Questa tesi è il risultato di uno studio di alcuni selezionati carteggi di Angelo Maria Querini e Giammaria Mazzuchelli con i corrispondenti d’oltralpe, in particolare francesi e tedeschi. Proprio perché entrambi bresciani di nascita ed entrambi cresciuti più o meno contemporaneamente nel pieno del riscatto erudito della Repubblica delle lettere italiana, i due eruditi mi sono parsi una chiave d’accesso interessante per indagare le forme di scambio culturale – è questa, peraltro, la formula all’insegna della quale è nato il Corso di Dottorato – tra Brescia e l’Europa in un periodo cruciale per la svolta illuministica dell’ultima porzione del XVIII secolo. Il municipio di Brescia fu, negli anni di Querini e Mazzuchelli, una fucina culturale e intellettuale vivacissima, nonché uno dei primi avamposti italiani della corrente giansenista, che proprio alla fine del Seicento si muoveva dalla Francia per varcare le Alpi e arrivare, con il soffio della tramontana, giù verso il Sud dell’Europa, portando con sé una serie di semi che sarebbero poi germogliati in Italia: dalla Venezia di Angelo Calogerà, fino alla Roma del cardinal Passionei, spargendosi, durante il loro percorso, tra la Modena di Tamburini e la Firenze di Giovanni Lami e Giovanni Bottari. In questo senso Querini e Mazzuchelli sono personaggi particolarmente interessanti: concittadini che si trovano a collaborare pur avendo opinioni non sempre consonanti. Querini era un benedettino cresciuto sotto l’occhio vigile del magistero magliabechiano; Mazzuchelli, di nobili discendenze, ma non quanto quelle del Cardinale, ricevette la propria formazione filosofica dai Gesuiti di Bologna, senza tuttavia portarla a termine, preferendo gli studi da autodidatta anche, forse, per seguire un curriculum studiorium più aperto al giansenismo francese, del quale, tuttavia, non si mai palese sostenitore. Il Conte sarà peraltro depositario dell’eredità libraria del Cardinale, divenendo prefetto della Pubblica Biblioteca (oggi Queriniana) dopo la sua morte. Querini e Mazzuchelli, inoltre, sono figure che hanno affascinato gli studiosi per motivi anche opposti: sono un chierico e un laico, per usare le parole di Dionisotti, ma entrambi volti alla pratica erudita, intesa come ricerca e recupero di una verità raggiungibile attraverso lo studio intedefesso dei documenti storici e dei testi filologicamente vagliati. Da un lato, Querini si serve della filologia per riportare alla luce le testimonianze epistolari di grandi umanisti e teologi, in primis il cattolico Reginald Pole, per dimostrare ai protestanti come già durante lo scisma luterano la Chiesa di Roma aveva aperto a una possibilità di riforma interna; dall’altro, Mazzuchelli si impegna a consegnare alla storia della letteratura il primo ‘dizionario biografico degli italiani’, Gli Scrittori d’Italia, tutto volto «a dar contezza di quegli scrittori per patria italiani, non esclusi i più antichi». Egli intendeva così colmare un vuoto nel nostro panorama culturale, cioè la mancanza di una grande impresa enciclopedica che in Francia, invece, era stata realizzata con largo anticipo grazie all’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Contestualmente agli Scrittori, Mazzuchelli lavora a un catalogo illustrato della propria collezione di medaglie e monete, effigianti letterati illustri del presente e del passato, italiani e stranieri, e accompagnate da un elogio biografico more fontanelliano. Il Museum Mazzuchellianum farà così da contraltare agli Scrittori, mettendo a confronto due metodi diversi di raccolta e divulgazione di notizie biografiche: da un lato l’acribia, il rigore filologico, l’inesausta ricerca di nuove fonti e l’annotazione precisa degli Scrittori d’Italia; dall’altro una più snella e talvolta tendenziosa biografia di corredo alle medaglie collezionate dal Conte. È a questo proposito che i carteggi dei due eruditi diventano documenti fondamentali per la ricostruzione del modus operandi di Querini e Mazzuchelli. Nel caso del Cardinale, che era solito pubblicare una selezione della propria corrispondenza allo scopo precipuo di presentarla a papi e cardinali e al più ampio pubblico di lettori, il dialogo rimasto privato con i dotti d’Italia, Francia e Germania