Fin dai primi decenni del Novecento, e in particolare in seguito ad alcuni episodi che avevano fatto sbalzare proteste e tumulti dei borghi parmigiani agli onori della cronaca nazionale †" lo sciopero agrario del 1908 o le Barricate antifasciste del 1922 †", l'Oltretorrente e i suoi abitanti si sono conquistati una fama di popolo ribelle e sovversivo. Una fama largamente edulcorata da un altro mito, quello del †œbuon proletario†�, e declinata in leggenda dalla penna di scrittori e giornalisti, che ha poi permeato di sà© memorie, racconti, biografie e, talvolta, anche ricostruzioni storiografiche di pretesa scientifica. Una fama di quartiere rissoso e sanguigno ma anche buono e solidale, «isola di ribellione e bolscevismo» ma anche umanità fiera e generosa, «popolo facile ad accalorarsi» ma anche «capace di darsi regole e di rispettarle». Un mito che, per lo meno fin dall'ultimo decennio dell'Ottocento, da quando cioਠil quartiere fu protagonista di alcune vigorose rivolte †" come quella contro la guerra d'Africa o quella seguita all'uccisione di Pietro Cassinelli, entrambe del 1896 †" si radicಠcon forza anche tra le stesse classi popolari, il cui collante identitario si forgiಠin una visione del mondo orgogliosamente antagonista, che sempre pià¹, fino all'egemonia sindacalista rivoluzionaria e oltre, si pose come alternativa a quella borghese, come indicazione, e già embrionale realizzazione, di un †œnuovo liberato mondo†�. Con i fatti del 1896 †" pi๠giorni di sommosse popolari, un morto, feriti, esercito, intervento del governo, giornalisti da tutta Italia †" l'Oltretorrente divenne dunque il riconosciuto (e anche oleografico) mito sovversivo, positivo o negativo secondo i diversi osservatori, che sarebbe poi volato sempre pi๠alto col nuovo secolo. àˆ stata poi anche la grande diffusione del racconto delle Barricate del 1922, e in particolare l'impianto mitico che di esso si ਠtrasmesso, che ha contribuito a rafforzare intorno al quartiere questo alone leggendario, favorito, negli ultimi anni, dalla fortuna di alcune operazioni letterarie ad esso dedicate, come il romanzo Oltretorrente di Pino Cacucci. E questo alone, per la sua forza simbolica, ਠdivenuto anche riferimento di soggetti politici e mobilitazioni molto distanti nelle forme e nel tempo, come i movimenti giovanili degli anni Settanta che, spesso, guardarono al mito dell'Oltretorrente e delle sue vicende come esperienza storica da cui trarre parole d'ordine e modalità d'azione. Gli esempi potrebbero essere tanti, dalla fotografia della barricata di via Bixio sulla testata di «Lotta continua», al radiodramma con cui Nanni Balestrini raccontಠnel 1973, su Radio Rai, i giorni delle Barricate, fino ai diversi spettacoli teatrali di gruppi militanti che in quegli anni ne rimisero in scena le giornate. Anche in anni pi๠recenti, soprattutto in seguito ai fatti di Genova 2001 e alla ripresa di una certa mobilitazione sociale contro le strategie politiche della globalizzazione capitalistica, l'agosto 1922 e il ribellismo d'Oltretorrente sono tornati ad essere riferimento storico e politico per il movimento antifascista. L'immagine mitica del ribellismo parmense, dunque, negli anni ha sempre prestato il fianco ad un uso politico, senza perಠessere mai confrontata con la sua concretezza storica. Per evitare che il mito prenda il sopravvento si ਠdunque svolto qui un minuzioso lavoro di indagine sulle rivolte che segnarono la storia della città , e del quartiere in particolare, dal 1868 al 1915, collocando quella tumultuante sequenza di avvenimenti nella trama dei molteplici aspetti della vita quotidiana, sociale e politica entro cui essi si iscrissero. Il primo obiettivo di questa ricerca, dunque, ਠstato quello di confrontare il mito dell'Oltretorrente e del suo ribellismo con la sua concretezza storica, non solo per verificarne la