Le patologie interstiziali polmonari (ILD) hanno una prevalenza di 81/105 abitanti nel mondo. Le esposizioni occupazionali, secondo la letteratura, possono influenzare la patogenesi, ma il preciso rapporto tra esposizione e malattia è, ad oggi, non del tutto chiaro. Tuttavia, secondo le più recenti stime, la Frazione di Popolazione Attribuibile (PAF) a tali fattori considerando le Interstiziopatie Polmonari Idiopatiche (IIP) risulta superiore al 20%. Inoltre, le esposizioni croniche di origine ambientale o domestica, relative all’ambiente di vita ed alle attività extralavorative, possono complicare ulteriormente questa relazione, come è stato recentemente sottolineato da più parti, ed orientare lo sviluppo di queste patologie insieme a fattori genetici, epigenetici e voluttuari, come il fumo di sigaretta. Per chiarire come si sviluppi questo complesso rapporto nella realtà epidemiologica del centro di riferimento ILD di Parma, dal momento che la prevalenza locale dei fattori di origine lavorativa ed ambientale indagati dalla letteratura come fattori di rischio non è nota, è stato sviluppato lo studio WE-ILD. Esso si compone di una prima fase retrospettiva, volta ad indagare l’anamnesi lavorativa, espositiva, domestica, patologica e farmacologica tramite un questionario dedicato, e la raccolta dei dati clinici, radiologici e funzionali dei pazienti con IIP afferenti agli ambulatori di riferimento dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, e di una seconda fase a distanza di almeno 2 anni dall’arruolamento, con una nuova raccolta di dati clinici, radiologici e funzionali di follow-up. Oltre a verificare come la realtà locale si inserisca rispetto alla letteratura, lo studio si propone di: descrivere l’anamnesi espositiva e l’andamento funzionale del paziente (FVC, TLC, DLCO, eventuale 6MWT), nell’ottica di una valutazione multidisciplinare approfondita; di seguirne l’evoluzione a 2 anni; di migliorare la qualità dei dati epidemiologici relativi alle esposizioni lavorative ed ambientali nei pazienti con patologia interstiziale polmonare idiopatica. Sono stati arruolati 71 pazienti, dei quali 6 sono stati classificati come diagnosi di Interstitial Lung Abnormality (ILA) e 65 come IIP. Il campione principale, costituito da questi ultimi, ha mostrato dati descrittivi, anamnestici e relativi ai fattori di rischio classici (familiarità, fumo) in linea con la letteratura più aggiornata: maggiore prevalenza nel sesso maschile (con una proporzione M:F di 3:1, che arriva a 4:1 nella IPF), maggiore prevalenza della IPF rispetto alle altre IIP, in particolare tra i maschi, l’età media alla diagnosi > 70 anni, positività dell’anamnesi tabagica nel 71% dei pazienti. La funzionalità respiratoria al baseline indica al test del cammino a 6 minuti (6MWT) dati relativi alla SpO2 sostanzialmente peggiori nei maschi rispetto alle femmine, ed anche alla spirometria, dove tutti i parametri esaminati sono peggiori nei maschi. 43 pazienti hanno completato il follow-up, mostrando dati funzionali in declino, se confrontati con i rispettivi dati basali; il confronto tra maschi e femmine è sempre a vantaggio del sesso femminile, sebbene i test raccolti siano pochi. Tali dati sono, verosimilmente, interpretabili attraverso una maggiore prevalenza della IPF nel sesso maschile, che è il quadro, tra le IIP, maggiormente impattante sulla funzionalità respiratoria. Le mansioni individuate nel campione come più frequenti includono l’operaio agricolo, il muratore, l’operaio metalmeccanico, mentre altre sono meno frequenti ma associate ad una durata media molto più alta (pellettiere, geometra, infermiere, operaio movimento terra e macchine escavatrici). I fattori espositivi di origine lavorativa maggiormente prevalenti includono il fumo passivo (68% dei pazienti), fieno e paglia ammuffita (43%), asbesto (43%), solventi (40%), polveri di pietra e refrattario (35%), con intensità espositiva molto eterogenea e uso di dispositivi di protezione individuale scarso o nullo. A livello di esposizioni domestiche, le più rilevanti sono state: gli hobby (66% dei pazienti), gli animali domestici (65%), il riscaldamento a legna (59%), i prodotti in piuma (54%), il fumo passivo domestico (46%). Il 31% dei pazienti ha dichiarato di vivere in zone esposte ad attività inquinanti. È stato, anche, effettuato un focus sui pazienti con IPF, verificando se vi fosse una relazione tra l’esposizione a polveri organiche e la variazione di parametri funzionali spirometrici (DLCO, FVC % del predetto, FEV1 % del predetto, livello della DLCO) o al test del cammino (desaturazione, riduzione della distanza percorsa, DSP), e dell’outcome di mortalità a 2 anni tra esposti e non esposti, ma, stante anche l’esiguità campionaria, i risultati non sono statisticamente significativi. Un’analisi descrittiva relativamente alla sottopopolazione con ILA, infine, ha evidenziato situazioni espositive interessanti e meritevoli di approfondimenti in studi futuri, quali le polveri organiche, la saldatura, l’asbesto, le polveri metalliche. In conclusione, i pazienti con IIP presentano una storia espositiva complessa, difficile da sintetizzare attraverso le categorie delle codifiche date da registri industriali o di settore. L’impatto di tali fattori sulla patologia polmonare può essere approfondito e valutato correttamente solo attraverso una corretta anamnesi espositiva, coinvolgendo lo Specialista in Medicina del Lavoro nella gestione multidisciplinare dei pazienti.
