L'obiettivo di questo lavoro ਠdi indagare quali potessero essere le fonti alternative su cui i cittadini della Roma tardorepubblicana, nell'esercizio autonomo delle loro facoltà di giudizio, avrebbero potuto fare affidamento per formare la propria opinione e se la diversificazione delle fonti fosse in grado di produrre un'indipendenza decisionale in sede di voto. In particolare, propongo l'individuazione di due principali sorgenti di riferimento: la prima sono le manifestazioni culturali di diffusa accessibilità , specialmente di matrice popolare, in cui trovasse posto in qualche forma una rappresentazione della politica diversa da quella propagata dall'à©lite; la seconda ਠla diffusione di informazioni e notizie attraverso la comunicazione interpersonale, vettore della costruzione di un clima d'opinione e di una precoscienza sui fatti di rilievo rispetto alla quale la posizione dell'à©lite senatoria veniva a sovrapporsi. L'intento non ਠquello di attribuire alla plebe romana lato sensu l'engagement e l'ardore critico che le à©lite intellettuali illuministiche, cui propriamente si riferisce la definizione di opinione pubblica di Habermas, dedicavano al dibattito politico, bensଠquello di suggerire che i cittadini fossero dotati degli strumenti per esaminare autonomamente la realtà politica e dell'interesse per adoperarli, come in effetti, in numerose circostanze, sembrano aver fatto. Nello svolgimento dell'analisi del primo ordine di fonti si dedica uno spazio privilegiato al teatro e, in particolare, alle forme e ai modi in cui esso poteva farsi interprete dell'attualità politica, con l'obiettivo di evidenziare l'impossibilità da parte dei membri dell'à©lite senatoriale di esercitare sulla politicizzazione dei teatri un controllo efficace. Si propone inoltre un confronto basato sull'analisi linguistica e letteraria di alcuni testi mimici e testimonianze di satira popolare, per mostrare la possibilità di un assorbimento dei contenuti satirici del teatro nell'orizzonte cognitivo della plebs urbana. La seconda sezione della ricerca si concentra sui fenomeni che parlano a favore di una comunicazione interpersonale indipendente, dalla nascita alla fissazione in communis opinio, dalla propaganda dell'à©lite: in particolare, la precocità e credibilità dei rumores rispetto ai dispacci ufficiali; i tentativi di intercettazione messi in campo dalla classe politica per controllarne gli effetti sull'opinione pubblica; l'esistenza di situazioni che favorivano la conversazione spontanea sui fatti politici. Una parte rilevante di questa sezione ਠoccupata dalla disamina di questo terzo aspetto, la cui importanza nel processo comunicativo ਠresa evidente dalla forte tendenza della società a strutturarsi in gruppi pi๠o meno grandi di cittadini, dal quartiere, ai collegi, alle tribà¹, che agevolavano l'aggregazione e il confronto su temi rilevanti di interesse pubblico; a questo fatto si aggiunge il radicamento del dibattito sull'attualità politica nelle abitudini sociali dei cittadini di Roma, evidenziato dall'uso di questi ultimi, ampiamente rilevato dalle fonti, di radunarsi in gruppi di conversatori, talvolta attirati da un intrattenitore. Alcune testimonianze esplicite delle fonti letterarie lasciano pensare che la consuetudine col dibattito acquisita dai cittadini nelle abitudini comunicative quotidiane avesse modo di essere esercitata attivamente, talvolta, anche nelle pubbliche assemblee, dove forse la presa di parola da parte di cittadini non appartenenti all'à©lite era richiesta e concessa pi๠spesso di quanto non si sia teso a ritenere finora. Tale acquisizione legittimerebbe l'ipotesi che il contributo al dibattito politico delle fasce popolari della società si svolgesse, o potesse svolgersi, anche in via diretta nelle sedi costituzionalmente deputate allo scontro politico. L'esito della riflessione svolta nel corso della ricerca conduce alla delineazione di una struttura politico-sociale in cui le manifestazioni di dissenso o assenso espresse dalla popolazione urbana non legata all'à©lite non risultano in molti casi essere riconducibili ad una opinione comune generata o plasmata dalla pubblicistica di un'oligarchia onnipotente, poichà© esistevano fonti diversificate, e in alcuni casi indipendenti, cui il singolo cittadino poteva prestare ascolto. La realizzazione in proposte di legge delle istanze espresse dalle correnti di opinione in diversi casi nel corso della storia della tarda repubblica mostra che la capacità d'indipendenza non era un connotato sterile dell'opinione pubblica romana, ma anche uno strumento di partecipazione ed influenza concreta sul dispositivo politico-decisionale.
