Il progetto di ricerca verte sul diritto di ritenzione, vale a dire il diritto del creditore di trattenere presso di sà© una res, normalmente si tratta di denaro, rifiutandone la restituzione sino a quando tutte le sue pretese creditorie, comprese quelle accessorie connesse al credito, siano state pienamente soddisfatte dal debitore. Innanzitutto preme evidenziare come si sia ritenuto di aprire il progetto scientifico sul diritto di ritenzione, nel primo capitolo, con un espresso riferimento all'autotutela privata, intesa come possibilità per il singolo di farsi giustizia da sà©, soffermandosi in particolare sulla difficoltà di individuare una categoria unitaria ed univoca di autotutela, dal momento che essa non trova una disciplina sistematica all'interno del nostro ordinamento, bensଠfa capolino in una serie di disposizioni satellite che, in modo frammentario ed occasionale, indirettamente la richiamano. Si ਠriflettuto, poi, sulla circostanza per cui, molto probabilmente, la scelta di politica legislativa che il compilatore del nostro codice ha adottato ਠfrutto di un pregiudizio nei confronti di questa categoria giuridica, nel senso che tale istituto ਠstato implicitamente ricollegato ad un'idea di diritto primitiva e barbara ove vigeva la legge †œdel pi๠forte†�, e dove il singolo poteva farsi giustizia da sà©, senza osservare le regole poste dalle Istituzioni dello Stato. Da qui, per una parte della dottrina si ਠsentita la necessità di formulare una definizione che potesse in qualche modo delineare i confini di questo istituto giuridico. In tal senso, l'autotutela ਠstata definita come quel generale potere di difendere la situazione giuridica di cui si ਠtitolari mantenendo inalterata la situazione esistente ovvero ripristinando, laddove la legge espressamente lo prevede, lo status quo ante rispetto ad un determinato rapporto obbligatorio. In tal modo, mediante il richiamo di quelle disposizioni che vietano l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (cfr. gli artt. 392 e 393 cod. pen. che disciplinano le ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza, rispettivamente, sulle cose e sulle persone) e attraverso la riflessione sulle scelte di politica legislativa sottese all'assenza di una definizione compiuta di autotutela, si ਠpassati ad individuare, all'interno della categoria dell'autotutela privata, il diritto di ritenzione sposando, cosà¬, quell'orientamento dottrinario che vede l'autotutela come rimedio eccezionale ed, in quanto tale, tassativamente previsto dal legislatore allo scopo di consentire al privato interessato la facoltà di provvedere a conservare ed attuare quello stato di fatto conforme al suo diritto insoddisfatto o minacciato. Ragionando sull'autotutela, si ਠpervenuti a differenziarla a seconda del carattere attivo o passivo che la connota, vale a dire in funzione preventiva o in reazione ad un comportamento della controparte inadempiente. L'autotutela in funzione preventiva consente a colui che risulta essere titolare di un diritto soggettivo il potere di tutelarlo con la forza contro le altrui ingerenze che, in qualche modo, possano potenzialmente interferire con il pieno godimento del bene oggetto della posizione giuridica de quo. In dottrina c'ਠchi (i.e. Betti che, in proposito, richiama, a titolo esemplificativo, l'art. 713 cod. civ. che autorizza chi ha sciami di api ad inseguirli sul fondo altrui) ha parlato di autotutela cautelare visto lo scopo di tutelare il diritto contro una potenziale lesione del diritto del suo titolare caratterizzata da una sorta di anticipazione degli effetti sanzionatori che ne derivano. D'altro canto si ਠdato conto dell'esistenza di una forma di autotutela in funzione reattiva allo scopo di reagire appunto al verificarsi di una situazione lesiva quando questa risulti in corso ovvero provvedendo alla rimozione della situazione che ne ostacola il suo libero godimento