This research aims to analyze the right to defense within the context of the European criminal trial, with particular attention to the principle of "defense by evidence" and its implications in transnational proceedings. It is based on an intuition: there are gaps in which the rights of the defence can be violated in transnational criminal proceedings. In other words, the internationalisation of investigations has not been accompanied by an internationalisation of defence rights. Indeed, the criminal law could not run the risk of being "trapped" within national borders in the face of transnational crime. To ensure an effective response to criminal phenomena and a real cooperation among member states, based on the principle of mutual recognition, the UE not only have adopted legal instruments and directives, but also have established entities to facilitate cooperation activities. The idea of a transnational criminal justice has led to a strengthening of the participatory concept of criminal justice, enshrining the right to a fair trial at both the international and European levels. Nevertheless, any European intervention has been able to adequately define the methods and intensity of the defendant’s participation in the investigative acts involved in cross-border proceedings. While much attention has been given to the regulation of efficient models, little emphasis has been placed on the potential areas of intervention regarding defense prerogatives. This results in a significant lack of guarantees at the European level regarding the right to "defense by evidence," meaning the possibility for the defense lawyer to actively engage in the investigative phase of transnational proceedings. Thus, the principle of equality of arms— as a fair balance between the parties and between the defendant's right to defense and the protection of interests related to criminal investigations—becomes a fundamental issue to address. The comparative approach allows an examination of each State’s regulation regarding the investigative powers of defense lawyers and their relationship with the prosecution during the investigative phase. This approach also helps to explain the challenges encountered in judicial cooperation. A comparative look at domestic criminal procedural systems, as well as those of Spain, France, and Germany, becomes essential for a better understanding of the practical difficulties, possible openings, and inevitable compromises. It will be observed that the right to "defense by evidence" is not effectively guaranteed in the legal systems of the analyzed member States, except for Italy. Indeed, the Italian criminal code regulated defense investigations through Law No. 397/2000, thereby moving towards an actual balance between prosecution and defense—although still with some gaps. Since specific regulations to the investigative powers of defense lawyers are lacking even within domestic legal traditions, the transition from theoretical principles to their practical implementation appears fraught with difficulties, as it must contend with national systems protective of their own peculiarities. This balance between prosecution and defense, which is difficult to achieve, is also characterized by the tension inherent in the "freedom – security" dichotomy, which every criminal legislator must address. Similarly, the European Union cannot pursue effectiveness at all costs but must also seek a more effective balance that considers the rights of accused individuals, ensuring that their right to defense does not disappear within transnationality. Although the idea of a European defense lawyer is still in a theoretical phase and the various proposals have never been implemented, it represents a necessary and proportionate response to the increasing complexity of European criminal justice. There is a need for a structure that connects lawyers from different member states, facilitating effective communication and collaboration with foreign colleagues while addressing the extensive investigative powers of the prosecution. This proposal is part of the broader debate on the balance between security and procedural safeguards and lays the foundations for the evolution of the European legal system towards a more rights-protective and inclusive framework.

