This thesis aims to analyze the phenomenon of in-work poverty in the province of Reggio Emilia—a territory generally perceived as prosperous, yet not immune to emerging forms of socioeconomic vulnerability. The research originates within the framework of the Pact to Combat New Forms of Poverty, an initiative promoted by the Municipality of Reggio Emilia in response to the growing urgency of addressing in-work poverty, defined as the condition in which individuals, despite being continuously employed, fall below the poverty threshold. The initial chapters provide a reconstruction of the theoretical and methodological debate on poverty, with particular attention to its working dimension. An overview is offered of the main analytical and conceptual approaches employed to define and measure poverty, considering both structural factors—such as macroeconomic dynamics, labor market institutions, and welfare systems—and individual and household-level determinants. The review is completed by an analysis of European anti-poverty policies, including both direct monetary transfers and indirect measures related to service provision. Adopting a revised definition of in-work poverty, based on but not limited to the Eurostat standard, the thesis pursues two main objectives: (1) to assess whether individual and household risk factors identified at broader geographic scales hold validity at the subnational level, and (2) to evaluate the potential of administrative data sources for local-level analyses of socioeconomic vulnerability. The empirical analysis is based on microdata from all users of the CAF-CGIL assistance centers in the province who filed income tax returns and Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) forms for the ISEE indicator. Although the sample is not representative of the general population, it constitutes a valuable and replicable informational resource for local-level empirical investigations. Methodologically, the study involved constructing an integrated dataset by combining tax return data with DSU records, enabling the reconstruction of coherent individual and household information suitable for statistical analysis. This process highlighted both the potential and the limitations of administrative sources: the lack of key variables—such as hours worked, educational attainment, sector of employment, and social transfers—constrains the analytical precision. Enhancements in data collection by CAF centers could, in the future, enable more comprehensive territorial research. Descriptive findings confirm the relevance of several well-established risk factors. In-work poverty rates are particularly high among foreign nationals, large households, and single-parent families. A second phase of the analysis involved logistic regression models to estimate the association between gender and the risk of in-work poverty across different household types and configurations. The results align with what has been termed in the literature the "gender paradox": women, despite experiencing individual wage disadvantages, exhibit on average a lower risk of in-work poverty compared to men. This paradox reflects the economic subordination of women's income and the difficulty faced by women—especially single mothers—in achieving economic autonomy. Furthermore, the findings underscore the crisis of the single-earner household model even within the study population: the risk of in-work poverty is higher among single earners with permanent contracts than among dual-earner households with atypical contracts. This suggests that the combination of household incomes offers more effective protection against poverty than the contractual stability of a single household member. This study highlights both the opportunities and limitations associated with the integrated use of administrative data available through CAF centers. Going forward, improved data collection could enable more robust and methodologically sound analyses. In particular, the systematic inclusion of working hours would allow researchers to distinguish between full-time and part-time workers, addressing a major current gap. Access to detailed information on social transfers (e.g., Reddito di Cittadinanza, universal child allowance, or other subsidies) would make it possible to analyze pre- and post-transfer income conditions, yielding more accurate assessments of the redistributive effectiveness of public policies. Finally, if individual-level income data were directly available within DSU databases, the need for complex data integration with other archives would be eliminated, significantly streamlining analyses of in-work poverty. In sum, improving the granularity and accessibility of existing administrative data would represent a crucial step in enhancing the capacity of local areas to analyze and address new forms of social vulnerability.

