La ricerca dottorale ha mirato a far luce sull’idea di democrazia e modernità elaborata da Claude Lefort. Sebbene la sua opera sia stata oggetto di numerosi studi, le fonti del suo pensiero e la complessità della sua idea di storia e di sociale sono lungi dall’essere pienamente comprese. La ricerca ha tracciato ciò che abbiamo chiamato la “storia filosofica della modernità” lefortiana attraverso lo studio delle fonti del suo pensiero così come del contesto in cui prese forma, vale a dire la crisi del marxismo nella Francia degli anni ’60. Proprio per via dell’esistenza di numerosi studi che o si limitano a introdurre l’opera di Lefort, o che ne analizzano soltanto un aspetto, l’esigenza e la metodologia che ha guidato la tesi è stata quella di ricostruire accuratamente le fonti e il contesto di nascita del suo pensiero. La ricerca ha guardato all’opera di Lefort attraverso la questione del teologico-politico. Essa è stata condotta a partire dall’ipotesi che non fosse possibile comprendere a pieno le idee al cuore della democrazia lefortiana, vale a dire quella di “disincorporazione del potere” e quella dell’avvento di un “luogo vuoto del potere”, senza interrogare il “passato” della democrazia. In altre parole, la radicalità dell’istituzione democratica, che abbiamo interpretato come rottura con il teologico-politico, sta proprio nella contrapposizione con la forma sociale da cui è stata preceduta. La ricerca ha fatto luce su questo passato, e cioè sulla “forma teologico-politica” così come Lefort la concepisce sulla base dell’opera di Ernst Kantorowicz I due corpi del re. Nello specifico, abbiamo mostrato come il teologico-politico in Lefort è una particolare forma storica di istituzione del sociale, così come è stato messo in evidenza come questa riflessione sul teologico-politico vada letta insieme all’esigenza di ripensare il politico tout court fuori dal quadro “empirico” delle scienze sociali. Si è inoltre mostrato che la riflessione sul religioso permette a Lefort di meglio tematizzare l’idea, insita in quella di divisione originaria del sociale, di un’alterità sempre all’opera nel sociale, anche quando tale alterità non rimanda a una trascendenza religiosa o a un potere incarnato. Soltanto affrontando il problema teologico-politico in Lefort è possibile, in altre parole, trarre tutte le conseguenze della disincorporazione del potere, come Lefort stesso ha invitato a fare. Solo così è stato possibile cogliere la portata radicale della stessa proposta lefortiana. È stato inoltre chiarito il tipo di rapporto che intercorre tra teologia e politica, e in particolare tra forma teologico-politica e democrazia, in Lefort. Sebbene la democrazia rompe con il teologico-politico, quest’ultima è il tipo di istituzione sociale che la precede. Per evitare di far scivolare il teologico nel politico con l’avvento della forma democratica si è fatto luce sul tipo di riflessione sulla storia adottata da Lefort. Solo soffermandosi su questa riflessione si è potuto comprendere pienamente ciò che Lefort non ha mai smesso di affermare, e cioè l’avvenuta “desintricazione” del teologico e del politico. In altre parole, riflettere sulla storia è stato necessario per evitare di attribuire un carattere religioso alla democrazia lefortiana, o per evitare di leggere la storia della democrazia in termini religiosi. “Storia filosofica della modernità” è il nome dato all’idea di modernità in Lefort. La storia filosofica della modernità è la storia dello scioglimento del nesso teologico-politico. La democrazia rappresenta la rottura del tessuto storico che ha istituito un regime senza precedenti e ha completamente cambiato gli attributi del potere e del sociale, nonché le categorie politiche classiche. Abbiamo mostrato che questa storia della modernità non è teleologicamente orientata basandoci sull’idea di storia sviluppata da Merleau-Ponty. Nel suo corso al Collège de France del ‘53-54 Matériaux pour une théorie de l’histoire, Merleau-Ponty parla della storia come ricerca di una logica nella contingenza, perché “non c’è storia se il corso delle cose è una serie di episodi senza legami, o se è una lotta già vinta nel cielo delle idee”. Il primo capitolo introduce e illustra l’ipotesi di una storia filosofica della modernità. Poiché questa ipotesi si basa sull’idea di storia di Merleau-Ponty, il capitolo discute il rapporto tra Lefort e Merleau-Ponty. Non solo è stato necessario spiegare come Merleau-Ponty abbia influenzato Lefort e abbia contribuito a plasmare il suo pensiero a diversi livelli, ma è stato anche necessario soffermarsi sulle influenze non esplicite