ripristinando lo status quo ante. Va da sà©, in questa ipotesi, della necessaria proporzione tra l'offesa e la conseguente difesa, pena il sorgere di un profilo di responsabilità dell'autore della condotta reattiva. Accanto all'autotutela c.d. attiva, in dottrina si rintracciano casi di autotutela passiva che sorge in presenza di rapporti obbligatori a prestazioni corrispettive allorquando il soggetto che agisce in autotutela lo fa ponendo in essere un comportamento di resistenza all'altrui pretesa. Proprio tale condotta ਠquella che rintracciamo nel diritto di ritenzione in tutti quei casi in cui la previsione legislativa opera a tutela di chi detiene una cosa altrui, in relazione alla quale abbia sopportato spese o crediti da far valere in virt๠di un precedente rapporto giuridico già sorto tra le parti. Si ਠproseguita l'indagine, poi, esaminando altri casi di autotutela passiva come ad esempio l'eccezione d'inadempimento, che costituisce una reazione del soggetto che, in alternativa alla risoluzione del contratto, in virt๠del sinallagma contrattuale, si pone in essere per reagire all'inadempienza della controparte. Tuttavia se entrambi gli istituti rappresentano, a ben vedere, due tipologie di autotutela passiva, occorre perಠevidenziare le differenze esistenti: se nel diritto di ritenzione il rifiuto di riconsegnare la cosa opera come meccanismo di coazione psicologica sul debitore inadempiente, invece nell'eccezione d'inadempimento il rifiuto di dare luogo alla prestazione dedotta in obbligazione si fonda sul sinallagma stesso tipico dei contratti a prestazioni corrispettive. Ci si à¨, cosà¬, soffermati, nell'ambito della fattispecie retentoria, sul ruolo svolto dall'autotutela privata che opera in funzione di garanzia patrimoniale a vantaggio del creditore richiamando i principi enunciati dall'art. 2740 cod. civ. Ciಠsignifica che, posta la definizione di garanzia come quel rimedio che consente al creditore di raggiungere il risultato dedotto in obbligazione anche allorquando venga meno la prestazione del debitore o malgrado la sua opposizione o inerzia, il diritto di ritenzione rappresenta uno stimolo azionato dal creditore che, generando un meccanismo di coazione psicologica per il debitore, fa sଠche quest'ultimo adempia soddisfacendo, cosà¬, l'interesse del creditore. In tal modo lo strumento ritentorio azionato dal creditore in via di autotutela, altro non ਠche l'espressione della garanzia patrimoniale e, quindi, il riflesso di quel principio di responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 cod. civ. Nel secondo capitolo si ਠproceduto ad inquadrare il diritto di ritenzione all'interno del codice civile da un punto di vista squisitamente del diritto sostanziale andando ad analizzare i presupposti, la nozione, il contenuto e l'oggetto, con particolare attenzione alle differenze tra ritenzione semplice e ritenzione privilegiata. Ci si ਠsoffermati anche sull'excursus storico-comparatistico del diritto di ritenzione andando ad individuare che la figura del diritto di ritenzione risale al diritto romano che ne conosceva una casistica variegata che consentiva al possessore di retinere una determinata res fino a concorrenza del pagamento dovutogli per riparazioni, migliorie o, perfino, danni derivanti dalla cosa medesima. Una figura generale di ritenzione fu ignota al diritto intermedio e non trovಠingresso nella codificazione francese che ne disciplinà², pi๠che altro, singole ipotesi isolate fungendo da modello per i codici preunitari e per il codice civile italiano del 1865 e, di conseguenza, per l'attuale. Diversamente da questa impostazione che puಠdefinirsi †œsatellitare†�, il BGB ammette e prevede il diritto di ritenzione disciplinandolo in modo organico e sistematico all'interno dell'impianto codicistico tedesco, stessa sorte spetta alla ritenzione disciplinata sisistematicamente sia nell'ordinamento svizzero che austriaco.