scopre i fili nascosti – per usare una felice metafora di Giulia Cantarutti – dell’ecumenismo queriniano. I carteggi mazzuchelliani, invece, ci aprono il cantiere degli Scrittori d’Italia e del Museum Mazzuchellianum, consentendoci in primis di portare alla luce nuove fonti letterarie; in secundis di capire come Mazzuchelli usasse le informazioni per allestire le voci e gli elogi – fra questi ultimi in particolare quelli dedicati ai letterati stranieri – delle due grandi imprese erudite. Ho dunque suddiviso il lavoro che segue in tre capitoli. Il primo descrive lo status questionis e si propone di contestualizzare la ricerca qui proposta all’interno di temi già ampiamente indagati: la Repubblica delle lettere, l’epistolografia e la pubblicistica settecentesca, con particolare riferimento al concetto di Kulturtransfer. Accanto alla ricostruzione dello status quaestionis, ho aggiunto un paragrafo che tratta dell’interazione tra epistole e periodici nella rete della comunicazione erudita settecentesca. In seguito, attraverso una comparazione dei paratesti di alcuni selezionati giornali letterari europei, ho voluto dar conto di come il concetto di periodico mutasse a seconda delle esigenze e dell’orientamento culturale e religioso dei lettori ai quali la testata si rivolgeva, secondo che ci si trovasse in Italia, in Francia, in Inghilterra, nei Paesi Bassi o in Svizzera). Il secondo capitolo è per larga parte un saggio di edizione dei carteggi diviso in tre parti: la prima è dedicata ad Angelo Maria Querini; la seconda a Giammaria Mazzuchelli; la terza, che si svincola dal saggio di edizione dei tanti inediti epistolari di e a Mazzuchelli, è dedicata ad Angelo Calogerà. Più in particolare, la prima parte è dedicata ai carteggi di Querini con vari corrispondenti italiani e stranieri (per la maggior parte tedeschi); molti di questi sono già editi, ma finora non sono mai stati ordinati e studiati in modo organico come si fa in queste pagine; ciò ha permsso di giungere a nuove conclusioni e prospettive di ricerca. Per esempio, per quanto riguarda il cosiddetto irenismo queriniano, dato per assodato da tutti i critici sulla scorta degli studi primo-novecenteschi di Friedrich Lauchert, ma raramente ripreso a partire dalle fonti, cioè proprio dai testi epistolari pubblici e privati di Querini nell’irrisolta querelle tra protestanti e cattolici. Ho dedicato la seconda parte ai carteggi di Mazzuchelli con i (pochi) corrispondenti stranieri (francesi e tedeschi), mettendone in risalto l’importanza al fine di meglio comprendere le modalità di composizione e allestimento degli Scrittori d’Italia e del Museum mazzuchelliano. In particolare, per gli Scrittori d’Italia, mi sono concentrato sul carteggio con Jean François Séguier, figura centrale anche per alcuni altri saggi dati separatamente alle stampe da Mazzuchelli, sebbene sempre nati dalle ricerche per gli Scrittori; mi riferisco alla vita di Luigi Alamanni, pubblicata insieme all’edizione della Coltivazione, che, da quanto si può leggere nello scambio epistolare con Séguier, fu seguita passo per passo proprio dal Conte bresciano. Durante lo studio dei carteggi di Querini e Mazzuchelli ho notato che per entrambi giocò un ruolo fondamentale la corrispondenza con l’erudito tedesco Julius Carl Schläger di Gotha, figura affatto peculiare poiché esterna al dibattito culturale tra cattolici e protestanti, che negli anni cinquanta del Settecento si era particolarmente riscaldato proprio in conseguenza allo slancio ecumenico del cardinal Querini. Vista la mole del carteggio di Schläger con i due eruditi bresciani, che tutt’assieme supera abbondantemente il centinaio di lettere, ma soprattutto vista la posizione neutrale, in particolare nella corrispondenza con Querini, assunta dal dotto protestante in ambito religioso, ho pensato di dedicare ampio spazio del capitolo alla ricostruzione e all’approfondimento dei contenuti principali di questi due carteggi, nella speranza di poter darne a breve l’edizione. Nel caso di Querini, infatti, il dialogo con Schläger fa luce non solo sullo scambio di studi utili al Bresciano per prepararsi al confronto con i teologi protestanti, ma anche su alcuni aspetti della storia della filologia classica; infatti