Il presente elaborato di tesi si propone die analizzare il fenomeno della povertà lavorativa nella provincia di Reggio Emilia, un territorio generalmente percepito come prospero ma non immune da nuove forme di vulnerabilità socioeconomica. Il lavoro di ricerca nasce nell’ambito del “Patto di contrasto alle nuove povertà”, un’iniziativa promossa dal Comune di Reggio Emilia che mira a rispondere all’urgenza di approfondire un fenomeno crescente: quello dei lavoratori poveri, ovvero individui che, pur svolgendo un’occupazione continuativa, si trovano al di sotto della soglia di povertà. I primi capitoli dell’elaborato sono dedicati alla ricostruzione del dibattito teorico e metodologico sul fenomeno della povertà e, in particolare, quella lavorativa. Viene offerta una panoramica dei principali approcci analitici e concettuali utilizzati per definire e misurare questi fenomeni, con attenzione sia ai fattori strutturali – come le dinamiche macroeconomiche, le istituzioni del mercato del lavoro e del welfare – sia alle determinanti individuali e familiari. Completa il quadro l’analisi delle politiche europee di contrasto, sia attraverso trasferimenti monetari diretti che misure indirette legate all’accesso ai servizi. Adottando una definizione rielaborata rispetto a quella di Eurostat, la più comunemente utilizzata, l’elaborato persegue due obiettivi principali: (1) verificare se i fattori di rischio individuali e familiari già noti siano validi anche a livello subnazionale, e (2) testare la possibilità di utilizzo di fonti amministrative per l’analisi locale della vulnerabilità socioeconomica. La base informativa dell’analisi empirica è costituita dai microdati di tutti gli utenti CAF-CGIL della provincia che hanno presentato dichiarazione dei redditi e DSU per l’ISEE. Sebbene non rappresentativo della popolazione generale, il campione si è rivelato una risorsa informativa preziosa, replicabile in altri contesti e utile per esplorazioni empiriche a scala locale. Dal punto di vista metodologico, lo studio ha comportato un articolato lavoro di costruzione del dataset tramite integrazione tra dichiarazioni dei redditi e DSU, per ricostruire informazioni individuali e familiari coerenti e utilizzabili ai fini dell’analisi statistica. Questo processo ha evidenziato le potenzialità delle fonti amministrative, ma anche le loro lacune: l’assenza di variabili fondamentali come ore lavorate, titolo di studio, settore di impiego e trasferimenti sociali limita la precisione delle analisi. In futuro, un miglioramento della raccolta dati da parte dei CAF potrebbe offrire nuove opportunità di ricerca sul territorio. I risultati descrittivi confermano l’importanza di alcuni fattori di rischio consolidati. In particolare, l’incidenza della povertà lavorativa è elevata tra cittadini stranieri, famiglie numerose e nuclei monogenitoriali. Una seconda fase dell’analisi è stata sviluppata attraverso l’impiego di modelli di regressione logistica che hanno consentito di stimare l’associazione tra il genere e il rischio di povertà lavorativa distinguendo tra diverse configurazioni e tipologie familiari. I risultati mostrano come anche nel caso del collettivo analizzato emerga quello che in letteratura è stato definito il “paradosso di genere”: le donne hanno in media un rischio minore di essere working poor rispetto agli uomini, nonostante scontino un evidente svantaggio retributivo a livello individuale. Questo fenomeno riflette la subordinazione economica del reddito femminile e la difficoltà delle donne, soprattutto se sole con figli, di raggiungere l’autonomia economica. Inoltre, i risultati dell’analisi mettono in luce come anche nel caso della popolazione oggetto di indagine sia evidente la crisi dei modelli familiari monoreddito: il rischio di povertà è più alto per i lavoratori singoli, anche se a tempo indeterminato, rispetto a nuclei con due redditi atipici. Questo dato suggerisce che la combinazione dei redditi familiari protegge i lavoratori in maniera più efficacie dal rischio di povertà rispetto alla stabilità contrattuale del singolo membro del nucleo. Questo elaborato ha messo in luce le potenzialità e i limiti derivanti dall’utilizzo integrato delle fonti amministrative a disposizione dei CAF. In futuro, sarebbe auspicabile un miglioramento nella raccolta dei dati per favorire analisi più approfondite e solide dal punto di vista metodologico. L’integrazione delle informazioni attualmente mancanti migliorerebbe in modo significativo la robustezza dei risultati, nonché la qualità e il livello di dettaglio dell’informazione disponibile. In particolare, l’inclusione sistematica delle ore lavorate consentirebbe di distinguere tra la condizione dei lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale, superando una delle attuali principali lacune analitiche. Inoltre, l’accesso a informazioni puntuali sull’entità dei trasferimenti sociali (come Reddito di cittadinanza, assegno unico, o altri sussidi) permetterebbe di articolare l’analisi tra situazione economica pre-tax/pre-transfer e post-tax/post-transfer, offrendo indicazioni più accurate sull’efficacia redistributiva delle politiche pubbliche. Infine, qualora le informazioni reddituali dei singoli componenti del nucleo familiare venissero rese disponibili direttamente nelle banche dati DSU, non sarebbe più necessario ricorrere a integrazioni complesse con altri archivi, semplificando notevolmente le analisi su fenomeni come la povertà lavorativa. In sintesi, un miglioramento delle fonti amministrative esistenti, in chiave di maggiore dettaglio e accessibilità, rappresenterebbe un passo decisivo per rafforzare la capacità dei territori di analizzare e contrastare le nuove vulnerabilità sociali.

