The thesis addresses the issue of the circulation of evidence between different proceedings and, specifically, aims to verify the possibility of acquiring in the criminal process documents with probative content that were formed in a proceeding other than the one of destination, taking into account the compatibility with the principles of due process and adversarial proceedings in the formation of evidence. The analysis therefore starts from an in-depth analysis also in a historical-evolutionary key of the principle of adversarial proceedings in the formation of evidence: conceived as an expression of the right of defense, even before its arrival in the Constitution, it represents the method of ascertaining the facts in the criminal process less imperfect to reach the truth; it constitutes the synergy of a plurality of values that underlie a methodological choice of rejection of an "omnivorous" system. Living law has, however, demonstrated a progressive distancing from the ideal of accusatory process envisaged first with the 1988 procedural code and, subsequently, in art. 111 of the Constitution: in the name of a non-codified principle of non-dispersion of evidence and of efficiency-oriented reasons, we have thus witnessed multiple censures by the Constitutional Court with which the principles of orality, immediacy and adversarial proceedings have been eroded. The constitutional derogations have been interpreted with increasingly loose mesh by the jurisprudential formative: the adaptation to the conventional frameworks, although anchored to less stringent parameters than the internal ones, has also led to the introduction in the Italian legal system of those "compensatory guarantees" that appear pleonastic where an orthodox interpretation of the internal principles is made. In the name of safeguarding a fair trial, in fact, their scope is limited. A legislative tendency has thus emerged to introduce institutions that integrate more or less explicit derogations from the method chosen for the formation of evidence in the trial and it is in this context that the regulation of the circulation of evidence between proceedings is placed. Through the examination of the normative, constitutional and codified provisions, but also supranational, as well as of the doctrinal and jurisprudential interpretation, including conventional, given the systematic premises, the circulation of evidence has been the subject of in-depth analysis, both in a static and dynamic key, distinguishing its operation between criminal proceedings from the transmigration from non-criminal proceedings (civil, administrative, tax and bankruptcy). As for the minutes of evidence, art. 238 cod. Proc. Pen., introduced in the context of the massacres of the 1990s, in providing for the mere guarantee of the participation of the defendant's lawyer in the proceedings a quo, does not ensure full compliance with the constitutional guarantees, taking into account the different context and the different accusation, especially with regard to the declaratory evidence and, among these, to the expert reports. The discipline is open to further criticism in relation to the right to obtain the examination of the declarant questioned in another proceeding: the salvation clause pursuant to art. 190bis cod. Proc. Pen., also by reason of its election by jurisprudence as a real alternative method of ascertainment, makes the repetition of the examination almost ineffective. Likewise, with regard to the evidence for a sentence pursuant to art. 238bis cod. Proc. Pen.: the decision represents the vehicle for the circulation of the assessments expressed by other judges, using a different evidentiary platform, even more so in light of the jurisprudential extension of the circulation also to the motivation and not just to the operative part. As for the transmigration of evidence from non-criminal proceedings, a distinction has been made with respect to the different branches of jurisdiction: therefore, the relationships of the criminal process with the evidentiary material coming from administrative judgments (both with regard to the minutes and the sentences), from the tax process (with specific regard to the report of findings and the tax sentence), and, finally, from the bankruptcy proceedings (with reference to the trustee's report) have been examined in depth. The expressed legislative provisions, together with the interpretative drifts, highlight a progressive erosion of the principle of the formation of evidence in adversarial proceedings, so much so as to cast doubt on the effective permanence of the procedural model constitutionalized with the reform of the fair trial.