fondatezza †" senza dubbio giustificata da una lunga tradizione di lotte e antagonismo †" ma anche per fondare e ricostruire su base documentaria la trama di quei molteplici episodi di sovversione sociale e politica. Il cuore della ricerca, dunque, ਠrappresentato dall'analisi delle principali rivolte, come dei pi๠ordinari scontri con le forze dell'ordine, che hanno segnato la storia delle classi popolari parmensi dal 1868 al 1915; analisi che, di volta in volta, si ਠsoffermata sui protagonisti dei tumulti, sulle dinamiche di piazza, sugli esiti, sui rapporti con altri soggetti sociali della città e, in taluni casi, sulle reazioni che le sommosse suscitarono nella società borghese e nelle istituzioni dello Stato liberale. Ne ਠuscito il ritratto complesso †" certamente arricchito dalle diverse sfaccettature che il conflitto assunse e mostrಠnel corso degli anni †" di un ambiente sociale in cui tumulti, mobilitazioni sindacali, rivolte, manifestazioni di protesta, risse o scontri con le forze dell'ordine non erano certo fatti rari o eccezionali. Un ritratto che dà corpo e sostanza all'attitudine †œbarricadiera†� di †œParma vecchia†�, prima di quell'evento memorabile, per la città e per il movimento operaio in generale, che furono le vittoriose barricate contro il fascismo nell'agosto 1922. E proprio in merito a queste ultime, già nel 1983, Luciano Casali scriveva dell'impossibilità di comprenderle se non collocandole «adeguatamente […] nella tradizione e nella storia di Parma e dei suoi borghi popolari». I sentieri della ricerca sono stati molteplici. Innanzi tutto si ਠtentato di comprendere gli obiettivi delle rivolte e le forme di mobilitazione scelte ma, soprattutto, si ਠcercato di cogliere in esse il ruolo dei diversi soggetti sociali e politici che di volta in volta vi si trovarono coinvolti e di definire la partecipazione popolare nei suoi aspetti pi๠caratterizzanti. Non si ਠvoluta fare una storia del movimento operaio, nà© una storia delle sue organizzazioni, quanto mostrare la relazione continua, difficile e certamente instabile tra il ribellismo istintivo delle classi popolari e le culture politiche che, per lo meno dalla seconda metà dell'Ottocento, tentarono di contendersi il ruolo di guida sulla via dell'emancipazione dei ceti subalterni. Una delle prime domande poste alle fonti, infatti, ha riguardato proprio il rapporto tra il conflitto sociale e la presenza organizzata di forze politiche †" il repubblicanesimo mazziniano e il garibaldinismo prima, l'anarchismo, il socialismo e il sindacalismo rivoluzionario poi †" che con esso hanno tentato di entrare in relazione, proponendogli parole d'ordine, modalità di protesta, leader e protagonisti e incanalandolo verso prospettive rivoluzionarie o, comunque, di radicale cambiamento della società . Altro percorso di ricerca ਠstato il calare le rivolte nella topografia della città , seguire il loro svolgersi tra strade e piazze, individuarne i bersagli concreti (caserme oltre che stabilimenti industriali, granai o tipografie di giornali), seguire i tracciati dei cortei o delle folle tumultuose, ritrovare luoghi e modalità di mobilitazione costanti e ricorrenti pur a distanza di anni. In ogni rivolta, poi, si ਠcercato di cogliere il segno dell'affermazione di un gruppo, dell'immagine che esso diede o volle dare di se stesso, delle divergenze e delle sue gerarchie interne, cosଠcome dei rapporti che quel gruppo aveva con il resto della società . Allo stesso tempo, si ਠriflettuto sui luoghi e sugli itinerari delle dimostrazioni, sull'ordine spaziale che essi costruirono di volta in volta, ampliando negli anni la geografia del conflitto che, mentre ritrovava alcuni dei suoi riferimenti principali nelle dinamiche di protesta preindustriale, arricchଠvia via la propria fisionomia con altri spazi e territori fortemente legati al †œmondo nuovo†�.
