Questa ricerca di dottorato si colloca all’interno del dibattito contemporaneo sul rapporto tra design e cultural heritage, e circoscrive il proprio quadro di indagine all’ambito della formazione e della ricerca universitaria italiana e alle loro relazioni. La tesi ha preso forma nell’individuazione, analisi e interpretazione della molteplicità dei corsi di studio, degli insegnamenti e dei docenti implicati in questa articolazione disciplinare, indagati nelle rispettive pratiche formative e di ricerca. Le pratiche formative e di ricerca si sono poste come il contesto necessario entro cui si è resa possibile la formulazione della prima domanda di ricerca: comprendere se, e in che modo il design, in relazione al cultural heritage, avesse i caratteri di un’articolazione disciplinare, e dunque di una forma di conoscenza, e non solo quelli di un campo — seppur molto complesso — di applicazione. L’ interrogativo è nato dalla constatazione — come Irace ha iniziato a dimostrare già nel decennio scorso — che, negli ultimi vent’anni, l’incontro interdisciplinare, tra design e cultural heritage ha subito significative trasformazioni, sia nelle pratiche metodologiche sia nei significati culturali a esse legati (Irace, 2013). Questa condizione di continuo e reciproco condizionamento e confronto tra i due campi disciplinari, ha dato origine a una rete di relazioni interdisciplinari che appare spesso tacita e non sempre chiara nelle possibili connessioni tra formazione e ricerca universitaria. In tal senso, l’indagine condotta ha generato la mappatura di un numero via via crescente — e al contempo sempre più difficile da circoscrivere e interpretare — di esperienze didattiche, pubblicazioni scientifiche e, soprattutto, lemmi, lessici e linguaggi appartenenti ai due campi disciplinari, tra loro non sempre univoci e difficili da contestualizzare. Lemmi, lessici e linguaggi che, pur non ancora formalizzati o pienamente riconosciuti all’interno del panorama accademico, restituiscono la complessità che caraterizza il fenomeno indagato. Nella molecolarità tanto informativa quanto lessicale che via via si andava costituendo, sono emerse due esigenze interconnesse: da un lato, la necessità di rendere accessibile e condivisibile l’ampia produzione scientifica e pedagogica prodotta in questo incontro tra campi disciplinari; dall’altro, il bisogno di un riconoscimento più strutturato e formale di tale mole di esperienze con il fine di offrirle alla comunità scientifica del design sotto forma di conoscenza trasmissibile, comunicabile e interpretabile. Queste due esigenze non potevano essere soddisfatte attraverso l’analisi isolata di corsi, contenuti e attori coinvolti: è stato necessario risalire al sistema di relazioni che li connette, spesso implicite e/o poco visibili. Per questo la tesi ha voluto definire un network di nodi e flussi di articolazioni disciplinari che ha richiesto un lavoro di contestualizzazione e categorizzazione, capace di rendere leggibile una complessità interdisciplinare altrimenti frammentata. La tesi assume dunque, come punto di partenza, la necessità di definire e costruire un contesto di lettura capace di rendere intellegibili tali connessioni e di offrire una base comune di conoscenza del fenomeno, nelle sue articolazioni geograficamente collocate. Si è voluto definire tale base come “suolo dei saperi”, come spazio concettuale per possibili interpretazioni, entro cui pratiche, linguaggi e saperi potessero essere comparati. La codificazione e rappresentazione digitale non sono stati soltanto strumenti applicativi, ma si sono configurate come una chiave di lettura potenzialmente critica per rispondere alla seconda domanda di ricerca: indagare in che modo la gestione delle informazioni attraverso il digitale può condurre a nuove forme di conoscenza. La codificazione e rappresentazione, infatti, si sono rivelate pratiche capaci di dare forma e senso alle relazioni tra i dati raccolti, con lo scopo di attivare al contempo processi di analisi in grado di interrogare in modo più consapevole e mirato l’ingente mole di informazioni affiorata. Si è trattato in ultima istanza di costruire un sistema capace di indurre la comunità scientifica del design alla produzione di inediti futuri percorsi di intepretazione e dunque a nuove forme di conoscenza. Questa possibilità di costruzione e definizione di un “suolo dei saperi” trova un primo supporto nell’impianto metodologico di tipo qualitativo offerto dalla Grounded Theory. Essa consente di far emergere una teoria direttamente dai dati raccolti, senza imporre a priori modelli teorici precostituiti (Tarozzi, 2008). In una fase successiva, tale processo si è rafforzato attraverso la definzione di Sistemi Conoscitivi, intesi — secondo le discipline dell’Information System e dell’Information Design — come apparati che rendono«possibile “toccare con mano” la conoscenza altrui» (Ciuccarelli, 2008, p. 166). Si tratta di mappature, database relazionali e sistemi di visualizzazione — tra cui grafici, grafi e diagrammi interattivi e dinamici — che secondo logiche grafico-visive, computazionali e digitali, configurano possibili