La presente ricerca si propone di analizzare il diritto alla difesa nel contesto del processo penale europeo, con particolare attenzione al principio del "difendersi provando" e alle sue implicazioni nei procedimenti transnazionali. Si parte da un'intuizione: esistono nei procedimenti penali transfrontalieri degli interstizi in cui si insinuano violazioni dei diritti della difesa. In altre parole, l'internazionalizzazione dell'indagine o dell'istruzione non è stata accompagnata da un'internazionalizzazione dei diritti della difesa. Invero, di fronte ad una criminalità transnazionale non si poteva rischiare che il diritto punitivo restasse “imbrigliato” all’interno dei confini nazionali. Al fine di garantire un’efficacia risposta ai fenomeni criminali ed un’effettiva cooperazione tra gli Stati membri, sulla base del principio del mutuo riconoscimento, sono proliferati non solo strumenti giuridici e direttive adottati dall’UE, ma anche enti incaricati di facilitare le attività di cooperazione. L’apertura ad una giustizia penale transnazionale ha comportato un rafforzamento della concezione partecipativa di giustizia penale, sancendo a livello internazionale ed europeo il diritto ad un processo equo. Ciò nonostante, nessun intervento europeo è riuscito a stabilire, in modo adeguato, le modalità e l’intensità della partecipazione difensiva dell’indagato allo svolgimento degli atti degli organi giudiziari coinvolti nella procedura transfrontaliera. Se una grande attenzione è stata posta sull’elaborazione di modelli di efficiente funzionalità, scarso rilievo, invece, è stato affidato ai possibili ambiti d’intervento delle prerogative difensive. Si prospetta così un ampio vulnus di garanzia a livello europeo del diritto di “difendersi provando”, ovvero nella possibilità per il difensore di agire attivamente nella fase investigativa dei procedimenti transazionali. La necessità di garantire la parità delle armi, da intendersi come giusto equilibrio tra le parti e tra il diritto di difesa dell’imputato e la tutela di interessi legati all’accertamento penale, diviene dunque tema fondamentale da affrontare. L’angolo visuale prescelto per il procedere dell’analisi è quello comparatista, che consente di confrontare le specificità di ciascun Stato quanto al potere investigativo del difensore e al suo rapporto con l’accusa nella fase d’indagine del procedimento e spiegare le difficoltà ravvisabili nella cooperazione giudiziaria. Uno sguardo che va dal sistema processuale penale interno, a quello spagnolo, fino a giungere al diritto francese e tedesco, diviene, dunque, imprescindibile per meglio comprendere le concrete difficoltà, le possibili aperture, e i sicuri compromessi. Si constaterà che il diritto di “difendersi provando” non è effettivamente garantito negli ordinamenti degli Stati membri analizzati, eccezion fatta per l’Italia che ha disciplinato, per la prima volta nel panorama europeo, le indagini difensive con la L. 397/2000, avvicinandosi così ad un’effettiva parità tra accusa e difesa, seppur ancora lacunosa. Mancando specifici riferimenti in merito alle facoltà investigative del difensore persino nelle singole tradizioni giuridiche, il passaggio dalle petizioni di principio alla loro effettiva realizzazione appare irto di difficoltà, destinato a confrontarsi con i sistemi nazionali gelosi delle proprie peculiarità. Questo equilibrio tra accusa e difesa, difficilmente raggiungibile, è caratterizzato anche dalla tensione che esiste all'interno del binomio “libertà – sicurezza” e con cui ogni legislatore penale deve confrontarsi. In egual modo, l'Unione non può perseguire a tutti i costi l'efficacia ma deve anche cercare un equilibrio più effettivo che tenga conto dei diritti delle persone sospettate, garantendo che i suoi diritti di difesa non si dissolvano nella transnazionalità. Sebbene l'idea di un difensore europeo sia ancora in una fase teorica, e le diverse proposte non sono mai divenute operative, essa costituisce una risposta necessaria e proporzionata alla crescente complessità della giustizia penale europea. C’è un concreto bisogno di una struttura di collegamento tra avvocati dei diversi Stati membri che agevoli e renda possibile l’efficace contatto e confronto con il collega straniero e che affronti poteri investigativi d’accusa così profondi. Tale proposta si inserisce nel più ampio dibattito sull’equilibrio tra sicurezza e garanzie processuali, ponendo le basi per un’evoluzione del sistema giuridico europeo in chiave maggiormente garantista e inclusiva.

Il diritto di "difendersi provando", le esigenze di effettività della garanzia in ambito Europeo e la prospettiva di istituire il difensore europeo