L’elaborato affronta il tema della circolazione delle prove tra procedimenti diversi e, nello specifico, si propone di verificare la possibilità di acquisire nel processo penale atti a contenuto probatorio che si sono formati in un procedimento diverso da quello di destinazione, avuto riguardo alla compatibilità con i principi del giusto processo e del contraddittorio nella formazione della prova. L’analisi muove, pertanto, da un approfondimento anche in chiave storico – evolutiva del principio del contraddittorio nella formazione della prova: concepito come estrinsecazione del diritto di difesa, già prima del suo approdo in Costituzione, esso rappresenta il metodo di accertamento dei fatti nel processo penale meno imperfetto per raggiungere la verità; costituisce la sinergia di una pluralità di valori che sottendono una scelta metodologica di rifiuto di un sistema “onnivoro”. Il diritto vivente ha, tuttavia, dimostrato un progressivo allontanamento dall’ideale di processo accusatorio previsto dapprima con il codice di rito del 1988 e, successivamente, all’art.111 Cost.: in nome di un non codificato principio di non dispersione dei mezzi di prova e di ragioni efficientiste si è così assistito a plurime censure della Corte Costituzionale con le quali i principi di oralità, immediatezza e contraddittorio sono stati erosi. Le deroghe costituzionali sono state interpretate con maglie sempre più larghe dal formante giurisprudenziale: l’adeguamento agli assetti convenzionali, pur ancorati a parametri meno stringenti di quelli interni, ha condotto anche nell’ordinamento italiano all’introduzione di quelle “garanzie compensative” che appaiono pleonastiche laddove si facesse un’ortodossa interpretazione dei principi interni. In nome della salvaguardia del giusto processo, di fatto, se ne limita la portata. Si è così affermata una tendenza legislativa ad introdurre istituti che integrano deroghe, più o meno espresse, al metodo eletto per la formazione della prova in dibattimento ed è in questo contesto che si colloca la disciplina della circolazione delle prove tra procedimenti. Attraverso la disamina del dettato normativo, costituzionale e codicistico, ma anche sovranazionale, nonché dell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, anche convenzionale, ferme le premesse di carattere sistematico, la circolazione probatoria è stata oggetto di approfondimento, sia in chiave statica che dinamica, distinguendone l’operatività tra procedimenti penali dalla trasmigrazione da procedimenti non penali (civili, amministrativi, tributari e fallimentari). Quanto ai verbali di prove, l’art.238 cod. proc. pen., introdotto nel contesto stragista degli anni Novanta, nel prevedere la mera garanzia della partecipazione del difensore dell’imputato nel procedimento a quo, non assicura il pieno rispetto delle garanzie costituzionali, tenuto conto del diverso contesto e della differente imputazione, specialmente avuto riguardo alle prove dichiarative e, tra queste, agli elaborati peritali. La disciplina presta il fianco ad ulteriori censure in relazione al diritto di ottenere l’esame del dichiarante escusso in altro procedimento: la clausola di salvezza ex art.190bis cod. proc. pen., anche in ragione della sua elezione giurisprudenziale a vero e proprio metodo alternativo di accertamento, rende pressochè inoperante la ripetizione dell’esame. Del pari, avuto riguardo alla prova per sentenza ex art.238bis cod. proc. pen.: la decisione rappresenta il veicolo per la circolazione delle valutazioni espresse da altri giudici, utilizzando una diversa piattaforma probatoria, ancor più a fronte dell’estensione giurisprudenziale della circolazione anche alla motivazione e non già al solo dispositivo. Quanto alla trasmigrazione delle prove da procedimenti non penali, è stata operata una distinzione rispetto ai diversi rami della giurisdizione: sono stati, quindi, approfonditi i rapporti del processo penale con il materiale probatorio proveniente da giudizi amministrativi (sia per quanto attiene i verbali che le sentenze), dal processo tributario (avuto specifico riguardo al processo verbale di constatazione e alla sentenza tributaria), e, infine, dal procedimento fallimentare (con riferimento alla relazione del curatore). Le espresse previsioni legislative, unitamente alle derive interpretative, evidenziano una progressiva erosione del principio della formazione della prova in contraddittorio tanto da dubitare dell’effettiva permanenza del modello processuale costituzionalizzato con la riforma del giusto processo.

