to organizational models and cultures structurally not suited to innovation (Fazzi, 2014). Innovation is a product of highly articulated political and economic social processes that encompass both people and organizations and the contexts and general conditions in which they operate. The idea of an ecosystem as an object of policies means that changes must concern not only social enterprises, but also the regulation, promotion and control systems, inter-organizational relations and welfare cultures that are humus of change (Fazzi 2018).
Nell’ambito del Terzo Settore, il discorso sull’innovazione è sempre più presente, anche se in ritardo rispetto ad altri ambiti organizzativi (Yun, 2017), ma rischia di essere un dogma intorno al quale insistere su una prospettiva di sviluppo che è stata solo in parte interiorizzata dalla gran parte delle Organizzazioni di Terzo Settore (Fazzi, 2020), più inclini a innovazioni incrementali che a grandi trasformazioni organizzative. Questo rischio si è fatto ancora più evidente a seguito della pandemia da Covid-19, che ha portato a forme e processi di innovazione forzata, crescente e a tratti invadente a diversi livelli del mondo della cooperazione, coinvolgendo tutti i ranghi. I dirigenti, ma soprattutto i ruoli intermedi, sono stati costretti, volenti o nolenti, a far fronte alla pressione dal basso e dall’alto: nuovi bisogni e domande degli utenti e delle loro famiglie, ma anche dei committenti e regolatori e delle organizzazioni stesse. Nel periodo della pandemia, i coordinatori di servizi e i direttori delle cooperative hanno dovuto identificare strategie per adattare i processi e le procedure alle restrizioni imposte, per garantire la sicurezza, affrontando bilanci in sofferenza e fornendo risposte concrete a famiglie e utenti che si sono visti improvvisamente privati dell’importante funzione socioeducativa, sociolavorativa e socioassistenziale che tali servizi avevano fino ad allora garantito. In questa ricerca, dunque, metto a fuoco le competenze connesse al ruolo dell’OI manager nel terzo settore, a partire dalla mia esperienza quale referente del COI, nel tentativo di costruire un modello più esplicito di questo profilo professionale, da un lato esplorando il mio agire professionale, dall’altro confrontando tali competenze attraverso interviste in profondità e l’analisi di ricerche pre-esistenti. Ho esplorato le funzioni di OI agite da diverse figure intermedie dirigenziali che – pur non essendo esplicitamente definite come “innovation manager” - hanno accompagnato o stanno accompagnando processi trasformativi a livello territoriale e nazionale. Le domande che guidano questa ricerca sono: Può l'OI (Chesbrough,2003) essere una competenza (Le Boterf, 2009) da spendere a vantaggio delle cooperative sociali, ad esempio per accrescere la loro consapevolezza di appartenere a un ecosistema complesso (Fazzi, 2014)? Quali sono le competenze (Le Boterf, 2009) che consentono la trasmissione e la ricezione dei processi di innovazione sociale (Murray, Caulier Grice e Mulgan, 2016)? Quali potrebbero essere gli aspetti costitutivi di un nuovo profilo da validare e definire per garantire il successo dei processi di OI nelle organizzazioni non profit? Obiettivo ultimo della ricerca è indagare l’utilità di un profilo di competenze che possa facilitare gli Enti del Terzo Settore, la Pubblica Amministrazione e le agenzie di formazione nel costruire pratiche formative, curricola e posizioni lavorative più coerenti e funzionali ai bisogni di innovazione nei sistemi della formazione, del lavoro e dell’intervento sociale. Il profilo al quale questa tesi intende contribuire potrebbe essere disseminato e usato nell’accompagnamento dei progetti e dei processi innovativi nella cooperazione sociale, oltre che nella costruzione di percorsi formativi di base e continui.
COMPETENZE DELL’OPEN INNOVATION MANAGER NELLA COOPERAZIONE SOCIALE: RIFLESSIONI SULLA COSTRUZIONE DI UN PROFILO DI COMPETENZE.
RIVA, ANNA
2023
Abstract
My research project is focused on OI as a new strategy to implement innovative change and impact in NPOs (Nonprofit Organizations), starting from my role of OI (Open Innovation) manager in Consorzio Consolida of Lecco. Social innovation leads this concept to new ideas (products, services and models) that meet social needs and which at the same time create new relationships and new collaborations (Murray, Caulier Grice and Mulgan 2016). A useful declination to it is coined in 2003 by Chesbrough, Open Innovation, in order to highlight how businesses cannot rely only on ideas and internal resources but have the need to also resort to tools and skills that come from outside, creating impact on the contexts in which it operates (if social). The OI manager must be able then to facilitate and accompany processes that foster awareness for the social cooperatives of being part of an ecosystem made by a plurality of institutions and relations between the subjects that are part of it. The existing literature review on OI processes or profiles underlies a strong focus on profit sector and ICT, who embraces an idea of innovation totally different from the NPOs world. Why the profit competences of an OI manager aren’t enough for the NPOs world? Empirical research in recent years reveals the existence of widespread obstacles to innovation by social enterprises, a part of which still appears to be linked to organizational models and cultures structurally not suited to innovation (Fazzi, 2014). Innovation is a product of highly articulated political and economic social processes that encompass both people and organizations and the contexts and general conditions in which they operate. The idea of an ecosystem as an object of policies means that changes must concern not only social enterprises, but also the regulation, promotion and control systems, inter-organizational relations and welfare cultures that are humus of change (Fazzi 2018).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/173641
URN:NBN:IT:UNIMIB-173641