L'IMPATTO DELLA POVERTA' LAVORATIVA DELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA: UNO STUDIO ESPLORATIVO SU DATI FORNITI DAI CAF-CGIL

Truscello, Gianluca
2025

Abstract

This thesis aims to analyze the phenomenon of in-work poverty in the province of Reggio Emilia—a territory generally perceived as prosperous, yet not immune to emerging forms of socioeconomic vulnerability. The research originates within the framework of the Pact to Combat New Forms of Poverty, an initiative promoted by the Municipality of Reggio Emilia in response to the growing urgency of addressing in-work poverty, defined as the condition in which individuals, despite being continuously employed, fall below the poverty threshold. The initial chapters provide a reconstruction of the theoretical and methodological debate on poverty, with particular attention to its working dimension. An overview is offered of the main analytical and conceptual approaches employed to define and measure poverty, considering both structural factors—such as macroeconomic dynamics, labor market institutions, and welfare systems—and individual and household-level determinants. The review is completed by an analysis of European anti-poverty policies, including both direct monetary transfers and indirect measures related to service provision. Adopting a revised definition of in-work poverty, based on but not limited to the Eurostat standard, the thesis pursues two main objectives: (1) to assess whether individual and household risk factors identified at broader geographic scales hold validity at the subnational level, and (2) to evaluate the potential of administrative data sources for local-level analyses of socioeconomic vulnerability. The empirical analysis is based on microdata from all users of the CAF-CGIL assistance centers in the province who filed income tax returns and Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) forms for the ISEE indicator. Although the sample is not representative of the general population, it constitutes a valuable and replicable informational resource for local-level empirical investigations. Methodologically, the study involved constructing an integrated dataset by combining tax return data with DSU records, enabling the reconstruction of coherent individual and household information suitable for statistical analysis. This process highlighted both the potential and the limitations of administrative sources: the lack of key variables—such as hours worked, educational attainment, sector of employment, and social transfers—constrains the analytical precision. Enhancements in data collection by CAF centers could, in the future, enable more comprehensive territorial research. Descriptive findings confirm the relevance of several well-established risk factors. In-work poverty rates are particularly high among foreign nationals, large households, and single-parent families. A second phase of the analysis involved logistic regression models to estimate the association between gender and the risk of in-work poverty across different household types and configurations. The results align with what has been termed in the literature the "gender paradox": women, despite experiencing individual wage disadvantages, exhibit on average a lower risk of in-work poverty compared to men. This paradox reflects the economic subordination of women's income and the difficulty faced by women—especially single mothers—in achieving economic autonomy. Furthermore, the findings underscore the crisis of the single-earner household model even within the study population: the risk of in-work poverty is higher among single earners with permanent contracts than among dual-earner households with atypical contracts. This suggests that the combination of household incomes offers more effective protection against poverty than the contractual stability of a single household member. This study highlights both the opportunities and limitations associated with the integrated use of administrative data available through CAF centers. Going forward, improved data collection could enable more robust and methodologically sound analyses. In particular, the systematic inclusion of working hours would allow researchers to distinguish between full-time and part-time workers, addressing a major current gap. Access to detailed information on social transfers (e.g., Reddito di Cittadinanza, universal child allowance, or other subsidies) would make it possible to analyze pre- and post-transfer income conditions, yielding more accurate assessments of the redistributive effectiveness of public policies. Finally, if individual-level income data were directly available within DSU databases, the need for complex data integration with other archives would be eliminated, significantly streamlining analyses of in-work poverty. In sum, improving the granularity and accessibility of existing administrative data would represent a crucial step in enhancing the capacity of local areas to analyze and address new forms of social vulnerability.
