Sebbene la vita quotidiana di Homo sapiens sia stata ampiamente studiata, le informazioni in nostro possesso sul comportamento sociale e il grado di aggressività nel Paleolitico superiore sono scarse e generalmente basate su dati empirici o su informazioni etnografiche di piccole società di cacciatori-raccoglitori moderne. Negli ultimi anni, archeologi e antropologi hanno concentrato i propri sforzi nel tentativo di comprendere se, sin dai suoi primordi, l’indole dell’uomo abbia avuto una natura più hobbesiana (violenta) o rousseauiana (pacifica). Il modo migliore per valutare l’aggressività nel passato è studiare la violenza visibile sulle ossa, ma una semplice analisi antropologica sui traumi può non essere conclusiva: per questo motivo sono stati messi a punto metodi per ricavare informazioni dai resti scheletrici che prendono in considerazione anche le analisi di contesto. Inoltre, lo studio dei traumi invalidanti e delle patologie permettere di rilevare la propensione a concepire il gruppo come insieme che presta mutuo soccorso. Di fatto, la presenza di forme assistenziali indica la mancanza di una particolare forma di violenza, quella strutturale, che usa come discriminante lo stato fisico degli individui. Questo studio si propone di indagare la violenza presente nel Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale: l’approccio olistico che si intende applicare (che comprende l’interpretazione dei dati derivati da fonti archeologiche, bioarcheologiche ed etnografiche). Per questa ricerca sono stati analizzati 28 individui rinvenuti in sepoltura del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale. La mera osservazione dei traumi interpretabili come violenti rilevabili sui resti risulta limitativa sotto molti punti di vista, soprattutto se applicata al Paleolitico superiore. Molte sepolture sono parziali (alcune risultano essere state disturbate da eventi post deposizionali sia antropici che naturali) o mal conservate (sia per il grado di fossilizzazione, sia per lo stato intrinseco dell’osso, sia per i lavori di restauro che hanno subito i resti). Questo crea una forte distorsione nell’analisi del campione. L’analisi qualitativa degli individui consentirebbe di stabilire, nella maniera più oggettiva possibile, le informazioni che il campione è in grado di offrire. Per capire la potenzialità delle informazioni che è in grado di offrire il campione, sono state identificate le ossa in cui ci sono più probabilità di rilevare lesioni provocate da episodi di violenza, e la loro presenza in ogni singolo individuo. È emerso che nel Gravettiano, in media, sono presenti solo il 39,62% delle ossa importanti per l’identificazione della violenza, mentre per l’Epigravettiano questa percentuale scende al 28,23%: questi dati, sommati al limitato numero di individui, permettono di affermare che il Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale è in grado di esprimere solo un’immagine molto parziale nello studio sulla violenza. Sono stati identificati traumi su 7 individui (per un totale di 19 lesioni rilevate) tutti relativi al Paleolitico superiore finale. Dai confronti effettuati con gli individui del Paleolitico superiore europeo è emersa la bassa incidenza di traumi nel Gravettiano e l’alta incidenza di traumi su individui di sesso femminile. Nell’Epigravettiano dell’Italia centro meridionale, vengono identificati possibili traumi legati a violenza nel sito di San Teodoro: dei 5 inumati, 4 presentano lesioni e 3 sono di sesso femminile e questo potrebbe far propendere verso la violenza di genere (quindi una forma di violenza intragruppo). Tuttavia la presenza della freccia su San Teodoro 4, sembra indicare forme di violenza intergruppo. Per quanto riguarda l’assistenza, i legami all’interno della comunità forniscono un cuscinetto sociale contro le carenze individuali di risorse e la tutela della salute, fornendo un netto vantaggio evolutivo. Salvaguardare l’esistenza di individui fragili, e che probabilmente non saranno più in grado di guarire, rappresenta un elemento necessario nello sviluppo dei legami pro-sociali. Nell’ambito del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale, esistevano individui che presentano limitazioni fisiche tali che, rapportate al contesto storico e ambientale di provenienza, non garantivano la completa autonomia nel sostentamento: sono Romito 8, Romito 2 e Vado all’Arancio. Tutti gli individui fanno riferimento all’orizzonte dell’Epigravettiano finale. Nell’ambito del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale non sono state identificate forme di violenza strutturale legate alla disabilità: esistevano individui con limitazioni fisiche tali che, rapportate al contesto storico e ambientale di provenienza, potevano impedire la completa autonomia nel sostentamento.

Violenza e Assistenza nel Paleolitico Superiore: Studio Bioarcheologico dei Traumi nell’Italia Centro-Meridionale.