il carteggio mette in luce la dedizione con cui il Cardinale contribuiva agli studi filologici su Cicerone e Marziano Capella allora intrappresi da Cassel e Heusinger. Inoltre, il categgio getta nuova luce sul lungo processo di allestimento della Pubblica Libreria da Querini caparbiamente voluta e in fine fondata a Brescia. Per quest’ultima sono di assoluto rilievo gli scambi librari fra Querini e Heinrich von Bünau che si realizzarono grazie alla mediazione di Schläger. Dal lato mazzuchelliano, invece, l’erudito tedesco diventa un contatto necessario non solo per lo smercio in territorio teutonico del Museum (di cui grazie al dialogo epistolare si sono rinvenute due recensioni ai tomi del catalogo mazzuchelliano finora ignote agli studiosi), ma anche per il reperimento di medaglie e di notizie biografiche di molti letterati e teologi tedeschi poi finiti all’interno del Museum. La terza parte, invece, è dedicata a un organizzatore culturale di assoluto rilievo all’interno della Repubblica delle lettere italiana: Angelo Calogerà. Dell’erudito veneziano, convinto sostenitore delle teorie gianseniste, ho tenuto in considerazione il rapporto intrattenuto con i due letterati oggetto di questo studio, facendo particolare attenzione alle ricadute che i suoi carteggi con Querini e Mazzuchelli avevano sui periodici da lui curati: la «Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici»; le «Memorie per servire all’istoria letteraria»; la «Minerva, o sia nuovo giornale de’ letterati d’Italia». Anche in questo caso ho cercato di seguire la pista dell’apertura europea dei giornali calogeriani che dà testimonianza di un dialogo con l’Europa erudita affatto singolare, soprattuto se posto, come si è fatto, in comparazione non solo con i primi esempi di pubblicistica erudita tardo secentesca, ma anche con alcuni periodici coevi, come il ben noto «Giornale de’ letterati» di Venezia fondato da Scipione Maffei, Antonio Vallisneri e Apostolo Zeno. Da ultimo, il terzo capitolo è dedicato alle lingue e ai luoghi dello scambio culturale, il cui perimetro è segnato proprio attorno all’asse caldo del commercium erudito transalpino: Venezia – Bolzano – Augsburg. Sull’uso del latino come lingua della comunicazione epistolare italo-tedesca, ho raccolto alcune testimonianze che dimostrano come nel XVIII secolo la lingua di Virgilio, specialmente in territorio teutonico, sia ancora ritenuta impescindibile per la diffusione delle novità scientifico-letterarie, e come lettere e periodici siano stati a loro volta anche depositari della riflessione teorica sulla necessità dell’uso del latino a questo preciso scopo. Le ricerche condotte mi hanno inoltre permesso di toccare un altro tema meritevole di maggiore attenzione, ovvero il dibattito settecentesco sorto attorno alla necessità per i letterati di possedere solide competenze nelle lingue antiche, in particolare nel greco. Infine, la messa a confronto degli epistolari di Querini e Mazzuchelli con i coevi periodici calogeriani, accostamento suggerito anche dalla comune appartenenza alla Serenissima, ha posto le basi per la scrittura della parte conclusiva di questo lavoro. Le conclusioni, dunque, si propongono di collocare i testi qui presentati nel più ampio panorama degli studi sulla storia della letteratura italiana e, in particolare, della letteratura erudita sei-settecentesca, intesa come storia culturale di una nazione formatasi anche attraverso contatti diretti e indiretti di non culturalmente secondari municipi – come si rivelerà la città di Brescia – con i grandi Paesi d’oltralpe. L’ultima sezione di questo lavoro comprende un’appendice mazzuchelliana nella quale per la prima volta si pubblicano tutte le lettere inedite ricevute e spedite dal Conte ai propri corrispondenti d’oltralpe, o almeno quelle che finora ho potuto recuperare negli archivi e nelle biblioteche pubbliche e nazionali italiane, tedesche e francesi; ritengo, infatti, che anche solo una selezione delle centinaia di corrispondenze esclusivamente in ambito tedesco con Querini non avrebbero reso il lavoro altrettanto agile per ciò che sta per seguire
Da Brescia all’Europa: le reti epistolari di Angelo Maria Querini e Giammaria Mazzuchelli con il mondo d’oltralpe