16-lug-2025
Italiano
Il presente elaborato di tesi si propone die analizzare il fenomeno della povertà lavorativa nella provincia di Reggio Emilia, un territorio generalmente percepito come prospero ma non immune da nuove forme di vulnerabilità socioeconomica. Il lavoro di ricerca nasce nell’ambito del “Patto di contrasto alle nuove povertà”, un’iniziativa promossa dal Comune di Reggio Emilia che mira a rispondere all’urgenza di approfondire un fenomeno crescente: quello dei lavoratori poveri, ovvero individui che, pur svolgendo un’occupazione continuativa, si trovano al di sotto della soglia di povertà. I primi capitoli dell’elaborato sono dedicati alla ricostruzione del dibattito teorico e metodologico sul fenomeno della povertà e, in particolare, quella lavorativa. Viene offerta una panoramica dei principali approcci analitici e concettuali utilizzati per definire e misurare questi fenomeni, con attenzione sia ai fattori strutturali – come le dinamiche macroeconomiche, le istituzioni del mercato del lavoro e del welfare – sia alle determinanti individuali e familiari. Completa il quadro l’analisi delle politiche europee di contrasto, sia attraverso trasferimenti monetari diretti che misure indirette legate all’accesso ai servizi. Adottando una definizione rielaborata rispetto a quella di Eurostat, la più comunemente utilizzata, l’elaborato persegue due obiettivi principali: (1) verificare se i fattori di rischio individuali e familiari già noti siano validi anche a livello subnazionale, e (2) testare la possibilità di utilizzo di fonti amministrative per l’analisi locale della vulnerabilità socioeconomica. La base informativa dell’analisi empirica è costituita dai microdati di tutti gli utenti CAF-CGIL della provincia che hanno presentato dichiarazione dei redditi e DSU per l’ISEE. Sebbene non rappresentativo della popolazione generale, il campione si è rivelato una risorsa informativa preziosa, replicabile in altri contesti e utile per esplorazioni empiriche a scala locale. Dal punto di vista metodologico, lo studio ha comportato un articolato lavoro di costruzione del dataset tramite integrazione tra dichiarazioni dei redditi e DSU, per ricostruire informazioni individuali e familiari coerenti e utilizzabili ai fini dell’analisi statistica. Questo processo ha evidenziato le potenzialità delle fonti amministrative, ma anche le loro lacune: l’assenza di variabili fondamentali come ore lavorate, titolo di studio, settore di impiego e trasferimenti sociali limita la precisione delle analisi. In futuro, un miglioramento della raccolta dati da parte dei CAF potrebbe offrire nuove opportunità di ricerca sul territorio. I risultati descrittivi confermano l’importanza di alcuni fattori di rischio consolidati. In particolare, l’incidenza della povertà lavorativa è elevata tra cittadini stranieri, famiglie numerose e nuclei monogenitoriali. Una seconda fase dell’analisi è stata sviluppata attraverso l’impiego di modelli di regressione logistica che hanno consentito di stimare l’associazione tra il genere e il rischio di povertà lavorativa distinguendo tra diverse configurazioni e tipologie familiari. I risultati mostrano come anche nel caso del collettivo analizzato emerga quello che in letteratura è stato definito il “paradosso di genere”: le donne hanno in media un rischio minore di essere working poor rispetto agli uomini, nonostante scontino un evidente svantaggio retributivo a livello individuale. Questo fenomeno riflette la subordinazione economica del reddito femminile e la difficoltà delle donne, soprattutto se sole con figli, di raggiungere l’autonomia economica. Inoltre, i risultati dell’analisi mettono in luce come anche nel caso della popolazione oggetto di indagine sia evidente la crisi dei modelli familiari monoreddito: il rischio di povertà è più alto per i lavoratori singoli, anche se a tempo indeterminato, rispetto a nuclei con due redditi atipici. Questo dato suggerisce che la combinazione dei redditi familiari protegge i lavoratori in maniera più efficacie dal rischio di povertà rispetto alla stabilità contrattuale del singolo membro del nucleo. Questo elaborato ha messo in luce le potenzialità e i limiti derivanti dall’utilizzo integrato delle fonti amministrative a disposizione dei CAF. In futuro, sarebbe auspicabile un miglioramento nella raccolta dei dati per favorire analisi più approfondite e solide dal punto di vista metodologico. L’integrazione delle informazioni attualmente mancanti migliorerebbe in modo significativo la robustezza dei risultati, nonché la qualità e il livello di dettaglio dell’informazione disponibile. In particolare, l’inclusione sistematica delle ore lavorate consentirebbe di distinguere tra la condizione dei lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale, superando una delle attuali principali lacune analitiche. Inoltre, l’accesso a informazioni puntuali sull’entità dei trasferimenti sociali (come Reddito di cittadinanza, assegno unico, o altri sussidi) permetterebbe di articolare l’analisi tra situazione economica pre-tax/pre-transfer e post-tax/post-transfer, offrendo indicazioni più accurate sull’efficacia redistributiva delle politiche pubbliche. Infine, qualora le informazioni reddituali dei singoli componenti del nucleo familiare venissero rese disponibili direttamente nelle banche dati DSU, non sarebbe più necessario ricorrere a integrazioni complesse con altri archivi, semplificando notevolmente le analisi su fenomeni come la povertà lavorativa. In sintesi, un miglioramento delle fonti amministrative esistenti, in chiave di maggiore dettaglio e accessibilità, rappresenterebbe un passo decisivo per rafforzare la capacità dei territori di analizzare e contrastare le nuove vulnerabilità sociali.
povertà lavorativa; dati amministrativi; disuguaglianze; parità di genere
Caselli, Marco
Università Cattolica del Sacro Cuore
MILANO
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNICATT-215271