VINCENTI, GIORGIA
2022

Abstract

Sebbene la vita quotidiana di Homo sapiens sia stata ampiamente studiata, le informazioni in nostro possesso sul comportamento sociale e il grado di aggressività nel Paleolitico superiore sono scarse e generalmente basate su dati empirici o su informazioni etnografiche di piccole società di cacciatori-raccoglitori moderne. Negli ultimi anni, archeologi e antropologi hanno concentrato i propri sforzi nel tentativo di comprendere se, sin dai suoi primordi, l’indole dell’uomo abbia avuto una natura più hobbesiana (violenta) o rousseauiana (pacifica). Il modo migliore per valutare l’aggressività nel passato è studiare la violenza visibile sulle ossa, ma una semplice analisi antropologica sui traumi può non essere conclusiva: per questo motivo sono stati messi a punto metodi per ricavare informazioni dai resti scheletrici che prendono in considerazione anche le analisi di contesto. Inoltre, lo studio dei traumi invalidanti e delle patologie permettere di rilevare la propensione a concepire il gruppo come insieme che presta mutuo soccorso. Di fatto, la presenza di forme assistenziali indica la mancanza di una particolare forma di violenza, quella strutturale, che usa come discriminante lo stato fisico degli individui. Questo studio si propone di indagare la violenza presente nel Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale: l’approccio olistico che si intende applicare (che comprende l’interpretazione dei dati derivati da fonti archeologiche, bioarcheologiche ed etnografiche). Per questa ricerca sono stati analizzati 28 individui rinvenuti in sepoltura del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale. La mera osservazione dei traumi interpretabili come violenti rilevabili sui resti risulta limitativa sotto molti punti di vista, soprattutto se applicata al Paleolitico superiore. Molte sepolture sono parziali (alcune risultano essere state disturbate da eventi post deposizionali sia antropici che naturali) o mal conservate (sia per il grado di fossilizzazione, sia per lo stato intrinseco dell’osso, sia per i lavori di restauro che hanno subito i resti). Questo crea una forte distorsione nell’analisi del campione. L’analisi qualitativa degli individui consentirebbe di stabilire, nella maniera più oggettiva possibile, le informazioni che il campione è in grado di offrire. Per capire la potenzialità delle informazioni che è in grado di offrire il campione, sono state identificate le ossa in cui ci sono più probabilità di rilevare lesioni provocate da episodi di violenza, e la loro presenza in ogni singolo individuo. È emerso che nel Gravettiano, in media, sono presenti solo il 39,62% delle ossa importanti per l’identificazione della violenza, mentre per l’Epigravettiano questa percentuale scende al 28,23%: questi dati, sommati al limitato numero di individui, permettono di affermare che il Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale è in grado di esprimere solo un’immagine molto parziale nello studio sulla violenza. Sono stati identificati traumi su 7 individui (per un totale di 19 lesioni rilevate) tutti relativi al Paleolitico superiore finale. Dai confronti effettuati con gli individui del Paleolitico superiore europeo è emersa la bassa incidenza di traumi nel Gravettiano e l’alta incidenza di traumi su individui di sesso femminile. Nell’Epigravettiano dell’Italia centro meridionale, vengono identificati possibili traumi legati a violenza nel sito di San Teodoro: dei 5 inumati, 4 presentano lesioni e 3 sono di sesso femminile e questo potrebbe far propendere verso la violenza di genere (quindi una forma di violenza intragruppo). Tuttavia la presenza della freccia su San Teodoro 4, sembra indicare forme di violenza intergruppo. Per quanto riguarda l’assistenza, i legami all’interno della comunità forniscono un cuscinetto sociale contro le carenze individuali di risorse e la tutela della salute, fornendo un netto vantaggio evolutivo. Salvaguardare l’esistenza di individui fragili, e che probabilmente non saranno più in grado di guarire, rappresenta un elemento necessario nello sviluppo dei legami pro-sociali. Nell’ambito del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale, esistevano individui che presentano limitazioni fisiche tali che, rapportate al contesto storico e ambientale di provenienza, non garantivano la completa autonomia nel sostentamento: sono Romito 8, Romito 2 e Vado all’Arancio. Tutti gli individui fanno riferimento all’orizzonte dell’Epigravettiano finale. Nell’ambito del Paleolitico superiore dell’Italia centro meridionale non sono state identificate forme di violenza strutturale legate alla disabilità: esistevano individui con limitazioni fisiche tali che, rapportate al contesto storico e ambientale di provenienza, potevano impedire la completa autonomia nel sostentamento.
25-set-2022
Italiano
assistenza
paleolitico superiore
violenza
Lo Vetro, Domenico
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Report_Dottorato_ITA.pdf

non disponibili

Dimensione 696.79 kB
Formato Adobe PDF
696.79 kB Adobe PDF
Tesi_Vincenti.pdf

embargo fino al 27/09/2092

Dimensione 7.46 MB
Formato Adobe PDF
7.46 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/216287
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-216287