di Merleau-Ponty su Lefort. In altre parole, è stata fatta luce sull’idea di storia in Merleau-Ponty, sul modo in cui essa viene in parte assunta da Lefort, e infine su cosa si è voluto dire con “storia filosofica della modernità”. Più ampiamente, i primi due capitoli sono dedicati alla genesi del concetto lefortiano di “politico” e di “messa in forma del sociale” e all’influenza dell’antropologia sullo sviluppo del pensiero lefortiano. Il secondo capitolo traccia l’esperienza di Socialisme ou Barbarie in quanto laboratorio di riflessione sul sociale e su una storia non deterministica. Attraverso la critica alla burocrazia sovietica, si è osservato come Lefort era infine arrivato a rifiutare qualsiasi forma di organizzazione politica che pretende rappresentare “definitivamente” gli interessi di una classe o di un gruppo sociale. Nel capitolo viene inoltre esaminata la critica di Lefort verso lo strutturalismo, fondamentale per comprendere la sua idea, negli anni ’50 solo appena formulata, di politico e di simbolico. I tre capitoli centrali (III, IV, V) affrontano la concezione lefortiana della modernità come scioglimento del nesso teologico-politico e apertura di un sociale privo di garanti e perciò in perenne ricerca del suo fondamento e della sua legittimità. I paradossi della modernità sono stati allora interpretati come un’anticipazione dei paradossi del regime democratico, inteso come una società senza corpo in cui il potere è un luogo vuoto. Il terzo capitolo affronta quello che abbiamo definito il “nodo lefortiano”, che riteniamo essenziale per comprendere la genesi del problema teologico-politico di Lefort. Il riferimento a un nodo concettuale voleva mettere in risalto l’intreccio esistente tra l’interpretazione lefortiana del totalitarismo, la nascita di una nuova idea di politico e la rottura con il marxismo, cosa che apre la strada all’idea di democrazia e alla questione della modernità. Abbiamo insistito su questo intreccio per far vedere la coerenza e la relativa unità dell’itinerario intellettuale di Lefort. Il capitolo si sofferma inoltre sul modo in cui Lefort legge i Due corpi del re di Kantorowicz e i principi che ne ricava. Comprendere la modernità lefortiana significa infatti cogliere la “storia filosofica della modernità” a partire dallo scioglimento del nesso teologico-politico. Le “tappe” di questa storia comprendono l’interpretazione di Machiavelli, punto culminante dell’itinerario intellettuale lefortiano, e il lavoro sugli interpreti “teologico-politici” della Rivoluzione francese. Il quarto capitolo è dedicato proprio a Machiavelli e si sofferma sulla “divisione originaria del sociale” e sull’ineluttabilità del conflitto all’interno dello spazio politico, nonché sulla genesi della legge come movimento selvaggio in una città sempre divisa. Il capitolo sulla Rivoluzione francese si sofferma sulle letture lefortiane di Jules Michelet e Edgar Quinet ed è occasione di riaffermare il senso della ricerca sul teologico-politico in Lefort così come di mostrare in che modo, proprio quegli autori che interpretarono la rivoluzione sotto la lente religiosa, gli abbiano permesso di definire la modernità e i paradossi di un regime senza corpo e sempre alla ricerca della propria legittimità. L’epilogo sulla “forma di società” democratica analizza da vicino le caratteristiche della democrazia lefortiana. Vengono riesaminati i rapporti tra teologico e politico e quindi l’idea di “désintrication” tra teologico e politico per mostrare l’incompatibilità di Lefort con i teoremi della secolarizzazione. Esso è l’occasione, inoltre, per riaffermare la riflessione sulla storia su cui si basa l’intero lavoro di ricerca. Vengono inoltre esaminate le tante conseguenze delle nozioni di “disincorporazione del potere” e di “luogo vuoto del potere”, anche per misurare la distanza dalla formula liberale di democrazia rappresentativa. A partire da queste nozioni, si sono quindi presi in esame i paradossi che caratterizzano il concetto di “popolo” in democrazia, il quale viene detto sovrano sebbene la sua identità rimane latente. A tal proposito, abbiamo mostrato come per Lefort la democrazia non rompa solo con la forma teologico-politica ma anche con i meccanismi verticali della teologia politica. Le specificità delle “invenzioni” democratiche sono state messe in risalto proprio nel contrasto con i tratti tipici della forma teologico-politica. Studiarla nelle sue numerose implicazioni ci ha permesso, inoltre, di mettere a fuoco i tentativi contemporanei di riabilitazione di una forma politica che per Lefort dovrebbe appartenere al passato.