ESPOSITO, Giacomina
2025

Abstract

This research aims to analyze the right to defense within the context of the European criminal trial, with particular attention to the principle of "defense by evidence" and its implications in transnational proceedings. It is based on an intuition: there are gaps in which the rights of the defence can be violated in transnational criminal proceedings. In other words, the internationalisation of investigations has not been accompanied by an internationalisation of defence rights. Indeed, the criminal law could not run the risk of being "trapped" within national borders in the face of transnational crime. To ensure an effective response to criminal phenomena and a real cooperation among member states, based on the principle of mutual recognition, the UE not only have adopted legal instruments and directives, but also have established entities to facilitate cooperation activities. The idea of a transnational criminal justice has led to a strengthening of the participatory concept of criminal justice, enshrining the right to a fair trial at both the international and European levels. Nevertheless, any European intervention has been able to adequately define the methods and intensity of the defendant’s participation in the investigative acts involved in cross-border proceedings. While much attention has been given to the regulation of efficient models, little emphasis has been placed on the potential areas of intervention regarding defense prerogatives. This results in a significant lack of guarantees at the European level regarding the right to "defense by evidence," meaning the possibility for the defense lawyer to actively engage in the investigative phase of transnational proceedings. Thus, the principle of equality of arms— as a fair balance between the parties and between the defendant's right to defense and the protection of interests related to criminal investigations—becomes a fundamental issue to address. The comparative approach allows an examination of each State’s regulation regarding the investigative powers of defense lawyers and their relationship with the prosecution during the investigative phase. This approach also helps to explain the challenges encountered in judicial cooperation. A comparative look at domestic criminal procedural systems, as well as those of Spain, France, and Germany, becomes essential for a better understanding of the practical difficulties, possible openings, and inevitable compromises. It will be observed that the right to "defense by evidence" is not effectively guaranteed in the legal systems of the analyzed member States, except for Italy. Indeed, the Italian criminal code regulated defense investigations through Law No. 397/2000, thereby moving towards an actual balance between prosecution and defense—although still with some gaps. Since specific regulations to the investigative powers of defense lawyers are lacking even within domestic legal traditions, the transition from theoretical principles to their practical implementation appears fraught with difficulties, as it must contend with national systems protective of their own peculiarities. This balance between prosecution and defense, which is difficult to achieve, is also characterized by the tension inherent in the "freedom – security" dichotomy, which every criminal legislator must address. Similarly, the European Union cannot pursue effectiveness at all costs but must also seek a more effective balance that considers the rights of accused individuals, ensuring that their right to defense does not disappear within transnationality. Although the idea of a European defense lawyer is still in a theoretical phase and the various proposals have never been implemented, it represents a necessary and proportionate response to the increasing complexity of European criminal justice. There is a need for a structure that connects lawyers from different member states, facilitating effective communication and collaboration with foreign colleagues while addressing the extensive investigative powers of the prosecution. This proposal is part of the broader debate on the balance between security and procedural safeguards and lays the foundations for the evolution of the European legal system towards a more rights-protective and inclusive framework.
14-mag-2025
Italiano
La presente ricerca si propone di analizzare il diritto alla difesa nel contesto del processo penale europeo, con particolare attenzione al principio del "difendersi provando" e alle sue implicazioni nei procedimenti transnazionali. Si parte da un'intuizione: esistono nei procedimenti penali transfrontalieri degli interstizi in cui si insinuano violazioni dei diritti della difesa. In altre parole, l'internazionalizzazione dell'indagine o dell'istruzione non è stata accompagnata da un'internazionalizzazione dei diritti della difesa. Invero, di fronte ad una criminalità transnazionale non si poteva rischiare che il diritto punitivo restasse “imbrigliato” all’interno dei confini nazionali. Al fine di garantire un’efficacia risposta ai fenomeni criminali ed un’effettiva cooperazione tra gli Stati membri, sulla base del principio del mutuo riconoscimento, sono proliferati non solo strumenti giuridici e direttive adottati dall’UE, ma anche enti incaricati di facilitare le attività di cooperazione. L’apertura ad una giustizia penale transnazionale ha comportato un rafforzamento della concezione partecipativa di giustizia penale, sancendo a livello internazionale ed europeo il diritto ad un processo equo. Ciò nonostante, nessun intervento europeo è riuscito a stabilire, in modo adeguato, le modalità e l’intensità della partecipazione difensiva dell’indagato allo svolgimento degli atti degli organi giudiziari coinvolti nella procedura transfrontaliera. Se una grande attenzione è stata posta sull’elaborazione di modelli di efficiente funzionalità, scarso rilievo, invece, è stato affidato ai possibili ambiti d’intervento delle prerogative difensive. Si prospetta così un ampio vulnus di garanzia a livello europeo del diritto di “difendersi provando”, ovvero nella possibilità per il difensore di agire attivamente nella fase investigativa dei procedimenti transazionali. La necessità di garantire la parità delle armi, da intendersi come giusto equilibrio tra le parti e tra il diritto di difesa dell’imputato e la tutela di interessi legati all’accertamento penale, diviene dunque tema fondamentale da affrontare. L’angolo visuale prescelto per il procedere dell’analisi è quello comparatista, che consente di confrontare le specificità di ciascun Stato quanto al potere investigativo del difensore e al suo rapporto con l’accusa nella fase d’indagine del procedimento e spiegare le difficoltà ravvisabili nella cooperazione giudiziaria. Uno sguardo che va dal sistema processuale penale interno, a quello spagnolo, fino a giungere al diritto francese e tedesco, diviene, dunque, imprescindibile per meglio comprendere le concrete difficoltà, le possibili aperture, e i sicuri compromessi. Si constaterà che il diritto di “difendersi provando” non è effettivamente garantito negli ordinamenti degli Stati membri analizzati, eccezion fatta per l’Italia che ha disciplinato, per la prima volta nel panorama europeo, le indagini difensive con la L. 397/2000, avvicinandosi così ad un’effettiva parità tra accusa e difesa, seppur ancora lacunosa. Mancando specifici riferimenti in merito alle facoltà investigative del difensore persino nelle singole tradizioni giuridiche, il passaggio dalle petizioni di principio alla loro effettiva realizzazione appare irto di difficoltà, destinato a confrontarsi con i sistemi nazionali gelosi delle proprie peculiarità. Questo equilibrio tra accusa e difesa, difficilmente raggiungibile, è caratterizzato anche dalla tensione che esiste all'interno del binomio “libertà – sicurezza” e con cui ogni legislatore penale deve confrontarsi. In egual modo, l'Unione non può perseguire a tutti i costi l'efficacia ma deve anche cercare un equilibrio più effettivo che tenga conto dei diritti delle persone sospettate, garantendo che i suoi diritti di difesa non si dissolvano nella transnazionalità. Sebbene l'idea di un difensore europeo sia ancora in una fase teorica, e le diverse proposte non sono mai divenute operative, essa costituisce una risposta necessaria e proporzionata alla crescente complessità della giustizia penale europea. C’è un concreto bisogno di una struttura di collegamento tra avvocati dei diversi Stati membri che agevoli e renda possibile l’efficace contatto e confronto con il collega straniero e che affronti poteri investigativi d’accusa così profondi. Tale proposta si inserisce nel più ampio dibattito sull’equilibrio tra sicurezza e garanzie processuali, ponendo le basi per un’evoluzione del sistema giuridico europeo in chiave maggiormente garantista e inclusiva.
DE CARO, Agostino
DI VIRGILIO, Francesca
Università degli studi del Molise
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/217745
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMOL-217745