ripensamenti delle modalità di rappresentazione e trasmissione della conoscenza. In questa direzione si articolano due fasi tra loro interconesse. La prima riguarda l’esplorazione e raccolta dei lemmi e lessici rilevati nei singoli insegnamenti e nelle bibliografie dei docenti, operata attraverso un sistema di parole chiave, categorizzate in più livelli, definito e strutturato dalla tesi. La seconda ha previsto la disposizione dei dati all’interno di un database relazionale, finalizzato a restituire in forma strutturata la complessità emersa. A completamento del processo, tali dati sono stati tradotti in rappresentazioni visuali — prima in grafici e grafi e poi in diagrammi Sankey — capaci di rendere leggibili le interconnessioni, attivando così nuovi livelli di analisi e interpretazioni del fenomeno studiato. Questo obiettivo si inserisce all’interno delle sollecitazioni operative del programma PON REACT-EU — che ha finanziato la presente ricerca di dottorato — in particolare dell’Azione IV.4, la quale mira a potenziare, in chiave innovativa, i campi del digitale e delle tecnologie abilitanti, riconoscendoli come leve strategiche per lo sviluppo della ricerca e della formazione. Inoltre, l’apporto interdisciplinare dei docenti coinvolti ha garantito il supporto necessario per affrontare in modo completo e coordinato le diverse dimensioni teoriche, metodologiche e progettuali su cui si fonda la presente tesi: quelle proprie del design, dell’ Information Design, e della sociologia per il design. Dalla disposizione e rappresentazione delle informazioni prende forma un “dispositivo” digitale — computazionalmente programmato dall’autore — che può essere esso stesso interpretato come un vero e proprio modello: da un lato, come modello analitico che abilita la raccolta, l’elaborazione e la comparazione dei lemmi e lessici; dall’altro, come modello critico capace di innescare modalità di interpretazione e comunicazione degli articolati contesti del rapporto tra design e heritage, avvalendosi anche di logiche Open Data e Open Source. Un “dispositivo” di accesso alla conoscenza capace di rendere visibile ciò che nella complessità rischia di restare invisibile, e di guidare verso nuove modalità «di collaborazione scientifica i cui confini sono ancora da sperimentare ed aprono ad approcci epistemologici molto promettenti» (Villa, 2017, pp. 13-14) che la tesi ha l’obiettivo di innescare per la comunità scientifica del design e non.
Design e cultural heritage nei corsi di studio in Italia. Un modello analitico-critico per le relazioni tra formazione e ricerca
Leone, Tania
2025
Abstract
Questa ricerca di dottorato si colloca all’interno del dibattito contemporaneo sul rapporto tra design e cultural heritage, e circoscrive il proprio quadro di indagine all’ambito della formazione e della ricerca universitaria italiana e alle loro relazioni. La tesi ha preso forma nell’individuazione, analisi e interpretazione della molteplicità dei corsi di studio, degli insegnamenti e dei docenti implicati in questa articolazione disciplinare, indagati nelle rispettive pratiche formative e di ricerca. Le pratiche formative e di ricerca si sono poste come il contesto necessario entro cui si è resa possibile la formulazione della prima domanda di ricerca: comprendere se, e in che modo il design, in relazione al cultural heritage, avesse i caratteri di un’articolazione disciplinare, e dunque di una forma di conoscenza, e non solo quelli di un campo — seppur molto complesso — di applicazione. L’ interrogativo è nato dalla constatazione — come Irace ha iniziato a dimostrare già nel decennio scorso — che, negli ultimi vent’anni, l’incontro interdisciplinare, tra design e cultural heritage ha subito significative trasformazioni, sia nelle pratiche metodologiche sia nei significati culturali a esse legati (Irace, 2013). Questa condizione di continuo e reciproco condizionamento e confronto tra i due campi disciplinari, ha dato origine a una rete di relazioni interdisciplinari che appare spesso tacita e non sempre chiara nelle possibili connessioni tra formazione e ricerca universitaria. In tal senso, l’indagine condotta ha generato la mappatura di un numero via via crescente — e al contempo sempre più difficile da circoscrivere e interpretare — di esperienze didattiche, pubblicazioni scientifiche e, soprattutto, lemmi, lessici e linguaggi appartenenti ai due campi disciplinari, tra loro non sempre univoci e difficili da contestualizzare. Lemmi, lessici e linguaggi che, pur non ancora formalizzati o pienamente riconosciuti all’interno del panorama accademico, restituiscono la complessità che caraterizza il fenomeno indagato. Nella molecolarità tanto informativa quanto lessicale che via via si andava costituendo, sono emerse due esigenze interconnesse: da un lato, la necessità di rendere accessibile e condivisibile l’ampia produzione scientifica e pedagogica prodotta in questo incontro tra campi disciplinari; dall’altro, il bisogno di un riconoscimento più strutturato e formale di tale mole di esperienze con il fine di offrirle alla comunità scientifica del design sotto forma di conoscenza trasmissibile, comunicabile