Boaretto, Emilio
2025
Abstract
Questa tesi è il risultato di uno studio di alcuni selezionati carteggi di Angelo Maria Querini e Giammaria Mazzuchelli con i corrispondenti d’oltralpe, in particolare francesi e tedeschi. Proprio perché entrambi bresciani di nascita ed entrambi cresciuti più o meno contemporaneamente nel pieno del riscatto erudito della Repubblica delle lettere italiana, i due eruditi mi sono parsi una chiave d’accesso interessante per indagare le forme di scambio culturale – è questa, peraltro, la formula all’insegna della quale è nato il Corso di Dottorato – tra Brescia e l’Europa in un periodo cruciale per la svolta illuministica dell’ultima porzione del XVIII secolo. Il municipio di Brescia fu, negli anni di Querini e Mazzuchelli, una fucina culturale e intellettuale vivacissima, nonché uno dei primi avamposti italiani della corrente giansenista, che proprio alla fine del Seicento si muoveva dalla Francia per varcare le Alpi e arrivare, con il soffio della tramontana, giù verso il Sud dell’Europa, portando con sé una serie di semi che sarebbero poi germogliati in Italia: dalla Venezia di Angelo Calogerà, fino alla Roma del cardinal Passionei, spargendosi, durante il loro percorso, tra la Modena di Tamburini e la Firenze di Giovanni Lami e Giovanni Bottari. In questo senso Querini e Mazzuchelli sono personaggi particolarmente interessanti: concittadini che si trovano a collaborare pur avendo opinioni non sempre consonanti. Querini era un benedettino cresciuto sotto l’occhio vigile del magistero magliabechiano; Mazzuchelli, di nobili discendenze, ma non quanto quelle del Cardinale, ricevette la propria formazione filosofica dai Gesuiti di Bologna, senza tuttavia portarla a termine, preferendo gli studi da autodidatta anche, forse, per seguire un curriculum studiorium più aperto al giansenismo francese, del quale, tuttavia, non si mai palese sostenitore. Il Conte sarà peraltro depositario dell’eredità libraria del Cardinale, divenendo prefetto della Pubblica Biblioteca (oggi Queriniana) dopo la sua morte. Querini e Mazzuchelli, inoltre, sono figure che hanno affascinato gli studiosi per motivi anche opposti: sono un chierico e un laico, per usare le parole di Dionisotti, ma entrambi volti alla pratica erudita, intesa come ricerca e recupero di una verità raggiungibile attraverso lo studio intedefesso dei documenti storici e dei testi filologicamente vagliati. Da un lato, Querini si serve della filologia per riportare alla luce le testimonianze epistolari di grandi umanisti e teologi, in primis il cattolico Reginald Pole, per dimostrare ai protestanti come già durante lo scisma luterano la Chiesa di Roma aveva aperto a una possibilità di riforma interna; dall’altro, Mazzuchelli si impegna a consegnare alla storia della letteratura il primo ‘dizionario biografico degli italiani’, Gli Scrittori d’Italia, tutto volto «a dar contezza di quegli scrittori per patria italiani, non esclusi i più antichi». Egli intendeva così colmare un vuoto nel nostro panorama culturale, cioè la mancanza di una grande impresa enciclopedica che in Francia, invece, era stata realizzata con largo anticipo grazie all’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Contestualmente agli Scrittori, Mazzuchelli lavora a un catalogo illustrato della propria collezione di medaglie e monete, effigianti letterati illustri del presente e del passato, italiani e stranieri, e accompagnate da un elogio biografico more fontanelliano. Il Museum Mazzuchellianum farà così da contraltare agli Scrittori, mettendo a confronto due metodi diversi di raccolta e divulgazione di notizie biografiche: da un lato l’acribia, il rigore filologico, l’inesausta ricerca di nuove fonti e l’annotazione precisa degli Scrittori d’Italia; dall’altro una più snella e talvolta tendenziosa biografia di corredo alle medaglie collezionate dal Conte. È a questo proposito che i carteggi dei due eruditi diventano documenti fondamentali per la ricostruzione del modus operandi di Querini e Mazzuchelli. Nel caso del Cardinale, che era solito pubblicare una selezione della propria corrispondenza allo scopo precipuo di presentarla a papi e cardinali e al più ampio pubblico di lettori, il dialogo rimasto privato con i dotti