Il diritto di ritenzione nella prospettiva storico comparatistica
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2015
Abstract
Il progetto di ricerca verte sul diritto di ritenzione, vale a dire il diritto del creditore di trattenere presso di sà© una res, normalmente si tratta di denaro, rifiutandone la restituzione sino a quando tutte le sue pretese creditorie, comprese quelle accessorie connesse al credito, siano state pienamente soddisfatte dal debitore. Innanzitutto preme evidenziare come si sia ritenuto di aprire il progetto scientifico sul diritto di ritenzione, nel primo capitolo, con un espresso riferimento all'autotutela privata, intesa come possibilità per il singolo di farsi giustizia da sà©, soffermandosi in particolare sulla difficoltà di individuare una categoria unitaria ed univoca di autotutela, dal momento che essa non trova una disciplina sistematica all'interno del nostro ordinamento, bensଠfa capolino in una serie di disposizioni satellite che, in modo frammentario ed occasionale, indirettamente la richiamano. Si ਠriflettuto, poi, sulla circostanza per cui, molto probabilmente, la scelta di politica legislativa che il compilatore del nostro codice ha adottato ਠfrutto di un pregiudizio nei confronti di questa categoria giuridica, nel senso che tale istituto ਠstato implicitamente ricollegato ad un'idea di diritto primitiva e barbara ove vigeva la legge †œdel pi๠forte†�, e dove il singolo poteva farsi giustizia da sà©, senza osservare le regole poste dalle Istituzioni dello Stato. Da qui, per una parte della dottrina si ਠsentita la necessità di formulare una definizione che potesse in qualche modo delineare i confini di questo istituto giuridico. In tal senso, l'autotutela ਠstata definita come quel generale potere di difendere la situazione giuridica di cui si ਠtitolari mantenendo inalterata la situazione esistente ovvero ripristinando, laddove la legge espressamente lo prevede, lo status quo ante rispetto ad un determinato rapporto obbligatorio. In tal modo, mediante il richiamo di quelle disposizioni che vietano l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (cfr. gli artt. 392 e 393 cod. pen. che disciplinano le ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza, rispettivamente, sulle cose e sulle persone) e attraverso la riflessione sulle scelte di politica legislativa sottese all'assenza di una definizione compiuta di autotutela, si ਠpassati ad individuare, all'interno della categoria dell'autotutela privata, il diritto di ritenzione sposando, cosà¬, quell'orientamento dottrinario che vede l'autotutela come rimedio eccezionale ed, in quanto tale, tassativamente previsto dal legislatore allo scopo di consentire al privato interessato la facoltà di provvedere a conservare ed attuare quello stato di fatto conforme al suo diritto insoddisfatto o minacciato. Ragionando sull'autotutela, si ਠpervenuti a differenziarla a seconda del carattere attivo o passivo che la connota, vale a dire in funzione preventiva o in reazione ad un comportamento della controparte inadempiente. L'autotutela in funzione preventiva consente a colui che risulta essere titolare di un diritto soggettivo il potere di tutelarlo con la forza contro le altrui ingerenze che, in qualche modo, possano potenzialmente interferire con il pieno godimento del bene oggetto della posizione giuridica de quo. In dottrina c'ਠchi (i.e. Betti che, in proposito, richiama, a titolo esemplificativo, l'art. 713 cod. civ. che autorizza chi ha sciami di api ad inseguirli sul fondo altrui) ha parlato di autotutela cautelare visto lo scopo di tutelare il diritto contro una potenziale lesione del diritto del suo titolare caratterizzata da una sorta di anticipazione degli effetti sanzionatori che ne derivano. D'altro canto si ਠdato conto dell'esistenza di una forma di autotutela in funzione reattiva allo scopo di reagire appunto al verificarsi di una situazione lesiva quando questa risulti in corso ovvero provvedendo alla rimozione della situazione che ne ostacola il