Oltretorrente. Rivolte e conflitto sociale a Parma. 1868-1915
-
2010
Abstract
Fin dai primi decenni del Novecento, e in particolare in seguito ad alcuni episodi che avevano fatto sbalzare proteste e tumulti dei borghi parmigiani agli onori della cronaca nazionale †" lo sciopero agrario del 1908 o le Barricate antifasciste del 1922 †", l'Oltretorrente e i suoi abitanti si sono conquistati una fama di popolo ribelle e sovversivo. Una fama largamente edulcorata da un altro mito, quello del †œbuon proletario†�, e declinata in leggenda dalla penna di scrittori e giornalisti, che ha poi permeato di sà© memorie, racconti, biografie e, talvolta, anche ricostruzioni storiografiche di pretesa scientifica. Una fama di quartiere rissoso e sanguigno ma anche buono e solidale, «isola di ribellione e bolscevismo» ma anche umanità fiera e generosa, «popolo facile ad accalorarsi» ma anche «capace di darsi regole e di rispettarle». Un mito che, per lo meno fin dall'ultimo decennio dell'Ottocento, da quando cioਠil quartiere fu protagonista di alcune vigorose rivolte †" come quella contro la guerra d'Africa o quella seguita all'uccisione di Pietro Cassinelli, entrambe del 1896 †" si radicಠcon forza anche tra le stesse classi popolari, il cui collante identitario si forgiಠin una visione del mondo orgogliosamente antagonista, che sempre pià¹, fino all'egemonia sindacalista rivoluzionaria e oltre, si pose come alternativa a quella borghese, come indicazione, e già embrionale realizzazione, di un †œnuovo liberato mondo†�. Con i fatti del 1896 †" pi๠giorni di sommosse popolari, un morto, feriti, esercito, intervento del governo, giornalisti da tutta Italia †" l'Oltretorrente divenne dunque il riconosciuto (e anche oleografico) mito sovversivo, positivo o negativo secondo i diversi osservatori, che sarebbe poi volato sempre pi๠alto col nuovo secolo. àˆ stata poi anche la grande diffusione del racconto delle Barricate del 1922, e in particolare l'impianto mitico che di esso si ਠtrasmesso, che ha contribuito a rafforzare intorno al quartiere questo alone leggendario, favorito, negli ultimi anni, dalla fortuna di alcune operazioni letterarie ad esso dedicate, come il romanzo Oltretorrente di Pino Cacucci. E questo alone, per la sua forza simbolica, ਠdivenuto anche riferimento di soggetti politici e mobilitazioni molto distanti nelle forme e nel tempo, come i movimenti giovanili degli anni Settanta che, spesso, guardarono al mito dell'Oltretorrente e delle sue vicende come esperienza storica da cui trarre parole d'ordine e modalità d'azione. Gli esempi potrebbero essere tanti, dalla fotografia della barricata di via Bixio sulla testata di «Lotta continua», al radiodramma con cui Nanni Balestrini raccontಠnel 1973, su Radio Rai, i giorni delle Barricate, fino ai diversi spettacoli teatrali di gruppi militanti che in quegli anni ne rimisero in scena le giornate. Anche in anni pi๠recenti, soprattutto in seguito ai fatti di Genova 2001 e alla ripresa di una certa mobilitazione sociale contro le strategie politiche della globalizzazione capitalistica, l'agosto 1922 e il ribellismo d'Oltretorrente sono tornati ad essere riferimento storico e politico per il movimento antifascista. L'immagine mitica del ribellismo parmense, dunque, negli anni ha sempre prestato il fianco ad un uso politico, senza perಠessere mai confrontata con la sua concretezza storica. Per evitare che il mito prenda il sopravvento si ਠdunque svolto qui un minuzioso lavoro di indagine sulle rivolte che segnarono la storia della città , e del quartiere in particolare, dal 1868 al 1915, collocando quella tumultuante sequenza di avvenimenti nella trama dei molteplici aspetti della vita quotidiana, sociale e politica entro cui essi si iscrissero. Il primo obiettivo di questa ricerca, dunque, ਠstato quello di confrontare il mito dell'Oltretorrente e del suo ribellismo con la sua concretezza storica, non solo per verificarne la fondatezza †" senza dubbio giustificata da una lunga tradizione di lotte e antagonismo †" ma anche per fondare e ricostruire su base documentaria la trama di quei molteplici episodi di sovversione sociale e politica. Il cuore della ricerca, dunque, ਠrappresentato dall'analisi delle principali rivolte, come dei pi๠ordinari scontri con le forze dell'ordine, che hanno segnato la storia delle classi popolari parmensi dal 1868 al 1915; analisi che, di volta in volta, si ਠsoffermata sui protagonisti dei tumulti, sulle dinamiche di piazza, sugli esiti, sui rapporti con altri soggetti sociali della città e, in taluni casi, sulle reazioni che le sommosse suscitarono nella società borghese e nelle istituzioni dello Stato liberale. Ne ਠuscito il ritratto complesso †" certamente arricchito dalle diverse sfaccettature che il conflitto assunse e mostrಠnel corso degli anni †" di un ambiente sociale in cui tumulti, mobilitazioni sindacali, rivolte, manifestazioni di protesta, risse o scontri con le forze dell'ordine non erano certo fatti rari o eccezionali. Un ritratto che dà corpo e sostanza all'attitudine †œbarricadiera†� di †œParma vecchia†�, prima di quell'evento memorabile, per la città e per il movimento operaio in generale, che furono le vittoriose barricate contro il fascismo nell'agosto 1922. E proprio in merito a queste ultime, già nel 1983, Luciano Casali scriveva dell'impossibilità di comprenderle se non collocandole «adeguatamente […] nella tradizione e nella storia di Parma e dei suoi borghi popolari». I sentieri della ricerca sono stati molteplici. Innanzi tutto si ਠtentato di comprendere gli obiettivi delle rivolte e le forme di mobilitazione scelte ma, soprattutto, si ਠcercato di cogliere in esse il ruolo dei diversi soggetti sociali e politici che di volta in volta vi si trovarono coinvolti e di definire la partecipazione popolare nei suoi aspetti pi๠caratterizzanti. Non si ਠvoluta fare una storia del movimento operaio, nà© una storia delle sue organizzazioni, quanto mostrare la relazione continua, difficile e certamente instabile tra il ribellismo istintivo delle classi popolari e le culture politiche che, per lo meno dalla seconda metà dell'Ottocento, tentarono di contendersi il ruolo di guida sulla via dell'emancipazione dei ceti subalterni. Una delle prime domande poste alle fonti, infatti, ha riguardato proprio il rapporto tra il conflitto sociale e la presenza organizzata di forze politiche †" il repubblicanesimo mazziniano e il garibaldinismo prima, l'anarchismo, il socialismo e il sindacalismo rivoluzionario poi †" che con esso hanno tentato di entrare in relazione, proponendogli parole d'ordine, modalità di protesta, leader e protagonisti e incanalandolo verso prospettive rivoluzionarie o, comunque, di radicale cambiamento della società . Altro percorso di ricerca ਠstato il calare le rivolte nella topografia della città , seguire il loro svolgersi tra strade e piazze, individuarne i bersagli concreti (caserme oltre che stabilimenti industriali, granai o tipografie di giornali), seguire i tracciati dei cortei o delle folle tumultuose, ritrovare luoghi e modalità di mobilitazione costanti e ricorrenti pur a distanza di anni. In ogni rivolta, poi, si ਠcercato di cogliere il segno dell'affermazione di un gruppo, dell'immagine che esso diede o volle dare di se stesso, delle divergenze e delle sue gerarchie interne, cosଠcome dei rapporti che quel gruppo aveva con il resto della società . Allo stesso tempo, si ਠriflettuto sui luoghi e sugli itinerari delle dimostrazioni, sull'ordine spaziale che essi costruirono di volta in volta, ampliando negli anni la geografia del conflitto che, mentre ritrovava alcuni dei suoi riferimenti principali nelle dinamiche di protesta preindustriale, arricchଠvia via la propria fisionomia con altri spazi e territori fortemente legati al †œmondo nuovo†�.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/272946
URN:NBN:IT:UNIPR-272946