d’Italia, Francia e Germania scopre i fili nascosti – per usare una felice metafora di Giulia Cantarutti – dell’ecumenismo queriniano. I carteggi mazzuchelliani, invece, ci aprono il cantiere degli Scrittori d’Italia e del Museum Mazzuchellianum, consentendoci in primis di portare alla luce nuove fonti letterarie; in secundis di capire come Mazzuchelli usasse le informazioni per allestire le voci e gli elogi – fra questi ultimi in particolare quelli dedicati ai letterati stranieri – delle due grandi imprese erudite. Ho dunque suddiviso il lavoro che segue in tre capitoli. Il primo descrive lo status questionis e si propone di contestualizzare la ricerca qui proposta all’interno di temi già ampiamente indagati: la Repubblica delle lettere, l’epistolografia e la pubblicistica settecentesca, con particolare riferimento al concetto di Kulturtransfer. Accanto alla ricostruzione dello status quaestionis, ho aggiunto un paragrafo che tratta dell’interazione tra epistole e periodici nella rete della comunicazione erudita settecentesca. In seguito, attraverso una comparazione dei paratesti di alcuni selezionati giornali letterari europei, ho voluto dar conto di come il concetto di periodico mutasse a seconda delle esigenze e dell’orientamento culturale e religioso dei lettori ai quali la testata si rivolgeva, secondo che ci si trovasse in Italia, in Francia, in Inghilterra, nei Paesi Bassi o in Svizzera). Il secondo capitolo è per larga parte un saggio di edizione dei carteggi diviso in tre parti: la prima è dedicata ad Angelo Maria Querini; la seconda a Giammaria Mazzuchelli; la terza, che si svincola dal saggio di edizione dei tanti inediti epistolari di e a Mazzuchelli, è dedicata ad Angelo Calogerà. Più in particolare, la prima parte è dedicata ai carteggi di Querini con vari corrispondenti italiani e stranieri (per la maggior parte tedeschi); molti di questi sono già editi, ma finora non sono mai stati ordinati e studiati in modo organico come si fa in queste pagine; ciò ha permsso di giungere a nuove conclusioni e prospettive di ricerca. Per esempio, per quanto riguarda il cosiddetto irenismo queriniano, dato per assodato da tutti i critici sulla scorta degli studi primo-novecenteschi di Friedrich Lauchert, ma raramente ripreso a partire dalle fonti, cioè proprio dai testi epistolari pubblici e privati di Querini nell’irrisolta querelle tra protestanti e cattolici. Ho dedicato la seconda parte ai carteggi di Mazzuchelli con i (pochi) corrispondenti stranieri (francesi e tedeschi), mettendone in risalto l’importanza al fine di meglio comprendere le modalità di composizione e allestimento degli Scrittori d’Italia e del Museum mazzuchelliano. In particolare, per gli Scrittori d’Italia, mi sono concentrato sul carteggio con Jean François Séguier, figura centrale anche per alcuni altri saggi dati separatamente alle stampe da Mazzuchelli, sebbene sempre nati dalle ricerche per gli Scrittori; mi riferisco alla vita di Luigi Alamanni, pubblicata insieme all’edizione della Coltivazione, che, da quanto si può leggere nello scambio epistolare con Séguier, fu seguita passo per passo proprio dal Conte bresciano. Durante lo studio dei carteggi di Querini e Mazzuchelli ho notato che per entrambi giocò un ruolo fondamentale la corrispondenza con l’erudito tedesco Julius Carl Schläger di Gotha, figura affatto peculiare poiché esterna al dibattito culturale tra cattolici e protestanti, che negli anni cinquanta del Settecento si era particolarmente riscaldato proprio in conseguenza allo slancio ecumenico del cardinal Querini. Vista la mole del carteggio di Schläger con i due eruditi bresciani, che tutt’assieme supera abbondantemente il centinaio di lettere, ma soprattutto vista la posizione neutrale, in particolare nella corrispondenza con Querini, assunta dal dotto protestante in ambito religioso, ho pensato di dedicare ampio spazio del capitolo alla ricostruzione e all’approfondimento dei contenuti principali di questi due carteggi, nella speranza di poter darne a breve l’edizione. Nel caso di Querini, infatti, il dialogo con Schläger fa luce non solo sullo scambio di studi utili al Bresciano per prepararsi al confronto con i teologi protestanti, ma anche su alcuni aspetti della storia