suo libero godimento ripristinando lo status quo ante. Va da sà©, in questa ipotesi, della necessaria proporzione tra l'offesa e la conseguente difesa, pena il sorgere di un profilo di responsabilità dell'autore della condotta reattiva. Accanto all'autotutela c.d. attiva, in dottrina si rintracciano casi di autotutela passiva che sorge in presenza di rapporti obbligatori a prestazioni corrispettive allorquando il soggetto che agisce in autotutela lo fa ponendo in essere un comportamento di resistenza all'altrui pretesa. Proprio tale condotta ਠquella che rintracciamo nel diritto di ritenzione in tutti quei casi in cui la previsione legislativa opera a tutela di chi detiene una cosa altrui, in relazione alla quale abbia sopportato spese o crediti da far valere in virt๠di un precedente rapporto giuridico già sorto tra le parti. Si ਠproseguita l'indagine, poi, esaminando altri casi di autotutela passiva come ad esempio l'eccezione d'inadempimento, che costituisce una reazione del soggetto che, in alternativa alla risoluzione del contratto, in virt๠del sinallagma contrattuale, si pone in essere per reagire all'inadempienza della controparte. Tuttavia se entrambi gli istituti rappresentano, a ben vedere, due tipologie di autotutela passiva, occorre perಠevidenziare le differenze esistenti: se nel diritto di ritenzione il rifiuto di riconsegnare la cosa opera come meccanismo di coazione psicologica sul debitore inadempiente, invece nell'eccezione d'inadempimento il rifiuto di dare luogo alla prestazione dedotta in obbligazione si fonda sul sinallagma stesso tipico dei contratti a prestazioni corrispettive. Ci si à¨, cosà¬, soffermati, nell'ambito della fattispecie retentoria, sul ruolo svolto dall'autotutela privata che opera in funzione di garanzia patrimoniale a vantaggio del creditore richiamando i principi enunciati dall'art. 2740 cod. civ. Ciಠsignifica che, posta la definizione di garanzia come quel rimedio che consente al creditore di raggiungere il risultato dedotto in obbligazione anche allorquando venga meno la prestazione del debitore o malgrado la sua opposizione o inerzia, il diritto di ritenzione rappresenta uno stimolo azionato dal creditore che, generando un meccanismo di coazione psicologica per il debitore, fa sଠche quest'ultimo adempia soddisfacendo, cosà¬, l'interesse del creditore. In tal modo lo strumento ritentorio azionato dal creditore in via di autotutela, altro non ਠche l'espressione della garanzia patrimoniale e, quindi, il riflesso di quel principio di responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 cod. civ. Nel secondo capitolo si ਠproceduto ad inquadrare il diritto di ritenzione all'interno del codice civile da un punto di vista squisitamente del diritto sostanziale andando ad analizzare i presupposti, la nozione, il contenuto e l'oggetto, con particolare attenzione alle differenze tra ritenzione semplice e ritenzione privilegiata. Ci si ਠsoffermati anche sull'excursus storico-comparatistico del diritto di ritenzione andando ad individuare che la figura del diritto di ritenzione risale al diritto romano che ne conosceva una casistica variegata che consentiva al possessore di retinere una determinata res fino a concorrenza del pagamento dovutogli per riparazioni, migliorie o, perfino, danni derivanti dalla cosa medesima. Una figura generale di ritenzione fu ignota al diritto intermedio e non trovಠingresso nella codificazione francese che ne disciplinà², pi๠che altro, singole ipotesi isolate fungendo da modello per i codici preunitari e per il codice civile italiano del 1865 e, di conseguenza, per l'attuale. Diversamente da questa impostazione che puಠdefinirsi †œsatellitare†�, il BGB ammette e prevede il diritto di ritenzione disciplinandolo in modo organico e sistematico all'interno dell'impianto codicistico tedesco, stessa sorte spetta alla ritenzione disciplinata sisistematicamente sia nell'ordinamento svizzero che austriaco.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/263624
URN:NBN:IT:UNIROMA3-263624