LA QUESTIONE DELLA DEMOCRAZIA IN CLAUDE LEFORT: PARADOSSI E SFIDE DELLA MODERNITÀ DI FRONTE AL TEOLOGICO-POLITICO

Terra, Claudia
2025

Abstract

La ricerca dottorale ha mirato a far luce sull’idea di democrazia e modernità elaborata da Claude Lefort. Sebbene la sua opera sia stata oggetto di numerosi studi, le fonti del suo pensiero e la complessità della sua idea di storia e di sociale sono lungi dall’essere pienamente comprese. La ricerca ha tracciato ciò che abbiamo chiamato la “storia filosofica della modernità” lefortiana attraverso lo studio delle fonti del suo pensiero così come del contesto in cui prese forma, vale a dire la crisi del marxismo nella Francia degli anni ’60. Proprio per via dell’esistenza di numerosi studi che o si limitano a introdurre l’opera di Lefort, o che ne analizzano soltanto un aspetto, l’esigenza e la metodologia che ha guidato la tesi è stata quella di ricostruire accuratamente le fonti e il contesto di nascita del suo pensiero. La ricerca ha guardato all’opera di Lefort attraverso la questione del teologico-politico. Essa è stata condotta a partire dall’ipotesi che non fosse possibile comprendere a pieno le idee al cuore della democrazia lefortiana, vale a dire quella di “disincorporazione del potere” e quella dell’avvento di un “luogo vuoto del potere”, senza interrogare il “passato” della democrazia. In altre parole, la radicalità dell’istituzione democratica, che abbiamo interpretato come rottura con il teologico-politico, sta proprio nella contrapposizione con la forma sociale da cui è stata preceduta. La ricerca ha fatto luce su questo passato, e cioè sulla “forma teologico-politica” così come Lefort la concepisce sulla base dell’opera di Ernst Kantorowicz I due corpi del re. Nello specifico, abbiamo mostrato come il teologico-politico in Lefort è una particolare forma storica di istituzione del sociale, così come è stato messo in evidenza come questa riflessione sul teologico-politico vada letta insieme all’esigenza di ripensare il politico tout court fuori dal quadro “empirico” delle scienze sociali. Si è inoltre mostrato che la riflessione sul religioso permette a Lefort di meglio tematizzare l’idea, insita in quella di divisione originaria del sociale, di un’alterità sempre all’opera nel sociale, anche quando tale alterità non rimanda a una trascendenza religiosa o a un potere incarnato. Soltanto affrontando il problema teologico-politico in Lefort è possibile, in altre parole, trarre tutte le conseguenze della disincorporazione del potere, come Lefort stesso ha invitato a fare. Solo così è stato possibile cogliere la portata radicale della stessa proposta lefortiana. È stato inoltre chiarito il tipo di rapporto che intercorre tra teologia e politica, e in particolare tra forma teologico-politica e democrazia, in Lefort. Sebbene la democrazia rompe con il teologico-politico, quest’ultima è il tipo di istituzione sociale che la precede. Per evitare di far scivolare il teologico nel politico con l’avvento della forma democratica si è fatto luce sul tipo di riflessione sulla storia adottata da Lefort. Solo soffermandosi su questa riflessione si è potuto comprendere pienamente ciò che Lefort non ha mai smesso di affermare, e cioè l’avvenuta “desintricazione” del teologico e del politico. In altre parole, riflettere sulla storia è stato necessario per evitare di attribuire un carattere religioso alla democrazia lefortiana, o per evitare di leggere la storia della democrazia in termini religiosi. “Storia filosofica della modernità” è il nome dato all’idea di modernità in Lefort. La storia filosofica della modernità è la storia dello scioglimento del nesso teologico-politico. La democrazia rappresenta la rottura del tessuto storico che ha istituito un regime senza precedenti e ha completamente cambiato gli attributi del potere e del sociale, nonché le categorie politiche classiche. Abbiamo mostrato che questa storia della modernità non è teleologicamente orientata basandoci sull’idea di storia sviluppata da Merleau-Ponty. Nel suo corso al Collège de France del ‘53-54 Matériaux pour une théorie de l’histoire, Merleau-Ponty parla della storia come ricerca di una logica nella contingenza, perché “non c’è storia se il corso delle cose è una serie di episodi senza legami, o se è una lotta già vinta nel cielo delle idee”. Il primo capitolo introduce e illustra l’ipotesi di una storia filosofica della modernità. Poiché questa ipotesi si basa sull’idea di storia di Merleau-Ponty, il capitolo discute il rapporto tra Lefort e Merleau-Ponty. Non solo è stato necessario spiegare come Merleau-Ponty abbia influenzato Lefort e abbia contribuito a plasmare il suo pensiero a diversi livelli, ma è stato anche necessario