e interpretabile. Queste due esigenze non potevano essere soddisfatte attraverso l’analisi isolata di corsi, contenuti e attori coinvolti: è stato necessario risalire al sistema di relazioni che li connette, spesso implicite e/o poco visibili. Per questo la tesi ha voluto definire un network di nodi e flussi di articolazioni disciplinari che ha richiesto un lavoro di contestualizzazione e categorizzazione, capace di rendere leggibile una complessità interdisciplinare altrimenti frammentata. La tesi assume dunque, come punto di partenza, la necessità di definire e costruire un contesto di lettura capace di rendere intellegibili tali connessioni e di offrire una base comune di conoscenza del fenomeno, nelle sue articolazioni geograficamente collocate. Si è voluto definire tale base come “suolo dei saperi”, come spazio concettuale per possibili interpretazioni, entro cui pratiche, linguaggi e saperi potessero essere comparati. La codificazione e rappresentazione digitale non sono stati soltanto strumenti applicativi, ma si sono configurate come una chiave di lettura potenzialmente critica per rispondere alla seconda domanda di ricerca: indagare in che modo la gestione delle informazioni attraverso il digitale può condurre a nuove forme di conoscenza. La codificazione e rappresentazione, infatti, si sono rivelate pratiche capaci di dare forma e senso alle relazioni tra i dati raccolti, con lo scopo di attivare al contempo processi di analisi in grado di interrogare in modo più consapevole e mirato l’ingente mole di informazioni affiorata. Si è trattato in ultima istanza di costruire un sistema capace di indurre la comunità scientifica del design alla produzione di inediti futuri percorsi di intepretazione e dunque a nuove forme di conoscenza. Questa possibilità di costruzione e definizione di un “suolo dei saperi” trova un primo supporto nell’impianto metodologico di tipo qualitativo offerto dalla Grounded Theory. Essa consente di far emergere una teoria direttamente dai dati raccolti, senza imporre a priori modelli teorici precostituiti (Tarozzi, 2008). In una fase successiva, tale processo si è rafforzato attraverso la definzione di Sistemi Conoscitivi, intesi — secondo le discipline dell’Information System e dell’Information Design — come apparati che rendono«possibile “toccare con mano” la conoscenza altrui» (Ciuccarelli, 2008, p. 166). Si tratta di mappature, database relazionali e sistemi di visualizzazione — tra cui grafici, grafi e diagrammi interattivi e dinamici — che secondo logiche grafico-visive, computazionali e digitali, configurano possibili ripensamenti delle modalità di rappresentazione e trasmissione della conoscenza. In questa direzione si articolano due fasi tra loro interconesse. La prima riguarda l’esplorazione e raccolta dei lemmi e lessici rilevati nei singoli insegnamenti e nelle bibliografie dei docenti, operata attraverso un sistema di parole chiave, categorizzate in più livelli, definito e strutturato dalla tesi. La seconda ha previsto la disposizione dei dati all’interno di un database relazionale, finalizzato a restituire in forma strutturata la complessità emersa. A completamento del processo, tali dati sono stati tradotti in rappresentazioni visuali — prima in grafici e grafi e poi in diagrammi Sankey — capaci di rendere leggibili le interconnessioni, attivando così nuovi livelli di analisi e interpretazioni del fenomeno studiato. Questo obiettivo si inserisce all’interno delle sollecitazioni operative del programma PON REACT-EU — che ha finanziato la presente ricerca di dottorato — in particolare dell’Azione IV.4, la quale mira a potenziare, in chiave innovativa, i campi del digitale e delle tecnologie abilitanti, riconoscendoli come leve strategiche per lo sviluppo della ricerca e della formazione. Inoltre, l’apporto interdisciplinare dei docenti coinvolti ha garantito il supporto necessario per affrontare in modo completo e coordinato le diverse dimensioni teoriche, metodologiche e progettuali su cui si fonda la presente tesi: quelle proprie del design, dell’ Information Design, e della sociologia per il design. Dalla disposizione e rappresentazione delle informazioni prende forma un “dispositivo” digitale — computazionalmente programmato dall’autore — che può essere esso stesso interpretato come un vero e proprio modello: da un lato, come modello analitico che abilita la raccolta, l’elaborazione e la comparazione dei lemmi e lessici; dall’altro, come modello critico capace di innescare modalità di interpretazione e comunicazione degli articolati contesti del rapporto tra design e heritage, avvalendosi anche di logiche Open Data e Open Source. Un “dispositivo” di accesso alla conoscenza capace di rendere visibile ciò che nella complessità rischia di restare invisibile, e di guidare verso nuove modalità «di collaborazione scientifica i cui confini sono ancora da sperimentare ed aprono ad approcci epistemologici molto promettenti» (Villa, 2017, pp. 13-14) che la tesi ha l’obiettivo di innescare per la comunità scientifica del design e non.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/213430
URN:NBN:IT:POLIBA-213430