La basilica e il monastero benedettino di San Savino a Piacenza sono testimonianze sicure di un esteso quanto ambizioso intervento architettonico dietro cui si ਠlegge l'azione di ambiziosi mecenati che, a partire dall'XI secolo, hanno riproposto il culto di un santo vescovo, defensor civitatis, investendo sul rilancio di un'antica basilica suburbana, sorta sui resti di una necropoli romana. La posizione isolata ma al tempo stesso vicina al centro abitato ha assicurato la fortuna del cenobio, che diviene un importante polo di aggregazione per lo sviluppo del tessuto della città medioevale, tanto da trasformare l'area circostante da suburbio a vicinia. La ricostruzione della basilica di San Savino avviene in un periodo in cui l'accresciuto potere vescovile, mediatore tra egemonia imperiale e papale, investe sul cenobio benedettino, facendo ricorso a immagini atte a esprimere la posizione di mediazione che il complesso saviniano ha assunto nei confronti del potere religioso e imperiale. Il complesso benedettino rientra, del resto, nel quadro di una politica imperiale volta al controllo della feudalità laica ed alla riforma morale della chiesa, perseguita favorendo il consenso attorno alle gerarchie ecclesiastiche e creando condizioni favorevoli all'aumento del potere politico dei vescovi. A seguito di una dettagliata lettura di inediti documenti di restauro, si ਠpotuto stabilire che il †œromanico lombardo†� tanto esaltato nella fabbrica piacentina ਠuna conseguenza della ricostruzione filologica dei restauratori. In San Savino convergono in realtà un insieme di modelli, una fusione di convenzioni, che hanno reso †œatipica†� la basilica saviniana dal contesto locale, tanto che la critica l'ha posta spesso all'origine del †œromanico†� detto †œpiacentino†�. Con la fabbrica saviniana assistiamo dunque alla messa in opera di modelli architettonici, plastici, musivi, perfettamente compatibili con la riforma ecclesiastica: questi dovevano esprimere il rafforzamento politico-territoriale del vescovo e, insieme, l'espansione del movimento monastico benedettino appoggiato dall'autorità imperiale.
San Savino a Piacenza e il mito del romanico lombardo "restaurato"
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2010
Abstract
La basilica e il monastero benedettino di San Savino a Piacenza sono testimonianze sicure di un esteso quanto ambizioso intervento architettonico dietro cui si ਠlegge l'azione di ambiziosi mecenati che, a partire dall'XI secolo, hanno riproposto il culto di un santo vescovo, defensor civitatis, investendo sul rilancio di un'antica basilica suburbana, sorta sui resti di una necropoli romana. La posizione isolata ma al tempo stesso vicina al centro abitato ha assicurato la fortuna del cenobio, che diviene un importante polo di aggregazione per lo sviluppo del tessuto della città medioevale, tanto da trasformare l'area circostante da suburbio a vicinia. La ricostruzione della basilica di San Savino avviene in un periodo in cui l'accresciuto potere vescovile, mediatore tra egemonia imperiale e papale, investe sul cenobio benedettino, facendo ricorso a immagini atte a esprimere la posizione di mediazione che il complesso saviniano ha assunto nei confronti del potere religioso e imperiale. Il complesso benedettino rientra, del resto, nel quadro di una politica imperiale volta al controllo della feudalità laica ed alla riforma morale della chiesa, perseguita favorendo il consenso attorno alle gerarchie ecclesiastiche e creando condizioni favorevoli all'aumento del potere politico dei vescovi. A seguito di una dettagliata lettura di inediti documenti di restauro, si ਠpotuto stabilire che il †œromanico lombardo†� tanto esaltato nella fabbrica piacentina ਠuna conseguenza della ricostruzione filologica dei restauratori. In San Savino convergono in realtà un insieme di modelli, una fusione di convenzioni, che hanno reso †œatipica†� la basilica saviniana dal contesto locale, tanto che la critica l'ha posta spesso all'origine del †œromanico†� detto †œpiacentino†�. Con la fabbrica saviniana assistiamo dunque alla messa in opera di modelli architettonici, plastici, musivi, perfettamente compatibili con la riforma ecclesiastica: questi dovevano esprimere il rafforzamento politico-territoriale del vescovo e, insieme, l'espansione del movimento monastico benedettino appoggiato dall'autorità imperiale.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/272948
URN:NBN:IT:UNIPR-272948