LA CIRCOLAZIONE DELLE PROVE TRA PROCEDIMENTI DIVERSI

Vitari, Jessica
2025

Abstract

The thesis addresses the issue of the circulation of evidence between different proceedings and, specifically, aims to verify the possibility of acquiring in the criminal process documents with probative content that were formed in a proceeding other than the one of destination, taking into account the compatibility with the principles of due process and adversarial proceedings in the formation of evidence. The analysis therefore starts from an in-depth analysis also in a historical-evolutionary key of the principle of adversarial proceedings in the formation of evidence: conceived as an expression of the right of defense, even before its arrival in the Constitution, it represents the method of ascertaining the facts in the criminal process less imperfect to reach the truth; it constitutes the synergy of a plurality of values that underlie a methodological choice of rejection of an "omnivorous" system. Living law has, however, demonstrated a progressive distancing from the ideal of accusatory process envisaged first with the 1988 procedural code and, subsequently, in art. 111 of the Constitution: in the name of a non-codified principle of non-dispersion of evidence and of efficiency-oriented reasons, we have thus witnessed multiple censures by the Constitutional Court with which the principles of orality, immediacy and adversarial proceedings have been eroded. The constitutional derogations have been interpreted with increasingly loose mesh by the jurisprudential formative: the adaptation to the conventional frameworks, although anchored to less stringent parameters than the internal ones, has also led to the introduction in the Italian legal system of those "compensatory guarantees" that appear pleonastic where an orthodox interpretation of the internal principles is made. In the name of safeguarding a fair trial, in fact, their scope is limited. A legislative tendency has thus emerged to introduce institutions that integrate more or less explicit derogations from the method chosen for the formation of evidence in the trial and it is in this context that the regulation of the circulation of evidence between proceedings is placed. Through the examination of the normative, constitutional and codified provisions, but also supranational, as well as of the doctrinal and jurisprudential interpretation, including conventional, given the systematic premises, the circulation of evidence has been the subject of in-depth analysis, both in a static and dynamic key, distinguishing its operation between criminal proceedings from the transmigration from non-criminal proceedings (civil, administrative, tax and bankruptcy). As for the minutes of evidence, art. 238 cod. Proc. Pen., introduced in the context of the massacres of the 1990s, in providing for the mere guarantee of the participation of the defendant's lawyer in the proceedings a quo, does not ensure full compliance with the constitutional guarantees, taking into account the different context and the different accusation, especially with regard to the declaratory evidence and, among these, to the expert reports. The discipline is open to further criticism in relation to the right to obtain the examination of the declarant questioned in another proceeding: the salvation clause pursuant to art. 190bis cod. Proc. Pen., also by reason of its election by jurisprudence as a real alternative method of ascertainment, makes the repetition of the examination almost ineffective. Likewise, with regard to the evidence for a sentence pursuant to art. 238bis cod. Proc. Pen.: the decision represents the vehicle for the circulation of the assessments expressed by other judges, using a different evidentiary platform, even more so in light of the jurisprudential extension of the circulation also to the motivation and not just to the operative part. As for the transmigration of evidence from non-criminal proceedings, a distinction has been made with respect to the different branches of jurisdiction: therefore, the relationships of the criminal process with the evidentiary material coming from administrative judgments (both with regard to the minutes and the sentences), from the tax process (with specific regard to the report of findings and the tax sentence), and, finally, from the bankruptcy proceedings (with reference to the trustee's report) have been examined in depth. The expressed legislative provisions, together with the interpretative drifts, highlight a progressive erosion of the principle of the formation of evidence in adversarial proceedings, so much so as to cast doubt on the effective permanence of the procedural model constitutionalized with the reform of the fair trial.
