Il tema sottoposto ad analisi è quello dell’adeguatezza degli assetti organizzativi nelle società di capitali e le conseguenze dell’eventuale deficit organizzativo, di rinnovata attualità e di assoluta centralità per via della recente emanazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e dei suoi correttivi, l’ultimo pubblicato in Gazzetta in data 27.09.2024. L’impatto della novella sul codice civile - con l’inserimento nello statuto generale dell’imprenditore degli obblighi organizzativi - ha sollevato numerose questioni interpretative, che coinvolgono gli studiosi di diversi settori del diritto e dell’economia. L’obiettivo del lavoro è di perimetrare il concetto di adeguatezza degli assetti nelle società di capitali, definendone per quanto possibile il loro contenuto, anche ponendoli in relazione all’internal governance, così da individuare i doveri che incombono sull’organo gestorio e provare a dipanare i dubbi sull’imputabilità e sulle conseguenze dell’eventuale deficit organizzativo. Partendo dall’evoluzione storica dei doveri organizzativi, viene indagata la ratio sottesa all’introduzione dell’art. 2086 c.c. e dei connessi richiami nella regolamentazione societaria, che - a una prima lettura - sembra derivare dall’impatto della c.d. rescue culture. Ma ci si domanda se - a una più attenta analisi - ciò voglia dire che ci si trova ancora di fronte a un “diritto societario della crisi”; o se si deve piuttosto considerare che la crisi è definitivamente entrata nel diritto societario comune, che oggi richiede - nella prospettiva della crisi - regole a questa ispirate. Con questo obiettivo è parso utile indagare il rapporto tra il “nuovo” dovere organizzativo delineato dall’art. 2086 c.c. e quello di cui all’art. 2381 c.c. (anche per il tramite dell’art. 2380 bis c.c.) per chiarire la natura stessa dell’adeguatezza, che non è una nuova clausola generale che regola l’agere gestorio, ma una sub-clausola collegata al dovere di diligenza nella sua declinazione di “corretta amministrazione” e che non può che esser letta alla luce della proporzionalità richiesta dal riferimento alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Con riferimento alla capacità di intercettare l’emersione della crisi, la ricognizione dei possibili contenuti degli assetti (come elaborati dalle scienze economico-aziendali) è stata integrata con i modelli elaborati dall’analisi economica del diritto soppesati anche alla luce degli approdi delle scienze comportamentali in riferimento ai possibili bias cognitivi dell’organo gestorio sollecitati dall’insorgere della crisi. Chiarita la questione del riparto di competenze con quella connessa dell’imputabilità dell’eventuale deficit organizzativo nelle società di capitali si affronta, infine, il tema della responsabilità per deficit organizzativo e l’applicabilità della Business Judgment Rule alle scelte gestorie.
Assetti adeguati nelle società di capitali e deficit organizzativo
Di Monte, Emanuele
2025
Abstract
Il tema sottoposto ad analisi è quello dell’adeguatezza degli assetti organizzativi nelle società di capitali e le conseguenze dell’eventuale deficit organizzativo, di rinnovata attualità e di assoluta centralità per via della recente emanazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e dei suoi correttivi, l’ultimo pubblicato in Gazzetta in data 27.09.2024. L’impatto della novella sul codice civile - con l’inserimento nello statuto generale dell’imprenditore degli obblighi organizzativi - ha sollevato numerose questioni interpretative, che coinvolgono gli studiosi di diversi settori del diritto e dell’economia. L’obiettivo del lavoro è di perimetrare il concetto di adeguatezza degli assetti nelle società di capitali, definendone per quanto possibile il loro contenuto, anche ponendoli in relazione all’internal governance, così da individuare i doveri che incombono sull’organo gestorio e provare a dipanare i dubbi sull’imputabilità e sulle conseguenze dell’eventuale deficit organizzativo. Partendo dall’evoluzione storica dei doveri organizzativi, viene indagata la ratio sottesa all’introduzione dell’art. 2086 c.c. e dei connessi richiami nella regolamentazione societaria, che - a una prima lettura - sembra derivare dall’impatto della c.d. rescue culture. Ma ci si domanda se - a una più attenta analisi - ciò voglia dire che ci si trova ancora di fronte a un “diritto societario della crisi”; o se si deve piuttosto considerare che la crisi è definitivamente entrata nel diritto societario comune, che oggi richiede - nella prospettiva della crisi - regole a questa ispirate. Con questo obiettivo è parso utile indagare il rapporto tra il “nuovo” dovere organizzativo delineato dall’art. 2086 c.c. e quello di cui all’art. 2381 c.c. (anche per il tramite dell’art. 2380 bis c.c.) per chiarire la natura stessa dell’adeguatezza, che non è una nuova clausola generale che regola l’agere gestorio, ma una sub-clausola collegata al dovere di diligenza nella sua declinazione di “corretta amministrazione” e che non può che esser letta alla luce della proporzionalità richiesta dal riferimento alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Con riferimento alla capacità di intercettare l’emersione della crisi, la ricognizione dei possibili contenuti degli assetti (come elaborati dalle scienze economico-aziendali) è stata integrata con i modelli elaborati dall’analisi economica del diritto soppesati anche alla luce degli approdi delle scienze comportamentali in riferimento ai possibili bias cognitivi dell’organo gestorio sollecitati dall’insorgere della crisi. Chiarita la questione del riparto di competenze con quella connessa dell’imputabilità dell’eventuale deficit organizzativo nelle società di capitali si affronta, infine, il tema della responsabilità per deficit organizzativo e l’applicabilità della Business Judgment Rule alle scelte gestorie.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/201924
URN:NBN:IT:LUISS-201924