della filologia classica; infatti il carteggio mette in luce la dedizione con cui il Cardinale contribuiva agli studi filologici su Cicerone e Marziano Capella allora intrappresi da Cassel e Heusinger. Inoltre, il categgio getta nuova luce sul lungo processo di allestimento della Pubblica Libreria da Querini caparbiamente voluta e in fine fondata a Brescia. Per quest’ultima sono di assoluto rilievo gli scambi librari fra Querini e Heinrich von Bünau che si realizzarono grazie alla mediazione di Schläger. Dal lato mazzuchelliano, invece, l’erudito tedesco diventa un contatto necessario non solo per lo smercio in territorio teutonico del Museum (di cui grazie al dialogo epistolare si sono rinvenute due recensioni ai tomi del catalogo mazzuchelliano finora ignote agli studiosi), ma anche per il reperimento di medaglie e di notizie biografiche di molti letterati e teologi tedeschi poi finiti all’interno del Museum. La terza parte, invece, è dedicata a un organizzatore culturale di assoluto rilievo all’interno della Repubblica delle lettere italiana: Angelo Calogerà. Dell’erudito veneziano, convinto sostenitore delle teorie gianseniste, ho tenuto in considerazione il rapporto intrattenuto con i due letterati oggetto di questo studio, facendo particolare attenzione alle ricadute che i suoi carteggi con Querini e Mazzuchelli avevano sui periodici da lui curati: la «Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici»; le «Memorie per servire all’istoria letteraria»; la «Minerva, o sia nuovo giornale de’ letterati d’Italia». Anche in questo caso ho cercato di seguire la pista dell’apertura europea dei giornali calogeriani che dà testimonianza di un dialogo con l’Europa erudita affatto singolare, soprattuto se posto, come si è fatto, in comparazione non solo con i primi esempi di pubblicistica erudita tardo secentesca, ma anche con alcuni periodici coevi, come il ben noto «Giornale de’ letterati» di Venezia fondato da Scipione Maffei, Antonio Vallisneri e Apostolo Zeno. Da ultimo, il terzo capitolo è dedicato alle lingue e ai luoghi dello scambio culturale, il cui perimetro è segnato proprio attorno all’asse caldo del commercium erudito transalpino: Venezia – Bolzano – Augsburg. Sull’uso del latino come lingua della comunicazione epistolare italo-tedesca, ho raccolto alcune testimonianze che dimostrano come nel XVIII secolo la lingua di Virgilio, specialmente in territorio teutonico, sia ancora ritenuta impescindibile per la diffusione delle novità scientifico-letterarie, e come lettere e periodici siano stati a loro volta anche depositari della riflessione teorica sulla necessità dell’uso del latino a questo preciso scopo. Le ricerche condotte mi hanno inoltre permesso di toccare un altro tema meritevole di maggiore attenzione, ovvero il dibattito settecentesco sorto attorno alla necessità per i letterati di possedere solide competenze nelle lingue antiche, in particolare nel greco. Infine, la messa a confronto degli epistolari di Querini e Mazzuchelli con i coevi periodici calogeriani, accostamento suggerito anche dalla comune appartenenza alla Serenissima, ha posto le basi per la scrittura della parte conclusiva di questo lavoro. Le conclusioni, dunque, si propongono di collocare i testi qui presentati nel più ampio panorama degli studi sulla storia della letteratura italiana e, in particolare, della letteratura erudita sei-settecentesca, intesa come storia culturale di una nazione formatasi anche attraverso contatti diretti e indiretti di non culturalmente secondari municipi – come si rivelerà la città di Brescia – con i grandi Paesi d’oltralpe. L’ultima sezione di questo lavoro comprende un’appendice mazzuchelliana nella quale per la prima volta si pubblicano tutte le lettere inedite ricevute e spedite dal Conte ai propri corrispondenti d’oltralpe, o almeno quelle che finora ho potuto recuperare negli archivi e nelle biblioteche pubbliche e nazionali italiane, tedesche e francesi; ritengo, infatti, che anche solo una selezione delle centinaia di corrispondenze esclusivamente in ambito tedesco con Querini non avrebbero reso il lavoro altrettanto agile per ciò che sta per seguireFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/215276
URN:NBN:IT:UNITN-215276