Le fonti dell'opinione pubblica nella tarda Repubblica Romana
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2014
Abstract
L'obiettivo di questo lavoro ਠdi indagare quali potessero essere le fonti alternative su cui i cittadini della Roma tardorepubblicana, nell'esercizio autonomo delle loro facoltà di giudizio, avrebbero potuto fare affidamento per formare la propria opinione e se la diversificazione delle fonti fosse in grado di produrre un'indipendenza decisionale in sede di voto. In particolare, propongo l'individuazione di due principali sorgenti di riferimento: la prima sono le manifestazioni culturali di diffusa accessibilità , specialmente di matrice popolare, in cui trovasse posto in qualche forma una rappresentazione della politica diversa da quella propagata dall'à©lite; la seconda ਠla diffusione di informazioni e notizie attraverso la comunicazione interpersonale, vettore della costruzione di un clima d'opinione e di una precoscienza sui fatti di rilievo rispetto alla quale la posizione dell'à©lite senatoria veniva a sovrapporsi. L'intento non ਠquello di attribuire alla plebe romana lato sensu l'engagement e l'ardore critico che le à©lite intellettuali illuministiche, cui propriamente si riferisce la definizione di opinione pubblica di Habermas, dedicavano al dibattito politico, bensଠquello di suggerire che i cittadini fossero dotati degli strumenti per esaminare autonomamente la realtà politica e dell'interesse per adoperarli, come in effetti, in numerose circostanze, sembrano aver fatto. Nello svolgimento dell'analisi del primo ordine di fonti si dedica uno spazio privilegiato al teatro e, in particolare, alle forme e ai modi in cui esso poteva farsi interprete dell'attualità politica, con l'obiettivo di evidenziare l'impossibilità da parte dei membri dell'à©lite senatoriale di esercitare sulla politicizzazione dei teatri un controllo efficace. Si propone inoltre un confronto basato sull'analisi linguistica e letteraria di alcuni testi mimici e testimonianze di satira popolare, per mostrare la possibilità di un assorbimento dei contenuti satirici del teatro nell'orizzonte cognitivo della plebs urbana. La seconda sezione della ricerca si concentra sui fenomeni che parlano a favore di una comunicazione interpersonale indipendente, dalla nascita alla fissazione in communis opinio, dalla propaganda dell'à©lite: in particolare, la precocità e credibilità dei rumores rispetto ai dispacci ufficiali; i tentativi di intercettazione messi in campo dalla classe politica per controllarne gli effetti sull'opinione pubblica; l'esistenza di situazioni che favorivano la conversazione spontanea sui fatti politici. Una parte rilevante di questa sezione ਠoccupata dalla disamina di questo terzo aspetto, la cui importanza nel processo comunicativo ਠresa evidente dalla forte tendenza della società a strutturarsi in gruppi pi๠o meno grandi di cittadini, dal quartiere, ai collegi, alle tribà¹, che agevolavano l'aggregazione e il confronto su temi rilevanti di interesse pubblico; a questo fatto si aggiunge il radicamento del dibattito sull'attualità politica nelle abitudini sociali dei cittadini di Roma, evidenziato dall'uso di questi ultimi, ampiamente rilevato dalle fonti, di radunarsi in gruppi di conversatori, talvolta attirati da un intrattenitore. Alcune testimonianze esplicite delle fonti letterarie lasciano pensare che la consuetudine col dibattito acquisita dai cittadini nelle abitudini comunicative quotidiane avesse modo di essere esercitata attivamente, talvolta, anche nelle pubbliche assemblee, dove forse la presa di parola da parte di cittadini non appartenenti all'à©lite era richiesta e concessa pi๠spesso di quanto non si sia teso a ritenere finora. Tale acquisizione legittimerebbe l'ipotesi che il contributo al dibattito politico delle fasce popolari della società si svolgesse, o potesse svolgersi, anche in via diretta nelle sedi costituzionalmente deputate allo scontro politico. L'esito della riflessione svolta nel corso della ricerca conduce alla delineazione di una struttura politico-sociale in cui le manifestazioni di dissenso o assenso espresse dalla popolazione urbana non legata all'à©lite non risultano in molti casi essere riconducibili ad una opinione comune generata o plasmata dalla pubblicistica di un'oligarchia onnipotente, poichà© esistevano fonti diversificate, e in alcuni casi indipendenti, cui il singolo cittadino poteva prestare ascolto. La realizzazione in proposte di legge delle istanze espresse dalle correnti di opinione in diversi casi nel corso della storia della tarda repubblica mostra che la capacità d'indipendenza non era un connotato sterile dell'opinione pubblica romana, ma anche uno strumento di partecipazione ed influenza concreta sul dispositivo politico-decisionale.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/265620
URN:NBN:IT:UNIROMA3-265620