«Il girotondo delle muse verdiane». Itinerari critici nelle messinscene verdiane del secondo dopoguerra. Come afferma Pierluigi Petrobelli, Giuseppe Verdi si colloca come evento unico e determinante nella storia della musica europea. Unico nel senso che nessun altro compositore – eccettuato forse Richard Wagner, l’eterno antagonista – ebbe una eguale ricchezza di atteggiamenti, una pari molteplicità di esperienze e di interessi, sia culturali che politici e sociali. Se la paternità wagneriana della teorizzazione del concetto di “Teatro Totale” rimane un dato sedimentatosi da tempo nella nostra coscienza culturale, meno scontato risulta poter guardare all’opera verdiana come a una concertazione tra più arti. Come afferma Mary Jane Philips-Matz, Verdi fece effettivo impiego delle peculiarità rossiniane per creare quello che è diventato «il teatro totale della nostra epoca». Quel teatro che proprio per Artaud coincideva con un spazio in cui il suono e il rumore, da percepire più fisicamente piuttosto che intellettualmente, rimane l’essenza finale dell’azione scenica. A partire da una disamina del concetto di sinestesia delle arti che inizia ad affermarsi in Europa già a partire dalla fine del XIX secolo, il lavoro qui presentato vuole guardare, in un’ottica sincretica, alle letture interpretative che la messinscena, in tutte le sue componenti, ha dato del dramma verdiano. A tale scopo si propone lo studio di rappresentazioni sceniche delle opere di Verdi avvenute nei principali teatri italiani a partire dal secondo dopoguerra, mettendo in luce le linee di corrispondenza o di allontanamento rispetto al linguaggio rappresentativo tradizionale. Il progetto – la cui originalità emerge anche nel suo riferirsi a un periodo storico tutt’ora assai poco considerato dagli studi di settore e musicologici in particolare – si propone di scandagliare, attraverso la teorizzazione, l’analisi e la ricezione critica esercitate dalla stampa periodica musicale e generalista in campo nazionale, il ruolo di prim’ordine che il particolare rapporto tra le componenti sceniche svolge in un contesto dalla natura polisemica quale è quello del teatro d’opera e rispetto al quale il ruolo esercitato da Verdi risulta essere stato determinante.
«Il girotondo delle muse verdiane». Itinerari critici nelle messinscene verdiane del secondo dopoguerra
Raffaella, Carluccio
2023
Abstract
«Il girotondo delle muse verdiane». Itinerari critici nelle messinscene verdiane del secondo dopoguerra. Come afferma Pierluigi Petrobelli, Giuseppe Verdi si colloca come evento unico e determinante nella storia della musica europea. Unico nel senso che nessun altro compositore – eccettuato forse Richard Wagner, l’eterno antagonista – ebbe una eguale ricchezza di atteggiamenti, una pari molteplicità di esperienze e di interessi, sia culturali che politici e sociali. Se la paternità wagneriana della teorizzazione del concetto di “Teatro Totale” rimane un dato sedimentatosi da tempo nella nostra coscienza culturale, meno scontato risulta poter guardare all’opera verdiana come a una concertazione tra più arti. Come afferma Mary Jane Philips-Matz, Verdi fece effettivo impiego delle peculiarità rossiniane per creare quello che è diventato «il teatro totale della nostra epoca». Quel teatro che proprio per Artaud coincideva con un spazio in cui il suono e il rumore, da percepire più fisicamente piuttosto che intellettualmente, rimane l’essenza finale dell’azione scenica. A partire da una disamina del concetto di sinestesia delle arti che inizia ad affermarsi in Europa già a partire dalla fine del XIX secolo, il lavoro qui presentato vuole guardare, in un’ottica sincretica, alle letture interpretative che la messinscena, in tutte le sue componenti, ha dato del dramma verdiano. A tale scopo si propone lo studio di rappresentazioni sceniche delle opere di Verdi avvenute nei principali teatri italiani a partire dal secondo dopoguerra, mettendo in luce le linee di corrispondenza o di allontanamento rispetto al linguaggio rappresentativo tradizionale. Il progetto – la cui originalità emerge anche nel suo riferirsi a un periodo storico tutt’ora assai poco considerato dagli studi di settore e musicologici in particolare – si propone di scandagliare, attraverso la teorizzazione, l’analisi e la ricezione critica esercitate dalla stampa periodica musicale e generalista in campo nazionale, il ruolo di prim’ordine che il particolare rapporto tra le componenti sceniche svolge in un contesto dalla natura polisemica quale è quello del teatro d’opera e rispetto al quale il ruolo esercitato da Verdi risulta essere stato determinante.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/193613
URN:NBN:IT:UNIPR-193613