Emersione delle esposizioni lavorative ed ambientali nelle interstiziopatie polmonari idiopatiche: lo studio WE-ILD
Silvia, Ranzieri
2024
Abstract
Le patologie interstiziali polmonari (ILD) hanno una prevalenza di 81/105 abitanti nel mondo. Le esposizioni occupazionali, secondo la letteratura, possono influenzare la patogenesi, ma il preciso rapporto tra esposizione e malattia è, ad oggi, non del tutto chiaro. Tuttavia, secondo le più recenti stime, la Frazione di Popolazione Attribuibile (PAF) a tali fattori considerando le Interstiziopatie Polmonari Idiopatiche (IIP) risulta superiore al 20%. Inoltre, le esposizioni croniche di origine ambientale o domestica, relative all’ambiente di vita ed alle attività extralavorative, possono complicare ulteriormente questa relazione, come è stato recentemente sottolineato da più parti, ed orientare lo sviluppo di queste patologie insieme a fattori genetici, epigenetici e voluttuari, come il fumo di sigaretta. Per chiarire come si sviluppi questo complesso rapporto nella realtà epidemiologica del centro di riferimento ILD di Parma, dal momento che la prevalenza locale dei fattori di origine lavorativa ed ambientale indagati dalla letteratura come fattori di rischio non è nota, è stato sviluppato lo studio WE-ILD. Esso si compone di una prima fase retrospettiva, volta ad indagare l’anamnesi lavorativa, espositiva, domestica, patologica e farmacologica tramite un questionario dedicato, e la raccolta dei dati clinici, radiologici e funzionali dei pazienti con IIP afferenti agli ambulatori di riferimento dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, e di una seconda fase a distanza di almeno 2 anni dall’arruolamento, con una nuova raccolta di dati clinici, radiologici e funzionali di follow-up. Oltre a verificare come la realtà locale si inserisca rispetto alla letteratura, lo studio si propone di: descrivere l’anamnesi espositiva e l’andamento funzionale del paziente (FVC, TLC, DLCO, eventuale 6MWT), nell’ottica di una valutazione multidisciplinare approfondita; di seguirne l’evoluzione a 2 anni; di migliorare la qualità dei dati epidemiologici relativi alle esposizioni lavorative ed ambientali nei pazienti con patologia interstiziale polmonare idiopatica. Sono stati arruolati 71 pazienti, dei quali 6 sono stati classificati come diagnosi di Interstitial Lung Abnormality (ILA) e 65 come IIP. Il campione principale, costituito da questi ultimi, ha mostrato dati descrittivi, anamnestici e relativi ai fattori di rischio classici (familiarità, fumo) in linea con la letteratura più aggiornata: maggiore prevalenza nel sesso maschile (con una proporzione M:F di 3:1, che arriva a 4:1 nella IPF), maggiore prevalenza della IPF rispetto alle altre IIP, in particolare tra i maschi, l’età media alla diagnosi > 70 anni, positività dell’anamnesi tabagica nel 71% dei pazienti. La funzionalità respiratoria al baseline indica al test del cammino a 6 minuti (6MWT) dati relativi alla SpO2 sostanzialmente peggiori nei maschi rispetto alle femmine, ed anche alla spirometria, dove tutti i parametri esaminati sono peggiori nei maschi. 43 pazienti hanno completato il follow-up, mostrando dati funzionali in declino, se confrontati con i rispettivi dati basali; il confronto tra maschi e femmine è sempre a vantaggio del sesso femminile, sebbene i test raccolti siano pochi. Tali dati sono, verosimilmente, interpretabili attraverso una maggiore prevalenza della IPF nel sesso maschile, che è il quadro, tra le IIP, maggiormente impattante sulla funzionalità respiratoria. Le mansioni individuate nel campione come più frequenti includono l’operaio agricolo, il muratore, l’operaio metalmeccanico, mentre altre sono meno frequenti ma associate ad una durata media molto più alta (pellettiere, geometra, infermiere, operaio movimento terra e macchine escavatrici). I fattori espositivi di origine lavorativa maggiormente prevalenti includono il fumo passivo (68% dei pazienti), fieno e paglia ammuffita (43%), asbesto (43%), solventi (40%), polveri di pietra e refrattario (35%), con intensità espositiva molto eterogenea e uso di dispositivi di protezione individuale scarso o nullo. A livello di esposizioni domestiche, le più rilevanti sono state: gli hobby (66% dei pazienti), gli animali domestici (65%), il riscaldamento a legna (59%), i prodotti in piuma (54%), il fumo passivo domestico (46%). Il 31% dei pazienti ha dichiarato di vivere in zone esposte ad attività inquinanti. È stato, anche, effettuato un focus sui pazienti con IPF, verificando se vi fosse una relazione tra l’esposizione a polveri organiche e la variazione di parametri funzionali spirometrici (DLCO, FVC % del predetto, FEV1 % del predetto, livello della DLCO) o al test del cammino (desaturazione, riduzione della distanza percorsa, DSP), e dell’outcome di mortalità a 2 anni tra esposti e non esposti, ma, stante anche l’esiguità campionaria, i risultati non sono statisticamente significativi. Un’analisi descrittiva relativamente alla sottopopolazione con ILA, infine, ha evidenziato situazioni espositive interessanti e meritevoli di approfondimenti in studi futuri, quali le polveri organiche, la saldatura, l’asbesto, le polveri metalliche. In conclusione, i pazienti con IIP presentano una storia espositiva complessa, difficile da sintetizzare attraverso le categorie delle codifiche date da registri industriali o di settore. L’impatto di tali fattori sulla patologia polmonare può essere approfondito e valutato correttamente solo attraverso una corretta anamnesi espositiva, coinvolgendo lo Specialista in Medicina del Lavoro nella gestione multidisciplinare dei pazienti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/196181
URN:NBN:IT:UNIPR-196181