La mia tesi consiste in uno studio sull'escatologia cosmica del De Rerum Natura di Lucrezio. La discussione di Lucrezio sulla distruzione del mondo rappresenta l'unico esempio superstite di escatologia epicurea e il pi๠importante testimone del dibattito sulla mortalità  del mondo nella Roma tardo-repubblicana. Inoltre, i passaggi †œapocalittici†� di Lucrezio influenzano chiaramente gli scenari escatologici dei pi๠importanti autori della letteratura latina fino alla tarda antichità . La mia analisi prende in considerazione ogni passaggio escatologico del De Rerum Natura, con particolare attenzione al finale del Libro I (1.1053-1117), al finale del Libro II (2.1023-1174), alla dimostrazione della mortalità  del mondo nel Libro V (5.91-415) e alla rassegna dei fenomeni meteorologici catastrofici nel Libro VI (6.96-702). Lo scopo ਠquello di identificare le fonti filosofiche di tali passaggi e di studiare le modalità  di trasposizione poetica di questo tema filosofico. Le conseguenze di questa ricerca trascendono il campo dell'escatologia cosmica e forniscono risposte significative sulla questione ampiamente dibattuta del rapporto tra Lucrezio e le sue fonti. Infatti, l'analisi del finale del Libro I dimostra la presenza di una polemica anti-stoica, mentre l'analisi del finale del Libro II dimostra che Lucrezio confuta la teoria peripatetica di Critolao sull'eterna giovinezza della Terra (trasmessa da Philo, aet. 55-74). Queste conclusioni sembrano minare seriamente la ben nota interpretazione di David Sedley di Lucrezio come un †œfondamentalista†�, che rifiuta di citare testi filosofici successivi alla morte di Epicuro. Al contrario, Lucrezio sembra conoscere il recente dibattito tra gli Stoici e i Peripatetici sulla fine del mondo. Lo studio dei Libri V e VI dimostra anche che Lucrezio rifiuta il provvidenzialismo stoico e fa riferimento in chiave polemica ad alcuni versi tratti dagli Aratea di Cicerone (cfr. in particolare fr. 2 Buescu) e alle Satire Menippee di Varrone. Queste citazioni sono prova del desiderio del poeta di †œmodernizzare†� il tema dell'escatologia cosmica, attaccando i difensori latini della teoria peripatetica dell'eternità  del mondo, accettata anche dallo stoico Panezio e da altri filosofi stoici appartenenti alla cosiddetta †œStoà  di mezzo†�. Queste conclusioni non ci conducono a riconoscere Lucrezio come un †œeclettico epigono tardo-ellenistico†� (come pensava Schrijvers), ma come un †œuomo del suo tempo†�, capace di adattare gli insegnamenti di Epicuro al proprio saeculum. Inoltre, le molteplici similitudini tra i passaggi escatologici di Lucrezio e le teorie peripatetiche nel trattato dossografico di Filone De aeternitate mundi inducono a supporre che Lucrezio potesse aver letto una fonte dossografica peripatetica simile al trattato di Filone. Nella sezione conclusiva della tesi, indago la natura del concetto lucreziano di sublime escatologico, richiamando le tesi di Giancarlo Mazzoli e Gian Biagio Conte. Questa analisi mi porta a conclusioni che in parte divergono da quelle raggiunte da James Porter nel suo recente studio su questo argomento. Infatti, a mio parere, passaggi del De Rerum Natura come 2.1023-1047 e 6.647-679 mostrano che il primo scopo dei †œpassaggi apocalittici†� di Lucrezio ਠcondurre il lettore a un punto di vista †œcosmico†�: da questa posizione privilegiata, il lettore puಠfinalmente vedere i fenomeni naturali senza terrore o stupore. Nil admirari (†œnon stupirsi di nulla†�): questo ਠlo scopo dell'escatologia di Lucrezio. Lucrezio cerca certamente di suscitare il piacere estetico che deriva dagli scenari apocalittici, ma questo piacere non deve oscurare lo scopo morale di questi passaggi. Il piacere del sublime escatologico puಠessere considerato come †œil miele delle Muse†� (cfr. 1.936-950), uno strumento efficace per il conseguimento della verità . Infatti, l'indugiare di Lucrezio sulle scene catastrofiche ਠspesso dovuto allo scopo di rappresentare il terrore provato da coloro che ignorano la rivelazione di Epicuro. Pi๠che †œun fascino per il vuoto†� (Porter), il lettore di Lucrezio ਠinvitato a osservare il mondo con assoluto distacco, sub specie aeternitatis, come una divinità  epicurea.