soffermarsi sulle influenze non esplicite di Merleau-Ponty su Lefort. In altre parole, è stata fatta luce sull’idea di storia in Merleau-Ponty, sul modo in cui essa viene in parte assunta da Lefort, e infine su cosa si è voluto dire con “storia filosofica della modernità”. Più ampiamente, i primi due capitoli sono dedicati alla genesi del concetto lefortiano di “politico” e di “messa in forma del sociale” e all’influenza dell’antropologia sullo sviluppo del pensiero lefortiano. Il secondo capitolo traccia l’esperienza di Socialisme ou Barbarie in quanto laboratorio di riflessione sul sociale e su una storia non deterministica. Attraverso la critica alla burocrazia sovietica, si è osservato come Lefort era infine arrivato a rifiutare qualsiasi forma di organizzazione politica che pretende rappresentare “definitivamente” gli interessi di una classe o di un gruppo sociale. Nel capitolo viene inoltre esaminata la critica di Lefort verso lo strutturalismo, fondamentale per comprendere la sua idea, negli anni ’50 solo appena formulata, di politico e di simbolico. I tre capitoli centrali (III, IV, V) affrontano la concezione lefortiana della modernità come scioglimento del nesso teologico-politico e apertura di un sociale privo di garanti e perciò in perenne ricerca del suo fondamento e della sua legittimità. I paradossi della modernità sono stati allora interpretati come un’anticipazione dei paradossi del regime democratico, inteso come una società senza corpo in cui il potere è un luogo vuoto. Il terzo capitolo affronta quello che abbiamo definito il “nodo lefortiano”, che riteniamo essenziale per comprendere la genesi del problema teologico-politico di Lefort. Il riferimento a un nodo concettuale voleva mettere in risalto l’intreccio esistente tra l’interpretazione lefortiana del totalitarismo, la nascita di una nuova idea di politico e la rottura con il marxismo, cosa che apre la strada all’idea di democrazia e alla questione della modernità. Abbiamo insistito su questo intreccio per far vedere la coerenza e la relativa unità dell’itinerario intellettuale di Lefort. Il capitolo si sofferma inoltre sul modo in cui Lefort legge i Due corpi del re di Kantorowicz e i principi che ne ricava. Comprendere la modernità lefortiana significa infatti cogliere la “storia filosofica della modernità” a partire dallo scioglimento del nesso teologico-politico. Le “tappe” di questa storia comprendono l’interpretazione di Machiavelli, punto culminante dell’itinerario intellettuale lefortiano, e il lavoro sugli interpreti “teologico-politici” della Rivoluzione francese. Il quarto capitolo è dedicato proprio a Machiavelli e si sofferma sulla “divisione originaria del sociale” e sull’ineluttabilità del conflitto all’interno dello spazio politico, nonché sulla genesi della legge come movimento selvaggio in una città sempre divisa. Il capitolo sulla Rivoluzione francese si sofferma sulle letture lefortiane di Jules Michelet e Edgar Quinet ed è occasione di riaffermare il senso della ricerca sul teologico-politico in Lefort così come di mostrare in che modo, proprio quegli autori che interpretarono la rivoluzione sotto la lente religiosa, gli abbiano permesso di definire la modernità e i paradossi di un regime senza corpo e sempre alla ricerca della propria legittimità. L’epilogo sulla “forma di società” democratica analizza da vicino le caratteristiche della democrazia lefortiana. Vengono riesaminati i rapporti tra teologico e politico e quindi l’idea di “désintrication” tra teologico e politico per mostrare l’incompatibilità di Lefort con i teoremi della secolarizzazione. Esso è l’occasione, inoltre, per riaffermare la riflessione sulla storia su cui si basa l’intero lavoro di ricerca. Vengono inoltre esaminate le tante conseguenze delle nozioni di “disincorporazione del potere” e di “luogo vuoto del potere”, anche per misurare la distanza dalla formula liberale di democrazia rappresentativa. A partire da queste nozioni, si sono quindi presi in esame i paradossi che caratterizzano il concetto di “popolo” in democrazia, il quale viene detto sovrano sebbene la sua identità rimane latente. A tal proposito, abbiamo mostrato come per Lefort la democrazia non rompa solo con la forma teologico-politica ma anche con i meccanismi verticali della teologia politica. Le specificità delle “invenzioni” democratiche sono state messe in risalto proprio nel contrasto con i tratti tipici della forma teologico-politica. Studiarla nelle sue numerose implicazioni ci ha permesso, inoltre, di mettere a fuoco i tentativi contemporanei di riabilitazione di una forma politica che per Lefort dovrebbe appartenere al passato.
20-feb-2025
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITN-194902