19-mag-2025
Italiano
L’elaborato affronta il tema della circolazione delle prove tra procedimenti diversi e, nello specifico, si propone di verificare la possibilità di acquisire nel processo penale atti a contenuto probatorio che si sono formati in un procedimento diverso da quello di destinazione, avuto riguardo alla compatibilità con i principi del giusto processo e del contraddittorio nella formazione della prova. L’analisi muove, pertanto, da un approfondimento anche in chiave storico – evolutiva del principio del contraddittorio nella formazione della prova: concepito come estrinsecazione del diritto di difesa, già prima del suo approdo in Costituzione, esso rappresenta il metodo di accertamento dei fatti nel processo penale meno imperfetto per raggiungere la verità; costituisce la sinergia di una pluralità di valori che sottendono una scelta metodologica di rifiuto di un sistema “onnivoro”. Il diritto vivente ha, tuttavia, dimostrato un progressivo allontanamento dall’ideale di processo accusatorio previsto dapprima con il codice di rito del 1988 e, successivamente, all’art.111 Cost.: in nome di un non codificato principio di non dispersione dei mezzi di prova e di ragioni efficientiste si è così assistito a plurime censure della Corte Costituzionale con le quali i principi di oralità, immediatezza e contraddittorio sono stati erosi. Le deroghe costituzionali sono state interpretate con maglie sempre più larghe dal formante giurisprudenziale: l’adeguamento agli assetti convenzionali, pur ancorati a parametri meno stringenti di quelli interni, ha condotto anche nell’ordinamento italiano all’introduzione di quelle “garanzie compensative” che appaiono pleonastiche laddove si facesse un’ortodossa interpretazione dei principi interni. In nome della salvaguardia del giusto processo, di fatto, se ne limita la portata. Si è così affermata una tendenza legislativa ad introdurre istituti che integrano deroghe, più o meno espresse, al metodo eletto per la formazione della prova in dibattimento ed è in questo contesto che si colloca la disciplina della circolazione delle prove tra procedimenti. Attraverso la disamina del dettato normativo, costituzionale e codicistico, ma anche sovranazionale, nonché dell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, anche convenzionale, ferme le premesse di carattere sistematico, la circolazione probatoria è stata oggetto di approfondimento, sia in chiave statica che dinamica, distinguendone l’operatività tra procedimenti penali dalla trasmigrazione da procedimenti non penali (civili, amministrativi, tributari e fallimentari). Quanto ai verbali di prove, l’art.238 cod. proc. pen., introdotto nel contesto stragista degli anni Novanta, nel prevedere la mera garanzia della partecipazione del difensore dell’imputato nel procedimento a quo, non assicura il pieno rispetto delle garanzie costituzionali, tenuto conto del diverso contesto e della differente imputazione, specialmente avuto riguardo alle prove dichiarative e, tra queste, agli elaborati peritali. La disciplina presta il fianco ad ulteriori censure in relazione al diritto di ottenere l’esame del dichiarante escusso in altro procedimento: la clausola di salvezza ex art.190bis cod. proc. pen., anche in ragione della sua elezione giurisprudenziale a vero e proprio metodo alternativo di accertamento, rende pressochè inoperante la ripetizione dell’esame. Del pari, avuto riguardo alla prova per sentenza ex art.238bis cod. proc. pen.: la decisione rappresenta il veicolo per la circolazione delle valutazioni espresse da altri giudici, utilizzando una diversa piattaforma probatoria, ancor più a fronte dell’estensione giurisprudenziale della circolazione anche alla motivazione e non già al solo dispositivo. Quanto alla trasmigrazione delle prove da procedimenti non penali, è stata operata una distinzione rispetto ai diversi rami della giurisdizione: sono stati, quindi, approfonditi i rapporti del processo penale con il materiale probatorio proveniente da giudizi amministrativi (sia per quanto attiene i verbali che le sentenze), dal processo tributario (avuto specifico riguardo al processo verbale di constatazione e alla sentenza tributaria), e, infine, dal procedimento fallimentare (con riferimento alla relazione del curatore). Le espresse previsioni legislative, unitamente alle derive interpretative, evidenziano una progressiva erosione del principio della formazione della prova in contraddittorio tanto da dubitare dell’effettiva permanenza del modello processuale costituzionalizzato con la riforma del giusto processo.
circolazione probatoria; giusto processo; principio del contraddittorio nella formazione della prova; garanzie difensive
Nicolussi, Andrea
Università Cattolica del Sacro Cuore
MILANO
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