Ruet moles et machina mundi : la fine del mondo nel De Rerum Natura

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2017

Abstract

La mia tesi consiste in uno studio sull'escatologia cosmica del De Rerum Natura di Lucrezio. La discussione di Lucrezio sulla distruzione del mondo rappresenta l'unico esempio superstite di escatologia epicurea e il pi๠importante testimone del dibattito sulla mortalità  del mondo nella Roma tardo-repubblicana. Inoltre, i passaggi †œapocalittici†� di Lucrezio influenzano chiaramente gli scenari escatologici dei pi๠importanti autori della letteratura latina fino alla tarda antichità . La mia analisi prende in considerazione ogni passaggio escatologico del De Rerum Natura, con particolare attenzione al finale del Libro I (1.1053-1117), al finale del Libro II (2.1023-1174), alla dimostrazione della mortalità  del mondo nel Libro V (5.91-415) e alla rassegna dei fenomeni meteorologici catastrofici nel Libro VI (6.96-702). Lo scopo ਠquello di identificare le fonti filosofiche di tali passaggi e di studiare le modalità  di trasposizione poetica di questo tema filosofico. Le conseguenze di questa ricerca trascendono il campo dell'escatologia cosmica e forniscono risposte significative sulla questione ampiamente dibattuta del rapporto tra Lucrezio e le sue fonti. Infatti, l'analisi del finale del Libro I dimostra la presenza di una polemica anti-stoica, mentre l'analisi del finale del Libro II dimostra che Lucrezio confuta la teoria peripatetica di Critolao sull'eterna giovinezza della Terra (trasmessa da Philo, aet. 55-74). Queste conclusioni sembrano minare seriamente la ben nota interpretazione di David Sedley di Lucrezio come un †œfondamentalista†�, che rifiuta di citare testi filosofici successivi alla morte di Epicuro. Al contrario, Lucrezio sembra conoscere il recente dibattito tra gli Stoici e i Peripatetici sulla fine del mondo. Lo studio dei Libri V e VI dimostra anche che Lucrezio rifiuta il provvidenzialismo stoico e fa riferimento in chiave polemica ad alcuni versi tratti dagli Aratea di Cicerone (cfr. in particolare fr. 2 Buescu) e alle Satire Menippee di Varrone. Queste citazioni sono prova del desiderio del poeta di †œmodernizzare†� il tema dell'escatologia cosmica, attaccando i difensori latini della teoria peripatetica dell'eternità  del mondo, accettata anche dallo stoico Panezio e da altri filosofi stoici appartenenti alla cosiddetta †œStoà  di mezzo†�. Queste conclusioni non ci conducono a riconoscere Lucrezio come un †œeclettico epigono tardo-ellenistico†� (come pensava Schrijvers), ma come un †œuomo del suo tempo†�, capace di adattare gli insegnamenti di Epicuro al proprio saeculum. Inoltre, le molteplici similitudini tra i passaggi escatologici di Lucrezio e le teorie peripatetiche nel trattato dossografico di Filone De aeternitate mundi inducono a supporre che Lucrezio potesse aver letto una fonte dossografica peripatetica simile al trattato di Filone. Nella sezione conclusiva della tesi, indago la natura del concetto lucreziano di sublime escatologico, richiamando le tesi di Giancarlo Mazzoli e Gian Biagio Conte. Questa analisi mi porta a conclusioni che in parte divergono da quelle raggiunte da James Porter nel suo recente studio su questo argomento. Infatti, a mio parere, passaggi del De Rerum Natura come 2.1023-1047 e 6.647-679 mostrano che il primo scopo dei †œpassaggi apocalittici†� di Lucrezio ਠcondurre il lettore a un punto di vista †œcosmico†�: da questa posizione privilegiata, il lettore puಠfinalmente vedere i fenomeni naturali senza terrore o stupore. Nil admirari (†œnon stupirsi di nulla†�): questo ਠlo scopo dell'escatologia di Lucrezio. Lucrezio cerca certamente di suscitare il piacere estetico che deriva dagli scenari apocalittici, ma questo piacere non deve oscurare lo scopo morale di questi passaggi. Il piacere del sublime escatologico puಠessere considerato come †œil miele delle Muse†� (cfr. 1.936-950), uno strumento efficace per il conseguimento della verità . Infatti, l'indugiare di Lucrezio sulle scene catastrofiche ਠspesso dovuto allo scopo di rappresentare il terrore provato da coloro che ignorano la rivelazione di Epicuro. Pi๠che †œun fascino per il vuoto†� (Porter), il lettore di Lucrezio ਠinvitato a osservare il mondo con assoluto distacco, sub specie aeternitatis, come una divinità  epicurea.
2017
it
Categorie ISI-CRUI::Scienze dell'antichità , filologico-letterarie e storico-artistiche::Classical Studies
cosmologia
De Rerum Natura
escatologia
Lucrezio
Scienze dell'antichita', filologico-letterarie e storico-artistiche
Settori Disciplinari MIUR::Scienze dell'antichità , filologico-letterarie e storico-artistiche::LINGUA E LETTERATURA LATINA
sublime
Università degli Studi Roma Tre
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/264290
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA3-264290